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Autore: latour    12/08/2014    6 recensioni
[Raccolta di song-fic dedicata alle canzoni dei GazettE]
I. Akai one piece; Ruki. "Questo abito di pizzo rosso è il mio unico orgoglio."
II. Zakurogata no Yuuutsu; Reita, Ruki. "Se potessi morire per te, allora questa sarebbe la mia felicità..."
III. Namaatatakai Ame to Zaraitsuita Jounetsu; Aoi, Uruha. "Ho perso tutta la gelosia che provavo nei tuoi confronti. Ora, sono l'unico che hai nel cuore?"
IV. Red MoteL; Kai, Ruki. "Sul rosso, rosso letto, il mio animaletto domestico puzza di sangue."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Zakurogata no Yuuutsu

Titolo: Zakurogata no Yuuutsu
Personaggi: Reita, Ruki
Pairing: Reituki
Traduzione della canzone:
Zakurogata no Yuuutsu
Rating: Giallo
Avvertimenti:
Slash / Tematiche forti


ザクロ型の憂鬱


Eccolo giunto alla fine di un'ennesima crisi di pianto – l'ultima di una lunga, interminabile serie. Non faceva altro da quanto era stato ricoverato, senza troppe speranze, in quell'ospedale dalle stanze asettiche e tutte uguali che odoravano di disinfettante. La cosa sorprendente era che, dopo ognuno di quegli sfoghi violenti, sulle sue labbra appariva sempre un sorriso – un bel sorriso sincero e solare che sapeva mozzare il fiato e raddolcire anche il cuore più duro, scacciando ogni ansia e preoccupazione. Akira sorrideva perché, dopo ognuna di quelle manifestazioni di debolezza e rassegnazione, il suo Takanori era lì al suo fianco, stringendogli la mano e carezzandogli una ciocca di capelli disordinatamente posata sul cuscino inzuppato di lacrime.
Un giorno, il sole mattutino che filtrava delicatamente dalla finestra sembrava diverso dal solito, ma Akira non realizzò immediatamente ciò che era successo. Era certo che Takanori si fosse addormentato accanto a sé la sera prima, com'era che ora il suo sguardo assonnato non riusciva a trovare la sua piccola e gracile figura? Diede un'occhiata qua e là, ma del suo amico neanche l'ombra. Doveva essere andato in bagno... o forse era andato a prendere la colazione per entrambi. L'unico rumore che echeggiava con fare monotono della stanza era il bip acustico dell'elettrocardiografo che, senza sosta, continuava indisturbato la sua attività. Sul comodino erano posati dei fiori dai colori chiari, un segno di buona guarigione da parte di qualche parente stretto e di Takanori stesso. L'acqua ormai stava quasi finendo, e i poveri fiori sembravano accartocciarsi su loro stessi mentre oscillavano sospinti dal vento che entrava da uno spiffero della finestra appena schiusa. Non vedeva l'ora che quei fiori appassissero... semmai ciò fosse accaduto, avrebbe preso tutto e se ne sarebbe andato lontano, staccandosi anche dall'amico adorato per evitargli inutili sofferenze. Fortunatamente, però, Takanori arrivò presto e cambiò l'acqua ai fiori per tenerli ancora un po' in vita, per poi mettersi a parlare insieme a lui, seduto sulla poltroncina rivestita di tessuto sintetico.
Faceva male vederlo così indaffarato ogni giorno, Akira vedeva chiaramente che anche il piccoletto soffriva quanto lui. Si dava sempre da far per incoraggiarlo, dicendogli che tutto andava bene e che non c'era nulla di cui preoccuparsi, che sarebbe guarito presto e che qualcuno gli avrebbe presto dato quell'importante
cosa vagamente somigliate ad un melograno che gli avrebbe permesso di vivere ancora ed ancora. Continuava ad occuparsi di lui come se fosse la cosa più naturale, rinunciando spesso ai suoi impegni pur di passare delle giornate intere all'ospedale, accanto a tutto ciò che più d'importante aveva. Il cuore di Takanori sobbalzava e fremeva ogni volta che Akira si metteva a piangere; con tutte le proprie forze, cercava ancora di tirarlo su di morale, prendendogli il volto fra le mani e piazzandoselo davanti, sussurrandogli lentamente qualche dolce parola e facendo qualche buffa smorfia col solo intento di strappargli un sorriso. Non sembrava mai stanco di donargli un po' di sollievo, per quanto breve e passeggero. Soddisfatto dopo esser riuscito nel proprio intento, lo stringeva sempre delicatamente in un abbraccio, aggrappandosi più che poteva al suo corpo malato e magro, mormorando ancora qualcosa al suo orecchio. Solamente dopo avergli confessato tutto ciò che sinceramente provava nei suoi confronti, finalmente poteva abbandonarsi ad un lungo pianto liberatorio, bagnandogli la stoffa del pigiama che gli copriva le spalle larghe e ossute, singhiozzando rumorosamente senza badare al personale dell'ospedale che percorreva avanti ed indietro il corridoio senza mai fermarsi.
«Voglio vivere...» ammetteva Akira di tanto in tanto, guardando Takanori dritto negli occhi mentre gli stringeva una mano con tutte le forze che aveva in corpo. Ogni volta che pensava di non voler morire, le lacrime gli cadevano lungo le gote, rigandogli le guance e incontrandosi infine sotto il mento, prima di scendere a bagnare le lenzuola leggermente disordinate. «Voglio vivere... anche se non posso fare niente per te...» gemeva ancora tra un singhiozzo e l'altro, portandosi l'altra mano a coprirsi il volto, facendo oscillare i lunghi tubicini che pendevano dagli aghi che aveva infilati nella mano e nel braccio.
Gentilmente, Takanori gli abbassò la mano, prendendolo docilmente per il polso e baciandogli le lunghe dita scheletriche, dalle unghie corte e squadrate. «Cosa stai dicendo...? Hai sempre fatto così tanto per me... è giunta l'ora che anche io ricambi in qualche modo, no?» gli disse con voce bassa e melliflua, intrecciando le dita ai suoi capelli morbidi e chiari, appena arricciati sulle punte. «Adesso sarà meglio che ti riposi... devi essere stanco.» annuì fra sé e sé, tirandogli poi su le lenzuola, tirandole bene per i lembi per non farle cadere dal letto. «Adesso devo andare a fare una piccola commissione, però... tornerò presto, te lo prometto. Anche se ti sveglierai e non sarò qui accanto a te, ricordati che per te ci sarò sempre...» sorrise ancora, mentre un velo di lacrime gli offuscava la vista, rendendo indistinti anche i lineamenti di Akira. Avvicinandosi al suo volto, gli stampò un innocente bacio a fior di labbra, staccandosi quasi subito e rimanendo a contemplare la sua figura rannicchiata nel letto, fino a che non lo vide addormentarsi.

