L'affetto più sincero

La luce fioca e tremula di una candela era l'unica cosa che impediva al buio di espandersi a macchia d'olio, in quella stanza spoglia.

Isis era china su un foglio di pergamena. Le sue mani, lisce come il velluto, stavano diventando gelide, ma a lei sembrava non importare. Con una impugnava la penna d'oca, l'altra la teneva poggiata sulla fronte. Si chiedeva se avrebbe finito in tempo. Doveva ricopiare quei documenti per conto di sua padre, prima dell'alba. Sennò avrebbe fatto la fine dei suoi servitori, o di Lihito, che venivano regolarmente picchiati a colpi di cinghia. Il solo pensiero le dava i brividi.

«Nee-chan?»

La sua concentrazione fu interrotta da quella vocina flebile. Il fruscio della penna a contatto con la pergamena cessò. «Cosa c'è, Malik?»

Il bambino, sulla soglia dell'entrata, abbassò tristemente lo sguardo. Aveva bisogno di conforto. Al momento, anche un insignificante rumore avrebbe scatenato in lui una paura grande quanto un baratro. Non voleva affrontarla da solo. «Ho fatto un brutto sogno…»

Isis lo scrutò in silenzio per un istante, poi sul suo volto si fece strada un sorriso dolce come il miele. Andò dal fratellino e lo sollevò da terra. «È tutto a posto, ora.»

Malik si aggrappò a lei con le gambe, cingendole il collo con le braccia. «Ti voglio bene, nee-chan.» Affondò la faccia nel suo petto, molto più soffice e caldo di qualsiasi cuscino. Prima di appisolarsi, pensò per ultimo che la sua nee-chan era fantastica, la più gentile, la migliore del mondo. Grazie a quel sorriso così amorevole si sentiva già meglio. Accanto a lei era certo che avrebbe sognato solo cose belle, belle come lei.

Isis diede una carezza a quei capelli arruffati color ecru. Si sedette di nuovo al tavolo, stavolta con Malik addormentato in grembo. Un bambino così dolce meritava tutto l'affetto e la protezione che sarebbe mai stata capace di donargli, qualunque cosa avrebbe riservato loro il destino.