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Autore: earlgreytea68    10/08/2014    5 recensioni
Le lettere sono state scritte, lette e discusse. Ma non significa che le cose si siano risolte. Ancora.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Letters [ traduzione di _opheliac ]'
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Capitolo 7

 

Sherlock non era a letto quando John si svegliò. Aveva chiamato il servizio in camera ed era seduto sulla veranda con il carrello e il computer portatile sulle ginocchia. John prese un croissant, sbadigliò un buongiorno, e inciampò verso la doccia.

Quando ne uscì, Sherlock gli disse: “Andiamo in città.”

“Posso prendere una tazza di caffè prima?” chiese John, versandosene una.

Sherlock sospirò pesantemente, come se John fosse l’essere umano più problematico sulla faccia della terra e cominciò a tamburellare con le dita sul bancone. Ripetutamente. Senza fermarsi.  

John prese qualche sorso del suo caffè prima di decidere che avrebbe fatto prima ad andare in città. “Non importa.” disse, posando la tazza. “Puoi comprarmi del caffè quando arriviamo sul posto.”

“Non farò niente del genere.” disse Sherlock storcendo il naso. “Devo fare shopping quando arriviamo in città.”

“Sì. Shopping prendendo del caffè per me.” rispose John. “Andiamo.”

Sherlock sembrava distratto mentre guidava. Maledisse gli altri piloti come faceva di solito, ma era più per abitudine che per vera irritazione.

“Cosa devi comprare, comunque?” chiese John.

Sherlock gli rivolse un breve sguardo fulminante. “La tua cena francese, naturalmente.”

“Oh.” realizzò John. “Non devi davvero cucinarmi una cena francese. Stavo solo scherzando la notte scorsa.”

Sherlock aggrottò la fronte. “Pensi che io non sia in grado di cucinare francese?”

“Sherlock, io credo tu possa fare qualsiasi cosa tu voglia. Ma non è necessario –”

“Bene, ora stai solo facendo l’indulgente.” commentò Sherlock. “Ti piace il dentice rosso?”

“Credo di sì. Generalmente mi piace il pesce.”

“Perfetto. Allora dentice alla mugnaia. Questo è quello che mangeremo per cena.”

John inclinò la testa e pensò al portatile sulle ginocchia di Sherlock quella mattina. “Hai guardato la ricetta su internet questa mattina?”

Sherlock non rispose, il che era una conferma sufficiente.

John voleva ribadire a Sherlock che davvero non c’era bisogno che cucinasse per lui, ma Sherlock non si toglieva mai un’idea dalla testa una volta che aveva deciso, così John decise di ritirare le sue proteste. Lasciò Sherlock a contrattare con il venditore dei frutti di mare e andò a comprare il caffè dallo stand vicino. Si voltò con il suo caffè appena comprato e quasi lo rovesciò completamente ai piedi di Sherlock.

“Gesù.” esclamò. “Sei determinato a non farmi prendere il caffè stamattina, non è vero?” Sorseggiò e guardò la busta di carta che Sherlock aveva in mano. “Preso il pesce?” quando Sherlock non rispose, alzò lo sguardo verso di lui. “Che c’è?”

Sherlock aveva una strana espressione sul suo volto, rigida e colpita, e, con sorpresa di John, allungò una mano e lo tirò verso di sé, chinandosi a premere la testa nella curva del suo collo. John, il suo caffè schiacciato poco piacevolmente tra di loro, sollevò la mano libera che aveva e accarezzò la schiena di Sherlock. “Tutto okay?” chiese, incerto.

“Mi sono girato e tu non c’eri.”  

“Sono andato a prendere un caffè.” replicò John. “Te l’avevo detto.”

“Lo so. So che lo hai fatto. Tu non c’eri, e ho pensato, è andato a prendere il caffè, ti ha detto che stava andando a comprare il caffè. Ma ugualmente non potevo – non potevo –”

“Un respiro profondo, Sherlock.” John lo interruppe. “Ricordi? Come ti ho insegnato. Un bel respiro profondo, trattienilo, rilascialo lentamente. Ok. Proprio così.”

Dopo un momento, Sherlock lo lasciò andare e fece un passo indietro, il dispiacere evidente sul suo volto. “Lo odio.” sputò fuori.

“Lo so.” disse John, perché era così. Esitò, incerto se suggerire di tornare alla villa. Optò infine per chiedere, in maniera neutrale, “Abbiamo preso tutto?” difficilmente la cosa era possibile - Sherlock non aveva fatto altro che comprare un po’ di pesce - ma pensava che suonasse meglio di Andiamo a casa così che tu non abbia un attacco di panico qui sul marciapiede.

