Capitolo 7
Sherlock non era
a letto quando John si svegliò. Aveva chiamato
il servizio in camera ed era seduto sulla veranda con il carrello e il
computer
portatile sulle ginocchia. John prese un croissant,
sbadigliò un buongiorno, e inciampò
verso la doccia.
Quando ne
uscì, Sherlock gli disse: “Andiamo in
città.”
“Posso
prendere una tazza di caffè prima?” chiese John,
versandosene una.
Sherlock
sospirò pesantemente, come se John fosse l’essere
umano più problematico sulla faccia della terra e
cominciò a tamburellare con le dita sul bancone.
Ripetutamente. Senza fermarsi.
John prese
qualche sorso del suo caffè prima di decidere che
avrebbe fatto prima ad andare in città. “Non
importa.” disse, posando la tazza.
“Puoi comprarmi del caffè quando arriviamo sul
posto.”
“Non
farò niente del genere.” disse Sherlock storcendo
il
naso. “Devo fare shopping quando
arriviamo in città.”
“Sì.
Shopping prendendo del caffè per me.” rispose
John. “Andiamo.”
Sherlock
sembrava distratto mentre guidava. Maledisse gli
altri piloti come faceva di solito, ma era più per abitudine
che per vera
irritazione.
“Cosa
devi comprare, comunque?” chiese John.
Sherlock gli
rivolse un breve sguardo fulminante. “La tua
cena francese, naturalmente.”
“Oh.”
realizzò John. “Non devi davvero cucinarmi una
cena
francese. Stavo solo scherzando la notte scorsa.”
Sherlock
aggrottò la fronte. “Pensi che io non sia in grado
di cucinare francese?”
“Sherlock,
io credo tu possa fare qualsiasi cosa tu voglia. Ma
non è necessario –”
“Bene,
ora stai solo facendo l’indulgente.”
commentò
Sherlock. “Ti piace il dentice rosso?”
“Credo
di sì. Generalmente mi piace il pesce.”
“Perfetto.
Allora dentice alla mugnaia. Questo è quello che
mangeremo per cena.”
John
inclinò la testa e pensò al portatile sulle
ginocchia di
Sherlock quella mattina. “Hai guardato la ricetta su internet
questa mattina?”
Sherlock non
rispose, il che era una conferma sufficiente.
John voleva
ribadire a Sherlock che davvero non c’era bisogno
che cucinasse per lui, ma Sherlock non si toglieva mai
un’idea dalla testa una
volta che aveva deciso, così John decise di ritirare le sue
proteste. Lasciò
Sherlock a contrattare con il venditore dei frutti di mare e
andò a comprare il
caffè dallo stand vicino. Si voltò con il suo
caffè appena comprato e quasi lo
rovesciò completamente ai piedi di Sherlock.
“Gesù.”
esclamò. “Sei determinato a non farmi prendere il
caffè stamattina, non è vero?”
Sorseggiò e guardò la busta di carta che Sherlock
aveva in mano. “Preso il pesce?” quando Sherlock
non rispose, alzò lo sguardo
verso di lui. “Che c’è?”
Sherlock aveva
una strana espressione sul suo volto, rigida e
colpita, e, con sorpresa di John, allungò una mano e lo
tirò verso di sé,
chinandosi a premere la testa nella curva del suo collo. John, il suo
caffè
schiacciato poco piacevolmente tra di loro, sollevò la mano
libera che aveva e
accarezzò la schiena di Sherlock. “Tutto
okay?” chiese, incerto.
“Mi
sono girato e tu non c’eri.”
“Sono
andato a prendere un caffè.” replicò
John. “Te l’avevo
detto.”
“Lo
so. So che lo hai fatto. Tu non c’eri, e ho pensato,
è
andato a prendere il caffè, ti ha detto che
stava andando a comprare il caffè. Ma ugualmente non potevo
– non potevo –”
“Un
respiro profondo, Sherlock.” John lo interruppe.
“Ricordi?
Come ti ho insegnato. Un bel respiro profondo, trattienilo, rilascialo
lentamente. Ok. Proprio così.”
Dopo un momento,
Sherlock lo lasciò andare e fece un passo
indietro, il dispiacere evidente sul suo volto. “Lo
odio.” sputò fuori.
“Lo
so.” disse John, perché era così.
Esitò, incerto se
suggerire di tornare alla villa. Optò infine per chiedere,
in maniera neutrale,
“Abbiamo preso tutto?” difficilmente la cosa era
possibile - Sherlock non aveva
fatto altro che comprare un po’ di pesce - ma pensava che
suonasse meglio di Andiamo a casa
così che tu non abbia un
attacco di panico qui sul marciapiede.
“No.”
disse Sherlock, fermamente. “Continueremo a fare shopping.” e poi
marciò verso il
supermercato.
