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Autore: Mortisia_Ailis    08/08/2014    3 recensioni
Olimpia è cresciuta con le storie di guerra di suo nonno, con il naso all’insù guardando le frecce tricolore colorare il cielo di Roma di verde, bianco e rosso nel giorno della Festa della Repubblica sognando un giorno di essere su uno di quegli aerei, di sfilare nella parata insieme ad altri militari per il presidente della Repubblica. Olimpia è cresciuta con il patriottismo dentro, affascinata dalla divisa e dalle forze armate e dell’ordine. Con la voglia di aiutare e di mettersi al servizio della sua patria, proprio come il suo amato nonno. E compiuti 16 anni decise d’iscriversi alla scuola dell’Aeronautica Militare di Firenze, per renderlo orgoglioso. Luca è figlio del Maggiore dell’Aeronautica Militare, cresciuto in una caserma militare e indirizzato fin da piccolo nella carriera militare. Non ha mai mandato giù il fatto che suo padre avesse scelto quella strada della sua vita per lui, che prendesse ogni decisione al suo posto, ma a volte è difficile opporsi ad un militare e Luca non voleva deludere il padre. Solo alla fine del secondo anno nella scuola dell’Aeronautica Militare di Firenze, quando il padre lo nominò Allievo Scelto, iniziò ad apprezzare l’esercito.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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L’esame di metà trimestre si stava avvicinando e ogni studente dell’accademia Douhet studiava forsennatamente nel pomeriggio. Alcuni addirittura, in quella settimana, tiravano avanti a caffè e nottate in bianco pur di studiare tutto alla perfezione con la paura che poi all’esame non avrebbero saputo nulla e sarebbero stati bocciati.
Luca, a differenza degli altri che si rinchiudevano in biblioteca, preferiva studiare nella sua camera. Gli altri credevano che andando in biblioteca avrebbero trovato il silenzio più profondo ma invece tra un sussurro e l’altro, in quel grande salone, regnava tutto tranne il silenzio. Invece, nella camera 21 del dormitorio maschile, l’unico rumore udibile era il respiro di Luca, il suono delle pagine sfogliate, lo strappo di un foglio dal quaderno, lo stappare dell’evidenziatore e quel suono fastidioso del tratto del pennarello sulla pagina plastificata.
Strano ma vero, in quella settimana Luca era riuscito a concentrarsi sullo studio senza pensare nemmeno una volta ad Olimpia. Se escludiamo il mattino quando si alzava, o quando la incontrava nella sala da pranzo a colazione, pranzo e cena. Per i corridoi della scuola e nel cortile. Nella palestra e durante uno degli allenamenti mattutini in cui si erano ritrovati nello stesso gruppo. E non dimentichiamoci prima di andare a dormire. Okay, Olimpia era ormai un chiodo fisso per lui e, ma era riuscito davvero a concentrarsi sullo studio. Bastava non averla intorno o a portata di sguardo. Anche se alla fine, ce l’aveva a portata di pensiero.
Decise di chiudere il libro di chimica e passare a letteratura, ritenendo la letteratura inglese più leggera delle nozioni basi di chimica, ma non fu così. Per mezz’ora cercò con tutte le forze di concentrarsi sugli scrittori inglesi e le loro vite, ma sembrava che qualsiasi cosa fosse più interessante di quello. Anche un misero granello di polvere che volava in controluce era più interessante. L’entrata teatrale in grande stile di Andrea nella camera distolse l’attenzione di Luca dal granello che fluttuava nell’aria e strappandolo fuori dai suoi pensieri.
