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Autore: DiamanteCoraline    08/08/2014    1 recensioni
Luce era una bambina di nove anni, “Appena compiuti” sottolineava lei sempre fiera. I suoi lunghi boccoli castani raccolti in due codine poste ai lati della testa che molleggiavano vivacemente ad ogni suo passo, accompagnati dai suoi dolci lineamenti e vispi occhi verdi, la incorniciavano, ancor più di quanto lei già non dimostrasse, come una bambina gioiosa, vivace e attenta... l’innocenza di una bambina che riusciva a vedere il buono in tutto e tutti. Ma si sa: una visione positiva è quella che ci fa andare avanti nonostante le avversità e il dolore che costellano l’esistenza. Presenta un unico inconveniente, spesso ci nasconde il male...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sua era una  famiglia perfettamente normale.

“Mammaaa! È pronto!” La voce pura e cristallina di Luce si diffondeva dalla cucina alle varie stanze dell‘appartamento.
Luce era una bambina di nove anni, “Appena compiuti” sottolineava lei sempre fiera. I suoi lunghi boccoli castani raccolti in due codine poste ai lati della testa che molleggiavano vivacemente ad ogni suo passo, accompagnati dai suoi dolci lineamenti e vispi occhi  verdi, la incorniciavano, ancor più di quanto lei già non dimostrasse, come una bambina gioiosa, vivace e attenta. Lei era molto orgogliosa di se stessa: aveva dei buoni voti a scuola, non aveva problemi a socializzare con i suoi compagni, neanche con i maschi e apprendeva facilmente; aveva inoltre la capacità di far sorridere gli altri, di portare felicità e poi la si vedeva salutare gioiosa con la sua dolce manina e correre verso i suoi genitori e suo fratello con un sorriso a trentadue denti.
“Mamma.” Luce attraversò lo stretto corridoio, vestito delle foto del matrimonio del padre Salvatore e della madre Maria poste dentro costose cornici d’oro interamente rifinite; giunse in camera da letto dei propri genitori, dove sua madre stava dormendo pesantemente protetta dalla penombra.
“Mamma, svegliati. Il pranzo è pronto: poi si raffredda!” La madre si voltò dall’altro lato, senza dare segno però di volersi alzare. Luce sospirò come solo i bambini sanno fare, fece il giro del grande letto matrimoniale prestando attenzione per non inciampare nelle lenzuola di seta lasciate dimenticate sul freddo pavimento in fondo al letto.
Salì sul di esso dalla parte in cui dormiva il padre che, tuttavia, era ovviamente vuota. 
“Quando c’era papà le lenzuola non erano mai a terra …” 
Scacciò quello sciocco pensiero. Adesso papà era in un altro letto, con altra donna. Adesso avrebbe dedicato a lei le attenzioni che non dedicava più ormai da tempo alla sua famiglia.
“Se papà è felice lo sono anch’io” Luce lo disse a voce alta ma, come ogni volta, la sua voce traballava verso la fine della frase. Si rabbuiò e fece per sdraiarsi affianco a sua madre quando la sua piccola mano toccò qualcosa di freddo e duro. 
Nonostante la penombra Luce riuscì a distinguere un paio di bottiglie di vetro poste al fianco della propria madre. Sospirò: il pasto sarebbe avanzato, ancora. 
Verso pomeriggio tardi arrivò poi suo fratello Michael. Ohh, suo fratello! Quando gli voleva bene! 
“Michael!” Luce si fondò tra le sue possenti, forti e calde braccia che però la respinsero aspramente. Era da ormai due anni che suo fratello la trattava come se fosse un parassita fastidioso, più precisamente da quando iniziò la terza superiore, ma ancora lei non si era abituata a quel suo comportamento, né tanto meno arresa; sfoggiò infatti il suo migliore sorriso: “Fratellone, vuoi che ti riscaldi il pranzo?” 
“Lasciami stare Luce.” Le rispose in modo freddo, gelido e con un botto secco il fratellone chiuse dietro di sé la porta della sua camera.
La bambina tirò uno sbuffo, ma nuovamente non si arrese . Furtiva, in punta di piedi, si avvicinò alla porta della stanza del proprio fratello maggiore e spiò quest’ultimo dalla serratura della chiave.
“Il fratellone deve essere ancora malato …” disse triste la piccola ed innocente sorellina allontanandosi a testa bassa dalla stanza e dirigendosi verso il divano dello stesso colore dei suoi occhi posto in soggiorno; una volta lì si sdraiò su di esso e chiuse gli occhi stanca.
Nessuno l’aveva avvisata che Michael era malato, ma da due anni, una volta che tornava da scuola si chiudeva nella propria stanza, estraeva una piccola siringa piena di uno strano liquido e la infilzava con forza appena sotto la spalla, si iniettava tutto il contenuto per poi ritirare giù la manica, come se niente fosse. Dopo quell’operazione sembrava essere finalmente felice ed in pace con se stesso, ma con i propri genitori aveva sempre toni bruschi e Luce cercava quindi di non far nulla per innervosirlo ulteriormente.
“Non mi hanno detto niente per non farmi preoccupare” questa è la conclusione che pareva più ovvia alla piccola occhi verdi.
Rosso.
Nero.
Blu.
Bianco.
Questi colori invasero il sogno della piccola-grande Luce.
Si svegliò di scatto, completamente sudata. 
Urla. Urla del padre. Si alzò veloce dal divano e corse in cucina, dove trovò sua mamma che piangeva in preda ad una crisi isterica, il suo adorato fratello con le braccia conserte in modo indifferente e suo padre che urlava gesticolando furiosamente con in mano un coltello da cucina.
Ti buchi !? Ti rendi conto della gravità della cosa?! Te ne rendi conto?!
Si bucava? Che voleva dire? Era tanto grave poi? Luce non capiva; voleva che mettesse giù quel coltello la cui traiettoria la spaventava tanto.
“Non farla tanto lunga, babbo! Te esci tutte le mattine con quella puttana.. come si chiama? Angela? Mentre a noi hai sempre detto che andavi a lavoro!”
Loro padre aveva sempre mentito, tutti lì lo sapevano, ma nessuno ne aveva mai parlato. Perché? La bambina era sempre più confusa. Voleva abbracciare suo padre: ancora non lo aveva salutato.
“E tu mamma, smettila di piangere! Non hai mai fatto nulla, sei sempre stata troppo debole per fare qualsiasi cosa, per dire la tua opinione, per educarci! Dici sempre che dobbiamo andare avanti, ma abbiamo come esempio te che per farlo ti ubriachi!”
Basta. Quelle urla le facevano male alla testa e non poteva vedere ancora quel coltello in mano al padre.
Un abbraccio, un bacino e tutti sarebbero stati di nuovo felici. Uno slancio verso il proprio padre; pazzia … no, quella era innocenza, l’innocenza di una bambina che riusciva a vedere il buono in tutto e tutti. Ma si sa: una visione positiva è quella che ci fa andare avanti nonostante le avversità e il dolore che costellano l’esistenza. Presenta un unico inconveniente, spesso ci nasconde il male.
Il padre, preso alla sprovvista, non riuscì a cambiare la traiettoria che stava compiendo la propria mano che impugnava l’arma.
Rosso. Rosso cremisi.
Nero fu ciò che vide poi Luce.