John lo
seguì, spingendo il carrello e prestando poca
attenzione a ciò che Sherlock stava gettando dentro. Era
occupato a pensare al
fatto che Sherlock ancora non riuscisse a perderlo d’occhio
senza evitarsi una
forte ansia, e su ciò che potesse fare per far sì
che Sherlock si sentisse al sicuro.
John pensò che probabilmente non
c’era nulla che potesse fare, e quella era la parte peggiore.
Ci sarebbe
semplicemente voluto del tempo. E che tutti gli uomini di Moriarty
morissero.
Forse Mycroft se ne stava occupando al posto loro.
John
sbatté le palpebre, diventando improvvisamente
consapevole del fatto che Sherlock avesse appena gettato una confezione
di lubrificante
insieme alla farina, il burro e il dragoncello.
“Uhm.”
fece John, raccogliendolo. “Che cos’è
questo?”
Sherlock, dopo
aver preso un limone, lo guardò. “È
lubrificante, John. Che è esattamente ciò che
l’etichetta dice.”
“Giusto.
Ma...” John si fermò, incerto su cosa dire, il che
era ridicolo perché era un uomo adulto e poteva certamente
chiedere al suo
partner sessuale semplicemente che intenzioni avesse con il
lubrificante.
“Posalo,
se preferisci.” disse Sherlock.
John lo
guardò. Stava armeggiando con il limone che aveva
scelto, a disagio. “Lo stai facendo perché pensi
che sia quello che voglio? O
perché sei tu a
volerlo?”
Sherlock lo
guardò, esasperato. “John, onestamente, pensi
troppo a tutto. Ho pensato che
potrebbe essere utile per una serie di attività, e ho
pensato avremmo potuto
discuterne a casa, ma se preferisci riflettere sulle posizioni sessuali
che più
desideriamo provare nel mezzo di questo supermercato, allora, per
carità, facciamolo
. Pensavo che potrebbe piacermi essere penetrato da te.”
Una donna
anziana che si era avvicinata per esaminare i
limoni lanciò loro uno sguardo e si allontanò
velocemente.
“Oh.”
commentò John, con voce strozzata.
“Ma se
non ti piace l’idea.”
continuò Sherlock.
“No.”
disse John, lentamente. “Non è quello.”
John cercò di
determinare come fare per dire che non l’aveva mai fatto
prima. Non sapeva
perché non riuscisse semplicemente a dire Non
l’ho mai fatto prima.
Sherlock
sospirò e improvvisamente avvicinò una mano,
premendo le dita contro la fronte di John con fermezza, carezzando
leggermente.
“Smettila.” disse.
John
sbatté le palpebre in confusione, diventando un
po’ strabico
nel tentativo di guardare le dita di Sherlock. “Smettere
cosa?”
“Il
tuo volto sta facendo quella smorfia che fa quando inizi
a pensare troppo. Avrai mal di testa entro sera e io ti sto cucinando
la cena e
sarò molto arrabbiato se ti sentirai troppo male per
godertela. Quindi, smettila.”
Sherlock allontanò le dita, e John cercò di
smettere di fare quel tipo di
smorfia, anche se non era del tutto sicuro di cosa intendesse.
“Sei un dottore.”
Sherlock proseguì. “Mi aspetto che tu sia
più capace della media nell’individuare
la mia prostata. Ora, salsa di tabasco.”
Sherlock corse
via, e John rivolse un piccolo sorriso alla giovane
coppia che lo fissava senza ritegno.
“John
Watson, cos’è la tua vita.”
sospirò a se stesso mentre
si girava e seguiva Sherlock.
****
Sherlock lo
aveva mandato sulla spiaggia. Beh, Sherlock lo
aveva mandato fuori dalla villa, ma, dato il momento di panico di
Sherlock,
quella mattina, John aveva deciso di non allontanarsi più
della spiaggia. Era
in realtà un po’ sorpreso che fosse stato
incoraggiato ad allontanarsi, ma
sapeva anche che Sherlock era stato inorridito da quanto velocemente si
era
lasciato prendere dal panico ed era determinato a fare del suo meglio,
e
nessuno era più testardo di Sherlock Holmes.
Così
John sedeva sulla spiaggia con uno dei
libri sul crimine di Sherlock e guardava il
mare e considerava lo stato mentale di Sherlock. John aveva davvero
pensato che
Sherlock era migliorato. I lividi erano quasi tutti sbiaditi adesso, e
aveva preso
di nuovo un po’ del peso che aveva perso. I suoi occhi erano
più chiari e più
luminosi di quanto fossero prima, e rideva un po’
più spesso, e sorrideva più
apertamente. Era ancora consapevole delle cicatrici sulla schiena, ma,
avendo lui
stesso esperienza con le cicatrici, John pensava che non fosse insolito
esserne
così consapevole.
