Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Bunjee    09/08/2014    0 recensioni
La mente di Samantha correva come un treno carico di pensieri.
Era sdraiata sul letto di camera sua, con una gamba sospesa fuori dal materasso che dondolava, mentre cercava di tenere sotto controllo le sue idee che ormai erano confuse e ricche di emozioni indistinte.
La televisione era accesa e sullo schermo passavano immagini in diretta dai Grammy, dove venivano mostrate bellissime cantanti e affascinanti rock star attraversare il red carpet con aria sicura e superiore.
La sua mente tornò sulla Terra solo quando sentì il nome di Michael Jackson.
I suoi occhi si puntarono sullo schermo, incontrandosi per pochi secondi con quelli del cantante, che aveva fissato dritto nell'obbiettivo della telecamera
In quel momento, Samantha si chiese se il suo treno di pensieri sarebbe mai riuscito a sfondare il cancello della mente del cantante, proprio come le era stato chiesto.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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..........hey! Prima di cominciare questo capitolo ci tenevo a chiarire che qui prende inizio la storia vera e propria, gli altri capitoli erano tipo delle introduzioni per questo momento.
Non voglio spoilerarvi niente, ma ci tengo a chiarire che le parti riguardanti l'ipnosi sono state scritte da me, una semplice ragazzina che ama questo genere di cose ma che, oltre alle pochissime informazioni ricevute da internet e tv, non sa niente a riguardo e scrive con l'obbiettivo di intrattenere e non di fare lezioni di psicologia e ipnosi.
Quindi niente, vi auguro buona lettura e spero di intrattenervi nel migliore dei modi c':






10 Marzo 1988, Giovedì


POV Michael.

Avevo riflettuto per sei giorni su quello che la dottoressa mi aveva detto.
Sapevo di correre un rischio, ma ero arrivato alla conclusione che avevo bisogno di sapere cosa c'era nella mia testa.
Presi il telefono, composi il suo numero stando attento ad averlo copiato bene dal biglietto e chiamai.
"Pronto?" rispose lei, con voce squillante; sentivo un leggero brusio in sottofondo ma non ci pensai.
"Ho bisogno di sapere." dissi d'impulso, estenuato da quel pensiero che mi tormentava da ormai sei giorni.
"Come scusi?" Rimasi un attimo in silenzio. Ero sicuro di quello che stavo facendo?
"Se è uno scherzo non siete divertenti, ragazzini." esclamò lei scocciata.
"No! Non è uno scherzo.. sono Michael Jackson, io volevo parlarti."
Lei tirò un sospiro di sollievo e fece una risatina dall'altra parte della cornetta.
"Ah, scusa, è che spesso mi fanno scherzi idioti. Dimmi, che succede?" disse.
"Io.. ho deciso di farmi ipnotizzare." risposi tutto d'un fiato.
"Ne sei sicuro?" chiese lei, con tono grave.
"Ci ho pensato per sei giorni. Ho bisogno di sapere."
"... Come vuoi, quando vuoi farlo?" sospirò lei, rassegnata.
Come mai tutto questo dispiacere?"
"Domani mattina sei libera?" dissi, rivisitando mentalmente tutti i miei impegni.
"Ehm, si, sono libera tutto il giorno. Riposati stanotte, vai a dormire presto, aiuta. Domani alle dieci nello stesso posto dell'ultima volta. Apposto?"
"Benissimo. Buona giornata Sam." 
"Buona giornata Mike." disse lei ridacchiando prima di riattaccare il telefono.
Arrossii un po' ripensando al modo in cui l'avevo chiamata, non lo avevo fatto apposta e non intendevo mancare di rispetto, ma fortunatamente l'aveva presa sul ridere.
Mi piacerebbe conoscerla personalmente oltre al muro professionale che ci separa.


