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Autore: LeFleurDuMal    12/09/2008    11 recensioni
Si tratta di un trittico sull'assenza di Camus e il lutto di Milo, nel periodo compreso dalla morte di Aquarius all'Undicesimo Tempio e il suo ritorno come Specter di Hades.
Tre parti: ognuna delle quali simboleggia una delle tre fasi alchemiche di rinascita - Albedo, Rubedo, Nigredo - ognuna ambientata in una diversa parte della giornata, a prenderne il colore. Tutto sul suono delle cicale e dei grilli, che - si dice - richiama gli spettri meditarranei.
Tutti i versi ad inizio capitolo sono di autori francesi, in omaggio alla francesaggine di Camus. Per quanto io presuma che di francese Aquarius non sappia nemmeno una parola. <3
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il canto delle cicale

Nigredo

 

 

 

 

 

Corri leggero, pettinatore di comete!
La tua chioma sarà erba nel vento:

sgusceranno dal tuo occhio allucinato

prigionieri di povere teste, i fuochi fatui…

Ti crederanno morto, questi stupidi.

Corri leggero, pettinatore di comete.

Tristan Corbière, Morticino per ridere

 

 

 

Lo aveva sentito così chiaramente che aveva tremato, nel silenzio notturno. Milo si era girato di scatto, in un fluttuare del mantello, e si era sentito nudo e scoperto nella luce tenue della luna che filtrava nel Tredicesimo Tempio, disarmato come quella bambina dea che aveva accanto, appena svegliata da un incubo. Quel breve lampo del Cosmo, freddo in modo dolorosamente familiare, Milo l’aveva sentito come si sente bruciare uno schiaffo; quel bagliore fiero come di neve, a tormentare il suo spirito riarso.

Lo aveva riconosciuto.

E’ da molto che mi aspetti?

Aveva sperato si trattasse di un sogno, un’impressione falsata, perché quel Cosmo era sporco di tenebra; si era detto che doveva essere colpa dei grilli e delle cicale, che cantavano tutto il giorno e tutta la notte. Incantato e incantevole quel canto. Ingannevole. Le sirene degli alberi e dei frutteti. Spettri.

Se lo era detto, ma non era riuscito a convincersi.

 

“E’ da molto che mi aspetti?”

“Non da molto, no”.

“Mi sono fermato all’uliveto. Quello accanto all’Arena. Dove mi hai trovato la prima volta, ti ricordi? Quando abbiamo giocato da bambini”.

Camus sorrise.

 

Camus era scivolato a terra ansimante, dopo lo sforzo dell’Athena Exclamation, sotto il peso della fatica e del Tempio che era crollato, sotto lo sguardo feroce di Scorpio.

L’aveva trafitto, quello sguardo, e Camus aveva nascosto il volto sotto una pioggia di capelli rossi. Aveva udito distintamente il veleno delle parole di Milo, perché tra tutti i sensi era l’udito che Shaka gli aveva lasciato. Era stato crudele, Shaka di Virgo. Di una crudeltà raffinata.

Così Camus poteva ascoltare il veleno delle parole di Milo e il canto sinistro degli spettri nella notte e nei frutteti, con l’unico conforto del mare sulla risacca e del suo ritmo lento.

Quel canto si sente di notte. Si sente nel crepuscolo, nel meriggio. Si infila molto piano tra gli uliveti e i santuari e convince, molto piano, della verità di tutte le leggende in cui si crede.
Milo – che lo aspettava da tanto – lo afferrò per le spalle e lo caricò sulle proprie.
Rudemente, senza mostrare riguardo per quel corpo amato e martoriato. Senza lasciare, tuttavia, che alcuno potesse avvicinarvisi all’infuori di lui.

La luna era immensa, come se fosse molto, troppo vicina alla terra; come se potesse, ad un tratto, divorarla e inglobarla nella luce malata e lattiginosa.

In quella luce stregata erano giunti gli specters, inguainati in un’armatura nera.
Era una notte fitta di tenebra. Le ombre si addensavano tra i gradini, negli uliveti deserti e pieni di cicale, masserie e solitari santuari. Era una notte che non aveva reso sereno il sonno di Athena e lei aveva voluto Milo di Scorpio al suo fianco, al Tredicesimo Tempio.

Come una bambina terrorizzata dai fantasmi.

