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Autore: EmmaStarr    09/08/2014    7 recensioni
– Non me ne frega un cazzo, Trafalgar! Possibile che tu debba sempre rompere i coglioni? E poi, io non ti giudico per come passi il tuo tempo libero. Leggi. Se ti bruciassi uno o due di questi cosi come reagiresti, eh? – minacciò, sventolandogli sotto il naso il libro che Law stava leggendo. Quello non si disturbò nemmeno a cercare di prenderlo, ben consapevole che le doti atletiche di Kidd superavano di gran lunga le sue. Era nel carattere che gli era superiore, ricordò a se stesso. – “Città di carta”. – Lesse Kidd, squadrando la copertina del libro con aria critica. – Che è, un libro per bambini?
Ti sarei grato, – scandì bene Law, approfittando del momento per strappargli di mano il libro, – se la smettessi di agitarlo come se potesse uscirne fuori qualcosa. Le parole sono tutte attaccate alle pagine: l'unica è leggerle, Eustass-ya. – lo informò, sogghignando. – Comunque è un buon libro.
Kidd sbuffò, sprezzante. – Una città di carta, certo. In cui abitano tanti bei bambini di carta che giocano con i loro giochini di carta, magari?
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Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Law voltò pagina, immerso nella lettura. Il romanzo era davvero interessante, anche se si capiva che era diretto ad un pubblico leggermente più giovane di lui. Nonostante tutto era una lettura affascinante, ma se lo sarebbe goduto un po' di più se quel cretino di Kidd non stesse facendo tanto casino con la playstation: poteva almeno togliere il sonoro, no?

Dopo il quinto o sesto “Bang!” infernale che portò ad un entusiastico “Beccati questo, stronzo!” del suo estremamente fastidioso coinquilino, Law chiuse lentamente il libro. Molto lentamente. Come a dire, “Sei ancora in tempo, ti prego, spegni quel coso prima che io sia costretto a prendere seri provvedimenti”. Poi, visto che non accadde nulla a parte un altro scoppio seguito dall'ennesima allegra esclamazione di vittoria, Law si alzò in piedi. – Eustass-ya, ti sarei grato se abbassassi il volume. – tentò, già sapendo che un approccio diplomatico con Kidd non avrebbe mai funzionato.

E come volevasi dimostrare, tutto ciò che quel cerebroleso che ancora si ostinava a considerare il suo ragazzo disse fu un “vaffanculo” appena sussurrato a fior di labbra, senza neanche prendersi il disturbo di alzare gli occhi dallo schermo della tv.

Bene, no, benissimo. Se con le buone maniere non si otteneva nessun effetto, Law sarebbe passato alle maniere forti: si avviò a passi decisi verso il generatore di corrente e fece saltare la luce in tutto l'appartamento. Dal salotto, Kidd imprecò coloritamente. – Che cazzo hai fatto, stronzo?

Law ridacchiò, tornando indietro. Essendo ancora pomeriggio, almeno la casa non era precipitata nel buio più totale: però un silenzio così Law non lo sentiva da chissà quanto tempo. Soddisfatto, si sedette di nuovo sulla sua poltrona e riaprì il libro. Non ci volle molto prima che se lo vedesse volare via dalle mani, sequestrato da un Eustass Kidd alquanto incazzato. – Non avevo salvato! E stavo quasi per superare il quinto livello! – lo aggredì, ergendosi sopra di lui.

Law si limitò ad inarcare un sopracciglio, senza curarsi di nascondere un piccolo sorriso beffardo. – Non so di cosa tu stia parlando, mi spiace.

Kidd, ovviamente, non se la bevve, anzi: si arrabbiò ancora di più. – E c'era anche il computer acceso, in camera! Stavo scaricando un aggiornamento, Trafalgar! Se proprio dovevi fare lo stronzo potevi staccare la spina della tv!