John aveva
davvero iniziato a rilassarsi un po’. Era felice.
Era più felice di quanto non lo
fosse mai stato in tutta la sua vita, lì, con Sherlock, insieme a Sherlock. Aveva dimenticato,
solo un po’, che Sherlock si
stava ancora riprendendo. Stava meglio, pensò John,
sì, ma ancora per nulla
vicino al suo vecchio io. Pensò che avrebbe anche potuto non
raggiungere mai più
il suo vecchio io, ma John si sarebbe anche accontentato di qualcosa
che gli si
avvicinasse.
John si sarebbe
accontentato di uno Sherlock che si entusiasmasse
per qualcosa. C’erano
stati degli sprazzi di quella eccitazione e l’entusiasmo con
cui stava
affrontando la cena era una cosa accolta con gioia, ma ugualmente,
erano lì in
Anguilla già da un po’, e Sherlock non si era mai
lamentato di essere annoiato.
John era lusingato di essere così coinvolgente, ma sapeva
che in realtà non lo
era. Sapeva che un normale Sherlock avrebbe almeno svegliato John ad un
certo
punto per una scopata come distrazione. Sherlock non l’aveva
fatto.
Amava Sherlock
ferocemente, e non voleva fargli pressioni, ed
era molto, molto contento di come le cose erano attualmente, ma in ogni
caso
non poteva fare a meno di provare una punta di rammarico per quello
Sherlock che
sembrava aver perso, lo Sherlock che poteva aver perso per sempre. Non
si era
mai dato una chance con quello Sherlock, e si odiava per
l’occasione persa. Ma pensava
che la cosa valesse per entrambi. Pensava che Sherlock rimpiangesse di
non aver
avuto il John Watson che era stato prima di tutto quello che era
successo tra
loro.
“John?”
arrivò la voce di Sherlock dalla porta della villa.
John si
girò sulla sabbia, socchiudendo gli occhi in alto
verso la villa alla luce morente del tramonto. “Posso entrare
adesso?”
“Sì.”
Sherlock concesse, in maniera adeguata, come se fosse
improvvisamente diventato il maître di un ristorante snob.
John si
alzò, spazzolò la sabbia dalla t-shirt e dai
bermuda
che indossava, e si diresse verso la villa. Sherlock lo aspettava alla
porta, ed
indossava uno dei suoi completi, con la camicia color prugna, che John
non
aveva più visto da, beh, allora.
“Sei
vestito tutto a puntino.” osservò, per la
sorpresa.
Sherlock si
guardò. “Questo è quello che indosso
normalmente.”
“Lo
so, ma, voglio dire...” John si fermò accanto a
Sherlock
e indicò la camicia. “Non la indossavi,
prima.”
“Avevo
l’impressione che fosse la tua preferita.”
spiegò
Sherlock.
John
sbatté le palpebre. “Oh. Sì.
È così, infatti.”
“Allora,”
disse Sherlock, come se dovesse essere tutto
chiaro, “vieni, o si raffredderà tutto.”
John
entrò nella villa, ma fece solo un passo prima di
fermarsi completamente. Perché Sherlock aveva acceso le
candele e le aveva messe
sul tavolo, e c’era un vaso pieno di fiori
freschi, e c’era anche una tovaglia,
di
incontaminato lino bianco. Sherlock girò intorno alla figura
rigida di John,
per raggiungere i bicchieri di champagne sul tavolo, porgendogliene
uno.
“Dove
hai preso
tutto questo?” riuscì a chiedere John.
“Servizio
in camera. Non hai visto arrivare il carrello?”
“Pensavo
semplicemente che stessi barando con il cibo.”
spiegò
John, stordito. “Non pensavo che tu...”
“Io
non baro, John.
Volevi brindare?” Sherlock alzò la flute di
champagne in attesa.
John distolse lo
sguardo dal quadretto ,
tornando verso Sherlock, e disse, stupidamente,
“Oh.” e poi si
riprese abbastanza per dire: “Oh. Sì. A
noi.” tintinnò il bicchiere contro
quello di Sherlock e prese un sorso.
Anche Sherlock
prese un sorso, per poi dire bruscamente: “Ora,
quindi, prendi posto. Ti porterò il tuo piatto.”
John si sedette
e fissò il vaso di fiori e il lume della
candela tremolante. Si sentiva come se la sua mente si stesse muovendo
lentamente. Si era aspettato che Sherlock si rivelasse bravo a
cucinare, perché
Sherlock era generalmente bravo con le cose in cui decideva di essere
bravo, ma
non si aspettava tutto quello.