“Luce! Luce! Luce, svegliati!” Una voce familiare, dolce, protettiva. La voce della sua migliore amica Veronica.
Aprì a fatica gli occhi e un forte mal di testa la trafisse, così li richiuse immediatamente. Le sembrava che la testa stesse per esplodere in tanti piccoli pezzettini. 
“Non ti affettare. Sei in ospedale. Ti ho portato un regalo” La sua migliore amica rispose alle domande non ancora poste dalla sua amica sdraiata in un letto d’ospedale e posò poi una bambola di pezza sopra di esso. Luce non  poté vederla, tale era il mal di testa da non riuscire ad aprire gli occhi, ma abbracciò forte il prezioso regalo e ringraziò di tutto cuore l’amica.
“Dove … dove sono mamma, papà e Michael?” Chiese poi tentennante l’innocente e pura Luce. Sebbene volesse molto bene a Veronica, aveva bisogno di avere la sua famiglia accanto a lei adesso. 
“Ah, beh … sono fuori dalla stanza, in corridoio. Stanno litigando.”
Strinse forte al proprio petto la bambola appena regalatole. 
Quella risposta faceva male, tanto.
Ma infondo …

La sua era una famiglia perfettamente normale.
Doveva essere così.
Doveva …




Angoletto dell'autrice:

Ammetto che sono parecchio nervosa... Questa è la mia prima pubblicazione e la "trama" è particolare....
Spero comunque che non sia venuta una schifezza e che possa piacere a qualcuno. 
Bacioni!
Bye bye bee!!

 
  
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