Dolcemente, nel buio, entrambi avevano sentito quel canto dolce e metallico, quel frinire beffardo e solenne. Sirene dei boschi e dei frutteti, le cicale: annunciavano gli spettri e ti incantavano per loro. Bisognava continuare a camminare, a discutere come se niente fosse.
Athena poi si era svegliata di soprassalto: gli spettri erano arrivati.

Gli spettri si sentono di notte. Si sentono nel crepuscolo, nel meriggio. Si infilano molto piano tra gli uliveti e i santuari e convincono, molto piano, della verità di tutte le trepidazioni in cui si crede.

Dalle stanze della dea, Milo era sceso fino al Tempio della Vergine e se li era ritrovati davanti: Shura dal viso scuro e turbato, Saga dagli occhi lucenti – l’unico a cui Shaka di Virgo li aveva lasciati – e Camus dagli occhi spenti.

Camus senz’ombra, lì, nella tenebra.

Camus.

“Interessante,” aveva detto Scorpio, sprezzante mentre li sfidava. Ma dentro aveva tremato.

 

 “Mi manchi, Camus. Mi manchi da morire”.

Perché glielo diceva adesso, che era lì davanti a lui?

“Mi manchi da morire”.

 

Adesso che lo aveva sulle spalle e correva, con il peso familiare, il calore strano della sua pelle – d’amante morto che ha fatto ritorno, inaspettatamente – e i capelli rossi mischiati ai suoi, era molto più difficile, per Milo.

Più difficile di quando l’aveva avuto davanti alla Sesta Casa, a ripetere i movimenti che egli stesso produceva, come fosse davanti ad uno specchio oscuro, senza espressione.

Milo da bambino aveva ascoltato molte storie di spettri che appaiono nella bruma, nelle notti di luna, allora si era concentrato. Era rimasto cosciente solo della propria posizione accanto ad Aioria, amico di infanzia e di sempre, e a Mu, in ginocchio; del rosario di Shaka che si muoveva nella sua mano, ondeggiando al ritmo delle cicale.  Aveva guardato in faccia i tre amati traditori ritornati, pregando che nessuno di loro fosse chi dichiarava di essere. Gli spiriti che appaiono nella bruma, nelle notti stregate, possono prendere le sembianze che desiderano, al canto dei grilli.

Milo si era trastullato con quell’idea, pur sapendo quanto la verità fosse diversa.

Lo aveva sentito, Camus lo spettro, appena aveva messo piede al Santuario.

E’ da molto che mi aspetti?

Lo aveva sentito così chiaramente che era sobbalzato, nel silenzio notturno della Tredicesima Casa, con la luce tenue della luna che entrava e una bambina dea accanto: quel breve lampo del Cosmo, freddo in modo dolorosamente familiare; quel bagliore fiero come di neve, a tormentare il suo spirito riarso. Aveva sperato si trattasse di un sogno, un’impressione falsata, perché quel Cosmo era sporco di tenebra; si era detto che doveva essere colpa dei grilli e delle cicale, che cantavano tutto il giorno e tutta la notte. Incantato e incantevole quel canto. Ingannevole. Le sirene degli alberi e dei frutteti. Spettri.

Mi manchi, Camus.

Lo aveva sentito e aveva sperato si trattasse di Hyoga, giovane nuovo pupillo che con i suoi fratelli era giunto ai templi.

Non è stato invaso il Santuario, mai.

Aveva sperato si trattasse di Hyoga, che sporcava di buio il proprio Cosmo per fargli uno stupido scherzo da bambini.

Non c’è mai stato il tuo sacrificio, un attacco troppo gelato che ha violato la tua Casa, nessun inganno ci ha dimezzato.

Perché se fosse stato davvero Camus, avrebbe dovuto…

La tua vita e la mia non sono mai state interrotte da una Polvere di Diamanti.

…avrebbe dovuto ucciderlo. Giustiziarlo di persona per quell’alto tradimento.

Nessuna mia bestemmia è salita al cielo come una preghiera

Invece era Camus. Era Camus davvero. Il suo Camus.

Serrò le labbra e aumentò l’andatura sui gradini di marmo gelido e lunare invocando la pulizia totale e la dea Athena

e la dea Athena ha soccorso anche te sulla soglia dell’Undicesimo Tempio.

lasciando andare il Cosmo alle stelle e alle cicale.