– Sì, come l'ultima volta, giusto? Mi hai immobilizzato sul divano prima che ci arrivassi. E saresti così cortese da smettere di urlare? Non credo che ai nostri adorati vicini faccia piacere essere svegliati i tuoi toni soavi. – fece notare, dal momento che quella settimana i signori della porta accanto avevano già bussato alla loro porta tre volte. Era quasi record.

– Non me ne frega un cazzo, Trafalgar! Possibile che tu debba sempre rompere i coglioni? E poi, io non ti giudico per come passi il tuo tempo libero. Leggi. Se ti bruciassi uno o due di questi cosi come reagiresti, eh? – minacciò, sventolandogli sotto il naso il libro che Law stava leggendo. Quello non si disturbò nemmeno a cercare di prenderlo, ben consapevole che le doti atletiche di Kidd superavano di gran lunga le sue. Era nel carattere che gli era superiore, ricordò a se stesso. – “Città di carta”. – Lesse Kidd, squadrando la copertina del libro con aria critica. – Che è, un libro per bambini?

Ti sarei grato, – scandì bene Law, approfittando del momento per strappargli di mano il libro, – se la smettessi di agitarlo come se potesse uscirne fuori qualcosa. Le parole sono tutte attaccate alle pagine: l'unica è leggerle, Eustass-ya. – lo informò, sogghignando. – Comunque è un buon libro.

Kidd sbuffò, sprezzante. – Una città di carta, certo. In cui abitano tanti bei bambini di carta che giocano con i loro giochini di carta, magari?

– Ci siamo quasi. – sorrise Law. – Ci sono due concetti di “città di carta”: il primo, quello più concreto, è una città che esiste solo sulla carta. Cioè, una specie di pseudo-quartiere costruito e mai abitato, come una città fantasma. Non sono rari, in America. – spiegò Law, scrutando Kidd alla ricerca di una qualche reazione.

L'altro si limitò a sbuffare, ma Law lo intuiva che in realtà era interessato. – Pseudo-quartieri. Leggi un libro sugli pseudo-quartieri. Insomma, wow. Vale sicuramente la pena di spegnermi la play e il computer, come no.

– C'è anche un altro significato, però. – continuò Law, carezzando sovrappensiero la copertina del libro. – La città di carta piena di persone di carta, solo due dimensioni. Persone vuote, che fanno quello che fa il gregge, quello che piace. Insomma, se cerchi di guardarle da un'angolazione diversa, ecco che scompaiono. Le città che ospitano solo persone di carta sono città senza significato, piatte. La protagonista del libro capisce di vivere in una “città di carta” e decide di fuggire. L'altro protagonista, innamorato pazzamente di lei, la cerca con ogni mezzo pur di ritrovarla. Ora ha appena scoperto che lei è fuggita in uno pseudo-quartiere poco lontano da dove abitavano, e...

– Cioè, da una città di carta all'altra? Non è un po' un controsenso? Cioè, a meno che non intenda... oh, smettila di guardarmi come se stessi per dire una cosa stupida! – esplose, notando l'espressione di Law.

– No, ti prego, continua. Secondo te perché Margo -è il nome della protagonista- è scappata da una città di carta metaforica verso una città di carta vera e propria? – chiese Law, le mani incrociate sotto il mento. Kidd non era proprio sveglio, ma capitava che anche lui avesse i suoi sprazzi di lucidità, ogni tanto.

Quello si limitò a sbuffare, incrociando le braccia. – Se te lo dico... ma tu non ridere, eh? Insomma, se te lo dico mi fai giocare alla play?

Law si portò molto melodrammaticamente una mano al petto. – Hai la mia parola. – assicurò.

Kidd alzò gli occhi al cielo, poi iniziò il suo ragionamento. – Se n'è andata in un posto dove una città di carta diventa vera. – spiegò con fare altezzoso. – Probabilmente si sentiva una... com'è che avevi detto? Ragazza di carta, tipo, e ha pensato: “Laggiù c'è una città di carta che però non è fatta di carta, insomma, è in tre dimensioni come tutte le città del mondo. Se ci vado, io, piccola e innocente ragazza di carta, potrei riuscire ad avere tre dimensioni, a sentirmi completa. Se ce l'ha fatta una città di carta, perché io no?” Ok, smettila di guardarmi così e riattacca la corrente! – ordinò. Perché ovviamente attaccare e staccare la corrente era quel tipo di cosa che faceva sempre Law, e c'erano discrete possibilità che lui non sapesse neanche dove si trovava il centralino.