“No.” disse Sherlock, fermamente. “Continueremo a fare shopping.” e poi marciò verso il supermercato.

John lo seguì, spingendo il carrello e prestando poca attenzione a ciò che Sherlock stava gettando dentro. Era occupato a pensare al fatto che Sherlock ancora non riuscisse a perderlo d’occhio senza evitarsi una forte ansia, e su ciò che potesse fare per far sì che Sherlock si sentisse al sicuro. John pensò che probabilmente non c’era nulla che potesse fare, e quella era la parte peggiore. Ci sarebbe semplicemente voluto del tempo. E che tutti gli uomini di Moriarty morissero. Forse Mycroft se ne stava occupando al posto loro.

John sbatté le palpebre, diventando improvvisamente consapevole del fatto che Sherlock avesse appena gettato una confezione di lubrificante insieme alla farina, il burro e il dragoncello.

“Uhm.” fece John, raccogliendolo. “Che cos’è questo?”

Sherlock, dopo aver preso un limone, lo guardò. “È lubrificante, John. Che è esattamente ciò che l’etichetta dice.”  

“Giusto. Ma...” John si fermò, incerto su cosa dire, il che era ridicolo perché era un uomo adulto e poteva certamente chiedere al suo partner sessuale semplicemente che intenzioni avesse con il lubrificante.

“Posalo, se preferisci.” disse Sherlock.

John lo guardò. Stava armeggiando con il limone che aveva scelto, a disagio. “Lo stai facendo perché pensi che sia quello che voglio? O perché sei tu a volerlo?”

Sherlock lo guardò, esasperato. “John, onestamente, pensi troppo a tutto. Ho pensato che potrebbe essere utile per una serie di attività, e ho pensato avremmo potuto discuterne a casa, ma se preferisci riflettere sulle posizioni sessuali che più desideriamo provare nel mezzo di questo supermercato, allora, per carità, facciamolo . Pensavo che potrebbe piacermi essere penetrato da te.”

Una donna anziana che si era avvicinata per esaminare i limoni lanciò loro uno sguardo e si allontanò velocemente.

“Oh.” commentò John, con voce strozzata.

“Ma se non ti piace l’idea.”  continuò Sherlock.

“No.” disse John, lentamente. “Non è quello.” John cercò di determinare come fare per dire che non l’aveva mai fatto prima. Non sapeva perché non riuscisse semplicemente a dire Non l’ho mai fatto prima.

Sherlock sospirò e improvvisamente avvicinò una mano, premendo le dita contro la fronte di John con fermezza, carezzando leggermente. “Smettila.” disse.

John sbatté le palpebre in confusione, diventando un po’ strabico nel tentativo di guardare le dita di Sherlock. “Smettere cosa?”

“Il tuo volto sta facendo quella smorfia che fa quando inizi a pensare troppo. Avrai mal di testa entro sera e io ti sto cucinando la cena e sarò molto arrabbiato se ti sentirai troppo male per godertela. Quindi, smettila.” Sherlock allontanò le dita, e John cercò di smettere di fare quel tipo di smorfia, anche se non era del tutto sicuro di cosa intendesse. “Sei un dottore.” Sherlock proseguì. “Mi aspetto che tu sia più capace della media nell’individuare la mia prostata. Ora, salsa di tabasco.”

Sherlock corse via, e John rivolse un piccolo sorriso alla giovane coppia che lo fissava senza ritegno.

“John Watson, cos’è la tua vita.” sospirò a se stesso mentre si girava e seguiva Sherlock.

****

Sherlock lo aveva mandato sulla spiaggia. Beh, Sherlock lo aveva mandato fuori dalla villa, ma, dato il momento di panico di Sherlock, quella mattina, John aveva deciso di non allontanarsi più della spiaggia. Era in realtà un po’ sorpreso che fosse stato incoraggiato ad allontanarsi, ma sapeva anche che Sherlock era stato inorridito da quanto velocemente si era lasciato prendere dal panico ed era determinato a fare del suo meglio, e nessuno era più testardo di Sherlock Holmes.

