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Autore: Dragon_Flame    08/08/2014    3 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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11.



 

"Su, Lidia, si va a correre!" esclamò Ivan la mattina presto, facendo irruzione nella camera singola della ragazza. L'uomo era già pronto, lavato e vestito con una leggera tuta da corsa, ed era andato a chiamare la ragazza, dopo aver ovviamente avvertito la madre di lei la sera precedente. Il padre di Lidia, Domenico, aveva scosso la testa con disapprovazione, ma non aveva detto no all'iniziativa. Un'occhiataccia l'aveva rivolta comunque all'infermiere.

Lidia era già sveglia e si stava infilando proprio in quell'istante una T-shirt per coprirsi, dato che era solo in intimo. All'improvviso spalancarsi della porta della sua stanza sobbalzò per lo spavento che l'aveva colta, quindi la ragazza quasi gettò un grido quando vide che all'uscio della camera stava un uomo. Dopo un istante riconobbe Ivan e si tranquillizzò, sbuffando sonoramente per poi lanciargli un'occhiataccia fulminante di disapprovazione.

Il moro, infatti, nonostante si fosse accorto che la giovane era ancora solo in slip e reggiseno, non si era vergognosamente ritirato dietro la porta scusandosi animatamente per aver fatto irruzione in quel modo nella sua privacy. L'infermiere se ne stava ancora sull'uscio a osservarla con interesse, contemplando la snella figura atletica e ben proporzionata di lei.

Lidia celò, per quanto possibile, le forme piuttosto prospere del suo corpo con la larga maglietta che teneva fra le mani, sbuffando incollerita.

"Non ti hanno insegnato le buone maniere? Esci fuori di qui, Ivan! Mi sto cambiando" puntualizzò, facendogli poi cenno di andarsene via e chiudere la porta.

Ma l'uomo non l'ascoltò minimamente; anzi, entrò nella stanza e si richiuse l'uscio alle spalle, appoggiandosi ad esso con la schiena. Le sue labbra sottili si arricciarono in un ironico sorriso di approvazione mentre i suoi occhi pungenti percorrevano la figura giovane e fresca che gli stava davanti.

"Sei meravigliosa" osservò, regalandole poi uno di quei rari, smaglianti sorrisi che di quando in quando spuntavano sulla sua bocca.

Malgrado si sentisse piccata e imbarazzata per quella fastidiosa intrusione, Lidia non poté fare a meno di arrossire a quel complimento lusinghiero. Sapeva di essere carina e i ragazzi che le ronzavano intorno anche prima di lasciarsi con Roberto ne erano la prova, tuttavia non aveva mai dato troppo peso al suo aspetto, considerandosi una ragazza comune, certamente non paragonabile a quelle rare bellezze magnetiche, aggressive o prorompenti che di tanto in tanto si mescolavano alla massa di ragazze carine, a cui la natura aveva donato un bel corpo o un bel volto ma non un fascino particolare. Quel complimento le fece piacere, perché era da tanto che un uomo non glielo diceva sinceramente.

"Lo so da sola, grazie" replicò sarcastica la ragazza per nascondere la vanitosa soddisfazione che quella lusinga le aveva dato. "Comunque, esci di qui."

"Neanche per sogno" la contraddisse l'uomo. "Quando mai mi ricapiterà di poter vedere una così bella ragazza mentre si veste?" aggiunse poi scherzando.

Lidia arrossì vistosamente a quelle parole. Non se lo sarebbe mai immaginato così impudente e spregiudicato. Forse però voleva soltanto stuzzicarla, pensò.

Vuole vedere come reagirò ad una sua avance, rifletté. In fondo, ci vediamo di nascosto, il che implica che siamo amanti, dato che lui è sposato. Forse vuole rendersi conto di come mi comporterò ai suoi primi approcci sessuali con me.

Al solo pensiero di loro due a letto insieme le si attorcigliò lo stomaco. Perché per lei, se si fossero spinti fino a quel punto, sarebbe stata la prima volta.

