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Autore: nonezero    12/08/2014    0 recensioni
[Koutarou, in ogni caso, era l'uomo del “momento”, colui che aveva la capacità di accendere (e soprattutto di spegnere) il cervello nella circostanza più propizia per fare sì che le cose andassero così come lui voleva, ed infatti, dopo quella vittoria, una delle più importanti, se non la più importante, della carriera del capitano della Fukurodani, quando lui ed Akaashi erano rimasti più indietro rispetto ai compagni di squadra lungo il corridoio che portava allo spogliatoio a loro assegnato, il ragazzo sentì il brivido inequivocabile che provava quando si stava avvicinando uno dei fantomatici “momenti propizi”...]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'importanza della nostra divisa

Si sistemò il colletto della camicia guardando la sua immagine riflessa nello specchio, no, era decisamente troppo formale così. Sbottonò i primi tre bottoni a partire dall'alto e fissò la parte del suo sterno che rimaneva scoperta. Forse era troppo provocante (il solo fatto che si trovasse “provocante” era di per sé piuttosto ridicolo, ma non se ne rendeva conto davvero), concluse cercando di sistemare di nuovo il collo della camicia. Tutto sommato però quel paio di jeans gli stava proprio bene, era stata un'ottima idea andare a comprare qualche vestito nuovo a posta per l'occasione, si chinò in avanti e sistemò meticolosamente l'orlo dei pantaloni, per poi rialzarsi in piedi e rifissare la sua immagine riflessa.
Era proprio un figo.
Aveva deciso di usare il suo solito profumo per non destabilizzare il suo partner dal momento che era profondamente convinto che anche l'odore facesse parte dei motivi per i quali le persone si attraggono e, cambiare fragranza proprio nell'occasione del primo appuntamento ufficiale, era una mossa da idioti.
Si passò le mani piene di gel tra i capelli un paio di volte fino a quando non si ritenne soddisfatto e quando dopo averle lavate le asciugò, notò che stavano sudando in modo esagerato, un po' come gli capitava prima delle partite. Eppure non si sentiva affatto nervoso, anche se probabilmente aveva solo sublimato il suo livello medio di nervosismo ed era già entrato in quella fase di tensione nella quale non ci si rende pienamente conto delle proprie sensazioni.
«Bokuto, caro, sei in ritardo – la madre del ragazzo raggiunse il figlio fermandosi all'ingresso della sua stanza, lo guardò per una manciata di secondi, prima di portarsi una mano davanti alla bocca mentre gli occhi le si riempivano di lacrime di commozione – oh! Quanto è bello il mio ragazzone!»
Bokuto si voltò in direzione della madre con aria scocciata:
«Mamma, non c'è motivo di mettersi a piangere»
«Tesoro, tesoro, tu non capisci! Il mio bambino che esce per la prima volta con una ragazza! Sono così emozionata! Non vedo l'ora di conoscerla, non mi parli mai di certe cose, dovresti rendermi più partecipe».
Bokuto le rivolse un mezzo sorriso imbarazzato, non riusciva neanche ad immaginarsi mentre presentava la “quasi-sua ragazza” alla madre, ma supponeva che prima o poi gli sarebbe toccato farlo, se le cose fossero funzionate.
C'era una serie infinita di ragioni per le quali Bokuto sarebbe stato orgoglioso di presentare a sua madre la persona che stava frequentando: in primo luogo, riteneva fermamente che fosse fisicamente bellissima. Rimaneva sempre affascinato dai suoi capelli corti e spettinati, che non riuscivano a stare in ordine neanche quando erano appesantiti dall'acqua o dal sudore, poi c'erano i suoi occhi, che gli conferivano sempre un'aria seriosa, anche quando non c'era alcuna ragione per essere seri.
In secondo luogo, era la persona perfetta da presentare alla propria famiglia, un individuo pacato, tranquillo, educato, tutto l'opposto di Bokuto, che al di là della sua capacità di dire cose inappropriate in qualsiasi circostanza, aveva una naturale aura di idiozia che faceva capire a prima vista quanto potessero essere alti i suoi picchi di stupidità.
Poi, in terzo luogo, Bokuto avrebbe volentieri parlato alla madre di ciò che preferiva della sua spero-davvero-che-lo-diventi-dolce metà cioè la sua straordinaria capacità di comprenderlo e di fargli dare il meglio di sé. Non importava quanto lui fosse lunatico, quanto si lasciasse prendere dalle emozioni anche in momenti in cui la cosa migliore era rimanere freddi e concentrati, Akaashi Keiji era sempre e comunque capace di gestire la situazione sia sul campo, dove la sua capacità di far splendere la stella del suo Capitano era ineguagliabile, sia nella vita di tutti i giorni, in cui si era dimostrato in più occasioni un prezioso consigliere capace di sottoporre a giudizio gli eventi in modo oggettivo. Bokuto non poteva fare a meno di pendere dalle sue labbra, facendo affidamento su di lui con cieca fiducia.

