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Autore: SaraRocker    13/08/2014    0 recensioni
Anno 2097, l'intero pianeta terra si ritrova sotto una sorta di dittatura particolarmente cruenta, che si finge giusta e accondiscendente.
La Desert_Zone è un luogo formatosi a causa del riscaldamento globale, una sorta di continente quasi totalmente desertico e inadatto alla vita, dove la dittatura manda a morire coloro non adeguati a vivere in essa.
Gwen vive là , insieme ad un gruppo di ragazzi che collaborano in una sorta di resistenza.
Duncan è un militare a servizio della dittatura, che ritiene giusta e autorevole.
Estratto cap.28
"Non devi sentirti in colpa. E' stata l'avventura più bella." gli sussurrò "Ed ora è giunto il momento che tu mantenga fede alla tua promessa."
Duncan la ammirò a lungo in silenzio. Perchè sorrideva? Perchè i suoi occhi erano così lucidi? Perchè le sue labbra tremavano tanto?
Gwen non gli era mai sembrata tanto debole. Eppure, si stava sottoponendo alla più grande prova di coraggio.
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen, Scott, Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Desert_Zone





 
cap.37















In qualche modo, Gwen ce l'aveva fatta. La freccia-arpione si era conficcata nel binario con forza -a causa del peso e delle leggi della fisica, diceva Noah-, ed ora quest'ultima era ben piantata ed in grado di reggere il peso di ognuno dei presenti. 
La dark continuava ad osservare sorpresa il binario sopra la propria testa. Non poteva credere di avercela fatta.  Abbassò lo sguardo, incontrando la figura di Edward che tirava la corda per verificarne la resistenza, e restò basita nel constatare che reggeva. Il resto dei ragazzi sorridevano soddisfatti e sollevati, mentre Duncan -poco distante- la osservava colmo di fierezza. Lui aveva creduto in lei in ogni singolo istante. La ragazza, con un mezzo sorriso a decorarle il volto stanco, si alzò in piedi, per poi incamminarsi in direzione dell'amato. Dentro sè avvertiva un moto di calore invaderla, ed era certa che il solo in grado di smorzare quella novia sensazione sarebbe potuto essere Duncan. Gli si accostò in pochi istanti e, disinteressata all'idea di trovarsi di fronte ad altri ragazzi, si buttò letteralmente tra le due braccia, bisognosa di avvertire la sua presenza fisica. Le dava sollievo sapere che vi sarebbe sempre stato qualcuno al suo fianco, qualcuno in grado di combattere per lei sino alla fine. Lui ricambiò immediatamente l'abbraccio, improvvisamente travolto da mille, meravigliose sensazioni.
Anche lui, come il resto dei ragazzi, era sollevato. Eppure, non poteva dire di esserne sorpreso. Si era fidato ciecamente sin dall'inizio delle capacità di Gwen, ed era stato sicuro di lei ogni, singolo momento. Era felice, incredibilmente speranzoso e l'idea di rivedere Thomas gli faceva nascere un genuino sorriso sulle labbra. Era preoccupato per il proprio giovane fratello -ormai gli risultava più che normale chiamarlo così-, e non era certo di come fossero andati avanti i fatti nel mondo sotto il potere Governativo. Insomma, se nella Desert_Zone comandava una sorta di anarchica pace, nel resto del pianeta, a dettare legge, vi erano un branco di ministri ed una donna priva di pietà. Per quanto ne sapevano quel mucchio di prigionieri, l'umanità poteva essere stata dirotta in briciole in poche ore. Infondo, non avevano lasciato detto nulla alla giovane recluta dagli occhi verdi; avevano preferito non riferirgli di ciò che si apprestavano a compiere -che si sarebbero tuffati letteralmente all'interno della prigione più violenta esistente-, certi che avrebbe insistito per inseguirli, ed ora Duncan non aveva la minima idea di cosa potesse avere fatto nel frattanto Thomas. La cosa lo preoccupava non poco.
Una volta staccatosi da Gwen, una voce si fece largo tra i presenti, quella del Leader della nuova resistenza.
"Direi che dobbiamo sbrigarci. Percorrere le ferrovie non è cosa da nulla." esordì Edward, continuando ad ispezionare la fune "Una volta che una prima persona sarà su, toccherà a quest'ultima assicurarsi che l'arpione sia ben piantato."
Alejandro guardò il proprio capo diffidente "In poche parole, il primo che sale rischia la pelle più degli altri?"
Il trentaseienne sorrise sghembo, per poi annuire completamente sincero. Abbassò infine il capo con noncuranza, e quando tornò a prestare attenzione ai presenti, domandò "Allora? Chi si offre?"
Poco prima che Gwen si facesse avanti, la giovane Sky alzò la mano pronta ad offrirsi "Vado io."
Immediatamente la dark scosse il capo in disaccordo. Nel caso ci fossero stati dei problemi con la scalata, la colpa sarebbe stata solo ed unicamente propria. Ergo, era giusto che fosse lei la prima a salire. Eppure, la voce della giovane volontaria tornò a risuonare in mezzo al deserto.
"E' giusto che vada prima io. Sono la più agile, e nel caso la corda non fosse ben agganciata, Gwen sarà ancora qui per tirare." si voltò verso la dark, sorridendole gentile "Sei la nostra speranza più preziosa."
Quelle ultime parole la colpirono con una forza tale da toglierle il respiro. Perchè doveva sempre finire così? Cosa ispirava tanta fiducia in lei? Ogni volta che finiva per allearsi con qualcuno, quest'ultimo iniziava a ritenerla troppo, qualcosa che lei non era in grado di essere totalmente. Forse era vero, aveva fatto una promessa a sua madre molti anni prima, quella di non arrendersi mai, ma ciò non significava che fosse indistruttibile. Aveva solo diciotto anni, dannazione!
Lanciò uno sguardo ad Edward, sperando che l'uomo rifiutasse l'improvviso atto di spavalderia della giovane, ma ciò non accadde. Il trentenne stava osservando la ragazza orgoglioso, ed attendeva fiero che quest'ultima cominciasse la propria scalata. La osservò attentamente afferrare la fune con presa ferrea, mentre con le piante dei piedi l'avvolgeva in basso. Sky iniziò poi a salire velocemente, sfruttando tutti i propri muscoli, e cercando di muoversi il più in fretta possibile. Gwen era sbalordita, ed improvvisamente capì perchè tanta certezza nel viso di Edward. Sky si muoveva con la leggiadria di un gatto e l'energia di un ghepardo, inarrestabile e determinata. La corda restava tesa, accettando il suo peso e non sganciandosi dai binari. Infine, quando la videro sparire oltre la ferrovia color porcellana, i presenti tirarono un sospiro di sollievo. Ce l'aveva fatta, e la corda aveva retto perfettamente.
Edward sorrise, portandosi le mani ai fianchi e guardando i ragazzi intorno a lui "A chi tocca?"









