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Autore: azoto360    07/08/2014    0 recensioni
Questa è la prima storia che pubblico, l'ho creata come background per un personaggio in un gioco di ruolo tra amici. Molti dettagli sono abbastanza poco inerenti all'ambientazione medioevale in cui svolgono le vicende, ma servono a tenere alta l'attenzione del lettore. Nella storia mi metto nel ruolo di Raqiya, una ragazzina di 7 anni che a causa di una serie di eventi viene coinvolta in un viaggio con il sovrano del suo regno. Nonsense. Lasciate un commento, positivo o negativo, mi fa piacere in entrambi i casi
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio nome è Raqiya, e sono qui per raccontarvi la mia storia.
Quella che andrò a raccontarvi è una storia che ha dell’incredibile. Conducevo una vita tranquilla, nella mia miniera, beh non proprio mia, il mio è sempre stato il ruolo di contabile, da che ne ho memoria. Ho appreso la matematica e la scrittura da piccolissima, dono che a nessun bambino era concesso nella valle. Il mio compito era registrare e archiviare ordinatamente tutti i dati che riguardavano la miniera, a partire dal numero di uomini che ci lavoravano fino a fare complicati calcoli sulla svaluta e la svendita del rame nella valle.
Questo è stato per i miei primi sette anni di vita.
Ero nei pressi di un piccolo fiumiciattolo poco lontano da casa quando vidi in lontananza un gruppo di uomini, un folto gruppo di uomini, che marciava verso il mio piccolo villaggio,e che dire?  rimasi pietrificata dalla paura.
Come in un sogno vidi marciare quegli uomini- non uomini, bestie-  nel villaggio e fare razzie di ogni genere, rimasi a guardare da lontano impotente, non sapendo cosa fare.
E cosa avrebbe potuto fare una bambina di sette anni in quel caso? Se tornavo al villaggio sarei stata violentata o peggio.
Quindi non biasimatemi quando vi dirò che sono rimasta li a guardare inerme, senza fare nulla, senza quasi respirare.
E proprio nel momento in cui la mia mente cominciò a riprendere lucidità, vidi avanzare verso di me un gruppo di barbari che trascinavano il corpo semicosciente di una giovane con un profondo squarcio nel petto, dagli sguardi che vidi in quelle bestie capii piuttosto chiaramente le loro intenzioni.
Non appena mi videro –quegli uomini brutti, sfregiati, con logori vestiti e asce insanguinate- si sorpresero, ma questo solo per un’ istante, perché un’ istante dopo uno di loro avanzava verso di me.
Il mio sguardo urlava terrore, la mia mente era annebbiata, troppe emozioni mi scorrevano nelle vene, nessun pensiero razionale prendeva il soppravvento, tutto ciò che vedevo-percepivo- era quell’orrenda bestia, ghignante, che si avvicinava a me allungando una storpia mano con unghie lunghe e marce e quegli occhi- oddio quegli occhi- mai ne vidi di occhi come i suoi. Avevano il buio dentro, due occhi che godevano nel terrore e nella paura. Due occhi spalancati dall’eccitazione della violenza.
A quel punto gli occhi li chiusi io.
Quello che successe poi non ve lo so dire, un urlo, forse due. Poi un corpo a terra, aprii gli occhi, era l’uomo orrendo in ginocchio davanti a me, con una freccia che gli trapassava il cranio. Poi un’ombra sopra di me e le bestie a terra erano due. La povera fanciulla morente si dimenava tra le braccia dell’ultimo uomo rimasto, una figura davanti a me mi impedì di vedere ciò che successe dopo ma dal rumore dei corpi morti sul terreno fu ben chiaro che altre due anime avevano abbandonato questa terra.
E il fiume si dipinse di rosso.
La figura davanti a me –il mio salvatore- si girò e in lui riconobbi la salvezza, la speranza e.....il mio
re.
Il mio re mi aveva appena salvato la vita, io che ero una paesana qualsiasi, una piccola bambina senza famiglia ne storia, si ecco proprio io. Si chinò su di me e il mio cuore perse un battito, i suoi occhi, l’unica cosa che mostrava del suo volto erano la cosa più bella che avessi mai visto.
-Vieni con me. Ora-
La sua voce era velluto, il profumo del sangue nell’aria era estasi.
Mi prese per un braccio e mi trascinò nella bassa boscaglia finchè non ripresi il controllo delle mie gambe. A quel punto cominciai a correre pure io.
Corremmo finchè non fu notte, a quel punto eravamo ben fuori dalla valle. Raccolsi la legna e feci un fuoco mentre il mio re andava a cercare dell’acqua. Era la cosa  più incredibile che mi fosse mai successa, che a chiunque fosse mai successa.  Il re è sempre stato celebre per essere un tipo burbero e misterioso, si mormora che abbia ucciso persino la legittima erede al trono, sua moglie.
E lui mi aveva salvato la vita. E stavamo scappando insieme.
Mentre tornava dal fiume con una borraccia si chinò per piazzare una trappola per conigli, ne approfittai per osservarlo bene.
Era un tipo parecchio insolito per essere un re, niente nel suo aspetto l’avrebbe ricordato.
Il suo volto fu sfregiato da un terribile incendio che uccise sua moglie e suo figlio e per questo indossava sempre una benda sul volto che gli lasciava scoperti solo gli occhi, due occhi stupendi violacei come il vino scadente che beveva la gente della miniera. Quasi tutto il corpo era coperto da un enorme poncho verdastro che nascondeva la spada affilata che poche ore prima aveva messo fine a delle vite. Sulla schiena arco e faretra piena di frecce dalle complicate incisioni che ricordavano caratteri antichi, ormai perduti.
Chi avrebbe mai pensato che un re avesse un aspetto del genere? Uno se lo aspetta alto possente biondo con un’armatura luccicate e i capelli al vento, ma io ero solo una contabile, la mia opinione era nulla.
Finita di sistemare la trappola si alzò in piedi e si diresse verso di me. Appena si avvicinò il fuoco tremolò, o forse fu solo la mia vista, e un attimo dopo lui era di fronte a me che mi scrutava.
-come ti chiami bambina?-
La fissai incantata per qualche secondo poi risposi: -Raqiya mio signore-
Sembrò scocciato da questa risposta.
-non sono più il tuo signore, piccola Raqiya. Tutto ciò che conoscevi non esiste più. Ne il villaggio, ne il castello, ne il regno. Quei barbari sono venuti per rimanere, non tornerai più a casa tua, non tornerai più dalla tua famiglia-
Distolse lo sguardo e buttò della legna sul fuoco, che scoppiettò.
-io non ho famiglia, mio signore. Sono orfana, vivevo nella miniera con il contabile mio maestro-
Il suo sguardo mi penetrò.
-pensavo di averti detto di non chiamarmi più così-
-e come dovrei chiamarla? –
Il suo sguardo si spostò dal mio volto alla boscaglia da cui eravamo circondati.
-chiamami Axe. E ora voglio che tu capisca una cosa, piccola, ora siamo solo tu ed io, perché  il villaggio più vicino dista leghe da qui e se ti piace respirare, beh dovrai imparare a sopravvivere-
 