Così John sedeva sulla spiaggia con uno dei  libri sul crimine di Sherlock e guardava il mare e considerava lo stato mentale di Sherlock. John aveva davvero pensato che Sherlock era migliorato. I lividi erano quasi tutti sbiaditi adesso, e aveva preso di nuovo un po’ del peso che aveva perso. I suoi occhi erano più chiari e più luminosi di quanto fossero prima, e rideva un po’ più spesso, e sorrideva più apertamente. Era ancora consapevole delle cicatrici sulla schiena, ma, avendo lui stesso esperienza con le cicatrici, John pensava che non fosse insolito esserne così consapevole.

John aveva davvero iniziato a rilassarsi un po’. Era felice. Era più felice di quanto non lo fosse mai stato in tutta la sua vita, lì, con Sherlock, insieme a Sherlock. Aveva dimenticato, solo un po’, che Sherlock si stava ancora riprendendo. Stava meglio, pensò John, sì, ma ancora per nulla vicino al suo vecchio io. Pensò che avrebbe anche potuto non raggiungere mai più il suo vecchio io, ma John si sarebbe anche accontentato di qualcosa che gli si avvicinasse.

John si sarebbe accontentato di uno Sherlock che si entusiasmasse per qualcosa. C’erano stati degli sprazzi di quella eccitazione e l’entusiasmo con cui stava affrontando la cena era una cosa accolta con gioia, ma ugualmente, erano lì in Anguilla già da un po’, e Sherlock non si era mai lamentato di essere annoiato. John era lusingato di essere così coinvolgente, ma sapeva che in realtà non lo era. Sapeva che un normale Sherlock avrebbe almeno svegliato John ad un certo punto per una scopata come distrazione. Sherlock non l’aveva fatto.

Amava Sherlock ferocemente, e non voleva fargli pressioni, ed era molto, molto contento di come le cose erano attualmente, ma in ogni caso non poteva fare a meno di provare una punta di rammarico per quello Sherlock che sembrava aver perso, lo Sherlock che poteva aver perso per sempre. Non si era mai dato una chance con quello Sherlock, e si odiava per l’occasione persa. Ma pensava che la cosa valesse per entrambi. Pensava che Sherlock rimpiangesse di non aver avuto il John Watson che era stato prima di tutto quello che era successo tra loro.

“John?” arrivò la voce di Sherlock dalla porta della villa.

John si girò sulla sabbia, socchiudendo gli occhi in alto verso la villa alla luce morente del tramonto. “Posso entrare adesso?”

“Sì.” Sherlock concesse, in maniera adeguata, come se fosse improvvisamente diventato il maître di un ristorante snob.

John si alzò, spazzolò la sabbia dalla t-shirt e dai bermuda che indossava, e si diresse verso la villa. Sherlock lo aspettava alla porta, ed indossava uno dei suoi completi, con la camicia color prugna, che John non aveva più visto da, beh, allora.

“Sei vestito tutto a puntino.” osservò, per la sorpresa.

Sherlock si guardò. “Questo è quello che indosso normalmente.”

“Lo so, ma, voglio dire...” John si fermò accanto a Sherlock e indicò la camicia. “Non la indossavi, prima.”

“Avevo l’impressione che fosse la tua preferita.” spiegò Sherlock.

John sbatté le palpebre. “Oh. Sì. È così, infatti.”

“Allora,” disse Sherlock, come se dovesse essere tutto chiaro, “vieni, o si raffredderà tutto.”

John entrò nella villa, ma fece solo un passo prima di fermarsi completamente. Perché Sherlock aveva acceso le candele e le aveva messe sul tavolo, e c’era un vaso pieno di fiori freschi, e c’era anche una tovaglia, di incontaminato lino bianco. Sherlock girò intorno alla figura rigida di John, per raggiungere i bicchieri di champagne sul tavolo, porgendogliene uno.

“Dove hai preso tutto questo?” riuscì a chiedere John.

“Servizio in camera. Non hai visto arrivare il carrello?”

“Pensavo semplicemente che stessi barando con il cibo.” spiegò John, stordito. “Non pensavo che tu...”

“Io non baro, John. Volevi brindare?” Sherlock alzò la flute di champagne in attesa.

John distolse lo sguardo dal quadretto , tornando verso Sherlock, e disse, stupidamente, “Oh.” e poi si riprese abbastanza per dire: “Oh. Sì. A noi.” tintinnò il bicchiere contro quello di Sherlock e prese un sorso.

Anche Sherlock prese un sorso, per poi dire bruscamente: “Ora, quindi, prendi posto. Ti porterò il tuo piatto.”

John si sedette e fissò il vaso di fiori e il lume della candela tremolante. Si sentiva come se la sua mente si stesse muovendo lentamente. Si era aspettato che Sherlock si rivelasse bravo a cucinare, perché Sherlock era generalmente bravo con le cose in cui decideva di essere bravo, ma non si aspettava tutto quello.