Sherlock fece
scivolare un piatto di fronte a lui, e John lo
guardò.
“Dentice
rosso alla mugnaia. Insalata di rucola. Pane
francese.” recitò Sherlock, anche se il cibo
sembrava abbastanza
auto-esplicativo per John.
Prese forchetta
e coltello, dicendo: “Grazie. Sembra
delizioso.”
Sherlock si
sedette di fronte a lui con il suo piatto, prese
la sua forchetta e si appoggiò allo schienale della sedia,
incrociando le gambe
e in generale sembrando così freddo, calmo e raccolto che
John pensò, Mio Dio, è
realmente preoccupato per questo.
John prese un
leggero boccone del suo pesce, pronto a
mentire, ma non ne ebbe bisogno, perché era paradisiaco.
Gli occhi di John si chiusero involontariamente, e si sentì
dire: “Oh mio Dio.”
“È
buono?”
John
aprì gli occhi. “Buono? Sherlock, sul serio, come
hai potuto
lasciare che fossi io a cucinare per tutto questo tempo?”
John prese un altro
boccone con entusiasmo. “È... incredibile.
È mozzafiato.
È –”
“È
pesce fritto, John.” disse Sherlock, in tono divertito.
“No,
no, è divino.” corresse John, con la bocca piena.
Sherlock aveva
iniziato a mangiare ora, sembrando più
rilassato. “Sono contento che ti piaccia. Te
l’avevo detto che ne ero capace.”
“Non
l’ho mai dubitato per un istante.”
commentò John, prima
di dire, “Anche l’insalata
è deliziosa.
Sei incredibile.”
Sherlock gli
lanciò un sorriso e mangiò il suo pesce con
molta più delicatezza di John, che lo stava praticamente
divorando. Cosa che
Sherlock notò. “C’è
n’è ancora, se ne vuoi –”
“Sì,
mi piacerebbe averne ancora.” esclamò John
immediatamente,
alzandosi.
Sherlock si
alzò e lo spinse leggermente indietro nella sua
poltrona, prendendogli il piatto e andando in cucina. Strano,
perché
normalmente Sherlock tormentava John affinché portasse via
il suo piatto per lui. Stava
cucinando e si stava mostrando
disponibile.
Sherlock
tornò con più cibo per John, e John
mangiò più
lentamente, in un confortevole silenzio per un po’, gustando
il cibo e la luce
delle candele e il modo in cui Sherlock appariva a lume di candela.
Infine John
chiese: “Che cos’è tutto
questo?”
Sherlock si
prese un secondo per rispondere, sorseggiando il
suo champagne. Poi disse, puntando chiaramente verso la
casualità, “Pensavo che fosse un
appuntamento.”
“Ho
avuto questa impressione, sì.”
Sherlock
sembrò bruscamente sollevato. “Bene.”
“Pensavi
che non me ne sarei accorto? Con le candele e tutto
il resto?”
“Non
sapevo cosa aspettarmi. Non abbiamo mai avuto un
appuntamento, prima.”
“Beh, a parte tutte
quelle volte che Angelo ha messo una candela sul nostro tavolo per
noi.”
“Quelli
non erano dei veri appuntamenti.” Sherlock
sottolineò,
suonando suscettibile mentre infilzava il cibo.
“Lo
so.” disse John, e sfiorò il polpaccio di Sherlock
con il
suo piede a titolo di scuse, il tessuto dei pantaloni che sembrava
decadente e
costosamente morbido contro la sua pelle. “È
bello. Grazie.”
Sherlock si
strinse nelle spalle, ma sembrava contento. Non stava
davvero mangiando, ma John non era sorpreso. L’interesse di
Sherlock nel cibo arrivava
e spariva, e John si aspettava che saltasse un pasto di tanto in tanto.
“Quindi.”
osservò John. “Se ci fossimo incontrati in
circostanze diverse, è questo quello che avresti
fatto?”
“Definisci
le diverse circostanze.”
“Ti ho
incontrato ad una festa.”
“Io
non vado alle feste.”
“Mycroft
ti ha costretto.”
“Mycroft
mi ha fatto andare ad una festa in cui c’eri anche
tu?” Sherlock sembrò dubbioso circa la
plausibilità della cosa.
Naturalmente
Sherlock non poteva semplicemente giocare ad
immaginare, pensò John. Naturalmente Sherlock doveva farlo lavorare per questo. “Era...
una festa in onore degli eroi di guerra.
Quelli feriti in azione.”
“E
perché mai dovrei essere lì?”
“Perché
uno di noi passava informazioni classificate dal
nostro operato in campo e Mycroft voleva sapere chi. Così
dovevi osservarci di
persona.”
“Che
tipo di indizi stavo cercando?”
“Sherlock.”
sospirò John.
