Titolo:
Zakurogata no Yuuutsu
Personaggi: Reita, Ruki
Pairing:
Reituki
Traduzione
della canzone: Zakurogata
no Yuuutsu
Rating:
Giallo
Avvertimenti:
Slash / Tematiche forti
ザクロ型の憂鬱
Eccolo giunto alla fine di un'ennesima crisi di pianto – l'ultima
di una lunga, interminabile serie. Non faceva altro da quanto era
stato ricoverato, senza troppe speranze, in quell'ospedale dalle
stanze asettiche e tutte uguali che odoravano di disinfettante. La
cosa sorprendente era che, dopo ognuno di quegli sfoghi violenti,
sulle sue labbra appariva sempre un sorriso – un bel sorriso
sincero e solare che sapeva mozzare il fiato e raddolcire anche il
cuore più duro, scacciando ogni ansia e preoccupazione. Akira
sorrideva perché, dopo ognuna di quelle manifestazioni di debolezza
e rassegnazione, il suo Takanori era lì al suo fianco, stringendogli
la mano e carezzandogli una ciocca di capelli disordinatamente posata
sul cuscino inzuppato di lacrime.
Un giorno, il sole mattutino che
filtrava delicatamente dalla finestra sembrava diverso dal solito, ma
Akira non realizzò immediatamente ciò che era successo. Era certo
che Takanori si fosse addormentato accanto a sé la sera prima,
com'era che ora il suo sguardo assonnato non riusciva a trovare la
sua piccola e gracile figura? Diede un'occhiata qua e là, ma del suo
amico neanche l'ombra. Doveva essere andato in bagno... o forse era
andato a prendere la colazione per entrambi. L'unico rumore che
echeggiava con fare monotono della stanza era il bip
acustico dell'elettrocardiografo
che, senza sosta, continuava indisturbato la sua attività. Sul
comodino erano posati dei fiori dai colori chiari, un segno di buona
guarigione da parte di qualche parente stretto e di Takanori stesso.
L'acqua ormai stava quasi finendo, e i poveri fiori sembravano
accartocciarsi su loro stessi mentre oscillavano sospinti dal vento
che entrava da uno spiffero della finestra appena schiusa. Non vedeva
l'ora che quei fiori appassissero... semmai ciò fosse accaduto,
avrebbe preso tutto e se ne sarebbe andato lontano, staccandosi anche
dall'amico adorato per evitargli inutili sofferenze. Fortunatamente, però, Takanori arrivò presto e cambiò l'acqua ai fiori per tenerli ancora un po' in vita, per poi mettersi a parlare insieme a lui, seduto sulla poltroncina rivestita di tessuto sintetico.
Faceva
male vederlo così indaffarato ogni giorno, Akira vedeva chiaramente
che anche il piccoletto soffriva quanto lui. Si dava sempre da far
per incoraggiarlo, dicendogli che tutto andava bene e che non c'era
nulla di cui preoccuparsi, che sarebbe guarito presto e che qualcuno
gli avrebbe presto dato quell'importante cosa vagamente
somigliate ad un melograno che gli avrebbe permesso di vivere ancora
ed ancora. Continuava ad occuparsi di lui come se fosse la cosa più
naturale, rinunciando spesso ai suoi impegni pur di passare delle
giornate intere all'ospedale, accanto a tutto ciò che più
d'importante aveva. Il cuore di Takanori sobbalzava e fremeva ogni
volta che Akira si metteva a piangere; con tutte le proprie forze,
cercava ancora di tirarlo su di morale, prendendogli il volto fra le
mani e piazzandoselo davanti, sussurrandogli lentamente qualche dolce
parola e facendo qualche buffa smorfia col solo intento di
strappargli un sorriso. Non sembrava mai stanco di donargli un po' di
sollievo, per quanto breve e passeggero. Soddisfatto dopo esser
riuscito nel proprio intento, lo stringeva sempre delicatamente in un
abbraccio, aggrappandosi più che poteva al suo corpo malato e magro,
mormorando ancora qualcosa al suo orecchio. Solamente dopo avergli
confessato tutto ciò che sinceramente provava nei suoi confronti,
finalmente poteva abbandonarsi ad un lungo pianto liberatorio,
bagnandogli la stoffa del pigiama che gli copriva le spalle larghe e
ossute, singhiozzando rumorosamente senza badare al personale
dell'ospedale che percorreva avanti ed indietro il corridoio senza
mai fermarsi.
