Cap
21
Fiamma
tirò su la manica
della maglietta, ammirando le fiamme nere che abbracciavano il suo
bicipite e
che creavano un contrasto incredibile con la carnagione alabastrina.
-
Tori si è superata, è
spettacolare. – commentò Quattro, sdraiato sul
letto accanto a lei, mentre ne
scrutava ogni minimo dettaglio.
Erano
rimasti solo due in
camerata, oltre ai due Eruditi che completavano il gruppo dei
trasfazione che
era giunto all’ultima fase dell’iniziazione, mentre
tutti gli altri aspettavano
il loro turno per affrontare nuovamente la simulazione della paura.
-
Sono felice che a noi
tocchi domani, non ce l’avrei fatta ad affrontarla dopo
così poco tempo dall’incidente.
– mormorò, giocherellando distrattamente con il
braccialetto di Quattro.
-
Penso che Reaper l’abbia
fatto apposta, sai, per non farti affaticare troppo. –
Non
commentò. Aveva
raccontato al resto del gruppo ciò che era
successo in infermeria, ma non sapeva ancora come
comportarsi quando lo
incontrava in giro per la Residenza. Per quasi due mesi, volente o no,
aveva
sempre saputo cosa aspettarsi dal Capofazione ma il suo atteggiamento
ora la
confondeva. Probabilmente non sarebbe mai riuscita a pensare a lui solo
come al
Capofazione Reaper.
-
Spero solo che lui ed
Eric la smettano di
beccarsi in
continuazione, visto che ormai è tutto risolto. –
replicò, stiracchiandosi
pigramente.
-
Non sarà mai tutto
risolto tra loro due. – replicò Quattro, con
l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Io giuro che lo ammazzo.
Sì, Capofazione o meno, lo ammazzo. –
La
voce di Eric giunse
dall’altro lato della porta della camerata.
Quattro
sembrò guardarla
come a dire “che ti avevo detto?”
L’ex
Erudito e il resto
dei loro amici entrarono proprio in quel momento, tutti pallidi e con
l’espressione
distrutta di chi aveva affrontato la prova più difficile
dell’intera esistenza.
-
Che succede? – domandò Fiamma,
mettendosi a sedere con un colpo di reni e sussultando leggermente
quando la
spalla insaccata le mandò una scarica di dolore intenso che
parve irradiarsi in
ogni fibra nervosa del corpo.
-
Eric ha fatto di nuovo
pena nella simulazione. – spiegò Nicole,
stringendosi nelle spalle quando il
ragazzo la fulminò con un’occhiataccia.
– E non guardarmi così, è la
verità. –
-
E Reaper non ha usato
mezzi termini nel farglielo notare. – concluse Stefan, che
tra tutti sembrava
quello più riposato.
-
La prossima volta gli
strappo la lingua e gliela faccio mangiare. –
-
Okay, mr macho versione
super killer, perché non vieni un po’ qui e lasci
che ti aiuti a
dimenticartene? – propose, sorridendo maliziosa e non
riuscendo a trattenere un
moto di compiacimento quando vide il suo sguardo accendersi.
-
Mi sembra un buon piano.
– approvò, sedendosi sul materasso e prendendola
tra le braccia per sistemarla
sulle sue gambe.
-
Ehm ehm, piccioncini, vi
ricordo che la cena comincia tra poco. – fece notare Nicole,
recuperando un asciugamano,
- E la doccia è mia. – concluse, sfrecciando verso
i bagni e chiudendosi dietro
il separè.
-
Mi sa che ne approfitto
anche io. – decise Fiamma, scoccandogli un rapido bacio a
fior di labbra per
poi alzarsi in piedi.
-
Sicura di non volere
compagnia? – chiese, sorridendo malizioso.
Rise,
scuotendo la testa e
facendo ondeggiare le onde corvine. Poi si morse il labbro inferiore,
in modo
volutamente provocante, e si chinò per essere
all’altezza del suo orecchio.