“Va
bene, va bene, va bene.” Sherlock agitò la
forchetta. “Quindi
Mycroft mi costringe ad andare a questa festa, sto osservando alcuni
veterani
feriti, e uno di loro sei tu.”
“Io
sono uno di loro.” confermò John.
“Penserei:
che
peccato, sembra essere eterosessuale, mi chiedo se posso manipolarlo
per condividere
un appartamento.”
“E se
fossi stato gay quando mi hai incontrato?” chiese John,
pazientemente.
“Oh,
bene, quello
cambia tutto. Avresti dovuto iniziare con questa premessa da
subito.”
“Mi
dispiace.” disse John, cercando di non apparire
così
divertito come si sentiva, perché Sherlock stava ora
sembrando molto
riflessivo, prendendo improvvisamente l’intero esercizio sul
serio. “Allora mi
avresti chiesto di uscire?”
Sherlock strinse
gli occhi verso John, vedendo chiaramente un
John che stava incontrando ad una festa di fantasia e non il John
seduto di fronte
a lui. “Sì.” disse, lentamente.
“Lo avrei fatto.” e poi, più
decisamente, con
un piccolo cenno, “Sì.”
“E
avresti fatto questo? Mi avresti cucinato una cena a lume
di candela?”
“No.”
rispose Sherlock, meditabondo. “Non ti sarebbe piaciuto.
Sei vecchio stile. Questo è troppo intimo per un primo
appuntamento. Sei privo
di fantasia quando si tratta di prime uscite. Ti avrei al massimo
portato a
cena. Un posto né troppo elegante né troppo
malandato, così che potessi
rilassarti. “
“Te la
saresti tirata deducendo tutti nella stanza. L’avrei
trovato incredibilmente sexy.”
“Ovviamente
sì. Non saresti nemmeno arrivato al budino prima
di proporre di andare da qualche parte per una scopata.”
“Una
scopata? Davvero? Al primo appuntamento? Pensi davvero
che sono quel tipo di uomo?” chiese, scherzosamente.
“Oh,
io ti avrei fatto diventare quel tipo di uomo.” rispose
Sherlock, con fiducia.
“Davvero?
Pensi che mi avresti sedotto con successo al primo
appuntamento?”
“Le
deduzioni avrebbero fatto la maggior parte del lavoro per
me. Hai un’attrazione irresistibile per la mia voce.
Finché avessi continuato a
parlare, avrei continuato a farti girare la testa.”
Sherlock aveva
modulato la sua voce in un timbro più basso in
modo che sembrasse una calda carezza di velluto sulla pelle di John, e
John combatté
contro l’impulso di rabbrividire. Sherlock sapeva,
ovviamente, l’effetto che
aveva; aveva cominciato ad usarlo a letto con una spietatezza
imperdonabile che
John adorava.
“Allora
sei –” John si schiarì la gola e bevve
un sorso di
champagne in modo che non avesse bisogno di guardare Sherlock mentre
sembrava compiaciuto.
“Quindi stai solo puntando a sedurmi con
le deduzioni.” ecco. Meglio. Non un singolo squittio.
Sherlock si
spostò sul suo posto. “Pensi che non possa
farlo?”
Se John doveva
essere onesto, Sherlock lo aveva praticamente sedotto
con le deduzioni quando John era ancora aggrappato alla sua
eterosessualità. Un
John gay non avrebbe avuto scampo. “No, penso che
potresti.” commentò John.
“Comunque,
come ho detto, le deduzioni avrebbero fatto solo
metà del lavoro.” il piede calzato di Sherlock
apparve improvvisamente sulla
sedia, riposando tra le cosce di John. John gli fece automaticamente
spazio pur
essendo allo stesso tempo stupito. “Questo avrebbe fare il
resto.” continuò
Sherlock, e sfiorò con le dita dei piedi la lunghezza del
cavallo di John.
“Oh.”
riuscì a dire John. “Questo
è...” avrebbe voluto che
non fosse ovvio per Sherlock quanto fosse diventato duro e quanto
velocemente fosse
successo, ma il piede di Sherlock era in una posizione molto buona per
valutare
una cosa simile.
Le labbra di
Sherlock si incresparono in uno sporco sorriso
di trionfo. “Certo, il punto
è…” disse, mantenendo la sua voce bassa
e premendo
leggermente con le dita dei piedi. Le mani di John si strinsero a pugno
e si
rese conto che aveva afferrato la tovaglia. “…in
questo momento mi piacerebbe
smettere di parlare delle deduzioni. O dedurre circa le altre persone.
