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Autore: vannagio    12/08/2014    8 recensioni
La matematica non è un'opinione: due più due è uguale sempre a quattro.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Guida alla lettura: questo è un missing moment dell'epidosio 2x14 Time of Death.





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Dedicata a nes_sie, che oggi compie gli anni.
Sperando che torni presto a scrivere in questo fandom.




Clistere d’Amore




Viviana aveva appena rivelato ad Antonio che In realtà Pedro non è tuo padre, è tuo figlio, quando Wanda udì dei passi lenti e strascicati sul pianerottolo, oltre la porta di ingresso. Abbassò il volume del televisore e raddrizzò le orecchie, perché il colpo di scena sulla paternità di Antonio in Clistere d’Amore non era tanto interessante quanto le misteriosissime attività notturne di Felicity, la sua dirimpettaia preferita. E comunque si trattava della terza replica che il canale mandava in onda nel giro di due mesi, sapeva già che tra non meno di cinque puntate si sarebbe scoperto che In realtà Viviana non è tua sorella, è tua madre.
Invece, da quando era diventata l’assistente personale di Oliver Queen, Felicity aveva abbandonato le vecchie abitudini da eremita per diventare la tipica viveur che rincasa ad ore improbabili della notte. Faccio gli straordinari e quello schiavista di Oliver Queen nemmeno me li paga, era la sua scusa. Ma Wanda era disposta a tutto pur di seguire la vicenda più da vicino e mettere a nudo i torbidi retroscena.
Posò il telecomando sul tavolinetto e raggiunse la porta d’ingresso in punta di piedi (perché le pareti erano di carta velina, purtroppo e per fortuna). Attraverso lo spioncino vide la testa ingigantita di un uomo che le dava le spalle (spalle molto larghe, tra l’altro) e che stava rovistando dentro a una borsa davanti alla porta dell’appartamento di Felicity. Una borsa a mano Anna Field rosa, con delle graziose rifiniture a fiore, se la vista non la ingannava. Davvero poco virile, il suo Carlos non sarebbe andato in giro con un accessorio del genere nemmeno da morto.
Wanda inarcò un sopracciglio.
Che si tratti di un ladro? Ma i ladri non dovrebbero indossare un passamontagna o roba del genere?
Wanda prese in considerazione l’idea di chiamare il 911, ma l’uomo alzò gli occhi al cielo e si rivolse con aria frustrata a qualcuno alla sua destra (“Dove sono le chiavi?”, gli stava chiedendo), qualcuno che purtroppo lo spioncino non inquadrava. Un complice, forse? L’identità dell’interlocutore, però, passò immediatamente in secondo piano, quando Wanda riconobbe il profilo attraente e assai mascolino dell’uomo con la borsa.
Oh. Mio. Dio.
La trama si faceva sempre più intricata.
Niente poco di meno che Oliver Queen (Lo Scapolo d’Oro di Starling City, come lo chiamavano i suoi rotocalchi preferiti) cercava di entrare nell’appartamento di Felicity ed evidentemente non aveva le chiavi con sé. Ora, si dava il caso che Wanda possedesse una copia di emergenza delle chiavi in questione. Non era forse un’emergenza, quella? Perché mai un datore di lavoro multimilionario avrebbe dovuto avere cattive intenzioni? E poi lei non poteva rimanere insensibile di fronte a un ricco figone in difficoltà.
Corse davanti allo specchio, diede un’aggiustatina ai bigodini, si passò una linea di matita intorno agli occhi, un filo di rossetto sulle labbra, slacciò un bottone della camicia da notte e… voilà! Il deus ex machina era pronto per entrare in scena.
«Buonasera, serve una…».
Il sorriso a trentadue denti di Wanda appassì prima ancora di fiorire: Felicity era accasciata contro la parete del pianerottolo. Oliver Queen sgranò gli occhi e mise subito le mani avanti.
«Non è come sembra!».
Sentendosi tirata in causa, Felicity sollevò il capo, che ondeggiava a destra e sinistra come la testa ciondoloni di quei pupazzetti da auto a forma di cagnolino, e rivolse a Wanda un sorriso storto.
«Mi ha dato alcune di quelle aspirine».
Wanda lanciò un’occhiata di sbieco a Oliver Queen, poi si inginocchiò davanti a Felicity e le diede un buffetto sulla guancia.