-
Magari un’altra volta. –
sussurrò, mordendogli repentinamente il lobo e facendolo
rabbrividire contro di
lei.
Poi
sgusciò via,
risistemando il separè e godendosi il getto caldo
dell’acqua che le coccolava
il corpo dolorante.
*
POV
Eric
La
cena era passata in relativa calma e una volta tornati in camerata era
crollato, troppo stanco e provato per fare qualsiasi altra cosa che non
fosse
dormire.
Era
circa l’una quando venne scosso con decisione da un paio di
mani gelide
e delicate. Aprì gli occhi, controvoglia, per poi
assottigliarli e sforzarsi di
mettere a fuoco la sagoma che si trovava seduta sul bordo del suo
letto.
-
Fiamma? – borbottò, assonnato.
-
Ho avuto un’idea geniale. –
Inarcò
un sopracciglio, sarcastico: - Hai avuto un’idea? Wow, vuoi
che
avverta i media? –
La
replica della ragazza fu un sonoro pugno che si abbatté
contro la sua
spalla, nello stesso punto in cui era solita colpirlo quando diceva o
faceva
qualcosa che non le stava bene. Quindi, praticamente almeno un paio di
volte al
giorno. Di questo passo avrebbe perso la sensibilità, ne era
certo.
-
Piantala di fare l’insopportabile o potrei anche decidere di
non aiutarti
con il tuo problema. –
Si
mise a sedere con un rapido colpo di reni e puntò gli occhi
grigi nei
suoi.
-
Cosa intendi esattamente? – domandò, piccato.
-
Oh, andiamo, non bisogna essere un’ Erudita per capire che
hai problemi a
superare il tuo scenario di paura. Senza offesa, ma i tuoi tempi fanno
schifo.
– replicò, imperturbabile.
In
momenti come quelli, in cui usciva tutta la sua impertinenza da
Candida,
pensava davvero che prima o poi l’avrebbe strangolata; e no,
non gli importava
il fatto che fosse la sua ragazza. L’idea che si fosse
preoccupata per lui,
però, non poteva negare che gli facesse piacere.
-
Svegliarmi in piena notte faceva parte del piano o l’hai
fatto solo per
darmi fastidio? – chiese, piegandosi a recuperare gli
scarponi da allenamento e
allacciandoseli rapidamente.
Gli
rivolse un sorriso malandrino: - Oh, ma è ovvio che
l’ho fatto per
darti fastidio. –
Trattenne
una risata, scuotendo la testa e seguendola fuori dalla camerata
e lungo il corridoio che portava alla stanza di simulazione.
-
Come pensi di riuscire ad aiutarmi? – le chiese, osservandola
mentre
armeggiava prima con il computer e poi con la fialetta e una siringa.
-
Entrerò nel tuo scenario della paura insieme a te, ti
aiuterò a
superarlo. –
Il
modo in cui lo disse, come se non ci fosse nulla di strano, lo
lasciò di
stucco. Era un’idea sensata, dopotutto, ma entrare nello
scenario di qualcun
altro era una cosa personale, significava esporsi totalmente agli occhi
di una
persona.
-
D’accordo. – sussurrò, prendendo posto e
stringendosi per permetterle di
sdraiarsi accanto a lui. Le cinse le spalle con un braccio e sorrise
quando la
vide accoccolarsi istintivamente contro il suo petto muscoloso.
Lentamente,
un senso di torpore iniziò a pervaderlo e la familiare
sensazione di vuoto l’assalì. Chiuse gli
occhi, riaprendoli solo quando
un calore insopportabile gli colpì il volto.
Accanto
a lui, talmente vicina che poteva sentire le loro braccia nude
sfiorarsi, c’era Fiamma.
-
Inizia sempre con il fuoco. – annunciò.
Era
una precisazione inutile dal momento che le fiamme divampavano intorno
a loro e si avvicinavano sempre più velocemente.
-
Eric, dobbiamo andarcene da qui. – gli disse, ma non ottenne
risposta.