Mi
piacerebbe dirti quanto è elevata la tua frequenza cardiaca
al momento; mi
piacerebbe dirti quanto stai respirando duramente; mi piacerebbe dirti
che stai
attirando l’attenzione del ristorante perfettamente
rispettabile in cui ti ho
portato.” Sherlock si chinò sul tavolo,
l’espressione sul suo volto esasperatamente
casuale quando il suo piede stava facendo quello.
John udì il rantolo strozzato che gli uscì,
incapace di distogliere lo sguardo
dagli occhi chiari e calcolatori di Sherlock. “Mi piacerebbe
dirti…” Sherlock
continuò, la sua voce incredibilmente bassa, tanto che anche
John fece
effettivamente un movimento involontario di reazione “Che hai
gli occhi più
spettacolari che abbia mai visto. Lo sai? Sono molto da te. Chiunque
penserebbe
che sono completamente normali fino a quando non ti si avvicinano e
allora sono
mozzafiato. Vorrei dirti che tutta
quella forza che copri con maglioni senza alcuna pretesa mi ha
distratto in
innumerevoli fantasie quando avrei dovuto pensare ad altre cose. Vorrei
dirti che
voglio quelle mani da chirurgo su di me disperatamente. Allora, cosa ne
dici?” la
voce di Sherlock era un ronzio osceno che lo portava alla deriva, e il
suo
sguardo dalle palpebre pesanti era pieno di promesse.
John non
riusciva a pensare di poter dire qualcosa. La
potenza combinata di quella voce illegalmente sexy di Sherlock e di
quel piede
incredibile gli aveva svuotato la mente.
Sherlock si
ritirò solo un po’, spostando il suo piede da un
contatto diretto, e John si spostò effettivamente in avanti
sulla sedia per riaverlo
indietro.
“Va
bene quello?” chiese Sherlock, con tono vagamente
divertito.
John promise a
se stesso che si sarebbe occupato di
cancellare quel sorriso dalla sua faccia, più tardi.
“È dannatamente spettacolare
e tu lo sai.”
Sherlock
lasciò cadere il piede di nuovo a terra, muovendolo per
infilarlo di nuovo nella scarpa. John sbatté le palpebre, cercando storditamente di
tirarsi indietro dal
baratro, dicendosi che non poteva semplicemente pendere dalle labbra di
Sherlock.
“E
questo,” finì Sherlock, con un sorriso,
“È come ti avrei
sedotto al primo appuntamento.” Sherlock si alzò,
raccogliendo i loro piatti e
chiedendo, innocentemente, “Budino?”
“Budino?”
John riuscì a chiedere, alla fine, quando riebbe la
sua voce sotto controllo.
“Sì.”
Sherlock tornò fuori, con due piatti pieni di dolce.
“Mousse
al cioccolato. Questo è il servizio in camera, non ho fatto
la mousse al
cioccolato da zero.”
“Non
c’è alcuna fottuta ragione che ci farà
mangiare il
budino adesso.” John lo informò, alzandosi in
piedi e tirandolo a sé per un
bacio ruvido ed esigente.
Sherlock
ricambiò solo per un secondo prima di tirarsi
indietro, con gli occhi scintillanti di gioia. “Ma John, la
mousse è deliziosa.”
insistette, mettendo uno dei
piatti sul tavolo e infilando due dita dentro l’altro piatto
prima di metterle
in bocca e con molta attenzione leccare e succhiarle fino a pulirle.
John socchiuse
gli occhi verso di lui. “Ho intenzione di
ucciderti.” decise.
Sherlock rise e
si precipitò fuori dalla sua portata, ma John
lo afferrò facilmente, tirandolo in un abbraccio e facendolo
indietreggiare
allo stesso tempo. “Sei arrabbiato perché ho
barato con il budino?” chiese
Sherlock, prendendolo in giro in maniera civettuola, e John si
meravigliò per
un secondo di quanto fosse splendido quando era giocoso e felice. “Perché
è davvero un eccellente budino”.
“Smettila
di parlare del budino.” intimò John, e lo spinse
sul letto.
Atterrò
con la caratteristica grazia, ancora bilanciando il
piatto con la mousse, e sottolineò: “Questa
è la camera sbagliata.”
John lo
seguì sul letto, cavalcioni e inchiodandolo sul
posto, chinandosi su di lui. “Sei fortunato che
c’è un letto.”
Sherlock
sorrise. “Non hai intenzione di uccidermi.”
“No?”
“Scoparmi,
quella è una storia diversa.” disse Sherlock, e
improvvisamente lanciò una manciata di mousse sul viso di
John.
John
farfugliò, pulendola dal suo volto inelegantemente.
“Idiota.”
disse, e Sherlock ridacchiò, e John lo baciò in
quel momento, pensando, Questo è
il sapore della risata di Sherlock
Holmes. Scommetto che nessuno l’ha mai assaggiato prima.