Quando Akira si svegliò, fuori era già buio. Doveva aver dormito per un bel po'... e, come annunciato, Takanori non era al suo fianco. Rimaneva solamente il suo profumo, dolce e fresco come quello di un fiore. Sarebbe dovuto tornare presto... sperava non ci mettesse tanto tempo. Sulle labbra aveva ancora impressa la flebile sensazione di quel bacio che si erano scambiati prima di separarsi; un certo disagio si impadronì di lui, rimescolandoglisi nello stomaco e accelerandogli il respiro. Quel bacio non era un semplice bacio qualsiasi, Akira lo sapeva bene, ma Takanori lo sapeva ancor meglio. L'ansia si posò come una cappa sul corpo del ragazzo steso sul letto d'ospedale non appena si ricordò che sarebbe stato operato da una settimana a quella parte. Voleva che Takanori rimanesse accanto a lui anche in quel momento, fino all'ultimo. Voleva vedere ancora il suo volto, sentire il suo profumo e toccare le sue guance morbide e soffici. Prima di entrare in quella sala operatoria, voleva dirgli tutto ciò che non era riuscito a confessargli in tutto quel tempo trascorso insieme – voleva dirgli quanto lo amava, senza alcuna esitazione.
Però, i giorni passavano senza che Takanori tornasse. Akira piangeva silenziosamente giorno e notte, venendo consumato dall'ansia e rifiutando qualsiasi genere di visita che non fosse da parte del suo caro amico. Ad un tratto, il mattino del giorno in cui avrebbero dovuto operarlo, gli fu consegnato un piccolo foglietto con su scritta una nota, senza dubbio di Takanori: la sua era una calligrafia abbastanza piccola e ordinata, seppur ogni tanto calcasse troppo alcuni tratti. Guardandolo meglio, Akira s'accorse che in certi punti l'inchiostro era sbavato, come se delle gocce di pioggia vi fossero cadute sopra poco dopo che i caratteri furono impressi sulla carta.