Gli
occhi grigi fissavano ipnotizzati il movimento ondeggiante delle
fiamme. Doveva essere questo ciò che provavano gli animali
che venivano
investiti dalle macchine, un senso totale d’impotenza.
-
Eric. –
Lo
scosse gentilmente per il braccio, riportandolo non si sa come alla
realtà.
Doveva
affrontare la paura, combatterla e vincerla.
Annuì,
afferrando la mano che gli veniva porta e seguendola mentre prendeva
la rincorsa e, dopo aver notato un punto in cui le fiamme erano
più basse,
saltava.
Atterrarono
sul pavimento di una sala buia, la paura che affrontava più
facilmente delle altre.
-
Questa è facile, dobbiamo solo arrivare a quella porta.
– le disse,
cominciando a camminare con aria risoluta in quella direzione.
Posò la mano
sulla maniglia e spinse con forza.
La
successiva era una stanza di un metro per uno, talmente stretta che
erano
costretti a stare appiccicati l’uno all’altra.
-
Fammi indovinare. – mormorò, flebilmente, -
Claustrofobia? –
Qualcosa
nel modo in cui l’aveva detto gli fece capire che
evidentemente
non era l’unico a soffrirne.
-
C’è anche nel tuo scenario? –
Annuì.
– Il mio è più brutto, però:
sono intrappolata in una bara
sottoterra. –
Veniva
sepolta viva eppure riusciva a uscire dallo scenario prima di lui. Il
suo coraggio e la sua forza interiore non avrebbero mai finito di
stupirlo.
-
Idee su come uscire? –
-
Magari basta che mi tranquillizzi. Di solito esco dalla stanza non
appena
penso a qualcos’ altro. –
-
Sì, mi sembra un’idea sensata. Pensi di riuscirci?
– domandò, scrutandolo
dubbiosa.
Stranamente
la cosa non gli sembrava poi così difficile. Ora che
c’era lei
e sentiva il suo corpo e le sue morbide forme femminili schiacciate
contro di
lui quasi non faceva caso a dove si trovavano. Dopotutto era un
ragazzo, un
adolescente di sedici anni, e le reazioni del suo corpo scacciavano
violentemente ogni tipo di paura.
-
Veramente penso di stare già pensando ad altro. –
Aveva
appena finito di parlare che si ritrovarono in un nuovo scenario.
-
Tanto per curiosità, a che hai pensato? –
domandò Fiamma.
Scrollò
le spalle: - Non è necessario che tu lo sappia. –
-
Che tradotto significa che mi arrabbierei se me lo dicessi. –
Il
sorriso malizioso che le rivolse fu la muta conferma della
veridicità
delle sue parole.
-
Sei un porco, Eric, persino mentre stai per morire soffocato?!
– esclamò,
indignata.
-
Ehy, sono un uomo. – ribattè, come se quella fosse
una spiegazione più
che logica.
Uno
sparo interruppe il loro scambio di battute.
Ecco,
adesso cominciavano quelle davvero brutte. Strinse i denti,
deglutendo dolorosamente, e preparandosi allo spettacolo che di
lì a poco si
sarebbe presentato davanti ai suoi occhi.
C’era
lui, sdraiato a terra sul pavimento freddo, e una figura senza volto
gli stava di fronte. Lo sconosciuto gli puntava contro una pistola,
prendeva la
mira e sparava. Ancora, ancora e ancora. Si vide portare le mani alle
ferite,
sussultare per il dolore, e sputare un fiotto di sangue. Vide gli occhi
grigi
che fissavano il soffitto, privi di vita.
“Era
un fallimento completo, un disonore per la sua famiglia e la sua
fazione, è molto meglio che si sia finalmente tolto dai
piedi.”
“Già,
era solo un codardo, un debole. Staremo tutti molto meglio senza di
lui.”
Conosceva
quelle voci, l’avevano accompagnato fin dal momento in cui
era
venuto al mondo.