Sherlock fece scivolare un piatto di fronte a lui, e John lo guardò.

“Dentice rosso alla mugnaia. Insalata di rucola. Pane francese.” recitò Sherlock, anche se il cibo sembrava abbastanza auto-esplicativo per John.

Prese forchetta e coltello, dicendo: “Grazie. Sembra delizioso.”

Sherlock si sedette di fronte a lui con il suo piatto, prese la sua forchetta e si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le gambe e in generale sembrando così freddo, calmo e raccolto che John pensò, Mio Dio, è realmente preoccupato per questo.

John prese un leggero boccone del suo pesce, pronto a mentire, ma non ne ebbe bisogno, perché era paradisiaco. Gli occhi di John si chiusero involontariamente, e si sentì dire: “Oh mio Dio.”

“È buono?”

John aprì gli occhi. “Buono? Sherlock, sul serio, come hai potuto lasciare che fossi io a cucinare per tutto questo tempo?” John prese un altro boccone con entusiasmo. “È... incredibile. È mozzafiato. È –”

“È pesce fritto, John.” disse Sherlock, in tono divertito.

“No, no, è divino.” corresse John, con la bocca piena.

Sherlock aveva iniziato a mangiare ora, sembrando più rilassato. “Sono contento che ti piaccia. Te l’avevo detto che ne ero capace.”

“Non l’ho mai dubitato per un istante.” commentò John, prima di dire, “Anche l’insalata è deliziosa. Sei incredibile.”

Sherlock gli lanciò un sorriso e mangiò il suo pesce con molta più delicatezza di John, che lo stava praticamente divorando. Cosa che Sherlock notò. “C’è n’è ancora, se ne vuoi –”

“Sì, mi piacerebbe averne ancora.” esclamò John immediatamente, alzandosi.

Sherlock si alzò e lo spinse leggermente indietro nella sua poltrona, prendendogli il piatto e andando in cucina. Strano, perché normalmente Sherlock tormentava John affinché portasse via il suo piatto per lui. Stava cucinando e si stava mostrando disponibile.

Sherlock tornò con più cibo per John, e John mangiò più lentamente, in un confortevole silenzio per un po’, gustando il cibo e la luce delle candele e il modo in cui Sherlock appariva a lume di candela.

Infine John chiese: “Che cos’è tutto questo?”

Sherlock si prese un secondo per rispondere, sorseggiando il suo champagne. Poi disse, puntando chiaramente verso  la casualità, “Pensavo che fosse un appuntamento.”

“Ho avuto questa impressione, sì.”

Sherlock sembrò bruscamente sollevato. “Bene.”

“Pensavi che non me ne sarei accorto? Con le candele e tutto il resto?”

“Non sapevo cosa aspettarmi. Non abbiamo mai avuto un appuntamento, prima.”

“Beh,  a parte tutte quelle volte che Angelo ha messo una candela sul nostro tavolo per noi.”

“Quelli non erano dei veri appuntamenti.” Sherlock sottolineò, suonando suscettibile mentre infilzava il cibo.

“Lo so.” disse John, e sfiorò il polpaccio di Sherlock con il suo piede a titolo di scuse, il tessuto dei pantaloni che sembrava decadente e costosamente morbido contro la sua pelle. “È bello. Grazie.”

Sherlock si strinse nelle spalle, ma sembrava contento. Non stava davvero mangiando, ma John non era sorpreso. L’interesse di Sherlock nel cibo arrivava e spariva, e John si aspettava che saltasse un pasto di tanto in tanto.

“Quindi.” osservò John. “Se ci fossimo incontrati in circostanze diverse, è questo quello che avresti fatto?”

“Definisci le diverse circostanze.”

“Ti ho incontrato ad una festa.”

“Io non vado alle feste.”

“Mycroft ti ha costretto.”

“Mycroft mi ha fatto andare ad una festa in cui c’eri anche tu?” Sherlock sembrò dubbioso circa la plausibilità della cosa.

Naturalmente Sherlock non poteva semplicemente giocare ad immaginare, pensò John. Naturalmente Sherlock doveva farlo lavorare per questo. “Era... una festa in onore degli eroi di guerra. Quelli feriti in azione.”

“E perché mai dovrei essere lì?”

“Perché uno di noi passava informazioni classificate dal nostro operato in campo e Mycroft voleva sapere chi. Così dovevi osservarci di persona.”