Il moro ridacchiò. – Teoria interessante. E tu, piccolo e intuitivo Eustass-ya, ti sei mai sentito un ragazzo di carta? – domandò mentre si alzava in direzione del centralino. Ogni promessa è debito, in fondo.

Kidd sbuffò, sollevando il mento. – Io? Ti sembro una persona piatta, io? Ti sembro incompleto o cosa? – Law dovette riconoscere che, a parte una bella fetta di materia grigia, a Kidd non mancava poi granché.

Da qui le urla proseguirono vivaci e allegre per quasi un quarto d'ora, finché Kidd non sbottò: – Ma lo vedi che è sempre così? A te piace leggere e a me piacciono i videogiochi. Tu studi medicina e io ingegneria. A te piace l'inverno e a me l'estate. – Law alzò gli occhi al cielo nella sua tipica espressione di “non-posso-credere-che-tu-abbia-ancora-tirato-fuori-quest'argomento”, ma Kidd proseguì imperterrito, come faceva sempre. – E non alzare gli occhi al cielo! È difficile trovare due persone più diverse di me e te su tutta la faccia della terra, e tu ancora ti ostini a far saltare la corrente quando... – se l'era proprio legata al dito, eh!

La sua filippica tanto accorata e convinta fu interrotta però dallo squillare del campanello. – Aspettavi qualcuno? – chiese Kidd, dubbioso.

Law scosse la testa, gemendo piano. – L'hai fatto di nuovo. – lo accusò. – Quattro in una settimana, ed è solo venerdì! Lo sai che è record, vero?

Andò alla porta con un tiratissimo sorriso di circostanza, pronto ad aprire ai loro fastidiosissimi vicini di casa. – Buongiorno! Qual buon vento vi porta qui? – chiese, gentile. Poteva sempre essere che avessero, che so, finito il sale o cose del genere, non c'era bisogno di essere poi tanto negativi, in fondo.

– Non se ne può più delle vostre continue grida! – esplose invece la vecchina, roteando quasi pateticamente il suo piccolo bastone.

Il marito le diede manforte. – Riferiremo ogni cosa alla prossima riunione del condominio, statene certi: avervi qui è impossibile, sono le due del pomeriggio! C'è chi cerca di dormire, che diamine!

Riflettendo sulle probabilità di sentire un'altra volta nella sua vita l'espressione “che diamine” -abbastanza rare, peraltro-, Law quasi non si accorse che Kidd aveva, come di suo solito, preso l'iniziativa. Con effetti anche abbastanza disastrosi. – Non è colpa nostra se avete la mania di rompere le palle, questa è casa nostra e abbiamo tutto il diritto di... – iniziò, infervorato.

– Cerca di tacere, una buona volta, Eustass-ya. – lo redarguì Law con una gomitata nelle costole. Aveva come la sensazione che, tra i due, i vicini preferissero lui -che c'entrassero qualcosa le sue maniere, o la sua non-propensione ad urlargli addosso?-, quindi di norma riteneva più saggio lasciare che Kidd stesse zitto, in casi come quelli.

