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Autore: Fragolina84    09/08/2014    1 recensioni
Sequel di Un raggio di luce per l'umanità
Driven to tears, spinto alle lacrime.
Loki è tornato e vuole vendetta. Gli Avengers e soprattutto Tony saranno spinti alle lacrime dalla rabbia del semidio di Asgard che si abbatterà su ciò che hanno di più caro al mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I love Avengers'
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Se ancora c'è un dubbio su chi possa essere
il misterioso nuovo nemico degli Avengers,
sarà svelato in questo capitolo.
Ma che cosa ha in mente il pazzo semidio di Asgard?
Buona lettura!

 


A bordo dell’Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. la tensione si tagliava con il coltello.
Erano rinchiusi in quell’immensa nave volante di acciaio da due giorni e Tony aveva l’impressione che non avessero fatto alcun passo avanti. Gli strumenti di Bruce avevano rilevato altre sette flebili scie, inconsistenti emissioni di energia dal Tesseract, ma erano state talmente evanescenti da essere impossibili da tracciare.
Tre ore prima c’era stata un’ottava emanazione. Era durata qualche millesimo di secondo in più e Bruce aveva rilevato che proveniva dall’Iowa. L’agente Romanoff era partita immediatamente con altri tre agenti, ma da un’ora e mezza avevano perso ogni contatto con la squadra.
Mezz’ora prima, Clint aveva chiesto di essere mandato in soccorso dei colleghi. Fury aveva acconsentito: Natasha era l’agente migliore che avessero e l’assoluto silenzio radio e il fatto che fossero spariti dai radar dello S.H.I.E.L.D. era abbastanza inquietante.
«Nick, dobbiamo fare qualcosa». Fu Steve a parlare. «Sembra quasi che Loki stia giocando a nascondino e la faccenda non è per nulla positiva».
Erano tutti seduti attorno al tavolo sul ponte di comando della nave. All’appello rispetto alle solite riunioni mancavano soltanto Nat e Clint.
«Non sappiamo neanche se è davvero Loki» commentò Fury, l’unico in piedi. «Speravo che Natasha potesse portarci qualche informazione in più». Si girò verso Thor. «Tu che ne pensi?»
Thor si stropicciò gli occhi con le dita. «Ho visto mio fratello morire, ho stretto tra le braccia il suo cadavere. Pensavo che questo fosse sufficiente per escluderlo dai giochi. Ma con Loki non si può mai sapere. Potrebbe essere stato un trucco».
«Se il Tesseract è su Asgard, può essere solo lo scettro di Loki ad emettere quei picchi di energia» affermò Bruce. «La firma gamma è troppo particolare, troppo specifica».
«Ci sono altre reliquie che hanno lo stesso potere?» chiese Tony.
Thor scosse la testa. «Se ci sono, non sono su Asgard, né sono registrate nella nostra storia».
«Quindi dobbiamo partire dal presupposto che Loki sia tornato sulla Terra o che qualcuno stia pasticciando con il suo scettro. Scettro che, se non sbaglio, sarebbe dovuto restare in mano allo S.H.I.E.L.D.» considerò Stark.
Nick strinse i denti: non gli piaceva dover ammettere i propri fallimenti. «Abbiamo trovato e neutralizzato la falla nella sicurezza, ma purtroppo lo scettro era già andato».
«Ormai non serve a nulla rivangare ciò che è successo, Tony» cercò di mediare Steve e Tony si appoggiò allo schienale.
«Sì, avete ragione. Scusatemi. È che avere quel bastardo – senza offesa, Thor» aggiunse precipitosamente «in giro per il mio pianeta mi dà enormemente fastidio».
Un insistente trillo si diffuse sul ponte. L’agente Maria Hill si chinò su una consolle.
«È Occhio di Falco» disse, digitando alcuni comandi. «Clint, sei in linea. Parla pure».
«Abbiamo trovato il velivolo utilizzato dai nostri. È precipitato».
La voce di Clint era terribile.
«Sopravvissuti?» chiese Nick con voce tombale.
«Negativo» rispose Clint. «I corpi dei nostri tre agenti sono qui. Di sicuro hanno tentato di difendersi, ma sono stati sopraffatti e massacrati. Non c’è traccia di Nat».
All’udire il tono di voce di Barton, nessuno degli Avengers dubitò per un solo istante che provasse qualcosa per l’agente Romanoff.
«Stiamo provando a ricostruire l’accaduto. I miei stanno cercando di verificare se tutto questo sangue appartiene anche a Nat. Resta in linea».