“Che tipo di indizi stavo cercando?”

“Sherlock.” sospirò John.

“Va bene, va bene, va bene.” Sherlock agitò la forchetta. “Quindi Mycroft mi costringe ad andare a questa festa, sto osservando alcuni veterani feriti, e uno di loro sei tu.”

“Io sono uno di loro.” confermò John.

“Penserei:  che peccato, sembra essere eterosessuale, mi chiedo se posso manipolarlo per condividere un appartamento.”

“E se fossi stato gay quando mi hai incontrato?” chiese John, pazientemente.

“Oh, bene, quello cambia tutto. Avresti dovuto iniziare con questa premessa da subito.”

“Mi dispiace.” disse John, cercando di non apparire così divertito come si sentiva, perché Sherlock stava ora sembrando molto riflessivo, prendendo improvvisamente l’intero esercizio sul serio. “Allora mi avresti chiesto di uscire?”

Sherlock strinse gli occhi verso John, vedendo chiaramente un John che stava incontrando ad una festa di fantasia e non il John seduto di fronte a lui. “Sì.” disse, lentamente. “Lo avrei fatto.” e poi, più decisamente, con un piccolo cenno, “Sì.”

“E avresti fatto questo? Mi avresti cucinato una cena a lume di candela?”

“No.” rispose Sherlock, meditabondo. “Non ti sarebbe piaciuto. Sei vecchio stile. Questo è troppo intimo per un primo appuntamento. Sei privo di fantasia quando si tratta di prime uscite. Ti avrei al massimo portato a cena. Un posto né troppo elegante né troppo malandato, così che potessi rilassarti. “

“Te la saresti tirata deducendo tutti nella stanza. L’avrei trovato incredibilmente sexy.”

“Ovviamente sì. Non saresti nemmeno arrivato al budino prima di proporre di andare da qualche parte per una scopata.”

“Una scopata? Davvero? Al primo appuntamento? Pensi davvero che sono quel tipo di uomo?” chiese, scherzosamente.

“Oh, io ti avrei fatto diventare quel tipo di uomo.” rispose Sherlock, con fiducia.

“Davvero? Pensi che mi avresti sedotto con successo al primo appuntamento?”

“Le deduzioni avrebbero fatto la maggior parte del lavoro per me. Hai un’attrazione irresistibile per la mia voce. Finché avessi continuato a parlare, avrei continuato a farti girare la testa.”

Sherlock aveva modulato la sua voce in un timbro più basso in modo che sembrasse una calda carezza di velluto sulla pelle di John, e John combatté contro l’impulso di rabbrividire. Sherlock sapeva, ovviamente, l’effetto che aveva; aveva cominciato ad usarlo a letto con una spietatezza imperdonabile che John adorava.

“Allora sei –” John si schiarì la gola e bevve un sorso di champagne in modo che non avesse bisogno di guardare Sherlock mentre sembrava compiaciuto. “Quindi stai solo puntando a sedurmi con le deduzioni.” ecco. Meglio. Non un singolo squittio.

Sherlock si spostò sul suo posto. “Pensi che non possa farlo?”

Se John doveva essere onesto, Sherlock lo aveva praticamente sedotto con le deduzioni quando John era ancora aggrappato alla sua eterosessualità. Un John gay non avrebbe avuto scampo. “No, penso che potresti.” commentò John.

“Comunque, come ho detto, le deduzioni avrebbero fatto solo metà del lavoro.” il piede calzato di Sherlock apparve improvvisamente sulla sedia, riposando tra le cosce di John. John gli fece automaticamente spazio pur essendo allo stesso tempo stupito. “Questo avrebbe fare il resto.” continuò Sherlock, e sfiorò con le dita dei piedi la lunghezza del cavallo di John.

“Oh.” riuscì a dire John. “Questo è...” avrebbe voluto che non fosse ovvio per Sherlock quanto fosse diventato duro e quanto velocemente fosse successo, ma il piede di Sherlock era in una posizione molto buona per valutare una cosa simile.