Luca e Andrea si erano conosciuti il primo anno nella scuola. Andrea, a quei tempi, era un ragazzino magrolino preso di mira dagli allievi più grandi. Nei primi mesi, Luca si era aggregato a quel gruppetto che prendeva di mira i novellini e quelli più deboli – che a guardarli – non c’entravano un tubo in una scuola militare. Luca seguiva quei ragazzi praticamente ovunque, pensava che così facendo si potesse creare la fama di duro, o per evitare di essere preso di mira anche lui. Poi, un giorno, gli allievi vennero divisi nelle camere per anno e, Luca e Andrea si ritrovarono nella stessa stanza. Andrea pensava che fosse un brutto scherzo del destino e, a dire la verità un po’ lo era, perché da quel giorno, che litigarono per aggiudicarsi il letto in fondo, diventarono amici inseparabili. Luca abbandonò il gruppo di bulletti di turno e iniziò a difendere Andrea quando veniva preso di mira ed entrambi finivano sempre in mutande legati ai pali dell’alza bandiera. Quante risate si sono fatti e quante altre se ne avrebbero fatte.
Adesso Andrea non aveva più bisogno di Luca per difendersi, era diventato un ragazzo dalle spalle larghe e i bicipiti definiti. Adesso non veniva più preso di mira e aiutava i novelli invece di prenderli in giro, come era successo a lui.
Erano entrambi distesi sui propri letti a fissare il soffitto con le braccia incrociate sotto la testa. “Hai più visto Olimpia?” Andrea non approvava il fatto che Luca avesse un chiodo fisso con questa ragazza. Le regole parlavano chiaro, andavano rispettate e loro, più di chiunque altro, dovevano seguirle. Se Luca avesse continuato a pensare ad Olimpia, la sua ‘cotta’ sarebbe cresciuta e Luca è un tipo che non si ferma davanti a niente quando una cosa gli interessa. Inoltre, a Luca, piaceva giocare con il fuoco, rischiare. E più la posta in gioco era alta, più c’erano rischi e pericoli da correre, Luca non diceva mai di no a giocare. “No, siamo tutti troppo impegnati a studiare per l’esame.” Con un sonoro sospiro Andrea si tirò su e si sedette sul bordo del letto verso la parte di Luca. Lo fissò attentamente mentre guardava il soffitto, non aveva mai visto il suo amico così. Lo conosceva abbastanza da sapere che non aveva mai avuto storie serie ma solo avventure. La cosa più simile ad una relazione che aveva avuto, era un rapporto di sesso-amicizia con una sua compagna di scuola nell’ultimo anno di medie, quando aveva iniziato a fare sesso. In quei tre anni, non lo aveva mai visto interessarsi neanche ad una sola ragazza di quella scuola. Diceva che con la divisa non le attiravano, anzi, smorzava del tutto il suo interesse e in più, lui doveva dare l’esempio, doveva rispettare le regole. E adesso, dall’arrivo di Olimpia, quel Luca era come se si fosse dissolto nell’aria. Non ce n’era più traccia. C’era solo un Luca che faceva a botte con questa nuova sensazione che alloggiava dentro di lui, una sensazione mai provata. O forse sì, una sensazione simile la provava quando tornava a Verona. Quando tornava a casa. “Devi dimenticarla amico. Non ne vale la pena rischiare l’espulsione per una ragazza che non conosci nemmeno.”