La comunicazione venne messa in standby.
«Nick, qui la cosa si fa sempre più ingarbugliata. Non riesco a pensare a nessuno talmente tosto da prendere di sorpresa Natasha» asserì Tony. «Neanche Loki!»
Prima che Nick potesse rispondere, Barton chiese di nuovo la linea.
«C’è una minima traccia di sangue appartenente a Nat. È sulla paratia vicino alla rampa posteriore, come se le avessero sbattuto la testa contro il bordo per tramortirla».
«Ok, Barton. Recuperate i corpi, la scatola nera e tutto ciò che può essere utile. Se il velivolo non è più utilizzabile, distruggetelo. Poi tornate immediatamente qui, dobbiamo cercare di capire cos’è successo e se c’è una possibilità di ritrovare Natasha viva».
«Ricevuto» confermò laconicamente Barton e chiuse.
Un silenzio teso si diffuse in plancia. Chiunque avesse assaltato l’aeromobile dello S.H.I.E.L.D. sapeva esattamente come colpire. Tony trovava strano che Natasha si fosse fatta prendere alla sprovvista: lui l’aveva vista in azione e sapeva che era letale.
«Signore?»
La voce di Jarvis gli risuonò nell’orecchio attraverso l’auricolare.
«Dimmi, Jarvis».
«Ho perso il contatto con la villa».
«Che significa, Jay?» domandò.
«Non riesco né a vedere né a sentire nulla, signore».
Non era ancora veramente preoccupato ma Tony alzò il capo e fissò Nick.
«Ho bisogno delle immagini satellitari di casa mia» disse e Nick si girò verso Maria, annuendo.
La donna digitò alcuni comandi e sul piano della scrivania davanti a Tony vennero proiettate le immagini. Un violento temporale infuriava su Malibu, coprendo la vista della casa con una impenetrabile coltre di nubi.
«Thor?» disse semplicemente Tony, ma l’altro scosse la testa.
«Non sono sempre io la causa di tuoni e fulmini, fratello».
«Ho bisogno di sapere cosa sta succedendo» disse, facendo cenno a Maria di alzarsi. Sedette alla console e iniziò a digitare velocemente sulla tastiera.
«Non capisco» disse ad un certo punto.
«Che succede, Tony?» chiese Fury, ma Stark non rispose, continuando a digitare. Non riuscì ad accedere al sistema di telecamere a circuito chiuso della casa, ma solo a quelle esterne.
«È come se fosse saltata la corrente elettrica, ma è impossibile. Abbiamo due generatori di emergenza capaci di tenere accese le luci di tutta Malibu per almeno dodici ore».
Le immagini mostravano la casa completamente buia. I lampioncini che circondavano la dimora erano spenti e non si vedeva nemmeno una lucina brillare in casa. La pioggia batteva con violenza sui vetri. Tony provò a zumare con la telecamera ma la quantità d’acqua che cadeva dal cielo non gli permetteva di avere una visione chiara.
Solo Jarvis era ancora online perché ad alimentare il suo nucleo era un reattore Arc posizionato sotto la villa.
«È assurdo» mormorò, e fece per prendere il cellulare nella tasca per chiamare Victoria. Proprio in quel momento il cellulare squillò. Il volto sorridente e bellissimo di sua moglie apparve sul display.
«Vicky, che sta succedendo?» domandò, ma la linea era molto disturbata e non riuscì a capire se lei gli avesse risposto.
«Vicky, mi senti? Come mai non sono entrati in funzione i generatori?»
Poi la sentì e il cuore perse un battito. Tony aveva ormai visto parecchia gente morire e non avrebbe mai dimenticato quegli ultimi respiri affannati prima dell’inevitabile fine, quei rantoli soffocati di chi sta cercando di dire qualcosa, un’ultima parola.
Si alzò in piedi di scatto: la sedia dietro di lui non si rovesciò soltanto perché era imbullonata al pavimento.
«Victoria!» gridò.
«Loki… è stato qui». La voce della donna era talmente flebile che quasi si perse le sue parole. Ma poi arrivarono a segno, una per una. Loki era di nuovo sulla Terra, in cerca di vendetta, e aveva scelto la più facile, la più scontata.
Gli passarono per la testa mille pensieri ma uno, terribile, sovrastava tutti gli altri: non avrei dovuto lasciarle. Si impose di stare calmo.