Le labbra di Sherlock si incresparono in uno sporco sorriso di trionfo. “Certo, il punto è…” disse, mantenendo la sua voce bassa e premendo leggermente con le dita dei piedi. Le mani di John si strinsero a pugno e si rese conto che aveva afferrato la tovaglia. “…in questo momento mi piacerebbe smettere di parlare delle deduzioni. O dedurre circa le altre persone. Mi piacerebbe dirti quanto è elevata la tua frequenza cardiaca al momento; mi piacerebbe dirti quanto stai respirando duramente; mi piacerebbe dirti che stai attirando l’attenzione del ristorante perfettamente rispettabile in cui ti ho portato.” Sherlock si chinò sul tavolo, l’espressione sul suo volto esasperatamente casuale quando il suo piede stava facendo quello. John udì il rantolo strozzato che gli uscì, incapace di distogliere lo sguardo dagli occhi chiari e calcolatori di Sherlock. “Mi piacerebbe dirti…” Sherlock continuò, la sua voce incredibilmente bassa, tanto che anche John fece effettivamente un movimento involontario di reazione “Che hai gli occhi più spettacolari che abbia mai visto. Lo sai? Sono molto da te. Chiunque penserebbe che sono completamente normali fino a quando non ti si avvicinano e allora sono mozzafiato. Vorrei dirti che tutta quella forza che copri con maglioni senza alcuna pretesa mi ha distratto in innumerevoli fantasie quando avrei dovuto pensare ad altre cose. Vorrei dirti che voglio quelle mani da chirurgo su di me disperatamente. Allora, cosa ne dici?” la voce di Sherlock era un ronzio osceno che lo portava alla deriva, e il suo sguardo dalle palpebre pesanti era pieno di promesse.

John non riusciva a pensare di poter dire qualcosa. La potenza combinata di quella voce illegalmente sexy di Sherlock e di quel piede incredibile gli aveva svuotato la mente.

Sherlock si ritirò solo un po’, spostando il suo piede da un contatto diretto, e John si spostò effettivamente in avanti sulla sedia per riaverlo indietro.

“Va bene quello?” chiese Sherlock, con tono vagamente divertito.

John promise a se stesso che si sarebbe occupato di cancellare quel sorriso dalla sua faccia, più tardi. “È dannatamente spettacolare e tu lo sai.”

Sherlock lasciò cadere il piede di nuovo a terra, muovendolo per infilarlo di nuovo nella scarpa. John sbatté le palpebre,  cercando storditamente di tirarsi indietro dal baratro, dicendosi che non poteva semplicemente pendere dalle labbra di Sherlock.

“E questo,” finì Sherlock, con un sorriso, “È come ti avrei sedotto al primo appuntamento.” Sherlock si alzò, raccogliendo i loro piatti e chiedendo, innocentemente, “Budino?”

“Budino?” John riuscì a chiedere, alla fine, quando riebbe la sua voce sotto controllo.

“Sì.” Sherlock tornò fuori, con due piatti pieni di dolce. “Mousse al cioccolato. Questo è il servizio in camera, non ho fatto la mousse al cioccolato da zero.”

“Non c’è alcuna fottuta ragione che ci farà mangiare il budino adesso.” John lo informò, alzandosi in piedi e tirandolo a sé per un bacio ruvido ed esigente.

Sherlock ricambiò solo per un secondo prima di tirarsi indietro, con gli occhi scintillanti di gioia. “Ma John, la mousse è deliziosa.” insistette, mettendo uno dei piatti sul tavolo e infilando due dita dentro l’altro piatto prima di metterle in bocca e con molta attenzione leccare e succhiarle fino a  pulirle.

John socchiuse gli occhi verso di lui. “Ho intenzione di ucciderti.” decise.

Sherlock rise e si precipitò fuori dalla sua portata, ma John lo afferrò facilmente, tirandolo in un abbraccio e facendolo indietreggiare allo stesso tempo. “Sei arrabbiato perché ho barato con il budino?” chiese Sherlock, prendendolo in giro in maniera civettuola, e John si meravigliò per un secondo di quanto fosse splendido quando era giocoso e felice. “Perché è davvero un eccellente budino”.

“Smettila di parlare del budino.” intimò John, e lo spinse sul letto.

Atterrò con la caratteristica grazia, ancora bilanciando il piatto con la mousse, e sottolineò: “Questa è la camera sbagliata.”

John lo seguì sul letto, cavalcioni e inchiodandolo sul posto, chinandosi su di lui. “Sei fortunato che c’è un letto.”

Sherlock sorrise. “Non hai intenzione di uccidermi.”

“No?”

“Scoparmi, quella è una storia diversa.” disse Sherlock, e improvvisamente lanciò una manciata di mousse sul viso di John.