Lidia era vergine. Non aveva ancora pensato a come dirglielo, dato che le risultava alquanto imbarazzante fargli presente che lei non aveva esperienze sessuali. Il solo pensiero lo avrebbe portato a farsi dei film mentali assurdi. Lidia conosceva Ivan da poco, ma alcuni tratti principali della sua personalità li aveva colti. Lui si sarebbe fatto un mucchio di scrupoli e si sarebbe inventato scuse su scuse per evitare di essere l'uomo che l'avrebbe deflorata ed iniziata al sesso. Si sarebbe posto problemi inesistenti, puntando soprattutto sul fatto che lui non se la sarebbe sentita di fare una cosa del genere alla figlia della sua collega, che lui era troppo grande per lei e che non poteva assolutamente essere il primo a possederla, che lei meritava una relazione normale, alla luce del sole, con un suo coetaneo e non una segreta con un quarantenne in procinto di affrontare un divorzio, eccetera eccetera.

"Ci stai provando con me?" ribatté Lidia con un sorrisino provocatorio, abbassando leggermente la presa sulla maglietta con cui si era celata.

L'uomo voleva giocare? Ebbene, lei sarebbe stata al gioco.

A quel gesto, tuttavia, Ivan cambiò espressione. Si fece serio, levandosi in piedi dalla porta e osservandola dritto negli occhi con aria pensosa. Incrociò le braccia sul petto. I bicipiti guizzarono al movimento.

"Lidia, non ci sto provando con te; stavo soltanto scherzando. Non sono un ninfomane. E' meglio aspettare per certe cose, dato che ci conosciamo, fondamentalmente, solo da tre settimane. E poi, prima di farlo con te, voglio essere sicuro che il legame tra noi sia forte e che tu ti fidi di me, perché altrimenti non ha senso essere amante di una persona per cui non provi un sentimento abbastanza forte e sicuro" fu la sua risposta.

La sua voce era venata di durezza.

"Ivan, anche io stavo dicendo per scherzo. Sei troppo serio per fare una cosa del genere" lo tranquillizzò la castana, facendogli poi un frettoloso gesto con la mano per invitarlo a voltarsi.

L'uomo obbedì e la ascoltò taciturno mentre gli abiti le scivolavano frusciando sulla pelle mentre lei se li infilava. Quel fruscio leggero gli mise in testa un pensiero eccitante. Chissà come sarebbe stato bello poter sentire nuovamente quel rumore accennato mentre lui le toglieva di dosso gli indumenti. Al solo pensiero di quei momenti di intimità che prima o poi avrebbero avuto, Ivan sentì l'eccitazione invadergli il corpo, ma si impose di controllare i propri impulsi sessuali. Doveva andarci cauto, con Lidia, perché era una ragazza giovane e sicuramente non esperta come una donna sua coetanea.

Alla fine, il bruno lasciò fluire via quei pensieri. Si girò nuovamente verso la giovane non appena questa lo chiamò con la voce.

"Lasciami dieci minuti e sarò pronta" gli disse, uscendo poi dalla stanza. Ivan la seguì in cucina, poi decise infine di attenderla nell'atrio della palazzina in cui tutti i quattordici viaggiatori alloggiavano.

Prima di uscire dalla stanza in cui Lidia stava facendo colazione, gettò un'occhiata fugace all'orologio a parete giallo della cucina, vedendo che erano le sei e mezza della mattina. Avrebbero corso insieme fino alle sette e mezza, in modo che per le otto sarebbero stati già a casa, rifocillati e rinvigoriti, per poter iniziare il primo giorno di vacanza con gli altri dodici membri di quella comitiva di turisti.


 

***


 

"Che bel panorama!" esclamò Emma sporgendosi meravigliata dalle spalle di suo padre per poter meglio osservare il magnifico paesaggio montano che le si stendeva davanti.

Tutti i membri della comitiva potevano osservare meravigliati il colossale Cervino che si stagliava nitido nei suoi colori verde, bianco e marrone contro il cielo terso e azzurro, sovrastando maestoso la conca in cui giaceva Breuil-Cervinia. Dal percorso che avevano scelto per inerpicarsi lungo i fianchi della grande montagna, i quattordici viaggiatori potevano godere di una singolare vista panoramica dell'intera Valtournenche da un lato e del massiccio alpino lungo il confine tra Italia e Svizzera dall'altro.

"C'è una vista mozzafiato, qui! Venite a vedere!" gridò eccitata Eva, sporgendosi un po' troppo dal parapetto di legno costruito lungo il bordo di quel solitario sentiero montano.

Matteo, il suo ragazzo, l'afferrò per la spalla cercando di trattenerla verso l'interno, per timore che la giovane potesse cadere sporgendosi eccessivamente.