– Siete solo due persone di carta. – mugugnò però Kidd, stupendo Law prima di tutti. Insomma, Kidd aveva davvero... sorrise: appena lo finiva, doveva assolutamente fargli leggere quel libro. Effettivamente i loro vicini non erano quel che si dice persone a tutto tondo, visto che sembravano solo in grado di lamentarsi e fare sempre le stesse cose, giorno dopo giorno. Piatte. Forse Kidd aveva ragione, dopotutto... e Law sentì l'impellente bisogno di baciarlo proprio lì, sulla porta, davanti ai loro vicini bigotti e noiosi. Scosse la testa, deciso: i due stavano ancora parlando, e Law fece uno sforzo per ascoltarli. – … Non capisco neanche perché stiate ancora insieme, visto che non fate che litigare da mattina a sera. – Law non poté fare a meno di notare quanto esitanti fossero nel pronunciare le parole “stare insieme”. Che cosa temevano, che anche solo accennare alla loro peccaminosa e sporca relazione fosse un danno per le loro lingue così caste e buone? – Siete così diversi, non solo esteticamente, anche di carattere! Ce ne siamo accorti, eh: siete diversi in tutto, due opposti, praticamente! Non c'è mai una cosa che vada bene ad entrambi, e...

Ma Kidd già non li ascoltava più. – Signora, su questo mi trova perfettamente d'accordo. – esordì, sfoderando uno di quei ghigni che facevano presagire uragani e terremoti. – Glielo dico sempre anch'io, a questo stronzo, che siamo fin troppo diversi. Ma la sa una cosa? Per quanto coglione possa essere non è una persona di carta, e neanch'io lo sono. – affermò, orgoglioso. Law per poco non svenne, visto e considerato che quella era la cosa più carina che Kidd gli avesse mai detto da sobrio. – E ogni volta che tiro fuori l'argomento del “siamo-fin-troppo-diversi”, che lui personalmente detesta, mi tira sempre fuori la solita, vecchia storia. – Lo prese per un braccio e lo tirò a sé, assalendo la sua bocca in quello che le più ardite congetture avrebbero definito “bacio”, ma che somigliava più ad uno scontro tra Titani. Quando ebbero finito -e ci volle un po', visto che anche Law non aspettava altro da circa dieci minuti-, Kidd ghignò davanti agli sguardi disgustati e vagamente atterriti dei due coniugi. – Sapete cosa mi dice tutte le volte? “Non rompere, Eustass-ya. – fece, imitando rozzamente il tono di voce strascicato e ironico di Law. – Lo sai: gli opposti si attraggono, no?”

Law iniziò a baciarlo sul collo, ghignando. – Allora mi ascolti, ogni tanto.

Kidd chiuse la porta con uno schianto, togliendosi dalla vista i loro vicini con la bocca spalancata. – Solo quando non ho niente di meglio da fare. – precisò, mentre ancora avvinghiati si muovevano a tentoni verso il letto.

– Se facciamo troppo rumore disturberemo quelle povere persone di carta. – fece notare Law quando, già completamente nudi, stavano per iniziare a darsi da fare nel loro grande letto matrimoniale.

Kidd ghignò. – Sai, ho come la sensazione che per un po' smetteranno di disturbarci.

E mentre, ridendo, ricominciavano a baciarsi ancora più affamati di prima, giunsero insieme alla stessa conclusione: non importava quanto diversi potessero essere, né quante volte potessero litigare. Due dalle personalità opposte come loro si sarebbero sempre attratti, qualunque cosa fosse accaduta, qualunque ostacolo si fosse presentato sul loro cammino.

In fondo, chi se ne importava di quello che pensava la gente? Non erano mica fatti di carta, loro.


































Angolo autrice:
Ok, è che Kidd e Law stanno bene dovunque, ecco. Il libro di cui parla Law esiste davvero, si chiama "Città di carta" ed è scritto da John Green, il Grandissimo e Assolutissimo Genio che se n'è già uscito con capolavori quali "Colpa delle Stelle", "Cercando Alaska" e così via. "Città di Carta" mi piace perché è vero, frizzante, originale e per l'idea delle persone di carta. Che, andiamo, è fenomenale. Ho cercato di rendere al meglio i personaggi di Kidd e Law, perché se c'è una cosa che so su di loro è che non sono persone di carta, proprio no.
Spero che la storia vi sia piaciuta, un bacione a tutti quelli che leggeranno e recensiranno!
Vostra
Emma ^^
  
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