“Maria…
“ sussurrò con le
ultime forze mentre artigliava il cuscino sul quale lei si era seduta,
ancora pregno del suo profumo fruttato “a presto, mia
amata…”
Ai matrimoni non sono sempre tutti felici.
Genere: Triste, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
“Evviva gli sposi! Congratulazioni!”.
Le urla di felicità della gente non gli facevano
né caldo né freddo. Aveva il collo irritato dalla
camicia troppo stretta e dalla cravatta ancora più stretta.
Fosse stato per lui l’avrebbe volentieri gettata alle rose
disposte in modo così ordinato lungo il viale
d’ingresso alla chiesa, una chiccheria voluta dalla sposa che
per l’occasione aveva un abito rosa pallido decorato con
splendidi ricami di fiori. Era bellissima la sua Maria, un vero astro
nascente, la luce della sua vita. Gli sorrise ed il suo cuore perse un
battito.
Mentre aveva percorso a grandi passi misurati la navata centrale si era
chiesto spesso cosa sarebbe successo se quel giorno di tanti anni prima
non l’avesse soccorsa. Era stata aggredita da un branco di
teppisti e lui, per difendere una giovane donzella in pericolo, si era
precipitato al suo fianco…e le aveva prese di santa ragione.
Davvero una pessima figura. Però a lei era piaciuto il gesto
e da quel giorno aveva continuato a parlargli sempre più
assiduamente, sempre più volentieri, sempre più
confidenziale…strinse la mano della sua donna che camminava
al suo fianco, la stoffa del guanto bianco morbida al contatto. Lei gli
restituì la stretta. Era emozionata. Mai quanto lui.
Prese il suo posto come da programma e disse quello che doveva dire
come da programma. Era davvero una visione la sua Maria, la sua gemma
brillante. Bastava il suo sorriso, un suo gesto a renderlo
perfettamente in pace con il mondo. Lei si voltò e lo
guardò con gli occhi lucidi per l’emozione. Quanto
avrebbe voluto stringerla tra le braccia in quel preciso momento ed
urlarle tutto il suo amore.
“Scambiatevi gli anelli…” disse il prete.
Le bianche dita tremanti di Maria infilarono all’anulare la
fede nuziale, simbolo del coronamento di un sogno, simbolo del
matrimonio, simbolo di famiglia. Chi l’avrebbe mai immaginato
che sarebbero giunti a quel fatidico giorno? Ed ora si trovavano
lì, con le mani sudate e le spalle ben dritte a giurare
amore eterno. La giusta conclusione di tutti i loro sforzi.
La coppia si voltò ed uscì dalla chiesa con
incertezza, non ci credevano ancora. Erano davvero una bella coppia
quei due, lei così angelica e lui così brutale
con quei tatuaggi che spuntavano da sotto i polsini della camicia,
preludio di un lungo disegno di serpenti intrecciati che si mordevano
lungo la sua schiena muscolosa. Conosceva bene quei disegni, erano gli
stessi che aveva visto quando aveva conosciuto la sua Maria, erano gli
stessi che aveva preso a pugni nel tentativo di allontanare il teppista.
“Grazie… “ gli sussurrò Maria
mentre usciva, il suo uomo al braccio.
A lui non restò che guardarla andare via, una stella tra le
grinfie di un mostro, mentre il suo nuovo marito gli rivolgeva il suo
solito sguardo, lo sguardo di chi è abituato a battere gli
altri in tutti i campi, anche in amore.
Attese che tutti fossero usciti, disse alla sua donna di andare avanti,
di non preoccuparsi. Era diventato bravo a fingere. Quando la chiesa fu
completamente vuota, solo allora osò accostarsi
all’altare dove si era consumato il sacrilegio peggiore di
tutta la sua vita, unire una dea ad un orrore. Si
inginocchiò e baciò lo scranno ove lei si era
inginocchiata a capo chino a sussurrare i voti. Portò una
mano sotto la giacca ed estrasse la pistola prendendola dalla canna.
Non intendeva farne un cattivo uso.
La bocca da fuoco puntata alle tempie, lo scoppio dello sparo si
propagò in tutta la chiesa. L’aveva fatto, aveva
lavato con il suo sangue il sacrilegio. Era soddisfatto. Maria, non
piangere per me, io ti aspetterò in cielo. E
dall’esterno, con le ultime facoltà,
poté udire il rumore di una macchina messa in moto, pronta
per la partenza, direzione aeroporto, direzione luna di miele.
Già immaginava la mano pallida di lei che si sporgeva dal
finestrino per salutare le persone a lei care, già
immaginava il suo volto sofferente perché non lo vedeva.
Già immaginava l’esplosione del motore, le urla,
il sangue. Si, aveva fatto un buon lavoro.
“Maria… “ sussurrò con le
ultime forze mentre artigliava il cuscino sul quale lei si era seduta,
ancora pregno del suo profumo fruttato “a presto, mia
amata…” e spirò.