Te e tutti i Cavalieri d’Oro caduti che non avevano capito quella beffa di costellazioni.

A quel loro pianto.

 

La corsa sulle scale fu breve, eppure a Camus e Milo parve non finire mai.
Parve anche durare così poco: la luce lattiginosa della luna distorceva le distanze e illudeva i passi.

Durante quella salita, Aioria, anche lui con il suo carico, si voltò più di una volta a guardare Milo nel buio, e Milo ricambiò lo sguardo ostentando serenità, forse troppo fissamente per risultare credibile agli occhi di Leo, amico d’infanzia e di epilogo.

Vieni via di qui, Milo.

Durante quella salita Milo pensò di uccidere Camus prima di giungere alla dea, perché lei non dovesse vederlo in quegli abiti di traditore, o perché lui non dovesse vedere lei.
Se non riusciva a dare spiegazioni a Milo, amante ed amico, che come lui aveva visto quanto straordinario era Hyoga, come poteva darle ad Athena?

Durante quella salita pensò di invertire la corsa e scomparire per sempre, da qualche parte, con il suo fardello dagli occhi spenti e senz’ombra. Furono gli sguardi di Aioria, che di tanto in tanto voltava il viso da sopra la spalla come per richiamarlo e tenerselo vicino, a rompere gli incanti e le seduzioni della sua mente confusa.

Per favore, Milo. Vieni via.

Aioria di Leo, amico di infanzia e di sempre, amico di infanzia e di epilogo.

Esausto su quelle spalle amate, Camus avrebbe voluto spiegare molte cose. Tutte quelle complicate e tremende che erano state intessute come inganno dentro un inganno alle soglie del regno degli inferi. Poteva essere un buon momento per spiegare a Milo, quello: il viso dell’uno era affondato nei capelli dell’altro e i profumi familiari della terra e del mare che giungeva della costa, inducevano alle confidenze. Avrebbe voluto spiegare molte cose, invece non disse niente.

Un po’ perché aveva la bocca sigillata, che Shaka era stato crudele.

Un po’ perché aveva lo spirito suggellato, che Hades è sempre in ascolto.

Più di una volta Milo aveva girato appena il viso verso di lui, premendo la propria guancia contro quella di Camus: la ripetizione involontaria di un gesto tenero che avevano usato spesso, in passato, l’uno con l’altro. Come se sperasse di avere davvero una spiegazione agognata. Come in sogno, verso chissà quale mattino.

Più di una volta, Milo tornò a distogliere lo sguardo, abbassandolo sui gradini.

Al termine di quella salita, ai piedi della dea, Scorpio gettò il proprio fardello a terra, per primo.
Il rumore sinistro del corpo che colpiva il suolo non gli provocò piacere e intensificò il dolore. Ma continuò a guardare avanti a sé, eretto e fiero, forse un po’ troppo fissamente per risultare credibile agli occhi della sua dea.

 

Da terra, con la faccia nella polvere, Camus si accorse di tutto, ma come da un punto troppo lontano per poter fare qualunque cosa.

Athena li aveva guardati, uno per uno, e il suo Cosmo divino non aveva vibrato di risentimento, ma di calore. Qualcuno si era avvicinato e c’erano stati gemiti di sorpresa o di qualcos’altro. La sabbia che il vento trascinava sui marmi, dalla costa, gli sfregiava le labbra. Se le umettò, ma servì a poco. Dov’era Milo? Non lo sentiva. Avrebbe voluto girarsi, ma poi…

Arayashiki.

Saori bambina, Athena divina, squarciò la propria gola in un istante troppo breve che non permise altro che muta sorpresa terrificata; la mano di Saga di Gemini si spinse in avanti febbrile, a cercare l’appiglio dei capelli leggeri nel vento della sua dea in caduta, che non afferrò mai.

Sdraiato sotto la luna, Camus senz’ombra avvertì tutto da un punto molto distante. Vicino c’era solo il canto metallico delle cicale, denso come la notte, fuso con essa.

Bisogna stare attenti, l’incanto degli spettri somiglia a quello dei grilli: fa cadere il vento, addormenta le onde, immobilizza le navi nella bonaccia. Camus lo sapeva, perché glielo aveva raccontato Milo, petto contro petto nei pomeriggi afosi, sotto gli ulivi.