Con un ultimo sforzo, Edward -ultimo ad essersi arrampicato- raggiunse il freddo materiale di cui era costituito il binario. Noah aveva parlato di un avanzatissimo sistema di raffreddamento, nato per evitare il surriscaldamento delle rotaie ed il consecutivo malfunzionamento del treno. Grazie a questa tecnologia, i binari mantenevano con costanza la temperatura di sette gradi centigradi ed il sole non era in grado di renderli cocenti quanto la sabbia che rivestiva la prigione sottostante.
Il trentaseienne si aggrappò con la mano destra al bordo delle ferrovie sopraelevate, mentre Duncan si accostava ad egli allungandogli una mano. L'uomo la afferrò prontamente, mentre il punk, aiutandosi con i muscoli delle braccia, lo aiutava a tirarsi su e a riunirsi al resto del gruppo. Edward stesso aveva insistito per essere l'ultimo a salire, ribadendo che era il più vecchio e che, infondo, aveva molto meno da vivere rispetto a quel branco di ragazzetti pieni di sogni e speranze. Gwen non era stata d'accordo, ma non era riuscita a fare cambiare idea al più anziano, e si era infine dovuta adeguare alla situazione, salendo dopo Duncan, ma prima di Scott -tenutosi penultimo-.
E proprio mentre Duncan aiutava Edward a compiere un ultimo sforzo, Gwen decise di rivolgersi al rosso, l'amico più fidato che avesse mai avuto; le dispiaceva per ciò che gli aveva detto. Gli aveva gridato contro di odiarlo, e se ne sentiva completamente rammaricata. Non avrebbe mai potuto gettare all'aria un rapporto durato un'intera vita a causa di un bisticcio e di parole non ben riflettute. Con un sorriso leggero ad adornarle il viso, Gwen si accostò a Scott, il quale la osservò di sottecchi, non capendo.
"Ehi..." azzardò lei in un mormorio, facendolo voltare. Si sentiva in imbarazzo e tesa. Era sempre difficile riappacificarsi con un fratello.
Quest'ultimo la osservò qualche istante in silenzio. Sentiva il cuore scoppiargli nel petto e l'ansia divorarlo. In quelle ultime ore, sapendo Gwen in collera con lui, si era sentito divorato da una forza invisibile ed inarrestabile. Teneva alla dark molto di più di quanto gli fosse lecito, constatò lanciando una breve occhiata a Duncan, e sentirsi dire contro quel 'ti odio', lo aveva fatto sentire improvvisamente una nullità. E forse, si era poi detto mesto, lo era. Infondo, doveva pur esserci un motivo per cui Gwen non lo aveva mai notato, se non come fratello? 