11 Marzo 1988, Venerdì

"Bella giornata per un' ipnosi, eh?" disse lei ridacchiando mentre entrava nella stanza.
Io sorrisi, guardando fuori dalla finestra: pioveva a dirotto e il cielo era grigio.
"Mia madre è una testimone di Geova ed è molto attaccata alle credenze della religione e alle varie superstizioni di paese. Quando ero piccolo mi diceva sempre che la pioggia sono le lacrime di Dio che piange perchè un suo figlio lo ha tradito. Non ho mai saputo se crederci o no. Tu che ne pensi?" le chiesi, mentre la pioggia ticchettava sul vetro ritmicamente.
Lei rimase un' attimo sconvolta, con gli occhi aperti e il viso pallido.
In quell'attimo mi presi il lusso di guardarla meglio: aveva gli occhi nocciola chiaro, circondati da una sottile linea di trucco nero sulla palpebra. Gli zigomi erano abbastanza alti, il naso nella norma e le labbra carnose e leggermente rosee. Il suo fisico era in carne ma tonico, accentuato dai capelli biondo cenere che, legati in una treccia laterale, si fermava poco sotto il seno.
Era molto bella, anche se non era quel tipo di ragazza che si vedrebbe in una rivista.

"Non so, non credo in Dio." rispose lei, sedendosi davanti a me.
"Come mai no?" chiesi incuriosito.
Lei sorrise, piagando leggermente la testa di lato:"E' una lunga storia, forse un giorno te la racconterò, ma oggi ho bisogno che tu ti concentri su di te, non sui miei problemi."
Scossi la testa annuendo.
"Come funziona l'ipnosi?" chiesi, cominciando ad avvertire un po' di fifa a riguardo.
"Non ti spiegherò tutto nel dettaglio perchè non voglio influenzare il tuo subconscio, ma in base, tutto quello che farò sarà costruire un posto e proiettarlo nella tua testa con le parole, lasciando alla tua mente la possibilità di popolarlo con delle persone." 
"E queste persone ci aiuteranno a risalire al mio trauma?" domandai.
"Si, se il trauma è stato forte il tuo subconscio ricreerà direttamente la scena."
"Bene." sospirai.
"Pronto?" disse lei, alzandosi in piedi e poggiando la sua borsa su una sedia all'angolo della stanza.
Annuii con la testa e mi spostai sul lettino su cui era seduta lei, cercando di mettermi in una posizione abbastanza comoda.


