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Autore: finnicksahero    11/08/2014    2 recensioni
Chi era la madre di Katniss? Come ha conosciuto il signor Everdeen?
Io ho provato a rispondere a queste domande.
Dal testo:
'Le strade del giacimento erano deserte, si sentivano i canti dei bambini e qualche rumore di stoviglia, ma per il resto il silenzio era assordante, neanche gli uccellini cantavano, il cielo da azzurro era diventato nuvoloso. Rendendo l'ambiente ancora più grigio, i miei stivali alzavano la cenere argentea per aria, creando delle piccole nuvole che stancamente si riposava a terra. Era così folle alzarla, dargli della speranza, facendogli credere di poter volare, quando in realtà si sarebbe schiantata al suo suolo da li a poco. Mi ritrovai a pensare che prima o poi tutti diventavamo polvere.
Polvere alla polvere.
Cenere alla cenere.'
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maysilee Donner, Mr. Everdeen, Mr. Mellark, Mrs. Everdeen, Mrs. Undersee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'm in love with you ...'
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Capitolo quattro.


 

-Ector- sussurrai, il bambino stava seduto sullo sdraio, a volte in venti maglioni diversi. Si girò verso di me e sorrise debolmente, era magrissimo, il viso da folletto era scavato, sembrava più piccolo dei suoi otto anni. Allungai una mano e gliela accarezzai, sentii le ossa piccoline della sua piccola e delicata manina. Sua madre e suo padre stavano cucinando all'aperto e io avevo proposto di farlo uscire, guardava il tramonto come se non avesse mai visto niente di così bello. E aveva ragione.

Alus accanto a me lo stava guardando, sorridente, avevamo fatto pace, quel pomeriggio, lui mi aveva detto che aveva capito cosa gli stava succedendo, e mi aveva invitato da lui, ora li mi sorrideva e mi prese la mano. Un atteggiamento strano, non mi aveva mai preso la mano davanti ai suoi genitori. Lo fissai con un sorriso e uno sguardo interrogativo.

Si alzò in piedi e io con lui, nessuno sembrava notare che ce ne stessimo andando. Nessuno tranne Ector, ci fissò sorridente per un po', poi si girò di nuovo, a fissare il tramonto.

Andammo davanti alla panetteria e ci sedemmo sulle scale, allungai le braccia per rubare al cielo i suoi ultimi raggi. Erano come abbracci caldi dati al momento giusto. Le strade erano deserte. C'eravamo solo noi, io e lui. Vedevo la farmacia, e la mia camera con la luce accesa, e altri edifici tutti quanti molto mal ridotti. Mi prese la mano e poi iniziò ad accarezzarmi il braccio, lo tolsi dalla sua presa rossa dall'imbarazzo -Ma che fai?- chiesi, lui fissò a terra, sembrava sul punto di vomitare -Senti che hai?- domandai, con Ector che stava così, non so cosa avesse, sperai in niente di grave -Niente però vorrei parlarti di una cosa- disse, si girò verso di me e fece per aprire bocca quando la richiuse -Semmai dopo, ormai sarà pronto no?- chiese si alzò, gli tremavano le mani, mi alzai. Questa volta non provò nemmeno a toccarla. La mia mano.

Mangiammo in giardino, con il sole che pian piano scendeva giù, facendo salire le stelle in cielo. Come una coperta stavano sputando. Tutto stava andando bene. Ma poi successe.

Ector iniziò a tossire, lo presi in braccio e sentii anche attraverso diversi strati quanto fosse magro. Sua madre iniziò a preoccuparsi, pianse e suo marito la tenne, sul suo volto c'erano delle emozioni troppo forti. Non era la tosse a preoccuparli, ma il fatto che ci fossero degli schizzi di sangue. Gli feci allungare la gambe e lo tenni mentre tossiva, continuava a scivolarmi, gli sussurrai delle parole di conforto e di incoraggiamento. Quando smise era affannato.