«Voglio
vivere...» ammetteva Akira di tanto in tanto, guardando Takanori
dritto negli occhi mentre gli stringeva una mano con tutte le forze
che aveva in corpo. Ogni volta che pensava di non voler morire, le
lacrime gli cadevano lungo le gote, rigandogli le guance e
incontrandosi infine sotto il mento, prima di scendere a bagnare le
lenzuola leggermente disordinate. «Voglio vivere... anche se non
posso fare niente per te...» gemeva ancora tra un singhiozzo e
l'altro, portandosi l'altra mano a coprirsi il volto, facendo
oscillare i lunghi tubicini che pendevano dagli aghi che aveva
infilati nella mano e nel braccio.
Gentilmente,
Takanori gli abbassò la mano, prendendolo docilmente per il polso e
baciandogli le lunghe dita scheletriche, dalle unghie corte e
squadrate. «Cosa stai dicendo...? Hai sempre fatto così tanto per
me... è giunta l'ora che anche io ricambi in qualche modo, no?» gli
disse con voce bassa e melliflua, intrecciando le dita ai suoi
capelli morbidi e chiari, appena arricciati sulle punte. «Adesso
sarà meglio che ti riposi... devi essere stanco.» annuì fra sé e
sé, tirandogli poi su le lenzuola, tirandole bene per i lembi per
non farle cadere dal letto. «Adesso devo andare a fare una piccola
commissione, però... tornerò presto, te lo prometto. Anche se ti
sveglierai e non sarò qui accanto a te, ricordati che per te ci sarò
sempre...» sorrise ancora, mentre un velo di lacrime gli offuscava
la vista, rendendo indistinti anche i lineamenti di Akira.
Avvicinandosi al suo volto, gli stampò un innocente bacio a fior di
labbra, staccandosi quasi subito e rimanendo a contemplare la sua
figura rannicchiata nel letto, fino a che non lo vide addormentarsi.
Quando
Akira si svegliò, fuori era già buio. Doveva aver dormito per un
bel po'... e, come annunciato, Takanori non era al suo fianco.
Rimaneva solamente il suo profumo, dolce e fresco come quello di un
fiore. Sarebbe dovuto tornare presto... sperava non ci mettesse tanto
tempo. Sulle labbra aveva ancora impressa la flebile sensazione di
quel bacio che si erano scambiati prima di separarsi; un certo
disagio si impadronì di lui, rimescolandoglisi nello stomaco e
accelerandogli il respiro. Quel bacio non era un semplice bacio
qualsiasi, Akira lo sapeva bene, ma Takanori lo sapeva ancor meglio.
L'ansia si posò come una cappa sul corpo del ragazzo steso sul letto
d'ospedale non appena si ricordò che sarebbe stato operato da una
settimana a quella parte. Voleva che Takanori rimanesse accanto a lui
anche in quel momento, fino all'ultimo. Voleva vedere ancora il suo
volto, sentire il suo profumo e toccare le sue guance morbide e
soffici. Prima di entrare in quella sala operatoria, voleva dirgli
tutto ciò che non era riuscito a confessargli in tutto quel tempo
trascorso insieme – voleva dirgli quanto lo amava, senza alcuna
esitazione.
Però,
i giorni passavano senza che Takanori tornasse. Akira piangeva
silenziosamente giorno e notte, venendo consumato dall'ansia e
rifiutando qualsiasi genere di visita che non fosse da parte del suo
caro amico. Ad un tratto, il mattino del giorno in cui avrebbero
dovuto operarlo, gli fu consegnato un piccolo foglietto con su
scritta una nota, senza dubbio di Takanori: la sua era una
calligrafia abbastanza piccola e ordinata, seppur ogni tanto calcasse
troppo alcuni tratti. Guardandolo meglio, Akira s'accorse che in
certi punti l'inchiostro era sbavato, come se delle gocce di pioggia
vi fossero cadute sopra poco dopo che i caratteri furono impressi
sulla carta.