Mi dispiace
D'esser stato egoista
Volevo solamente salvarti
Se potessi morire per te,
Allora questa sarebbe la mia felicità...”

Lo rilesse più volte, cercando di mantenere la calma mentre le mani gli tremavano violentemente, senza controllo. Il medico che gli aveva consegnato il messaggio si avvicinò a lui, posandogli una mano sulla spalla. Scosse lievemente la testa, chiudendo gli occhi con espressione grave. «Non è l'unica cosa che ci ha lasciato...» mormorò solamente, e solamente questo bastò ad Akira per esplodere. Di fronte alla verità scritta in quella parole, rimase senza parole. Scoppiando in lacrime, gridò più volte il nome dell'amato amico fino a che, dopo un leggero pizzico al braccio, i suoi sensi cominciarono a svanire uno dopo l'altro.

Ancora una volta, non seppe esattamente quanto tempo rimase addormentato, ma quando si svegliò, sentì una fitta all'altezza del petto, sulla sinistra. Scostandosi un lembo del pigiama, vide una spessa fasciatura e, inspirando profondamente, avvertì i punti tirargli la carne. Non avendo più lacrime da versare, tutto ciò che riuscì a fare fu un sorriso rassegnato e commosso. Si posò la mano sul petto, realizzando ciò che era appena successo. Takanori l'aveva amato a tal punto da averlo aiutato fino in fondo. “Il mio cuore è già tuo, Akira, non capisco cosa ti costi dirmi qualche dolce parola una volta ogni tanto” diceva spesso, imbronciando il suo grazioso musetto chiazzato di rosso dall'imbarazzo. Ma Akira non pensava che quelle parole un giorno sarebbero potute diventare realtà. Con il palmo premuto sul petto, riusciva a sentire il cuore di Takanori battere dentro di sé, freneticamente, dando vita alla melodia più dolce che avesse mai ascoltato.
Chiudendo gli occhi, pensò a lui, alle sue parole, al suo volto imbronciato, alle sue gote chiazzate di rosso. Gli angoli della bocca gli si incurvarono in un sorriso; aprì lentamente gli occhi, gettando un'occhiata fuori dalla finestra. Il sole del mattino splendeva radioso come sempre, e la brezza marina soffiava dalla finestra appena aperta. Sentendosi ancora debole, Akira serrò gli occhi e, cullato dal delicato suono del cuore di Takanori che batteva nel proprio petto, si addormentò rapidamente, cadendo in un sonno stranamente profondo, nella densa oscurità che lo avvolgeva.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
«Anche se non ci sveglieremo, che importa? Ora siamo insieme... ed è questo ciò che conta.»



Ehilà!
Come potete immaginare, sono stata colta da un attacco di ispirazione improvvisa (?) e mi sono trovata a scrivere questa seconda song-fic tutta d'un fiato... non uccidetemi, davvero, anche perché sarà già morta tre volte a scrivere quest'atrocità immane.
Lo so che sto scrivendo praticamente quasi tutto dedicato alla Reituki, però... sono una coppia troppo bella, ok? Ce li vedo praticamente bene in ogni genere di situazione, specialmente nelle più delicate. Sembrano così attaccati anche nella vita reale... comunque, non picchiatemi davvero ;; Prima o poi tornerò ancora con una Aoiha, devo cercare la canzone giusta! E poi mi piacerebbe anche farne qualcuna introspettiva con un solo protagonista... beh, ci lavorerò appena l'ispirazione arriverà ancora! In ogni caso, spero tanto che questa vi sia piaciuta, anche se so che è triste... perdonatemi errori/orrori vari, ma la mia vista continua a far schifo, e il correttore automatico di OpenOffice ancor di più!
Commenti, recensioni e critiche sono ben accetti. Come sempre, vi ringrazio in anticipo del tempo che avete dedicato a questa piccola raccolta, spero di poter tornare presto a deliziarvi (?) con un'ennesima song-fic deprimente come poche, lol.
Alla prossima, e grazie ancora!

   
 
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