Da quel giorno passarono 10 anni. In quel lasso  di tempo scoprii che i villaggi confinanti con la nostra valle non furono entusiasti della caduta del nostro regno, e nemmeno di accogliere il famoso re assassino, e fu così ci ritrovammo a vivere in un piccolo rifugio di montagna.
Durante quegli anni, quei lunghi, infiniti anni crebbi e con me anche una stana e crescente passione per l’uomo che mi aveva salvato. Mai una volta lo vidi senza bende, mai una volta lo vidi senza poncho.
Finché.
Non arrivò un giorno.
IL giorno.
Che cambiò tutto.
 
Tornavo in anticipo dalla caccia con un bottino insolitamente scarno, nel cielo si stavano raggruppando nuvole che non promettevano nulla di buono, qualcosa nell’aria mi diceva che non era una buona giornata per stare nella foresta, e proprio mentre lo pensavo un fulmine squarciò il cielo e colpì un albero a qualche metro da me facendogli prendere fuoco. Non sapendo che fare lasciai cadere a terra la volpe che avevo appena cacciato e corsi verso casa, verso il rifugio, dovevo chiamare Axe -il mio Axe- dovevo avvertirlo del pericolo.
Cominciò a tirare vento e cominciai a correre più forte, era in arrivo una tempesta e l’incendio continuava a divampare, ero nel panico, ero sola nella foresta e se il cielo si fosse scurito del tutto non sarei più riuscita a trovare la strada di casa, il panico saliva e l’ansia con lui.
Poi, all’improvviso vidi il rifugio.
Con foga e con decisione entrai in camera del mio salvatore, l’incendio ormai divampava.
Si stava cambiando.
Lui si girò.
E ciò che vidi non fu ciò che mi aspettavo.
Perché lui.
Era una lei.
 