"Hai avuto una bella idea, tesoro" commentò Domenico abbracciando la moglie. "Questa località è incantevole. Sinceramente, è molto meglio della solita e noiosa settimana al mare che proponevo io ogni anno."

Sara rise soddisfatta.

"E tu che non volevi partire nemmeno... vedi cosa ti saresti perso?"

"Hai ragione, assolutamente. Devo smettere di fare di testa mia."

"Alleluja! Mio padre l'ha capito, finalmente" sghignazzò sarcastica Eva, cingendo con una risatina il braccio di Matteo per poi continuare il percorso ascendente con gli altri.

Il gruppo si arrestò intorno a quota duemilasettecento metri per riposarsi e pranzare, decidendo che era meglio non salire. Erano trascorsi dieci giorni dal loro arrivo e il tempo, sebbene fosse stato generalmente tranquillo e avesse permesso più uscite e scampagnate, stava cominciando a degenerare. Il cielo, quel giorno, era quieto e sgombro di nubi, ma nella serata precedente era chiazzato di nuvole scure, fredde e cariche d'acqua. Anche all'orizzonte, quel dì, si poteva scorgere una fascia di punterellini bui e tormentati che sembravano volersi avvicinare e portare scompiglio.

Le quattordici persone avevano portato con sé dei plaid per stendersi e non macchiarsi con l'erba umidiccia che cresceva rigogliosa sui prati della montagna. Mettendosi a sedere su di essi, uomini, donne, ragazzi e bambini si rifocillarono dopo la faticosa camminata in salita durata due ore che avevano cominciato alle dieci di mattina, godendo della frescura del vento e dell'ombra di due abeti solitari che protendevano i loro rami secolari proprio sopra le loro teste.

All'incirca un'oretta dopo, con il sole allo zenit che irradiava di luce e calore la terra sottostante, quasi tutti si erano spaparanzati sui teli, optando per fare un sonnellino pomeridiano, dato che non avevano molto da fare per quel giorno. La decisione iniziale di arrivare fino a quota tremila metri era saltata perché erano stati segnalati possibili rovesci durante il pomeriggio ed era meglio essere il più vicino possibile al villaggio, qualora il cielo avesse dato segno di una tempesta imminente.

Domenico si era addormentato da poco e Sara sonnecchiava, tenendo gli occhi chiusi. Un alito di vento le spinse i capelli sul volto e lei se li scostò infastidita, spostandosi poi sul fianco per evitare che essi le si posassero nuovamente sulla faccia. Lidia approfittò dell'occasione per seguire Ivan ed Emma, i quali avevano deciso invece di fare una camminata per esplorare un po' i dintorni. I due erano partiti cinque minuti prima da lì e lei sapeva dove erano diretti, perciò li seguì, sicura di non perdersi lungo il percorso con molteplici diramazioni, raggiungendoli poco dopo.

"Lidia!" esclamò piacevolmente sorpresa Emma, non appena vide la figura solitaria della ragazza emergere dalla vegetazione alpina.

"Ciao, Emma" la salutò, prendendola poi in braccio quando la bambina, correndole incontro, la raggiunse.

La trasportò in una giravolta e la piccola rise divertita, riempendo le orecchie della ragazza della sua squillante risata.

Emma voleva bene a Lidia. Era presente, attenta e dolce con lei, e anche molto disponibile e scrupolosa. Durante quei giorni si era presa cura della figlia di Ivan perché la madre non c'era. Principalmente, il motivo di tali attenzioni nei confronti della bambina era dato dalla possibilità di poter stare in compagnia del padre di lei per tutto il tempo che voleva. Piano piano, però, Lidia cominciò a desiderare di restare con loro due anche perché l'affetto che provava per Emma, una bambina emotiva, sensibile e dolcissima, stava mettendo radici tenere e profonde nel suo cuore. La castana cominciava a voler bene seriamente alla bambina, non solo perché era figlia dell'uomo che le piaceva, ma anche perché quella creatura spontanea e affettuosa aveva fatto breccia nel suo cuore, guadagnandosi l'affetto della ragazza.

"Dov'è il papà?" le chiese poco dopo, guardandosi intorno e deponendola delicatamente a terra perché il peso del corpicino della bambina cominciava a gravarle sulle braccia.