“Troppo
stupido per rimanere tra gli Eruditi, troppo codardo e incapace per
superare l’iniziazione degli Intrepidi. Sarà un
Escluso, non ci si poteva certo
aspettare altro da lui.”
-
Basta! Basta! – esclamò, coprendosi le orecchie
con forza e cadendo in
ginocchio.
“Incapace.”
“Debole.”
“Indegno.”
“Un
disonore.”
-
Basta, state zitti! –
Fiamma
gli fu accanto, inginocchiandosi e costringendolo a togliersi le
mani dalle orecchie.
-
Eric, ascolta me, solo me. La senti la mia voce? –
Annuì,
troppo scosso per riuscire a parlare.
-
Concentrati solo sulla mia voce, okay? –
-
Hanno ragione, sono un codardo, ho troppe paure per diventare un
Intrepido. – mormorò.
-
Il coraggio è il complemento della paura. Un uomo che
è senza paura non
può essere coraggioso, ed è anche uno sciocco. Tu
sei coraggioso, Eric, perché
sei disposto ad affrontare le tue paure e cerchi di superarle. Non so
di chi
siano queste voci, ma non devi ascoltarle. Io so che tu sei un vero
Intrepido,
non dubitarne mai. –
Qualcosa
nelle sue parole, forse la decisione con cui l’aveva
pronunciate,
o magari solo il fatto che al mondo esistesse qualcuno che aveva
fiducia in
lui, lo spinse a reagire.
-
Io sono un Intrepido, non sono un codardo né un debole.
– decretò ad alta
voce.
Fiamma
sorrise, soddisfatta dalla sua reazione, ma all’improvviso la
sua
espressione cambiò e si fece immediatamente spaventata.
-
Eric, che stai facendo? Eric, lasciami, mi stai facendo male.
– mormorò,
con voce strozzata, cercando di liberarsi dalla stretta che le
avvolgeva il
collo.
La
stretta delle sue mani. La stava strangolando. Inorridì, ma
nulla di ciò
che gli passò per la mente riuscì a convincere il
suo corpo a obbedirgli.
-
Eric. – gorgogliò, ormai senza fiato, il volto
paonazzo e le labbra che
cominciavano a farsi bluastre.
-
Non riesco a fermarmi. – esclamò.
–
Eric, guardami. Lo so che non mi faresti mai del male, tu puoi fermarti
e
so che lo vuoi. –
Puntò
gli occhi nei suoi, osservando la sfumatura chiarissima
d’azzurro che
diventava più scura lungo il bordo della pupilla.
Qualcosa
scattò dentro di sé. Sentì
distintamente le mani che si aprivano e
le braccia che ricadevano inerti ai lati del suo corpo.
Si
ritrovarono sulla poltroncina, abbracciati l’uno
all’altra.
Lanciò
un’occhiata all’orologio che portava al polso. Nove
minuti, era
riuscito anche a fare meno della metà del suo solito tempo.
-
Il responso? – domandò Fiamma.
-
Nove minuti. –
Il
volto della Candida si aprì in un sorriso soddisfatto e
orgoglioso. Lo abbracciò
di slancio, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a
sé.
Eric
chiuse gli occhi, assaporando il profumo di cannella che si irradiava
dalla sua chioma scura.
-
Non ce l’avrei mai fatta senza di te. – ammise.
-
Bè, siamo una bella squadra, no? –
Già,
lo erano eccome. Insieme erano invincibili.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo
capitolo, spero vi sia piaciuto almeno la metà di quanto a
me è piaciuto
scriverlo e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Come ho scritto
anche
sulla bio della pagina autore, partirò questa notte per
Creta e farò ritorno la
notte del quindici, quindi in questa settimana non avrò la
possibilità di
accedere a Internet; conseguementemente, tutti gli aggiornamenti delle
mie
storie avranno luogo dal sedici agosto in poi, così come le
risposte agli
eventuali messaggi privati. Non mi resta che augurarvi un buon
ferragosto in
anticipo! Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt