La lingua passò lentamente sull'arco delle labbra, catturando gli ultimi cristallizzati residui dello zucchero che ancora faceva bella mostra di sé sul bordo del bicchiere. Troppo dolce, questo dicevano le sottili rughe agli angoli degli occhi e la mano tra i capelli rossi, che andava tirando verso la nuca per evitare che gli ricadessero sul viso; schioccò i denti e venne colpito, con uno scatto del  mento verso l'alto, da uno dei tanti raggi psichedelichi di quella discoteca che possedeva i divanetti più scomodi del mondo: le gambe si accavallarono una sull'altra più volte prima di trovare la posizione migliore e lo sguardo d'oro freddo di Mikoto percorse velocemente la selva di corpi più o meno svestiti che si agitavano a pochi metri di distanza.
Distinse accuratamente il brillio dei capelli di Izumo, preso dal collo lungo di una ragazza dai folti capelli neri e gli occhi socchiusi, le labbra rossastre come la chioma ribelle di Misaki, incapace di schiodarsi dal minuscolo sgabello da cui lanciava sguardi torvi verso qualcuno dall'altra parte della pista. Mikoto schiuse le labbra e ne seguì la traiettoria col languore di un gatto annoiato, pronto a giocare coi primi moscerini.
« ... » Il bicchiere finì definitivamente sul tavolino e la pelle della poltroncina frusciò contro gli stretti jeans e la canottiera bianca che fasciavano quel corpo scattante e nervoso e Mikoto si avventurò davvero in mezzo a quel mare di gente, sparendo dalla viste dei propri uomini fino a sfiorare con  la spalla un corpo conosciuto, fino a penentrare in due iridi violette. Munakata gli sorrise affilato come la lama che amava portare al fianco, i movimenti del bacino fluidi come le movenze della sua anima di spadaccino. « Mh? »
Mikoto non udì quella domanda, percepì solo il movimento troppo vicino alle ossa del proprio bacino, alle narici arrivò solo l'intenso profumo muschiato emanato da quello che, senza ombra di dubbio, doveva essere il collo di Reisi. L'angolo destro delle labbra si sollevò e le mani, da sole, finirono a sfiorare senza toccare quei fianchi sottili ora vicini tanto da sembrare davvero reali. Era strano vedere il Re Blu lontano dalla propria solita compostezza, leggere sotto le lunghe ciglia un guizzo di malizia, forse lussuria, che gli fece salire un brivido contro la colonna vertebrale.


La canzone rintoccava nel piccolo spazio lasciato dai loro corpi, ormai le dita di Suoh potevano sentire le ossa del bacino sopra la seta leggera della camicia scura del rivale, sembravano controllati da quella musica che li isolava dal resto delle persone ammassate. Quei movimenti erano quasi fatali, terribilmente sensuali e Mikoto si ritrovò a leccarsi le labbra ancora una volta. Non vi erano residui di zucchero bensì un velo di dolceamaro, la stessa sensazione che provava nel vederselo sempre più vicino, forse spinto da altre persone o forse volontariamente, per quanto accolse il peso delle braccia altrui sulle spalle e le dita tra i capelli con un sorriso umido, bruciante tanto quanto il respiro alcoolico che osò far scivolare fuori dai denti.


Furono bravi o, forse, tremendamente fortunati. Nessuno prestò attenzione alla lingua di Mikoto che scivolava entro le labbra di Reisi, schioccando contro quel sorriso pregno di vittoria, lasciando che la musica venisse schiacciata nello spazio ormai inesistente tra quei corpi avvinghiati come il piombo e il fuoco rovente.