"Eccolo là, il papà!" replicò Emma, alzando la mano per indicare con l'indice la figura paterna appollaiata ad uno sperone di roccia che sovrastava entrambe le giovani.

Lidia rimase sconcertata da quella visione.

"Ivan, che ci fai lassù?" gli gridò, rendendosi conto che si era arrampicato lungo la parete pietrosa per una quindicina di metri. "Scendi, oppure cadrai e ti ferirai seriamente!"

"Lidia" mormorò tra sé l'uomo, voltando subito il capo.

Non l'aveva sentita arrivare. Vide sotto di sé la sagoma di una bella ragazza sportiva che teneva per mano la sua figlioletta. Negli ampi occhi azzurri di lei lesse preoccupazione e confusione e gli venne da sorridere per quella buffa espressione.

"Sta' tranquilla, ora scendo" le rispose, voltandosi nuovamente per prestare attenzione alla propria discesa da quell'altezza.

L'uomo scivolò giù agilmente, senza farsi male o incespicare lungo il breve ma rischioso tragitto che dovette svolgere standosene aggrappato al fianco della montagna. Quindi raggiunse sua figlia e la ragazza che era con lei, fermandosi poi di fronte alla prima per abbassarsi sulle ginocchia e consegnarle ciò che stringeva fra le mani delicatamente.

Ora Emma aveva tra le mani qualcosa.

"Non è bellissima?" chiese la bambina, mostrando alla castana, con un sorrisone stampato sulla boccuccia dischiusa e gli occhi scintillanti per la felicità, un fiore bianco latte, con i petali, lo stelo e le foglie lanuginose e un cuore giallognolo-verdastro al centro della corolla candida e pelosa.

Era una stella alpina.

"E' vero, Emma, è meravigliosa" concordò Lidia annunedo con il capo.

Ivan si fece avanti, scompigliando con affetto i capelli scuri della figlioletta.

"Ti piace, tesoro? E' la prima volta che ne vedi una" domandò alla bambina, prendendola poi in braccio.

Fece cenno alla giovane di seguirlo, allungando una mano per stringere la sua tra le dita. Emma non si accorse di quel contatto, presa com'era dall'osservare con entusiasmo il delicato fiore alpino che stringeva fra le dita.

Un sorriso fece capolino sulle labbra scarlatte di Lidia.

"Anche per me questa è la prima volta. Non sono mai stata in montagna prima di quest'estate, per cui non ho mai visto una Edelweiss" mormorò.

"Una cosa?" chiese ad un tratto Emma, levando il capo per osservarla con occhi pieni di curiosità.

"Una Edelweiss. Edelweiss è il nome tedesco della stella alpina e vuol dire 'stella bianca', letteralmente" le spiegò la castana.

"Wow! Non lo sapevo..."

"Ci sono tante cose che non sai, Emma. Le scoprirai nel corso degli anni scolastici" replicò Ivan.

"Ma io non voglio andare a scuola! Non mi piace dover studiare il pomeriggio; io voglio giocare coi miei amici!" protestò vivacemente la bambina, incrociando le braccia sul petto e mettendo il broncio.

A quell'espressione Lidia scoppiò a ridere divertita.

"Cielo, Ivan... quando si arrabbia ti somiglia così tanto" osservò con un sorriso ironico sulle labbra.

L'uomo le rivolse un'occhiata scettica, per poi scoppiare a ridere pure lui.

"L'importante è che non assomigli a qualcun altro che tu sai, perché altrimenti ci sarà poco da combatterci" asserì successivamente, scuotendo la testa.

La ragazza comprese subito l'allusione. Si stava riferendo ad Alessia. Si ritrovò a concordare con lui, perché conosceva l'indole indomabile della donna.

"Mi insegni qualche parola in tedesco, Lidia? Tu mi sembri così brava a parlarlo!" le chiese Emma dopo qualche istante.

"Lo conosco perché lo studio e perché mia madre ha dei parenti in Germania, ma non vuol dire che io sia brava" si schermì la ragazza, lusingata dal complimento che le aveva fatto la figlia dell'infermiere.

"Lidia, tu parli il tedesco molto bene. Basta ascoltarti quando dici qualcosa in lingua straniera per accorgersene. Per cui non sminuirti" le disse l'uomo accennando un sorriso sincero.

A quelle parole la ragazza arrossì, poi tirò un sospiro e pensò a cosa poteva insegnare a dire alla bambina.