Luca scattò in piedi, sentiva la rabbia crescere dentro di lui. Cosa ne voleva sapere Andrea di quello che Luca sentiva per Olimpia, o di cosa e non cosa sapeva di lei? Con la camicia sbottonata sul colletto, senza cravatta e fuori dai pantaloni, s’infilò il maglioncino blu e superò in fretta e furia Andrea seduto ancora sul letto. “Se dovesse succedere qualcosa tra te e Olimpia, ci farai espellere. Tu, Olimpia, io.” Luca si bloccò sul posto e con le vene del collo in risalto per la rabbia, si girò di scattò verso Andrea. “Tu? Cosa c’entri tu in questa storia?”, “Io sono il tuo migliore amico Luca, e alla fine mi racconterai qualsiasi cosa succederebbe tra te e lei e io saprò e ti parerò il culo e se qualcuno dovesse scoprirvi, anch’io verrei cacciato perché starei dalla tua parte, anche se è sbagliato. Luca lo sai quanto è importante questa scuola per me e sai quanto è importante per te. E tu, più di chiunque altro, non puoi permetterti di essere espulso.” , “Perché mio padre mi ucciderebbe.” Luca con lo sguardo sconsolato per la verità sbattuta in faccia, si guardò le scarpe non riuscendo a reggere lo sguardo dell’amico. “Sì, tuo padre ti ucciderebbe. E anch’io se mi ritrovo sul marciapiede oltre quel cancello con le valigie piene e che non stia tornando a casa per le vacanze estive. Luca seriamente, immischiati in qualcosa di più che va oltre ad un ‘ciao’ e un ‘mi passeresti gli appunti di matematica’ con Olimpia e giuro sulla bandiera italiana che alzo ogni mattina sul quel palo che ti soffoco con un cuscino nel sonno.” A quel punto, a quelle parole, Luca capì. “Sei un egoista del cazzo Andrea. Ti interessa di più evitare l’espulsione e restare in questo carcere, che la felicità del tuo migliore amico.” , ”Okay, fallo! Immischiati in qualcosa con Olimpia, lascia che tuo padre lo venga a sapere, fatti espellere e poi dimmi che sapore ha la felicità. O meglio, la cinta di pelle di tuo padre.” Andrea si mise sull’attenti: spalle dritte, il braccio sinistro ben disteso lungo il fianco e il braccio destro piegato all’altezza del sopracciglio “Porta i miei saluti al Maggiore.” Ed uscì dalla stanza.
 
Olimpia era appena uscita dalla biblioteca dopo una lunga sessione di studio incessante. Erano le nove di sera, aveva perfino saltato la cena pur di finire di studiare in tempo quei 6 capitoli di storia. Quel freddo pungente di metà Novembre la costrinse a stringersi il più possibile nella mantella blu notte. Con la borsa a tracolla ben salda in spalla, percorreva quel vialetto con il naso ficcato nelle pagine di Orgoglio e Pregiudizio. Sapeva ogni singola parola a memoria ma non si stancava mai di leggerlo. Vide con la coda dell’occhio qualcosa muoversi poco distante da lei, o meglio qualcuno. Chiuse il libro riponendolo nella borsa e guardò meglio. Luca era seduto sulla panchina dove avevano parlato per la prima volta. Anzi, non era proprio seduto, diciamo più stravaccato su quella panchina, con le gambe distese in avanti e incrociate, la mani dietro la testa appoggiata allo schienale e rivolta al cielo. Si guardò intorno assicurandosi che non ci fosse nessuno a vederli o a disturbarli e con quella poca sicurezza che gli era venuta solo a guardarlo così tranquillo su quella panchina, si avvicinò a lui.