«Vicky, dov’è Loki?» domandò e la sentì ansimare nel microfono. Non avrebbe mai dimenticato quel suono, non avrebbe mai scordato quel sospiro esalato come se fosse l’ultimo.
«Ha preso… Elizabeth».
La linea cadde improvvisamente e Tony rimase immobile, annientato da quella rivelazione. Loki di Asgard, il suo nemico era stato a casa sua. Aveva preso sua figlia e aveva fatto chissà cosa a sua moglie. Ebbe un violento capogiro e sarebbe caduto se Nick non lo avesse sorretto.
«Tony! Ehi, che sta succedendo?»
Scosse la testa come per schiarirsi le idee ma non riusciva a togliersi dalla mente due paia di occhi verdissimi e due cascate di riccioli ramati. Nick lo scosse.
«Tony!» disse di nuovo e stavolta l’uomo si riscosse.
«Loki è stato a casa mia. Ha preso mia figlia e… Victoria…» non riusciva a dirlo, non voleva nemmeno pensarci.
Con mano tremante compose di nuovo il numero di Victoria ma non riuscì a prendere la linea. Nel frattempo, Nick diede ordine di invertire la rotta dell’Helicarrier e di dirigere verso Malibu.
Cadde la linea ma lui provò di nuovo. Stavolta il telefono squillò, ma nessuno rispose.
«Tony, che è successo a Victoria?» chiese Bruce, avvicinandosi all’amico.
Tony scagliò il cellulare sul pavimento, mandandolo in pezzi.
«Non lo so. È ferita, sicuramente. Non ha detto molto, ma era sofferente e…»
E a quest’ora potrebbe essere già morta, suggerì la sua mente e lui sussultò come se l’avessero fisicamente colpito.
«Devo fare qualcosa». Tony aveva l’impressione che una parte del suo cervello si fosse spenta e non funzionasse. Pensare gli risultava difficile, come un computer che non avesse RAM a sufficienza per affrontare l’esecuzione di un programma.
«Non può essere» esclamò Thor. «Mi ha mentito di nuovo, si è preso gioco di me per l’ennesima volta. Temo che stavolta sia sceso sulla Terra per mera vendetta. Gli abbiamo rovinato i piani a New York e ora vuole vendicarsi».
Lei non è morta, lei non è morta. Continuava a ripeterselo, come se quello bastasse per farlo avverare. Ma anche nella disperazione di quel momento, le parole di Thor gli penetrarono dentro.
 Gli abbiamo rovinato i piani e ora vuole vendicarsi. Improvvisamente il piano di Loki gli fu chiaro.
«Le colpirà tutte» mormorò e tutti si girarono verso di lui.
«Che intendi, Tony?» chiese Steve.
«Jay, prepara l’armatura» ordinò. La parola perdente non era nel vocabolario di Tony. Non avrebbe permesso a Loki di vincere, avrebbe lottato fino alla fine e oltre, se possibile. Poi si voltò verso i suoi compagni. «Loki agogna vendetta e sa che nonostante i nostri superpoteri, siamo tutti umani. Ci colpirà dove fa più male, nei nostri affetti. Ha preso Nat per colpire Barton e ha attaccato le mie donne per ferire me. Violet, Jane e Beth sono in pericolo».
Il Mark 56 entrò in plancia guidato da Jarvis e si fermò accanto a Tony. L’armatura si aprì e Tony si posizionò in modo che gli si potesse chiudere intorno. Appena fu pronto, sollevò il visore.
«Io devo andare, Nick. Ho già perso troppo tempo» disse. «Le ragazze devono essere messe al sicuro, sempre che non sia troppo tardi».
Calò il visore davanti agli occhi e fece per uscire.
«Vengo con te», disse Thor.
Tese la mano e Mjolnir, che era appoggiato sul tavolo, volò verso di lui.
«Non sei obbligato. Assicurati piuttosto che Jane…» cominciò Tony, ma Thor non lo lasciò proseguire e gli posò una mano sulla spalla.
«Di Jane si occuperà lo S.H.I.E.L.D. e poi tu non puoi andare da solo, anche se non credo che Loki sarà tanto stupido da restare lì ad attenderci. Io sono l’unico che può seguirti in volo. Andiamo!»
S’involarono fianco a fianco, ad una velocità che li rendeva due meteore. Mentre erano in volo verso Malibu, i sospetti di Tony trovarono conferma. Violet non rispose alle chiamate di Bruce e quando chiamò la sua coinquilina si sentì dire che Violet non era rientrata quella sera dopo il lavoro. La ragazza era preoccupata ma Bruce le disse di stare tranquilla e riattaccò. Dentro di sé però ribolliva di rabbia.