Aquarius si rialzò a fatica, sulle gambe vacillanti, e Saori Athena morì prima di toccare terra. Immediatamente, le cicale tacquero.

Arayashiki.

Per Milo di Scorpio, fu troppo: non emise un gemito, ammutolito dentro per quanto avrebbe voluto ruggire, e afferrò Camus per il collo. Strinse, sollevandolo da terra, con soddisfazione inumana, cattiva.

Traditore di Athena, che giaceva nel sangue.

Traditore di Milo di Scorpio, che voleva ruggire.

Quando aveva avuto davanti i compagni perduti, e Aquarius tra loro, il suo cuore aveva mancato un battito. Un po’ per amore incontrollabile, l’impossibilità di spiegare un desiderio assurdo che invece si avverava.

Un po’ per l’ira vomitata nel ritrovarli nemici. Spettri.

“Interessante,” aveva detto, con spregio. Ma dentro aveva tremato.

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e fu grato alla notte, alla luce pallida della luna che le nascondeva ad Aioria e a Mu. A Shaka che aveva reso ciechi e senza luce gli occhi vividi di Camus, fu grato, Camus che adesso lo guardava senza vederlo, senza implorarlo per liberarsi da quella stretta. Non implorava mai il volto di Camus.

Traditore di Athena e di Milo di Scorpio.

Strinse di più.

Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare chiese aiuto ad un cigno, che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente gli disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda”.

A metà tragitto il cigno sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stato punto dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire il cigno chiese all'insano ospite il perché del folle gesto. "Perché sono uno scorpione..." rispose lui "E' la mia natura.

Essendo nella sua natura, Milo strinse di più.

Poi gli mancarono le forze nelle mani e nel petto. Per qualcosa che disse Mu, forse, o la dea prima di offrirsi al taglio di una lama.

Per lo sguardo di Aioria, probabilmente, in piedi nel vento, che si rendeva conto che non c’erano più Gold Saints e Specter traditori. C’erano Mu, lui e Milo, Camus, Saga e Shura.

E Athena senza vita.

 

 

“E’ da molto che mi aspetti?”

“Non da molto, no”.

Milo invece l’aveva aspettato per tanto tempo: nella canicola del mezzogiorno, in un Tempio troppo caldo, sulla scogliera dietro al Santuario con Aioria, negli uliveti vicino all’Arena.

Lo aveva aspettato senza aspettarlo davvero, perché Camus era morto. E non ci si arrende ai sentimentalismi. Non ci si arrende alle cicale, per Athena.

Ma quel loro canto si sente di notte. Si sente nel crepuscolo, nel meriggio. Si infila molto piano tra gli uliveti e i santuari e convince, molto piano, della verità di tutte le leggende in cui si crede.

In quel modo, e nel viso esangue e sereno della sua dea a terra, la verità frammentata giunse al cuore e alla mente di Milo: un tradimento che non c’era stato, un inganno dentro un inganno ordito alle spalle del re degli inferi. Allora ricadde sulle ginocchia, in un singhiozzo.

Fu il primo.

Ne seguirono altri di dolore, spavento e sollievo. Altri singhiozzi soffocati nel ventre di Camus, la fronte e le labbra premuti crudelmente contro la surplice scura, le proprie mani, dorate, salire come gabbiani bianchi, dispersi, al petto del compagno ritornato.

Gli si aggrappò, come se dovesse dissolversi tra le sue mani da un momento all’altro. Per un attimo, fu come se tutto fosse tornato ad essere com’era e come doveva essere, quando lui e Camus restavano petto contro petto e fronte contro fronte nelle serate tranquille di Atene. Era come se fosse così davvero.

Non è stato invaso il santuario, mai. Non c’è mai stato il tuo sacrificio. Un attacco troppo gelato che ha violato la tua Casa. Nessun inganno ci ha dimezzato. La tua vita e la mia non sono mai state interrotte da una Polvere di Diamanti. Nessuna mia bestemmia è salita al cielo come una preghiera e la dea Athena ha soccorso anche te sulla soglia dell’Undicesimo Tempio. Te e tutti i Cavalieri d’Oro caduti che non hanno capito questa beffa di costellazioni.

Camus, la bocca e lo spirito suggellati, gli occhi ciechi, sollevò le proprie mani, come gabbiani bianchi, dispersi, e le affondò nei capelli di Milo, in silenzio, con l’urgenza di toccarlo trattenuta fino a quel momento.