Il divertimento di
Sherlock morì dopo un attimo, e cominciò a
rispondere al bacio sul serio,
avvolgendo una mano intorno alla nuca di John. John passò la
mano coperta di mousse
sul collo di Sherlock e ruppe il bacio per leccare il sentiero che
aveva
lasciato dietro di sé. La mano di Sherlock si strinse nei
capelli che stavano
crescendo disordinatamente sul collo di John, le sue unghie contro la
pelle,
mentre buttava la testa all’indietro per dare a John maggiore
accesso.
“Ottima
scelta sulla mousse.” dichiarò John, con voce
roca,
leccando via ogni singola macchie di budino dal volto di Sherlock.
“È delizioso.”
“Pensavo
che stessimo smettendo di parlare del budino.” disse
Sherlock nella bocca di John, e poi si girò, baciando John
duramente, premendolo
contro il materasso, le mani che spingevano già via i
bermuda di John. “Il
lubrificante è nell’altra stanza.”
borbottò.
“Non
ci fermeremo per prenderlo.” disse John. “Per amor
di
Dio, potresti toccarmi?”
Sherlock
apparentemente non era più in vena di prese in giro,
perché non fece altro che obbedire, e John gemette e lo
tirò indietro per un
bacio, umido e disordinato. Sherlock si dimenava sopra di lui,
combattendo con
la cintura dei suoi pantaloni e le sue mutande, e John pensò
che gli serviva un
po’ da lezione per indossare così tanti dannati
vestiti tutto il tempo. E poi
John smise di pensare, perché Sherlock
riuscì ad allinearli splendidamente, e
l’attrito di cui era assetato dal
piede di Sherlock gli fece annebbiare la vista ai lati.
“Cristo
Santo.” mormorò, e Sherlock succhiò la
pelle sul suo collo,
e John spinse, ribaltandoli e tenendo ferme le mani di Sherlock sopra
la sua
testa.
Sherlock
sbatté le palpebre verso di lui. Era coperto di
macchie di mousse, lungo il suo viso e i suoi capelli, e la camicia
prugna era
praticamente un disastro, ma John pensò che non era mai
sembrato così
irresistibile. John si chinò, parlando
nell’orecchio di Sherlock. “Pensavo che
fosse la mia forza trattenuta che ti attraeva.” morse il lobo
dell’orecchio di
Sherlock e Sherlock fece un suono trattenuto di piacere. “E
le mie mani su di
te, non era questo che volevi?” John mosse la mano, dando a
Sherlock
esattamente quello che aveva detto che voleva, esattamente come John
ora sapeva
che gli piaceva, esattamente la giusta quantità di pressione
per far sì che
Sherlock inarcasse la sua schiena e chiudesse le palpebre, e John
mantenne il
ritmo, implacabile, perché voleva che Sherlock fosse
completamente sopraffatto
come aveva fatto sentire John quando erano seduti al tavolo.
“John.”
ansimò Sherlock, e chiuse una mano sulla sua maglia
per tirarlo per un bacio.
“È
così che sarebbe andata?” chiese John, i suoi
denti contro
il ridicolmente lussurioso labbro inferiore di Sherlock. “La
nostra scopata da
primo appuntamento?”
“No.”
Sherlock cercò di scuotere la testa e baciare John allo
stesso tempo. “Questo è – meglio
– è –meglio –”
John
tirò la bocca lontano da quella di Sherlock, sentendosi
improvvisamente come se non riuscisse a respirare, come se fosse troppo
per lui
e che se avesse amato Sherlock un po’ di più
allora il suo cuore sarebbe
semplicemente esploso da quanto era pieno. Premette la fronte contro
quella di
Sherlock e ansimò con lui e sussurrò,
“Tu...” ma non sapeva nemmeno cosa voleva
dirgli.
Sherlock disse
il nome di John, disperato e pieno di bisogno,
per lui, volendo lui,
e John accostò la bocca all’orecchio di Sherlock e
disse: “Ti
amo.” e Sherlock ansimò e venne.
E poi, nemmeno
una pausa per riprendere fiato, con la caratteristica
scintilla di energia che sembrava sempre catturarlo dopo un orgasmo,
Sherlock
si avventò su John e lo prese in bocca, e John non ebbe
nemmeno il tempo di rendersi
conto di quanto fosse stato vicino all’orlo
dell’orgasmo finché Sherlock non lo
spinse oltre.
Sherlock
strisciò indietro sul suo corpo e mormorò:
“Ti amo
anch’io.” e lo baciò e sapeva di mousse
al cioccolato e John, e la testa di John
nuotò nella soddisfazione.
Sherlock si
poggiò sul petto di John, infilando la testa
sotto il suo mento, e John si concentrò sulla respirazione.