“Mi
dispiace
D'esser
stato egoista
Volevo
solamente salvarti
Se potessi
morire per te,
Allora
questa sarebbe la mia felicità...”
Lo rilesse più volte, cercando di mantenere la calma mentre le mani gli tremavano violentemente, senza controllo. Il medico che gli aveva consegnato il messaggio si avvicinò a lui, posandogli una mano sulla spalla. Scosse lievemente la testa, chiudendo gli occhi con espressione grave. «Non è l'unica cosa che ci ha lasciato...» mormorò solamente, e solamente questo bastò ad Akira per esplodere. Di fronte alla verità scritta in quella parole, rimase senza parole. Scoppiando in lacrime, gridò più volte il nome dell'amato amico fino a che, dopo un leggero pizzico al braccio, i suoi sensi cominciarono a svanire uno dopo l'altro.
Ancora
una volta, non seppe esattamente quanto tempo rimase addormentato, ma
quando si svegliò, sentì una fitta all'altezza del petto, sulla
sinistra. Scostandosi un lembo del pigiama, vide una spessa
fasciatura e, inspirando profondamente, avvertì i punti tirargli la
carne. Non avendo più lacrime da versare, tutto ciò che riuscì a
fare fu un sorriso rassegnato e commosso. Si posò la mano sul petto,
realizzando ciò che era appena successo. Takanori l'aveva amato a
tal punto da averlo aiutato fino in fondo. “Il mio cuore è già
tuo, Akira, non capisco cosa ti costi dirmi qualche dolce parola una
volta ogni tanto” diceva spesso, imbronciando il suo grazioso
musetto chiazzato di rosso dall'imbarazzo. Ma Akira non pensava che
quelle parole un giorno sarebbero potute diventare realtà. Con il
palmo premuto sul petto, riusciva a sentire il cuore di Takanori
battere dentro di sé, freneticamente, dando vita alla melodia più
dolce che avesse mai ascoltato.
Chiudendo
gli occhi, pensò a lui, alle sue parole, al suo volto imbronciato,
alle sue gote chiazzate di rosso. Gli angoli della bocca gli si
incurvarono in un sorriso; aprì lentamente gli occhi, gettando
un'occhiata fuori dalla finestra. Il sole del mattino splendeva
radioso come sempre, e la brezza marina soffiava dalla finestra
appena aperta. Sentendosi ancora debole, Akira serrò gli occhi e,
cullato dal delicato suono del cuore di Takanori che batteva nel
proprio petto, si addormentò rapidamente, cadendo in un sonno
stranamente profondo, nella densa oscurità che lo avvolgeva. Tu-tum,
tu-tum, tu-tum.
«Anche
se non ci sveglieremo, che importa? Ora siamo insieme... ed è questo
ciò che conta.»
Ehilà!
Come
potete immaginare, sono stata colta da un attacco di ispirazione
improvvisa (?) e mi sono trovata a scrivere questa seconda song-fic
tutta d'un fiato... non uccidetemi, davvero, anche perché sarà già
morta tre volte a scrivere quest'atrocità immane.
Lo
so che sto scrivendo praticamente quasi tutto dedicato alla Reituki,
però... sono una coppia troppo bella, ok? Ce li vedo praticamente
bene in ogni genere di situazione, specialmente nelle più delicate.
Sembrano così attaccati anche nella vita reale... comunque, non
picchiatemi davvero ;; Prima o poi tornerò ancora con una Aoiha,
devo cercare la canzone giusta! E poi mi piacerebbe anche farne
qualcuna introspettiva con un solo protagonista... beh, ci lavorerò
appena l'ispirazione arriverà ancora! In ogni caso, spero tanto che
questa vi sia piaciuta, anche se so che è triste... perdonatemi
errori/orrori vari, ma la mia vista continua a far schifo, e il
correttore automatico di OpenOffice ancor di più!
Commenti,
recensioni e critiche sono ben accetti. Come sempre, vi ringrazio in
anticipo del tempo che avete dedicato a questa piccola raccolta,
spero di poter tornare presto a deliziarvi (?) con un'ennesima
song-fic deprimente come poche, lol.
Alla
prossima, e grazie ancora!