Si erano dati appuntamento alla stazione di Shibuya e Koutarou non stava più nella pelle. Adorava in particolar modo l'idea di poter vedere Akaashi in quelli che definiva “abiti civili”, come se avesse una sorta di feticismo per quel ragazzo in abiti casual scaturitogli dal fatto che nella maggior parte delle occasioni in cui passavano del tempo insieme indossavano la divisa della squadra o quella scolastica.
Bokuto credeva fermamente che quelle divise gli sarebbero mancate dato che nel giro di poco tempo si sarebbe diplomato e non avrebbe più avuto occasione di indossarle. La divisa della squadra di pallavolo aveva assunto un ruolo del tutto particolare nei ricordi di Bokuto, molto più speciale per lui, di quanto già non fosse stata fino a qualche tempo prima: entrambi indossavano quella divisa quando Bokuto era riuscito a rubare ad Akaashi il loro primo bacio -gli arrossivano sempre le orecchie quando ripensava a quella cosa- nonostante non potesse di certo essere considerato un bacio da manuale.

Erano arrivati alle Nazionali, avevano vinto, ed era stato tutto merito di Akaashi che grazie alle sue capacità strategiche era riuscito a far abbassare la guardia agli avversari, concentrando tutta la loro attenzione su Konoha e Sarukui e facendo loro momentaneamente dimenticare la presenza di Bokuto, che con una schiacciata dalle retrovie, dopo una finta del numero 7 era riuscito a superare il muro avversario segnando il punto della vittoria del combattuto terzo set.
Si erano messi ad urlare con tutto il fiato che avevano in gola e quella era una delle pochissime circostanze nelle quali si poteva vedere Akaashi dare sfogo a tutta l'adrenalina che le partite di pallavolo potevano far accumulare: perdeva la sua aria seria e la sua espressione razionale, e talvolta un po' annoiata, in favore di un'aria più “animalesca”, più vera, almeno secondo Bokuto.
Akaashi non allentava mai i suoi freni inibitori, era sempre composto e ogni qualvolta il suo capitano dava sfogo alla sua idiozia, il Setter della Fukuroani sfoggiava tutta la sua maturità guardandolo un po' come un genitori guarda il proprio figlio adolescente mentre dice delle bestialità dettate dalla voce della pubertà.
Forse era per quello che lui e Bokuto andavano così d'accordo, in un certo senso, si compensavano. Quando erano assieme, malgrado camminassero su quelli che ad un occhio esterno potevano sembrare due livelli diversi, riuscivano a bilanciare uno gli eccessi e le mancanze dell'altro.
Analizzando quello che poteva essere il futuro della loro apparente-più-che-possibile relazione con un occhio specificatamente scientifico, Bokuto si era convinto ogni momento di più, che fino a quando avessero avuto bisogno l'uno dell'altro in quel modo, tutto sarebbe andato a gonfie vele.
Koutarou, in ogni caso, era l'uomo del “momento”, colui che aveva la capacità di accendere (e soprattutto di spegnere) il cervello nella circostanza più propizia per fare sì che le cose andassero così come lui voleva, ed infatti, dopo quella vittoria, una delle più importanti, se non la più importante, della carriera del capitano della Fukurodani, quando lui ed Akaashi erano rimasti più indietro rispetto ai compagni di squadra lungo il corridoio che portava allo spogliatoio a loro assegnato, il ragazzo sentì il brivido inequivocabile che provava quando si stava avvicinando uno dei fantomatici “momenti propizi” e decise di cogliere quell'occasione per fare la cosa sulla quale stava rimuginando da mesi:
«Akaashi, vorrei parlarti»
Il ragazzo moro aveva aggrottato le sopracciglia, chiedendosi che diavolo volesse l'idiota nel momento in cui il suo unico pensiero era quello di lavarsi e liberarsi della divisa madida di sudore.
Si fermò, si voltò a guardare l'altro e non ebbe neanche il tempo di far uscire dalle sue labbra alcun tipo di lamentela.
«Abbiamo vinto – aveva continuato Bokuto con lo stesso tono in cui si danno le buone notizie, come se Akaashi non fosse al corrente del risultato della partita appena disputata, mentre gli metteva le mani sulla spalle con fare solenne – e quindi penso che tu debba uscire con me».
Ho vinto alla lotteria, quindi penso che tu debba lavarti i denti più spesso, il primo pensiero che era sorto nella mente di Akaashi fu coerente almeno quanto la frase che aveva appena sentito.
«Vuoi andare da qualche parte? Avresti potuto anche chiedermelo dopo».
Il Setter non tardò troppo ad accorgersi di non aver colto il senso di ciò che il suo Capitano aveva detto, dato che quest'ultimo gli prese il viso tra le mani, lo attirò verso il suo per stampagli un fugace bacio sulle labbra.

