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Autore: Agape    11/09/2008    6 recensioni
Remus è solo nella stamberga fin quando non viene raggiunto da Sirius.
"[...]e Remus incontrò il suo sguardo: si rese conto che in quel momento avrebbe potuto leggere in quegli occhi grigi così trasparenti qualsiasi moto e pensiero dell’amico, ed ebbe paura."

"Non sono guerre, parole o coincidenze a decidere della nostra vita ma attimi"
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di un amore mai nato

Storia di un amore mai nato

 

 

Non sono guerre, parole o coincidenze a decidere della nostra vita ma attimi.

 

 

La luna calava dietro la collina, tinta di un lieve azzurro, come se fosse stanca dopo la notte trascorsa.

Ancor più stremato un ragazzo si sollevò dal pavimento polveroso di una vecchia casa, con il corpo percorso da nuove cicatrici: piccole gocce di sangue segnavano sulle assi del pavimento il suo percorso mentre raccattava gli abiti sgualciti.

Il licantropo, da quanto non affrontava più le notti di luna piena da solo, si era placato, ma a volte si lanciava ancora in implacabili scatti di rabbia verso se stesso, quasi a punirsi per quella sua natura maledetta che mai avrebbe potuto allontanare da sé.

Lentamente infilò i calzoni lungo le gambe, muovendosi con lentezza, nell’inutile tentativo di muovere il meno possibile tutte le articolazioni, doloranti dopo la trasformazione. Il vero problema arrivo nel momento in cui dovette infilarsi la camicia: muovere le dita per riuscire a infilare quei scivolosi bottoni nelle strette asole sembrava un’impresa impossibile in quel momento e per Remus l’idea di dover apparire ancor più trasandato del solito, con la camicia sbottonata sotto il vecchio maglioncino grigio e consumato, era molto fastidiosa.

Accigliato fissava i bottoni quasi cercasse di farli sentire in colpa del disagio che gli stavano provocando.

“Ci penso io se vuoi”. Remus si voltò di scatto.

Sirius era sulla soglia della porta mentre lo fissava con un’espressione indefinibile e i piedi che sembravano pronti a scattare nervosi per trascinarlo fuori da quella polverosa stanza. In effetti, Sirius in quel momento non sarebbe dovuto essere lì: i suoi amici, alle prime luci dell’alba, tornavano sempre al castello per non rischiare di incontrare per i corridoi le prime persone che si alzavano o Madama Chips che ogni tanto andava a recuperare di persona Remus all’entrata del Platano picchiatore, invece di aspettarlo vicino a quella vecchia entrata in disuso, che permetteva al licantropo di raggiungere l’infermeria lontano da sguardi indiscreti. Proprio nell’infermeria gli altri tre Malandrini lo raggiungevano per sincerarsi delle sue condizioni e raccontargli le scorribande notturne di cui non conservava mai il ricordo.

Ma quella mattina Sirius era in quella stanza e, per quanto Remus potesse vedere, era solo. Remus rinunciò alla sua battaglia e lasciò che l’amico si avvicinasse e iniziasse ad armeggiare con la sua camicia, infilando ogni bottone nella rispettiva asola. Era strano osservare da così vicino il viso dell’amico, con quell’espressione seria e concentrata che ogni tanto gli sorprendeva in volto mentre pensava, e non alla prossima bravata da fare insieme a James, ma mentre la sua mente sembrava immersa in pensieri nebbiosi e contorti tanto da allontanarlo dalla realtà che lo circondava. A Remus piaceva fermarsi a osservare quel Sirius così riflessivo, così improvvisamente maturo, ma appena l’amico si accorgeva di essere oggetto della sua attenzione mutava l’espressione del suo viso in quel sorriso un po’ altezzoso e canzonatorio che lo caratterizzava, quasi temesse che Remus potesse leggere nel suo viso, nel suo sguardo qualche oscuro segreto.

Remus improvvisamente sussultò: per un breve attimo le dita di Sirius avevano sfiorato il suo petto, calde come non si aspettava che potessero essere in una così fredda giornata di inverno.

Sirius alzò il viso e Remus incontrò il suo sguardo: si rese conto che in quel momento avrebbe potuto leggere in quegli occhi grigi così trasparenti qualsiasi moto e pensiero dell’amico, ed ebbe paura.

Ebbe paura di sapere perché Sirius fosse là con lui, solo, e non a Hogwarts con l’inseparabile James, aveva paura di sapere perché quelle mani fossero così calde e perché sui suoi occhi aleggiasse quell’espressione così strana e intensa. La sua vita era un fragile equilibrio e la cosa che più temeva era che tutto potesse andare in frantumi e che le poche verità in cui credeva potessero scivolare via dalle sue mani.

Così, senza rendersi conto di ciò che stava facendo, Remus fece un passo indietro allontanandosi dalla portata delle mani di Sirius e soprattutto dai suoi occhi; questi improvvisamente si ottenebrarono, come se una tenda fosse scesa a offuscarne la luce, e Sirius, senza dire una parola, si voltò e uscì dalla stanza.

Remus rimase solo in quella stanza gelida, con la camicia abbottonata a metà, e la porta lasciata aperta come unico segno del passaggio dell’amico.

 

 

 

Scrivere questa storia è stato qualcosa di masochistico. A ogni singola battuta avrei voluto cambiare il suo svolgimento, impedire a Remus di indietreggiare o cercare di non fa uscire Sirius da quella stanza, ma niente. Certe storie hanno una vita propria e sono destinate a finire a modo loro, e questa storia aveva questo finale prima ancora che capissi come scriverla, come iniziarla.

Però mi piace questa storia perché posso pensare che tutto ciò sia accaduto veramente, che quei due ragazzi si amassero e che solo per un caso, per un piccolo gesto fuori luogo, i loro sentimenti non si siano rivelati. E tutto questo senza contraddire niente di quanto detto nei libri della Rowling.

E poi scrivere su Remus, e sui Marauders in generale, è una tentazione troppo forte per me U___U  Spero che la mia Little Moony non si arrabbi per come ho maltrattato i nostri due beniamini.

Vi saluto e spero che questa storia sia piaciuta anche a voi J

 

 

 

  
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