«Aspirine di ottima qualità, a quanto pare. Pasticcino, la mamma non ti ha insegnato che non si accettano le caramelle dagli sconosciuti? O dagli scapoli impenitenti?».
«Aveva l’emicrania…», disse Oliver Queen. «Ha esagerato con gli antidolorifici, non era in grado di tornare a casa da sola. Volevo portarla a letto…».
Wanda inarcò entrambe le sopracciglia.
«Prego?».
«No! No, non portarla a letto. Portarla a letto. Voglio dire… sotto le coperte».
Felicity ridacchiò.
«Anch’io sono così buffa quando straparlo?».
Oliver Queen la fulminò con lo sguardo, poi prese un bel respiro profondo.
«Intendevo, metterla. Metterla a letto. Ma non trovo le sue chiavi. Deve averle dimenticate in ufficio».
Wanda si rimise in piedi e con un sorriso trionfante tirò fuori la copia delle chiavi dalla tasca della vestaglia. La fece penzolare davanti al naso di Oliver Queen, in modo che capisse l’antifona.
«È tutto a posto, penso io a lei».
«Non credo che sia in grado di reggersi in piedi, è sicura di riuscire a sostenerla?».
Ogni volta che Carlos alzava troppo il gomito, a Capodanno, toccava a Wanda trascinarlo fino a casa e farlo cascare a peso morto sul letto. In confronto a lui, Felicity era un fuscello. Se poteva farcela? Sarebbe stata una passeggiatina di piacere. Però non vedeva l’ora di scoprire cosa sarebbe successo nella prossima puntata, così indossò un’espressione pensierosa e guardò Felicity (che a sua volta stava fissando il soffitto come si fissa un cielo stellato) come per valutarne la stazza.
«In effetti, forse è meglio lasciare i lavori pesanti agli uomini veri», concluse infine.
Mentre lei apriva la porta dell’appartamento, Oliver Queen prese in braccio una Felicity dall’espressione beata.
«Mi sembra di volare!».
King era acciambellato sul divano, li degnò solo di una mezza occhiata in tralice, poi sbadigliò e tornò a dormire, quasi a dire “Chiamatemi quando il latte è nella mia ciotola”.
Wanda si fece da parte, per lasciare entrare Oliver Queen e il suo bagaglio ingombrante. Rimase ferma sulla soglia e quando lui si diresse in camera da letto senza alcuna esitazione, non poté fare a meno di sorridere. Lo seguì con discrezione, giusto in tempo per vederlo adagiare Felicity sul letto.
«Ha una certa familiarità con questa casa».
«Sono stato qui un paio di volte», fu la sua pronta risposta. «Per lavoro».
Felicity sorrideva e annuiva.
«Ha detto che sarò sempre la sua ragazza».
«No, non… non esattamente».
Felicity aggrottò la fronte.
«Sì, invece».
Sotto lo sguardo perplesso di Wanda, Oliver Queen si schiarì la voce, a disagio.
«É meglio che vada. Ci pensa lei a Felicity?».
«Certamente».
Wanda si limitò a seguirlo con lo sguardo (tanto sapeva benissimo dove si trovava l’uscita), mentre lui volava fuori dalla stanza neanche avesse il diavolo alle calcagna. Quando sentì la porta chiudersi, scosse la testa. Potevano negare quanto volevano, quei due. Ma lei ormai aveva fatto due più due.
Il capo e la sua segretaria.
Che banalità! Aveva sperato in un colpo di scena più originale.







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Note autore:
Comincio subito col dire che Wanda, il gatto King e la soap Clistere d’Amore non sono di mia invenzione, ma appartengono a nes_sie e potete ritrovarli qui e in altre sue storie.
Spero si capisca, questo è un missing moment dell’episodio 2x14 Time of Death: Felicity si prende un proiettile per salvare Sara, e Dig le somministra dell’ossicodone con effetti esilaranti. Volevo scrivere una Felicity/Ossicodone con contorno di Oliver che la accompagna a casa (come fa a tornare a casa da sola, se è fatta come una pigna?) da un bel po’, ma non ero ancora riuscita a trovare la giusta prospettiva. Poi ieri ho riletto alcune storie di nes_sie e ho avuto l’illuminazione. Visto che il merito è suo e delle sue storie, ho pensato di scrivere questa mini-shot per il suo compleanno. Tanti auguri!
Niente di che, mi sono solo sgranchita le dita.
A presto, vannagio
   
 
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