Bokuto aveva un ricordo di quel bacio molto più romantico del necessario, mentre camminava verso il punto nel quale aveva concordato con Akasshi di incontrarsi, pensava al viso imbarazzato di Akaashi, sentendosi un po' il protagonista di un manga shoujo di fronte all'indifesa ragazza alla quale si era dichiarato, ignorando completamente il fatto che la reazione di Akaashi a quel suo gesto fosse stata tutto tranne che “indifesa”: gli aveva dato un poderoso calcio ad uno stinco urlando un «ma cosa ti è venuto in mente, decerebrato».
Lì per lì, Bokuto pensò di aver fatto un buco nell'acqua, ma quella stessa sera ricevette un'inaspettata mail (non gli aveva mai scritto prima di sua spontanea volontà, a meno che non fosse strettamente necessario) dal compagno di squadra, che gli diceva che sarebbero potuti uscire assieme “in quel senso”, se solo avesse offerto lui, qualunque cosa avesse avuto in mente di fare. La danza della vittoria che seguì la lettura del messaggio fu solo la naturale conseguenza dell'entusiasmo eccessivo dell'eccentrico Capitano della Fukurodani.
Da lontano vide Akaashi, che stava seduto su una delle panchine nei pressi della statua di Hachiko guardando con aria distratta lo schermo del cellulare. Così come aveva immaginato, vedere Akaashi senza la divisa della scuola o della squadra, aveva un fascino del tutto particolare, lo proiettava a quella che sarebbe stata la situazione che di lì a poco avrebbero dovuto vivere se avessero continuato a frequentarsi (ed è scontato dire che Bokuto si stava augurando fermamente che quello fosse solo il primo di una lunghissima serie di appuntamenti).

Dopo il diploma quelle divise che gli avevano uniti fino a quel momento sarebbero diventate soltanto un ricordo e nulla, se non l'intenzione di voler continuare a rimanere in contatto, li avrebbe legati.

Bokuto non aveva mai avuto davvero paura di nulla, ma di fronte a quell'imminente cambiamento le sue certezze avevano cominciato a vacillare. Non credeva che sarebbe stato così fortunato da trovare qualcun altro capace di comprenderlo così come faceva Akasshi e non era neanche intenzionato cercarlo, ma la sola idea che l'altro potesse stancarsi di lui e potesse cogliere al volo la sua assenza da scuola per potersi liberare della sua presenza gli faceva provare un fastidioso nodo alla bocca dello stomaco, che gli ricordava la stessa sensazione che provava quando faceva indigestione di carne alla griglia (cosa che gli capitava piuttosto spesso dato che, come i bambini, quando si trovava di fronte a un piatto che gli piaceva, continuava a mangiare oltre misura).

«Bokuto-san sei in ritardo». Era così perso nei suoi pensieri, cosa a cui non era affatto abituato, da non accorgersi che Akaashi lo aveva raggiunto e gli stava rivolgendo il suo solito uno sguardo scocciato.
«Ho impiegato più tempo del previsto a prepararmi, volevo farmi bello per te!»
«Hai fallito miseramente allora».
Bokuto rise e gli bastò avere Akaashi di fronte perché tutte quelle preoccupazioni inutili lo abbandonassero per lasciare spazio ad un'altra sensazione fastidiosa, sempre all'atezza dello stomaco: la fame.
Mentre cominciavano a camminare assieme in direzione del locale che Bokuto aveva scelto per l'occasione, la consapevolezza del fatto che Akaashi avesse scelto volontariamente di accettare quell'invito si faceva strada nel suo animo da novello latin lover, se avesse continuato a fare buon uso delle sue armi da seduttore, non avrebbe sicuramente avuto problemi a mantenere il suo prezioso Setter vicino a sé, anche in assenza delle divise che avrebbero, ancora per poco, legato i loro percorsi.
«Dovrai dimi perché hai accettato di uscire con me»
«Credo di essere stato contagiato dalla tua demenza, Bokuto-san».

[Note e lacrimosi addii: Amo la Bokuaka, amo qualunque cosa possa riguardare in qualche modo Bokuto, in realtà. Ma non so scrivere di lui, non so scrivere neanche di Keiji. Però avevo voglia di provarci e mi sono dovuta liberare di questa cosa prima che il parto diventasse troppo doloroso. Se stai leggendo queste parole dopo aver letto tutto il resto di questa masturbazione inutile, ti chiedo umilmente scusa, quando mi sentirò un po' di più Bokuto dentro, ci proverò di nuovo (anche se forse non dovrei). Arrivederci.]

  
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