John farfugliò, pulendola dal suo volto inelegantemente. “Idiota.” disse, e Sherlock ridacchiò, e John lo baciò in quel momento, pensando, Questo è il sapore della risata di Sherlock Holmes. Scommetto che nessuno l’ha mai assaggiato prima. Il divertimento di Sherlock morì dopo un attimo, e cominciò a rispondere al bacio sul serio, avvolgendo una mano intorno alla nuca di John. John passò la mano coperta di mousse sul collo di Sherlock e ruppe il bacio per leccare il sentiero che aveva lasciato dietro di sé. La mano di Sherlock si strinse nei capelli che stavano crescendo disordinatamente sul collo di John, le sue unghie contro la pelle, mentre buttava la testa all’indietro per dare a John maggiore accesso.

“Ottima scelta sulla mousse.” dichiarò John, con voce roca, leccando via ogni singola macchie di budino dal volto di Sherlock. “È delizioso.”

“Pensavo che stessimo smettendo di parlare del budino.” disse Sherlock nella bocca di John, e poi si girò, baciando John duramente, premendolo contro il materasso, le mani che spingevano già via i bermuda di John. “Il lubrificante è nell’altra stanza.” borbottò.

“Non ci fermeremo per prenderlo.” disse John. “Per amor di Dio, potresti toccarmi?”

Sherlock apparentemente non era più in vena di prese in giro, perché non fece altro che obbedire, e John gemette e lo tirò indietro per un bacio, umido e disordinato. Sherlock si dimenava sopra di lui, combattendo con la cintura dei suoi pantaloni e le sue mutande, e John pensò che gli serviva un po’ da lezione per indossare così tanti dannati vestiti tutto il tempo. E poi John smise di pensare, perché Sherlock  riuscì ad allinearli splendidamente, e l’attrito di cui era assetato dal piede di Sherlock gli fece annebbiare la vista ai lati.

“Cristo Santo.” mormorò, e Sherlock succhiò la pelle sul suo collo, e John spinse, ribaltandoli e tenendo ferme le mani di Sherlock sopra la sua testa.

Sherlock sbatté le palpebre verso di lui. Era coperto di macchie di mousse, lungo il suo viso e i suoi capelli, e la camicia prugna era praticamente un disastro, ma John pensò che non era mai sembrato così irresistibile. John si chinò, parlando nell’orecchio di Sherlock. “Pensavo che fosse la mia forza trattenuta che ti attraeva.” morse il lobo dell’orecchio di Sherlock e Sherlock fece un suono trattenuto di piacere. “E le mie mani su di te, non era questo che volevi?” John mosse la mano, dando a Sherlock esattamente quello che aveva detto che voleva, esattamente come John ora sapeva che gli piaceva, esattamente la giusta quantità di pressione per far sì che Sherlock inarcasse la sua schiena e chiudesse le palpebre, e John mantenne il ritmo, implacabile, perché voleva che Sherlock fosse completamente sopraffatto come aveva fatto sentire John quando erano seduti al tavolo.

“John.” ansimò Sherlock, e chiuse una mano sulla sua maglia per tirarlo per un bacio.

“È così che sarebbe andata?” chiese John, i suoi denti contro il ridicolmente lussurioso labbro inferiore di Sherlock. “La nostra scopata da primo appuntamento?”

“No.” Sherlock cercò di scuotere la testa e baciare John allo stesso tempo. “Questo è – meglio – è –meglio –”

John tirò la bocca lontano da quella di Sherlock, sentendosi improvvisamente come se non riuscisse a respirare, come se fosse troppo per lui e che se avesse amato Sherlock un po’ di più allora il suo cuore sarebbe semplicemente esploso da quanto era pieno. Premette la fronte contro quella di Sherlock e ansimò con lui e sussurrò, “Tu...” ma non sapeva nemmeno cosa voleva dirgli.

Sherlock disse il nome di John, disperato e pieno di bisogno, per lui, volendo lui, e John accostò la bocca all’orecchio di Sherlock e disse: “Ti amo.” e Sherlock ansimò e venne.

E poi, nemmeno una pausa per riprendere fiato, con la caratteristica scintilla di energia che sembrava sempre catturarlo dopo un orgasmo, Sherlock si avventò su John e lo prese in bocca, e John non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di quanto fosse stato vicino all’orlo dell’orgasmo finché Sherlock non lo spinse oltre.

Sherlock strisciò indietro sul suo corpo e mormorò: “Ti amo anch’io.” e lo baciò e sapeva di mousse al cioccolato e John, e la testa di John nuotò nella soddisfazione.