POV Samantha

Ero consapevole della carognata che stavo per compiere, ma dovevo farlo, dovevo andare fino in fondo con l'ipnosi.
"Ascoltami, Michael" dissi, sedendomi vicino al letto dove era steso.
Il suo viso era piegato in un' espressione tesa e i suoi occhi mi scrutavano con ansia.
"Ho bisogno che ti rilassi, altrimenti non posso andare avanti, capisci?" Lui annuì.
"Ti piace il mare, Michael?" 
"Si."
"Bene. Ora ti descriverò una situazione molto piacevole, ok? Voglio che tu figuri le sensazioni che ti descriverò nella tua testa e provi a sentirle sulla tua pelle. Ho bisogno del tuo impegno e della tua più totale concentrazione e calma. Ti consiglio di chiudere gli occhi, ti aiuterà a rilassarti del tutto e a vedere meglio quello che accadrà nella tua mente." dissi, scandendo le parole con voce calma e rassicurante.
Obbediente, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalle mie parole.
"Hai gli occhi chiusi ma senti chiaramente il rumore dell'acqua intorno a te. Quando apri gli occhi ti accorgi di stare galleggiando a morto in mare aperto. La spiaggia in lontananza è vuota, l'unico rumore è quello delle piccole onde del mare che ti cullano e il sole riscalda piacevolmente la tua pelle. I tuoi capelli galleggiano nell'acqua fresca, le tue mani sfiorano con i palmi il pelo dell'acqua e ogni tuo piccolo movimento crea un' ondina. Respiri profondamente, l'acqua nelle orecchie ti permette di sentire i tuoi rumori interni e senti chiaramente il tuo respiro cullarti, è tutto perfetto e non esistono problemi per te in quel momento. " 
Vidi la serenità invadere il suo viso, il suo corpo si rilassò e cominciò a prendere dei respiri profondi.
D'ora in poi i suoi pensieri sarebbero stati nelle mie mani, dovevo solo sapere dove indirizzarli.
"Con gli occhi chiusi, cominci a nuotare. Non sai dove stai andando, ma non ti interessa: è tutto perfetto e niente puo' andare storto. Nell'assoluto silenzio, l'unico rumore che senti è quello causato dai tuoi movimenti. Ci sono dei pesci in acqua, non puoi vederli ma sai che ti stanno seguendo visto che ogni tanto uno di loro ti sfiora le caviglie con delicatezza. Dopo qualche minuto di nuotata, senti la sabbia sulla schiena e capisci di essere arrivato sulla riva. Non c'è nessuno, sei solo. Puoi descrivermi cosa vedi, Michael?"
"La spiaggia." rispose lui, con la bocca impastata da quel semi - sonno che conoscevo bene.
"E' lunga e la sabbia è bianca. C'è un palazzo poco lontano da me, è alto e bianco come la sabbia. C'è un ascensore all'entrata."
Ero compiaciuta dalla sua collaborazione: anche sotto ipnosi, aveva preso la cosa sul serio e mi stava descrivendo ogni dettaglio alla perfezione.
"Non c'è nient'altro?" chiesi.
"No, penso di dover andare in quel palazzo."
"Fallo allora."
Rimase un minuto in silenzio.
"Ok, ci sono." riprese all'improvviso.
"Sei nel palazzo?"
"Sono nell'ascensore."
"Cosa vedi?"
"E' uno di quegli ascensori trasparenti. Vedo il mare da una parte e l'interno di un piano del palazzo dall'altra."
"C'è qualcuno nel palazzo?"
"No, è vuoto."
"Ci sono dei pulsanti sulle pareti dell'ascensore?"
Ancora una volta rimase in silenzio e riprese e parlare dopo una manciata di secondi.
"Si, ho premuto il pulsante con il numero uno, sta salendo."
Dopo altri secondi, mi avvisò che era arrivato.
"Vedi l'interno del palazzo? Come è fatto?"
"E' il salotto della mia vecchia casa in Indiana."
"C'è qualcuno?"
"Dei bambini." rispose lui.
"Li conosci?"
"Siamo io e quattro dei miei fratelli. Stiamo cantando e ballando una canzone."
"Ok, Michael. C'è qualcun altro con voi o state giocando da soli?"
"C'è mio padre vicino a noi, ci sta guardando attentamente."
"Vi osserva mentre giocate?"
Cominciai a prendere in considerazione uno dei traumi più comuni: abusi in tenera età da un familiare o amico di famiglia.
Nel frattempo, la faccia del mio paziente era inorridita, mostrando paranoia; il suo respiro era diventato spezzato e irregolare in un attimo.
"Michael, è un sogno, non ti possono fare del male. E' solo un ricordo, tu sei felice, rilassato, ti trovi in una spiaggia e stai guardando una scena che non ti appartiene da molto tempo."
Aspettai che il suo respiro tornasse profondo e regolare prima di continuare a parlare.
"Cosa è successo, Michael?"
"Io.. sono caduto. Cioè, il bambino che vedevo e che era me.. è inciampato mentre provava una parte di ballo. Joseph si è arrabbiato, ha preso la cinghia e ha cominciato a inseguirlo. Ha tentato di scappare, ma lo ha preso e ora lo sta picchiando."
"Perchè lo ha picchiato? Stavano solo giocando." chiesi, un po' confusa.
"No.. loro stavano provando lo spettacolo, lui voleva che fosse tutto perfetto.. io non sono caduto apposta, non volevo essere la causa di tutto."
"Tutto?"
"I miei fratelli hanno cercato di proteggermi.. ero il più piccolo.. ha picchiato anche loro."
"Mio Dio." mormorai. "Michael, stai ancora guardando dentro il palazzo?" domandai poco dopo.
"Si."
"Girati verso il mare e rilassati." ordinai, notando la sua ansia crescere.
"Ok."
"Hai mai parlato con tuo padre di quello che mi hai appena raccontato?"
"No, non parlo molto con mio padre."
"Capito, rilassati e girati verso il palazzo appena ti senti pronto." dissi non appena il suo respiro tornò rilassato come prima.
"Sono sceso di un livello. Ci sono io, adesso. Sono in una stanza grigia, piango. Ci sono dei giornali a terra e dalle finestrelle intravedo delle persone." disse dopo circa un minuto.
"Sono tuoi amici?" chiesi, riferendomi alle persone fuori dalle finestrelle.
"Sono sconosciuti, stanno parlando di me, ma non li sento perchè sto piangendo forte."
"Scendi al prossimo piano." dissi: cominciavo a capire.
"Stanza vuota." disse lui dopo pochi secondi.
"Va bene, ne abbiamo avuto abbastanza per ora. Esci da li e tuffati in mare correndo."
Passò un minuto prima che i suoi occhi si riaprirono.
"Riprenditi un attimo ora, dopo ti parlerò di quello che hai visto." dissi, porgendogli un bicchiere di acqua fresca.




 

   
 
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