 
Fu un attimo, un battito di ciglia.
E quella donna mi fu addosso. La sconosciuta, il mio salvatore.
Mi spinse a terra e mi bloccò le braccia, non potevo muovermi, ma poco importava.
Quegli occhi, quei dannati occhi.
E la sua voce, che ora urlava, le parole non le capivo avevo la mente annebbiata.
Ma la sua voce, si, quella la ricordavo, Axe, colui che amavo.
Poi, come dal nulla, il dolore prese il sopravvento, il mio volto era in fiamme.
E lo vidi con chiarezza, la vidi con chiarezza.
Aveva in mano un pugnale, in faccia chiazze di sangue –il mio sangue- e quegli occhi, spaventati terrorizzati mi fissavano, fissavano i miei e nel caotico silenzio di quell’attimo che sembro durare un’eternità sussurrò:
-Hai gli occhi di tua madre-
E lasciò cadere il pugnale, che rimbalzò ad un soffio dal mio viso, rimbalzò a ritmo con il mio cuore, che in quell’istante riprese a battere.
Perché al centro di tutto c’era lei, c’era sempre stata lei.
Con uno scatto si alzò e mi guardò con aria sofferente, mi alzai con lei.
Mi sfiorò la guancia, mi aveva sfregiato, ma non importava. I suoi capelli, color miele, le incorniciavano il viso, i suoi occhi violetti mi guardavano, come avevano sempre fatto, ma come mai li avevo guardati io, la sua bocca carnosa mormorava parole a voce troppo bassa per poterle udire. Mi sfiorai la guancia, la mia mano era tinta di rosso. A quella vista ripresi lucidità.
-Tu chi sei? Perché conosci mia madre?-
La donna, terribilmente bella- troppo vicina- sospirò e si avvicinò alla finestra, dove la tempesta che aveva spento l’incendio picchiava con violenza sui vetri.
-Il mio nome è Selene, ai tempi ero una serva di corte di palazzo, mi prendevo cura della regina Ilyn quando aspettava il suo bambino. Tu sei quel bambino Raqiya, le ho giurato che ti avrei protetto per sempre. Tuo padre il re, è vero quello che si dice di lui. Ha ucciso lui tua madre e ha tentato di uccidere anche te.-
La guardai scioccata.
-Io non sono proprio la figlia di nessun reale! Io facevo la contabile! E se il re ha ucciso la regina perché tu sei vestita come lui? Perché ti sei finta lui per tutto questo tempo? E se il re non sei tu, il vero re dov’è?-
Un lampo tornò a squarciare il cielo e la donna, Selene , si girò a guardarmi sorridendo
-L’ho ucciso io, quel vecchio pazzo. Ha ucciso chi amavo e il mi sono vendicata! Dalla morte della mia Ilyn non ho fatto altro che aspettare pazientemente il momento giusto per ucciderlo!-
Avevo il sapore del sangue in bocca, continuava a colare, ma non riuscivo a smettere di guardarla.
- Tu….e mia madre?-
La donna sospirò.
-Io l’amavo come non te lo so spiegare. Io e lei ci appartenevamo, non era giusto lo so, era strano. So anche questo, ma come posso spiegare una cosa del genere? Non è una cosa che si sceglie. È una cosa che si accetta.-
La stanza mi sembrava tremendamente piccola ora.
-Diciassette anni fa, quando tuo padre uccise tua madre, e cercava te, fui io ad applicare l’incendio che lo sfregiò a vita. Poi scappai, e ti lasciai ad un mio vecchio amico, sapevo che si sarebbe preso cura di te. E poi aspettai. Aspettai quasi un anno, nascondendomi sulle montagne. Tuo padre mi cercava, e cercava anche te, non potevo aspettare ancora, ti avrebbe trovato! Così un giorno mi introdussi a castello e fingendomi una serva avvelenai il re. Mi disfai del corpo ma uccidendolo avevo paura che qualcun altro di altrettanto pazzo salisse al trono, quindi presi i suoi vestiti e presi il suo posto. Ti ho salvato la vita, mi sono presa cura di te,ma l’ho fatto per lei. Mi dispiace averti illusa ma non volevo che tu sapessi chi sono veramente. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per lei-
Avevo vissuto una vita di bugie e nemmeno lo sapevo.
-tu non avresti mai dovuto scoprire chi sono veramente. Devo riprendermi il regno, devo farlo per lei-
Io non ero nulla per Axe –Selene-.
Io ero solo l’eco del suo amore per mia madre.
Tutto, tutto, tutto era inutile ora, vuoto, dannatamente vuoto.
Dieci anni.
Dieci anni con una persona per cui avrei dato la vita.
Il mio Axe.
La mia Selene.
 
 
Caddi in ginocchio e lei mi passò accanto. Indossava di nuovo le bende e il poncho, ma ora sapevo chi c’era sotto. Mi ero innamorata di una persona che manco esisteva.
 
Rimasi in ginocchio per un’eternità poi caddi sul pavimento.
Mi svegliai il giorno dopo, lei non c’era e forse nemmeno io.
Non sentivo più una parte della faccia. Vomitai .
 
Passai due giorni senza mangiare pensavo soltanto.
Poi mi alzai in piedi, guardai fuori dalla finestra e decisi che se lei era li fuori, io l’avrei trovata.
Per amarla o ammazzarla, non lo so.
Ma mi aveva ferito, fisicamente e mentalmente.
E ora la voglio trovare a tutti i costi.
   
 
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