Luca sentì la presenza di qualcuno vicino a lui e con la coda dell’occhio vide Olimpia sedersi vicino a lui e assumere la sua stessa posizione con la testa rivolta al cielo. Era una serata limpida, in cielo non c’era neanche una nuvola e le stelle erano luminose, ma niente era più luminoso del suo sguardo pensò Luca. “Non hai freddo?” Olimpia sentiva ancora più freddo solo a guardarlo, metà Novembre con un freddo da Nord America e lui sono con quel maglioncino. Luca tirò su la testa fissando Olimpia per alcuni secondi che sembravano interminabili. “Sto qui fuori da così tanto che ormai mi sono abituato.” Il silenzio regnava tra loro due ed era un silenzio pesante, si riusciva a sentirlo perfino sulla pelle. Uno di quelli imbarazzanti, accompagnati dalla paura che ti annoda le viscere di dire la cosa sbagliata. E dopo il loro quasi bacio al buio una settimana prima, il silenzio ne era tanto. Non si erano ne più visti e ne parlati. Olimpia quel silenzio lo sentiva fin troppo sulle sue spalle, infilarsi sotto la pelle e fin dentro le ossa, le raggelava il sangue. Si sistemò la borsa sulla spalla e si alzò dalla panchina, rivolse un sorriso sghembo a Luca e indicando alle sue spalle balbettò che forse era meglio che andasse. Luca si alzò in piedi fissandola, aprì la bocca per parlare ma non ne uscì nulla. Voleva dirle di non andare, di restare lì con lui, di non lasciarlo solo con i suoi pensiero perché lo avrebbero soffocato e che invece quando era con lei, lui respirava. Ed era la prima volta che lui respirava, che respirava davvero, non solo per vivere. In quella scuola, in casa sua quando c’era suo padre – non riusciva a respirare davvero – sentiva un grande macigno pesargli sui polmoni, mentre quando erano insieme, quel macigno spariva e lui tornava a respirare, a sentirsi..più libero. Voleva dirle che la pensava, costantemente, giorno e notte, senza tregua. Che se lei si fosse consumata per ogni persona che la pensava, a quest’ora sarebbe sparita e la colpa sarebbe stata tutta di Luca perché non passava neanche un secondo in cui lei non occupasse la sua mente. Voleva dirle tante cose, ma dalla bocca non uscì nulla e Olimpia si girò e iniziò a camminare verso il dormitorio. Quel macigno che tanto pesava a Luca sui suoi polmoni stava tornando, iniziava a sentirsi mancare l’aria, come un sub a corto d’ossigeno a metri e metri sott’acqua. E come quel sub che cerca con tutte le sue forze di risalire in superficie per tornare a respirare, Luca fece la stessa cosa trovando la forza per far uscire quelle parole dalla sua bocca. Ed uscirono, ma forse uscirono quelle sbagliate. “Io e Andrea, il mio migliore amico, abbiamo litigato!” Olimpia si girò di nuovo verso di lui quando lo sentì parlare. Quando quella voce roca che gli piaceva tanto vibrò nell’aria fredda. Piegò la testa da un lato e guardandolo sottecchi non riuscendo a capire il senso di quella frase o meglio il perché la stesse dicendo proprio a lei. Da una parte apprezzava quel gesto, perché significava che Luca voleva confidarsi con lei, voleva raccontale qualcosa di più di lui e della sua vita, che voleva aprirsi. “Abbiamo litigato per te.” E allora Olimpia capì perché stesse dicendo quell’accaduto proprio a lei, perché lei era la ragione del litigio. Si sentì subito in colpa per essere il motivo per cui i due migliori amici avevano litigato, ma da un lato si arrabbiò anche terribilmente perché lei non aveva fatto nulla. Perché lei non aveva fatto nulla, giusto? Era da lì solo due mesi, cosa poteva aver fatto di così grave da far litigare due amici? “Mi dispiace se avete litigato per colpa mia” disse Olimpia senza nascondere, davvero, il dispiacere e un po’ anche la rabbia, nel suo tono di voce. E se ne andò senza dire nient'altro lasciando Luca lì da solo, in piedi, al freddo con i suoi pensieri a tormentarlo. Un po’ lei a usurare la sua mente, un po’ il litigio con Andrea. Ma lui non si arrese, non voleva lasciarla andar via con lo sguardo, con quel peso sulla coscienza. Perché Luca capì