"Cosa ti piacerebbe imparare?" le chiese successivamente.

Da quel punto in poi cominciò una serie di parole, pronunce storpiate, sillabe sconclusionate e risate che rallegrarono per una mezz'oretta le tre figure che avevano deciso di sedersi su un masso spoglio di muschi e fili d'erba, osservando da là sopra lo splendido panorama che si presentava davanti ai loro occhi.

Dopo qualche minuto, tuttavia, essi dovettero ritornare al gruppo per avvertirli che si avvicinava un temporale, a giudicare dalle nubi oscure ammassate all'orizzonte che accorrevano rapide col vento ad accumularsi lungo tutta la volta celeste, minacciando di pioggia e freddo l'intera Valtournenche. Il gruppo si preparò a svolgere il percorso inverso e, dopo circa un'oretta di camminata veloce in discesa, i quattordici viaggiatori rincasarono giusto in tempo per evitare di bagnarsi con i primi, grossi goccioloni di pioggia che proprio in quel momento cominciavano a cadere gelidi e pesanti sulla terra.


 

***


 

Quella sera i viaggiatori erano andati a dormire presto, dato che per la mattina dopo avevano deciso di alzarsi con l'alba e andare a visitare un paesino più a valle. Avevano in programma anche una gita ad Aosta, ma non sapevano se il tempo sarebbe stato clemente nei loro confronti per permettere loro di visitare la città dalle antiche origini romane.

Da sola nella sua stanza, Lidia si rigirava nel letto continuamente, attendendo invano che le passasse la noia che provava a causa dell'aria afosa, in modo da potersi finalmente addormentare in pace. Il temporale che c'era stato nel primo pomeriggio aveva reso l'aria estremamente umida e il caldo che era successivamente tornato aveva peggiorato la situazione, caricando di umidità afosa la serata e la notte priva di aliti di vento freddo.

La ragazza non riusciva proprio ad addormentarsi, così, intorno alla mezzanotte, decise finalmente di alzarsi e gironzolare per la grande palazzina, sperando che la frescura delle stanze non utilizzate le potesse essere d'aiuto per trovare un po' di sonno. Ciò che trovò, invece, affacciata alla finestra del soggiorno a osservare le luci ocra accese lungo i versanti montani che segnalavano la presenza delle altre cittadelle alpine, fu la sagoma di una bambina. I flebili raggi lunari accentuavano la scurezza di quei capelli lisci che le ricordavano tanto quelli di Ivan. Si trattava di Emma.

La piccola non si era accorta della presenza di Lidia, per cui continuò a osservare indisturbata il paesaggio notturrno delle Alpi. La giovane sentì Emma tirare su col naso, poi la vide alzare la manina e portarsela al viso per stropicciarsi gli occhi.

"Emma, perché piangi?" le chiese ad un tratto Lidia, facendo un passo in avanti per posarle una mano sull'esile spalla.

A quelle parole e a quel contatto inaspettati la figlia di Ivan sobbalzò violentemente, poi si girò di scatto verso chi l'aveva sorpresa a piangere, osservando smarrita e spaventata la ragazza, mentre il respiro scosso da singhiozzi accelerava improvvisamente per la paura. Emma riconobbe Lidia quasi subito e si tranquillizzò, tirando su col naso ancor più rumorosamente di prima e affrettandosi ad asciugarsi gli occhi.

"Non è una cosa che ti riguarda" puntualizzò la bambina, ricambiando lo sguardo preoccupato della castana che, dall'alto del suo metro e settanta, incombeva su di lei come un gigante.

"Non mi riguarderà, ma ti ho sentita e vista piangere e mi si è stretto il cuore solamente a pensare che stai soffrendo. Dimmi, c'è qualcosa che posso fare per farti sorridere?" le chiese Lidia posandole entrambe le mani sulle spalle, replicando con dolce fermezza alla risposta secca della piccola.

La bambina, a quelle parole, si tuffò fra le braccia della giovane, cingendole la vita in un abbraccio. Cominciò a singhiozzare fortemente contro la maglietta del suo pigiama, bagnandola di lacrime amare. Le braccia di Lidia la avvolsero, stringendola al suo corpo, mentre con le labbra posava un bacio di conforto sulla sua fronte.