Una volta che l’aveva
messa sotto controllo, prese in considerazione il fatto che il letto
era
tremendo, e che lo erano anche loro. Probabilmente anche il piumino era
coperto
di mousse al cioccolato. Sherlock aveva portato un’intera
ciotola sul letto con
lui e John non aveva idea di cosa fosse successo ad essa.
Il pensiero che
seguì nella mente di John fu che non gliene
importava un accidente.
Sherlock
posò un bacio sul petto di John e fece per
allontanarsi.
John ciecamente
chiuse una mano sulla camicia di Sherlock e
lo tirò indietro, rifiutando di aprire gli occhi
perché gli sembrava troppo
sforzo. “No.” si lamentò. “No.
Fingi semplicemente che il sesso ti prosciughi così come fa
con tutte le persone normali e accoccolati
con me per un secondo.”
“John,
siamo un disastro.”
“Mmm,
ma è un buon disastro.” John cercò di
infilare la mano
tra i capelli di Sherlock, cosa che sapeva che Sherlock amava, ma i
suoi
capelli erano un arruffato disastro di mousse al cioccolato. Sherlock
era
vanitoso dei suoi capelli. Probabilmente se ne sarebbe lamentato. Sesso
in
doccia, pensò John, e scivolò nella fantasia.
Era mezzo
addormentato quando Sherlock si ritrasse, troppo
addormentato per fare qualcosa di diverso dell’emettere un
acuto suono di
dispiacere.
“Torno
subito.” Sherlock sussurrò.
John voleva fare
una sorta di minaccia su cosa avrebbe fatto
se Sherlock non fosse tornato subito, ma avrebbe richiesto energie,
così si accontentò
di dire la minaccia nella sua testa. Sherlock tornò con un
panno, pulendolo con
tipica efficienza.
“Abbiamo
bisogno di farci una doccia.” disse Sherlock.
“In un
minuto.” John mormorò. Non era sicuro che fosse
comprensibile.
Sherlock
tornò ad accoccolarsi sul suo petto e sospirò, un
suono di felicità pura e assoluta, e John aprì
gli occhi, improvvisamente
sveglio. Perché questo era ciò che Sherlock aveva
voluto per tutto il tempo.
Gli piaceva il sesso, John era abbastanza sicuro che fosse
così, lo iniziava
troppo spesso per far sì che non lo fosse. Ma non era quello
che aveva voluto
da John. Aveva voluto coccole, aveva voluto cene a lume di candela,
aveva
voluto prendere in giro ed essere preso in giro e cadere sul letto
ridendo.
Erano davvero dei desideri di base, e John pensò a come
Sherlock fosse per il
resto del mondo, nei suoi abiti intoccabili e perfettamente tagliati e
il suo
sarcasmo pungente. John pensò che non era sicuro di poter
mai arrivare a far
capire a Sherlock quanto si sentisse onorato nel possedere il dono di
averlo
per come si comportava con lui, in quel modo in cui non era mai stato
con
nessun altro, Sherlock in tutta la sua semplicità e totale
vulnerabilità e la
sua complessità, e John alzò le braccia e le
strinse intorno a Sherlock,
premendolo più vicino che poteva.
“Cosa
c’è che non va?” chiese Sherlock,
sorpreso, dimenandosi
un po’ nella nuova presa.
“Ho
intenzione di amarti per il resto della nostra vita.” John
promise, all’incirca. “Ti farò ridere.
Mi assicurerò che tu non sia mai
annoiato. Ti manterrò al sicuro.”
Sherlock rimase
in silenzio per un attimo prima di scrollarsi
di dosso la presa di John quanto bastava per tirarsi su e allinearsi in
modo da
poter guardare la faccia di John dall’altro. Trascorse un
lungo momento semplicemente
studiandolo, e poi ripeté di nuovo, “Ho intenzione
di amarti per il resto della
nostra vita. Ti farò ridere. Mi assicurerò che tu
non sia mai annoiato. Ti
manterrò al sicuro.”
John gli
lanciò un sorriso. “Beh, tutto fatto allora. Tutto
sistemato.”
E Sherlock
sorrise verso di lui e posò di nuovo la testa sul
petto di John.
Note
della
traduttrice:
Saaaaaalve! Bando alle ciance,
continuo a scusarmi per
il ritardo, purtroppo non so quando e se riuscirò
più ad avere un ritmo
decente, oltretutto i capitoli vanno ad allungarsi e complicarsi.
Fun fact: siamo esattamente a
metà storia! ;_;
Grazie, come sempre, a chiunque
abbia letto e
recensito, anche se non ho più risposto per mancanza di
tempo sono sempre
graditissime! E grazie dal più profondo del mio cuore alla
mia beta PapySanzo89 per tutto.
Alla prossima,
_opheliac