dal suo tono di voce che Olimpia si sentiva in colpa per aver fatto litigare i due amici, ma non era lei il vero motivo. Sentiva il bisogno di spiegarle che non era colpa sua, anzi, il dovere. Non voleva vederla andar via con quello sguardo triste e quelle spalle piegate di chi porta un peso addosso troppo grande da reggere. La rincorse a perdi fiato. Era a pochi passi dal dormitorio quando l’afferrò per un braccio trascinandola dietro un muro per essere sicuri di non farsi vedere da nessuno. Si voltò per guardarla in viso: lo sguardo confuso, arrabbiato. Luca iniziò a parlare con il fiatone. “Non è per colpa tua che abbiamo litigato. Cioè si, sei il fulcro della lite, ma è colpa mia perché…” guardò Olimpia cercando una qualche reazione. La vide più rilassata, con solo quelle poche parole era riuscito a toglierle quel peso. Non era davvero colpa sua e lei si sentiva meno arrabbiata e più in pace con se stessa. Luca notò un luccichio nel suo sguardo e riprese a parlare pronunciando finalmente quelle parole che fino a quel momento erano incastrate in un cassetto remoto della sua testa. Troppo testardo per ammetterlo, troppo spaventato per quello che era. “Perché non riesco a smettere di pensare a te. E sento questa sensazione. Questa strana sensazione, ma è buona. E’ come quando sei bambino e cadi e ti sbucci un ginocchio e piangendo corri tra le braccia di tua mamma e senti il suo profumo, un buon profumo, e ti senti al sicuro.” Olimpia aveva un leggero piccolo sorriso accennato sulle sue labbra, un bellissimo sorriso accennato, a quel dolce pensiero di un piccolo Luca che correva tra le braccia della madre, che sentiva il suo profumo e si sentiva al sicuro. “E quando sono con te, Olimpia, mi sento al sicuro. Mi sento a casa, ma non la mia casa intesa come la mia città, come Verona. Mi sento come se fossi nella mia camera, che per me, è il posto più sicuro al mondo.” E con lo sguardo concentrato sulle labbra di Olimpia, Luca le prese il viso tra le mani e lo avvicinò un po’ al suo. Euforico e felice. “In parte la regola l’ho già violata, perché non avrei dovuto farmi coinvolgere da te in questa cosa. Che poi il bello è che tu non hai fatto niente, a parte guardami. E’ bastato solo il tuo sguardo per mandarmi fuori di testa. Non mi sono mai sentito così prima d’ora e tanto vale, allora, che la regola la violi del tutto ed in questo momento vorrei baciarti. Dio quanto vorrei baciarti.” E lo fece. Luca la baciò, così, d’impulso. Cogliendo di sorpresa lei, perché Olimpia non se lo aspettava quel bacio e non pensava che lo avrebbe fatto davvero, e cogliendo di sorpresa anche un po’ se stesso perché, sì, sentiva dentro di sé che voleva farlo ma non pensava di avere davvero il coraggio di farlo. Luca si buttò in quel gioco focoso trascinando con sé Olimpia, consapevole che sarebbe stato rischioso per entrambi. Che nessuno dei due ne sarebbe uscito illeso, che avrebbe ferito, bruciato entrambi. Ma poco importava perché in quel momento, con le labbra impresse su quelle di lei, con il suo profumo ad entrargli nelle narici e ad intossicargli la mente e il cuore, Luca pensò che quella era la cosa più giusta, anche se era la più sbagliata. Che lei era la cosa più giusta al mondo.

Angolo Autore
Eccoci qui con un nuovo capitolo. In questo capitolo accadono due cose fondamentali: Luca e Andrea litigano e finalmente questo benedetto bacio tra Luca e Olimpia, ma non fatevi illusioni, le cose non fileranno liscie per i nostri protagonisti.
Nel terzo capitolo ho ricevuto ben 5 recensioni, certo, per alcuni di voi sono davvero poche, anzi, ma per me sono tantissime e perciò vorrei ringraziare  Sun_Rise93, Marty Andry, Rebel_Spirit, Portgas D Denis x ace e AlysonWar
Vorrei ringraziare anche quattro stelline che ha aggiunto la mia storia tra le preferite e sono Free_Yourself, Georgine, Shatts, Tsue98
Volevo anche ricordarvi i miei profili:
twitter: @alisayhello
instagram: alicemarconi
ask: Ailis @MarconiAlice
  
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