Si appoggiò allo schienale e proprio in quel momento un ultimo raggio di sole scomparve. Lo vidi sorridere, mi prese la mano. In quel momento non sembrava un bambino di otto anni. Ma molto più vecchio, mi guardò con i suoi occhioni castani e sorrise, aveva del sangue scarlatto che gli baciava tutte le labbra da bimbo. Quella vocina così acuta era strana, ma era bellissima. Gli sorrisi. Indicò con mano tremante il cielo. E disse -Il cielo sta tramontando.

Lo disse, e poi si accasciò sulla sdraio, la bocca era semi aperta e riuscii a vedere l'esatto momento in cui la vita abbandonava il suo corpo. Rimasi immobile. L'oscurità stava calando. Anche l'ora blu stava scemando. Rimanemmo tutti fermi e zitti. Per un attimo regnò solo il silenzio, con qualche grillo e niente di più. Una lacrima mi scivolò giù dalla guancia.

E poi un'altra. Caddero tutte sopra il mio abito azzurro, creando delle pozzanghere blu scuro. Le sue ultime parole.

Mi aveva detto le sue ultime parole, stava parlando con me 'Il cielo sta tramontando' aveva detto.

Dopo aver visto anche l'ultimo raggio di sole andarsene, aveva detto quella frase.

Avevo ancora la sua mano nella mia, ci chinai sopra la fronte e piansi. Silenziosamente, nessuno fiatava. E io piangevo. Non riuscivo a smettere.

Anche lui se n'era andato come un raggio di sole. Ecco perché quella frase! Era un raggio di sole, rimasto troppo a lungo sulla terra.

Quando mi tirai su, aveva la faccia sconvolta dalle lacrime. Sentii un grido. Mi voltai e vidi la madre di Ector, inginocchiata a terra, le lacrime gli rigavano il viso e gridava. Suo padre era fermo immobile, non una sola lacrima gli bagnava gli occhi, rimaneva li, a fissare il corpicino minuto di Ector, che aveva ancora una risata sulle labbra troppo rosse.

Mi guardai attorno e non vidi Alus, mi alzai prima che sua madre mi travolgesse, abbracciando il corpo freddo di suo figlio. Cercai il mio amico e lo trovai, stava piangendo contro il muro, battevo il pugno con cattiveria, tanto da farsi male, piangeva gridando, mi avvinai e gli misi una mano sulla spalla. Stavo piangendo pure io. Sentii che urlava delle parole -E' colpa mia- -Avrei dovuto fare di più- -Oddio, perché non sono morto io?- ecco cosa urlava. Farneticava. Il dolore ti fa fare anche questo. Ti fa delirare. Ti fa commettere delle pazzie.

A volte ti fa fare delle cose che vorresti fare, ma che non hai il coraggio di fare. Perché sei troppo occupato a non provare altro. 'Bella merda, il dolore' pensai, mentre lui si girava e mi guardava, con tante emozioni negli occhi 'Più fa male, più cazzate ti fa fare' mi abbracciò e poi mi appoggiò contro il muro. Avevo la schiena incollata alla calda facciata della panetteria. Lo stringevo forte -Non è colpa tua- gli sussurrai, lui scosse la testa sul mio collo, sentivo le sue lacrime bagnarmi il collo. Le sue mani stringevano la stoffa leggera del vestito e in un punto lo strapparono, ma non mi importava. Sentivo la sua mano caldo contro la mia schiena.

In quel momento non c'era nessun altro. Solo io e lui. Io e lui più un piccolo angelo. Lo strinsi forte, le grida di sua madre ci facevano da sottofondo. Si scostò un po' da me e lo guardai negli occhi azzurri.

Era completamente impazzito, le pupille erano enormi. Guardò la mia bocca e ci si avventò. 'Strano' pensai, in quel momento non capivo quali lacrime avevo sulle labbra, se le sue o le mie. Avevo la faccia bagnata, dalle sue e dalle mi lacrime 'Il mio primo bacio sa di lacrime. Non d'amore' vedevo i suoi occhi che si erano chiusi pian piano.

Anche i miei si chiusero piano piano 'Il cielo sta tramontando' pensai, assaporando il sapore delle lacrime sulla sua lingua, che si mischiava alla mia.

  
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