Abbassò la testa, come se potesse guardarlo.

E anche se non pianse, fu come se lo facesse.

 

 

*O* E’ finita. E’ finita qui. Ne sono felice, perché questo trittico mi stava uccidendo lentamente. Pur di mettergli la parola fine ho saltato un turno di Neve, che tra poco comunque arriva, ma, davvero, non ce la facevo più. La fine è nera, come il Nigriedo crede, ma io penso che ci sia un briciolo di speranza, infondo. Grazie a tutti per avere seguito fin qui. Fin ora questa produzione è quella che mi ha fatto più male, lo dicevo prima ad Aphrodite ( Kijomi )

Dedicata a lei, quindi e al mio Camus ( Ren Chan ) che hanno pianto con me. <3

Ren-chan: No, ti prego, tomolo. Lo sai é__è Ho già sofferto abbastanza çOç  … *abbraccia forte per le lacrime in aeroporto*

SnowFox: é_è tesoro! Mi onori! Quel fazzoletto è esattamente dove volevo che fosse! *O*  Grazie della lettura e delle lacrime! çOç un bacio!

Stateira: Stateira, benvenuta! Grazie della presenza e onorata il doppio, date le premesse. Che dire? Complimenti graditissimi, non hai idea di quanto çOç  …tanto per cominciare spuccia anche Socrate il canino da parte mia: se è stato inondato di lacrime se le merita.  Hai pianto? Eh? Hai pianto? Sono così felice! Vedi, questa cavolo di roba è qui apposta: sono stata in angst MESI a causa della mia stupida empatia con Milo e l’unico modo per liberarsene era questo. Più piangete voi, più sto meglio io! E poi meglio tutti, di seguito. *C* Ah, la catarsi! Qual meraviglia!

Saint Seiya si presta a molte cose ma non ai lieti fini, è vero. Ma ti assicuro che ci stiamo lavorando. Ci stiamo lavorando e lo otterremo, ho giusto un pugno di Cavalieri d’Oro che lavorano con me allo scopo. E – muri del pianto a parte – i Cavalieri d’Oro non soccombono mai, si sa.

Comunque guarda: qui non dico che si concluda alla grande – il seguito da questo punto della serie lo conosciamo tutti e, guarda caso, prevede alla fine proprio un Muro del Pianto – ma almeno si sono visti faccia a faccia. Non è malaccio, dai. Un bacio, cara. Spero di rivederti e farti versare più lacrime di quante tu me ne abbia già regalate. >O<  <3

Malu Lani: *coccola* XDD grazie per la tua attesa e per la voglia con cui l’aspettavi. Sono contenta di dartela con tempi più brevi del solito, questa parte finale, perché volevo davvero finirla e non mi andava di scrivere Neve finchè avevo questa cosa per le mani. Ecco qui, quindi. Ti stringo forte e ti aspetto, intanto. >O<  …non ti preoccupare! Io le recensioni lunghe le adoro *C*

Damaris: Eccoci alla fine, con il Nigredo al suo posto. Sono particolarmente contenta di avere concluso con un Nigredo perché dopo, ciclicamente, è l’Albedo che ritorna. E a questo punto ci vorrebbe proprio. XD  La tua analisi mi ha fatto venire i brividi anche questa volta, inutile dirlo. E adesso aspetto il tuo giudizio con leggero nervosismo, lo confesso: l’inizio e la fine sono le parti più importanti e più difficili di un racconto, quelli che rimangono più impresse nella mente di chi legge. Spero di non avere rovinato tutto alla fine, ecco. ^__-

E’ vero. sono particolarmente orgogliosa della reazione e della crescita di Milo: l’ho trovato molto cambiato dagli episodi del Santuario a quelli dell’Hades e una maturazione è facilmente riconducibile, credo, alla perdita di Camus e all’acquisizione – anche attraverso Camus – di Hyoga. Ed essendo il Gold a me più vicino per emotività e vincoli affettivi, sono contenta se riesco a portare avanti la sua crescita davanti ai fan della serie. XDDD  Lo stesso discorso vale per Hyoga e per Camus, che amo allo stesso modo. Qui Camus torna. E la sua psicologia è la più difficile da indagare, nascosta non solo dalla fredda calma proverbiale – però familiare – ma anche dall’inganno che con gli altri ordisce alle spalle di Hades. Spero di averlo trovato, per quanto poco io l’abbia accennato.