Sherlock si poggiò sul petto di John, infilando la testa sotto il suo mento, e John si concentrò sulla respirazione. Una volta che l’aveva messa sotto controllo, prese in considerazione il fatto che il letto era tremendo, e che lo erano anche loro. Probabilmente anche il piumino era coperto di mousse al cioccolato. Sherlock aveva portato un’intera ciotola sul letto con lui e John non aveva idea di cosa fosse successo ad essa.

Il pensiero che seguì nella mente di John fu che non gliene importava un accidente.

Sherlock posò un bacio sul petto di John e fece per allontanarsi.

John ciecamente chiuse una mano sulla camicia di Sherlock e lo tirò indietro, rifiutando di aprire gli occhi perché gli sembrava troppo sforzo. “No.” si lamentò. “No. Fingi semplicemente che il sesso ti prosciughi così come fa con tutte le persone normali e accoccolati con me per un secondo.”

“John, siamo un disastro.”

“Mmm, ma è un buon disastro.” John cercò di infilare la mano tra i capelli di Sherlock, cosa che sapeva che Sherlock amava, ma i suoi capelli erano un arruffato disastro di mousse al cioccolato. Sherlock era vanitoso dei suoi capelli. Probabilmente se ne sarebbe lamentato. Sesso in doccia, pensò John, e scivolò nella fantasia.

Era mezzo addormentato quando Sherlock si ritrasse, troppo addormentato per fare qualcosa di diverso dell’emettere un acuto suono di dispiacere.

“Torno subito.” Sherlock sussurrò.

John voleva fare una sorta di minaccia su cosa avrebbe fatto se Sherlock non fosse tornato subito, ma avrebbe richiesto energie, così si accontentò di dire la minaccia nella sua testa. Sherlock tornò con un panno, pulendolo con tipica efficienza.

“Abbiamo bisogno di farci una doccia.” disse Sherlock.

“In un minuto.” John mormorò. Non era sicuro che fosse comprensibile.

Sherlock tornò ad accoccolarsi sul suo petto e sospirò, un suono di felicità pura e assoluta, e John aprì gli occhi, improvvisamente sveglio. Perché questo era ciò che Sherlock aveva voluto per tutto il tempo. Gli piaceva il sesso, John era abbastanza sicuro che fosse così, lo iniziava troppo spesso per far sì che non lo fosse. Ma non era quello che aveva voluto da John. Aveva voluto coccole, aveva voluto cene a lume di candela, aveva voluto prendere in giro ed essere preso in giro e cadere sul letto ridendo. Erano davvero dei desideri di base, e John pensò a come Sherlock fosse per il resto del mondo, nei suoi abiti intoccabili e perfettamente tagliati e il suo sarcasmo pungente. John pensò che non era sicuro di poter mai arrivare a far capire a Sherlock quanto si sentisse onorato nel possedere il dono di averlo per come si comportava con lui, in quel modo in cui non era mai stato con nessun altro, Sherlock in tutta la sua semplicità e totale vulnerabilità e la sua complessità, e John alzò le braccia e le strinse intorno a Sherlock, premendolo più vicino che poteva.  

“Cosa c’è che non va?” chiese Sherlock, sorpreso, dimenandosi un po’ nella nuova presa.

“Ho intenzione di amarti per il resto della nostra vita.” John promise, all’incirca. “Ti farò ridere. Mi assicurerò che tu non sia mai annoiato. Ti manterrò al sicuro.”

Sherlock rimase in silenzio per un attimo prima di scrollarsi di dosso la presa di John quanto bastava per tirarsi su e allinearsi in modo da poter guardare la faccia di John dall’altro. Trascorse un lungo momento semplicemente studiandolo, e poi ripeté di nuovo, “Ho intenzione di amarti per il resto della nostra vita. Ti farò ridere. Mi assicurerò che tu non sia mai annoiato. Ti manterrò al sicuro.”

John gli lanciò un sorriso. “Beh, tutto fatto allora. Tutto sistemato.”

E Sherlock sorrise verso di lui e posò di nuovo la testa sul petto di John.

 

 

Note della traduttrice:

Saaaaaalve! Bando alle ciance, continuo a scusarmi per il ritardo, purtroppo non so quando e se riuscirò più ad avere un ritmo decente, oltretutto i capitoli vanno ad allungarsi e complicarsi.

Fun fact: siamo esattamente a metà storia! ;_;

Grazie, come sempre, a chiunque abbia letto e recensito, anche se non ho più risposto per mancanza di tempo sono sempre graditissime! E grazie dal più profondo del mio cuore alla mia beta PapySanzo89 per tutto.

Alla prossima,

_opheliac

 

   
 
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