"L'unica cosa... l'unica... cosa che puoi fare... è... è... è convincere... i miei... genitori... ad amarsi... ad amarsi, come... prima" disse balbettando tra i vari singulti e singhiozzi che le uscivano dalla gola per il dispiacere.

La disperata testardaggine di Emma di fronte a una separazione che ormai non poteva più essere impedita commosse Lidia nel profondo. Quella bambina, nonostante in quel momento stesse piangendo, dimostrava un'ostinazione non comune. Rifiutava di arrendersi di fronte all'irreparabile.

Ma come diavolo ha fatto a scoprire delle intenzioni di Alessia e Ivan? Loro non gliel'hanno detto di certo!, si chiese subito dopo, arrovellandosi il cervello per trovare una risposta plausibile a quel quesito.

"Emma, chi ti ha detto queste cose?" domandò alla bambina prendendola tra le braccia e asciugandole con un dito le grosse lacrime che scivolavano lungo le guance paffute del suo volto, rigandolo e arrosssandolo.

"Ho sentito i mei genitori... Stavano... stavano litigando... al telefono" rispose lei.

"Credi di poter dormire oppure vuoi sfogarti un pochino?" fu la domanda cauta di Lidia.

La bambina fece cenno di diniego col capo.

"Non... voglio sfogarmi. Devo... altrimenti... devo svegliare... Marco. E lui... lui... ha bisogno di... riposo. Domattina... bisogna alzarsi... presto."

Lidia offrì a Emma il pezzo di scottex che era andata a strappare dal rotolo posizionato sul piano cucina, facendole soffiare il naso gocciolante. Le fece una carezza delicata, trascinando i capelli da sopra il suo volto fin sulle spalle.

"Se ti va parliamo. Io non riesco a dormire, quindi posso ascoltarti, se vuoi sfogarti" si offrì la ragazza, posando il corpo della piccola a terra.

Emma si portò in piedi, avvicinandosi poi alla castana per stringerle con entrambe le mani il polso destro. Lidia pensò che anche Ivan faceva sempre così; era una sua abitudine. Padre e figlia si assomigliavano molto anche nel comportamento. La morettina la strattonò con aria decisa, con gli occhi arrossati dal pianto ma determinati che la guardavano dritto nelle sue iridi azzurre.

"Te ne prego, Lidia... posso dormire con te?" le chiese ad un tratto, lasciando la ragazza interdetta. "Sei l'unica persona che sento vicina a me, in questi giorni. Ti voglio bene, sai? E credo che per me ci sarai sempre. Me lo sento dentro che sarai sempre pronta a darmi una mano, se ne dovrò aver bisogno. Me lo prometti che, almeno tu, ci sarai sempre per me?"

Lo sguardo solenne di Emma la toccò profondamente. Quella bambina era molto più percettiva di quanto non sembrasse. Nei suoi occhi Lidia aveva letto la consapevolezza dell'odio che c'era fra i genitori, la sofferenza per una situazione familiare così difficile e l'ostinato rifiuto per la fine del loro amore. Emma soffriva in silenzio tutte le angosce familiari e assorbiva tutto come una spugna, senza mai lasciar scivolare via il flusso di emozioni negative di cui si caricava ogni giorno.

La castana rispose affermativamente alla domanda della bambina.

"Te lo giuro" aggiunse con un sorriso determinato.

Un sorriso sollevato comparve sulle labbra sottili del volto della piccola.

"Vieni con me, su" la incitò Lidia, tenendo per mano la bambina mentre se ne tornava insieme a lei nella propria camera.
 

 

***
 


N.d.A.
Salve a tutti!
Eccomi qui con il nuovo capitolo di 'Untitled'. Spero che vi sia piaciuto.
Ecco la svolta che accade durante le vacanze. E ora la situazione cambia radicalmente, perché la separazione in corso tra Ivan e Alessia è conosciuta anche dalla figlia. E, dato che i suoi genitori non devono più nasconderla alla figlia, si daranno battaglia per l'affidamento. E chissà cosa succederà. Lo so solo io... xD
Comunque, termino qua perché ho sonno. Ringrazio chi ha letto la storia e chi ha deciso di inserirla tra preferite, ricordate o seguite, nonché chi ha recensito l'ultimo capitolo, ossia Robii_, controcorrente e sabrinacaione.
Grazie di tutto, a tutti quanti.
Alla prossima... 'Notte! :*


Flame

  
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