Della serie 'Mai 'na gioia' xDDDDDD
Spero di non aver reso Haruka ooc ma ho cercato di immaginare con tutta me stessa come avrebbe potuto reagire un ragazzo introverso. Con la speranza di non aver esagerato, ringrazio in anticipo chi leggerà <3
A un palmo di distanza
RATING: verde-giallo;
GENERE: angst, introspettivo;
PERSONAGGI: Haruka e Makoto;
COPPIE: shounen-ai MakoHaru;
AVVERTIMENTI: un pò di angst
Si dice che il periodo dei propri venti anni sia il momento più bello nella vita di un ragazzo. Si è giovani, pieni di energie, con la voglia di conquistare il mondo e far sentire la propria voce.
Haruka non si riconosceva in quella descrizione. Erano già passati due anni dal suo diploma e, come era ovvio che fosse, aveva accettato la proposta di un talent scout di continuare a nuotare anche a livello professionistico. Non aveva dovuto nemmeno trasferirsi: la piscina dove si sarebbe allenato era situata in una cittadina confinante con Iwatobi, dieci minuti di treno all’andata e dieci al ritorno erano un prezzo più che accettabile da pagare per avere la possibilità di nuotare per tutto il giorno, anche in inverno.
Makoto, contrariamente alle aspettative del moro, non l’aveva seguito, anzi, era andato a vivere a Tokyo per frequentare la prestigiosa università della capitale. Voleva diventare insegnante, diceva, e sarebbe ritornato a casa una volta ottenuto il diploma di laurea. I due si erano salutati in modo brusco, o meglio, era stato Haruka ad ignorare alla cena di commiato l’amico d’infanzia poiché offeso. Makoto aveva tradito sia lui che l’acqua. Il suo senza di te nuotare non ha senso era finito nel cesso una volta che il dorsista aveva deciso di continuare gli studi mettendo da parte il nuoto.
E così Haru aveva iniziato a vivere una vita priva della presenza costante del suo migliore amico. I due avevano continuato a sentirsi via mail (o meglio, era Makoto a scrivere lunghi messaggi al moro ricevendo, però, solo risposte asettiche) ma non si erano mai chiariti del tutto. Haruka non lo voleva fare. Percepiva ovviamente i tentativi di riavvicinamento e riappacificazione da parte dell’amico ma un blocco che pesava all’altezza del proprio stomaco gli impediva di lasciarsi andare scrivendo all’altro tutto quello che provava, la sua sensazione di solitudine, la grande voglia di tornare alla vecchia routine.
E poi il crollo.
Si stava facendo cronometrare i cento metri stile libero (continuava a non essere interessato ai propri tempi ma, a livello agonistico, non poteva più permettersi di nuotare come aveva sempre fatto normalmente) e, una volta raggiunto il traguardo, dopo essersi tolto la cuffietta come al suo solito scuotendo via dalla testa alcune gocce d’acqua fastidiose, alzò lo sguardo verso il blocchetto di partenza vedendo semplicemente l’allenatore fermo in piedi che gli dava consigli su come migliorare di più la propria performance. Nessuna mano aperta per aiutarlo ad uscire fuori dall’acqua. Nessun sorriso gentile pronto ad accoglierlo. Nessuna voce familiare che diceva: ‘Ottimo lavoro Haru!’
Si avventò di corsa contro le scalette della piscina e si diresse nello spogliatoio ignorando i richiami del master. Si vestì il più veloce possibile, senza farsi alcuna doccia, e prese a correre verso la stazione dei treni della cittadina. Una volta a casa, prese carta e penna e provò a scrivere una lettera. Buttò via cinque fogli prima di riuscire a mettere per iscritto tutto quello che provava in quel momento.
‘Makoto,
tu sai quanto sia difficile per me aprirmi ed esprimere liberamente quello che vuole il mio cuore. Forse scrivere mi aiuterà a fare tutto ciò; non ridere di questa lettera e non provare a dire che era più rapida e comoda una mail.
Scusami, scusami, scusami.
Non volevo essere così freddo con te. È che non sopporto più questa lontananza. Non è una questione di abitudine o di routine, mi manca veramente la tua voce che chiede di entrare in casa dalla porta sul retro mentre io sto facendo il bagno, mi manca il tuo modo di capire i miei pensieri e di anticipare i miei gesti, mi manca la tua mano che mi solleva dall’acqua dopo una stancante giornata di allenamenti. Mi manchi tu. Non pretendo assolutamente che tu torni a Iwatobi per stare con me; tu devi seguire i tuoi sogni e non sarò di sicuro io a impedirti di realizzarli. So che devo essere paziente, che manca solo poco più di un anno alla tua laurea ma credo di aver raggiunto il limite.
Non tornare assolutamente a casa! Il mio è solo uno sfogo. Volevo solo che tu sapessi quello che provo realmente perché ho paura che la lontananza ti impedisca di leggermi dentro come eri solito fare quando ancora abitavamo l’uno a distanza di cinque minuti dall’altro. Tutto qui. Spero che questa lettera ti arrivi presto.
Che non ti venga in mente di prendere il primo treno per Iwatobi una volta lette queste parole.
Te lo dico di nuovo: non tornare per favore.
Stammi bene.
Haruka’
Quel sabato Haru sentì bussare alla porta di casa ma, trovandosi nella vasca e non avendo voglia di uscire fuori dall’acqua, decise di ignorare la visita. Qualche minuto dopo percepì la porta dell’uscio sul retro aprirsi con il solito rumore irregolare e il cuore gli si fermò in petto. Il suono di quei passi familiari, poi, lo rese irrequieto ed emozionato nello stesso momento.
‘Haru, posso entrare?’ disse Makoto dall’antibagno. Nessuna risposta. Il dorsista percepì il nervosismo dell’amico ma decise di aprire ugualmente la porta. Haruka era seduto dentro la vasca, di profilo, la testa bassa per evitare il contatto visivo. Makoto sorrise.
‘Haruka, esci dall’acqua per favore’ dichiarò il ragazzo tendendo la mano al proprio amico. Il moro guardò di soppiatto il gesto dell’altro e il peso che aveva sullo stomaco svanì in un istante. Si aggrappò a Makoto in uno degli abbracci più sentiti che avesse mai fatto e si sentì ancora più leggero quando l’amico ricambiò quella stretta con tutta la forza che aveva in corpo. I sentimenti di uno passarono nel cuore dell’altro in una sorta di osmosi dell’animo. Non c’era più bisogno di parlare.