Sono felice che tu abbia apprezzato Veraline: i versi che ho scelto questa volta sono di Corbière, un alto francese che amo da impazzire, quasi quanto amo Rimbaud ( e per me Artie è arrivato all’apice della vetta del Parnaso e ci sgambetta allegramente da anni incontrastato ). Corbière invece entra nel cuore con una dolcezza disarmante e conquista. Delicatissimo, come la notte. Prego che sia adatto all’insieme e il mio non sia solo un matrimonio forzato dettato dal troppo amore. XD

Basta, la smetto qui. XDD Eccoci alla fine, con l’ultima parte, carissima çOç forse la scelta della scena è meno originale delle altre due, ma l’idea di base partiva proprio con questa unica certezza e non potevo tralasciare questo incontro “ufficiale” voluto nella serie. Un bacio e un abbraccio fortissimo, aspettandoti.

Blackvirgo: çOç tu mi onori davvero. I miei giochi retorici mi sono cari, ma sono ben lungi dall’essere perfetti. Ma se servono ad emozionare ne sono più che orgogliosa: grazie per le bellissime parole, davvero. La tua analisi mi ha colpito: io stessa non avevo notato il ripetersi di quegli elementi. Pensa che avevo tralasciato di vedere che perfino la cuspide è scarlatta, quando invece, è uscito un parallelismo forte anche grazie a quello. Ti ringrazio ancora per la tua cura e la tua presenza. Un abbraccio! >O<

Ichigo: quello che mi dici mi riempie di orgoglio, davvero. Se ti ho stordito a tal punto, non posso che esserne felice e rendere merito alla tua sensibilità che ti ha fatta calare tanto nella storia da vivere le mie emozioni. Grazie davvero. >**< Ti lascio con l’ultima parte. Spero che sia all’altezza delle altre due. >O< Qui c’è più di un perdono, c’è un incontro. Nel bene o nel male, siamo alla fine.

EriS_San: Grazie, piccina. çOç Sono contenta che tu abbia amato soprattutto l’abbraccio. L’ho amato anch’io. A questo ritrovarsi di Milo e Hyoga tenevo particolarmente, sai? Mi piace il rapporto che si instaura durante la serie e volevo renderne merito.

Conosco la fanart a cui fai riferimento, è tranquilla e serena nella mia collezione *C*  Non mi sono ispirata a quella direttamente, anche se l’amo moltissimo e ho gnaulato ad una frequenza piuttosto alta quando mi ci sono trovata davanti per la prima volta. Non escludo affatto quindi di averne assimilato l’atmosfera per poi riportarla qui. <3  Sei un’osservatrice attenta.

EvenstanLyra: OH NO! Ma cosa dici?! XDDDDDDD così arrossisco DI PIU’! *C*;;;;  XDDDD Ti assicuro che ogni volta gongolo e mi imbarazzo deliziosamente alle tue parole. ._.; Ti ringrazio davvero tanto.  E sono felice che tu legga anche le altre mie cose, grazie anche per quello. Sono tutte piccole cose, ma ci tengo mostruosamente per il background che c’è dietro ad ognuna delle mie fanfic. Sapere che le apprezzi è graditissimo per me.

La mancanza di Camus l’ho sentita anch’io fin troppo: come dicevo, maledetta empatia con Milo. >_>;;;   …oh! Davvero non ti piace Hyoga? çOç  E’ il mio bronzetto preferito, provo per lui un affetto fuori dal comune… per questo lo ritrovi in giro tanto spesso nelle mie produzioni. XDDD Perdonami XD   

*O* Vai ad Atene! Oh, ma che meraviglia! çOç  *GNAULA* Vai e goditela tutta, di giorno, di notte e ai crepuscoli. Poi torna e raccontami tutto çOç <3 <3 <3  *ci vuole andare anche lei*

PerseoeAndromeda: Oh no! çOç ci tenevo ad una tua analisi çOç  Spero allora in quest’ultimo capitolo!  Intanto grazie per le belle parole. E ti aspetto. Un bacio!

Saorilavigne: Amore mio çOç grazie. Un bacio enorme, tesorino çOç

   
 
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