«Stai bene, Bruce?» disse Fury, che lo stava tenendo d’occhio.
«Sì, sto bene. Non perderò il controllo. Non ora» disse con aria truce.
Anche Steve provò a chiamare Beth. Il cellulare risultava staccato. Chiamò il bar in cui la ragazza lavorava e gli dissero che aveva ricevuto una chiamata urgente e se n’era andata precipitosamente. Non aveva detto a nessuno di cosa si trattava ma era parsa piuttosto agitata. L’uomo ringraziò e chiuse la comunicazione. Il cellulare chiuso nel suo pugno scricchiolò e s’incrinò mentre lo stringeva con forza.
«Metto l’uniforme» disse solamente e si allontanò.
Maria tentò di contattare Jane, ma l’esito fu lo stesso. Scoprì che l’auto di Jane era stata coinvolta in un incidente ed era finita in un basso canyon. L’auto era stata recuperata, ma non il corpo. Chiamò Thor e gli comunicò la cosa. Il semidio non rispose talmente a lungo che la Hill chiese se doveva ripetere la comunicazione.
«No, ho capito. Siamo sulla villa» replicò.
Thor usò i propri poteri per calmare la tempesta che scemò improvvisamente. Il silenzio che seguì il frastuono del temporale fu assordante. Atterrarono sul prato e Tony vide subito i corpi di due dei suoi uomini riversi sull’erba fradicia.
Non avrebbe voluto entrare in quella casa: dentro di sé sapeva cosa avrebbe trovato e non voleva dover scendere a patti con quella verità. Eppure, non appena atterrarono, si fiondò all’interno.
La villa era perfettamente in ordine, anche se buia. Alla luce del reattore che gli brillava sul petto, Tony vide Happy riverso a terra, contro il muro. Entrambi corsero da lui e Thor gli sentì il polso.
«Respira ancora» disse.
«Jay, chiama un’ambulanza» ordinò.
«Subito, signore».
Doveva avere una gamba ed entrambe le braccia fratturate, ma era vivo e respirava. Tony si alzò in piedi.
«Vicky! Dove sei?» gridò ma non ricevette risposta. Girò lo sguardo per la stanza e vide il ritmico lampeggio del cellulare di sua moglie che segnalava la chiamata persa. Era a terra, accanto al divano. E da dietro il tavolino posizionato vicino al divano spuntava un braccio, sottile e affusolato, con una mano dalle unghie curate e regolari.
«Victoria!» gridò e corse da lei.
Le nuvole si erano diradate e la luce della luna entrava dalle vetrate, rischiarando la scena. Giaceva sul pavimento, supina. Il viso bellissimo era sereno e disteso come quello di certe Madonne dipinte dai grandi pittori dei secoli passati. Era pallida, ma Tony lo attribuì all’argentea luminosità della luna. C’era una macchia scura sul pavimento: sapeva di cosa si trattava, ma il cervello non riusciva ad elaborare il concetto.
Improvvisamente la corrente ritornò e le luci sfolgorarono in tutta la casa, illuminando anche Victoria, come se fosse su quel palcoscenico che aveva calcato da attrice quale era stata. Tony aprì l’armatura e ne uscì, ma non si mosse.
Sotto quella luce così accecante dopo il buio, era impossibile non capire. Ciò che il buio aveva celato, era diventato chiarissimo. Quella grande pozza scura era sangue, il suo sangue. Aveva formato una macchia sotto il suo corpo, rapprendendosi sotto di lei come scura melassa, imbevendo il tappeto bianco. Non poteva essere che un corpo umano ne contenesse tanto, considerò Tony.
Aveva uno squarcio scuro sulla spalla sinistra, appena sotto la clavicola, un’orrida ferita con i bordi anneriti e bruciacchiati.
Era arrivato troppo tardi e ora era un uomo distrutto. L’aveva lasciata sola e avrebbe pagato quella decisione per tutta la vita.
Cadde in ginocchio, ma non aveva il coraggio di toccarla. Voleva continuare a ricordare la calda setosità della sua pelle, non voleva sentire sotto le dita la gelida immobilità della morte.
Thor fu al suo fianco e si chinò su di lei. Prima che riuscisse a impedirglielo – non voleva sentir pronunciare quelle terribili parole che l’avrebbero costretto ad accettare l’inevitabile – Thor le provò il polso.
«È…»
  
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