Loro non erano fratelli, non erano parenti neppure lontanamente. Eppure, lui era castigato in quel maledetto cantone fatto di legami di sangue e di un amore troppo forte per potere essere quello a cui realmente ambiva lui.
Ma forse, si era detto più e più volte, gli sarebbe andato bene anche quel genere di amore. Quello platonico e privo di secondi fini, scaturito da un semplice abbraccio o da un'occhiata in grado di dire molto. Forse avrebbe dovuto accettare la fortuna che aveva semplicemente nell'essere considerato un fratello da Gwen. Ciò significava che lei lo amava, in qualche modo.
Quindi, le rispose.

"Ehi anche a te."
Scott restava in piedi al centro dei binari, le braccia contro il petto e lo sguardo come sempre all'apparenza freddo. A Gwen era sempre piaciuta quella forza che era in grado di esprimere con quei pochi gesti. L'avevano fatta sentire al sicuro molte volte. Udendo la risposta di lui, Gwen allargò il proprio sorriso.
"Mi dispiace, Scott." disse infine la ragazza, sospirando amaramente. Era andata contro il proprio orgoglio, ma lo aveva fatto a fin di bene, si disse.
"Ti scusi?" domandò scettico il rosso, squadrando la giovane al suo fianco divertito. Era davvero piccola rispetto a lui, gracile come un fuscello. Eppure, era in grado di scatenare una vera apocalisse. Anzi, forse lo aveva già fatto.
Lei alzò lo sguardo, scontrandolo con quello di lui.
"La Gwen che conosco io non si scusa per nulla al mondo." le disse, nascondendo il proprio sollievo, deciso a sembrare impassibile come sempre -nonostante il sorriso che lo tradiva- "Quella ragazetta di mia conoscenza è cocciuta e orgogliosa. Ma che le è successo?"
La dark sorrise anch'ella, felice dell'umore del rosso, ed in risposta gli diede un leggero buffetto allo stomaco "Fidati è ancora cocciuta e orgogliosa!" gli disse dunque, prima di tornare seria "Ma non vuole che una delle persone più importanti per lei, pensi che non ci tenga."
Anche il cipiglio del rosso prese una certa serietà, udendo quell'ultima frase. Non era certo di come rispondere. Non voleva perdere quella sua apparenza dura, impossibile da scalfire, ma al medesimo istante voleva che Gwen capisse quanto lui ne fosse felice. Quanto si sentisse sollevato per quelle scuse. E   tra tutte le migliaia di parole che esistevano, scelse quelle.
"Tra fratelli ci si vuole sempre bene, comunque vada a finire. Ricordalo."

La conversazione tra i due finì così, in quanto un gesto di Edward attirò l'attenzione di tutti i presenti.
L'uomo, una volta in piedi, dritto e fiero come una fenice, al centro dei binari, sollevò contro il firmamento limpido un pugno orgoglioso e determinato. Sulle nocche di esso primeggiava una scritta che Gwen aveva già notato qualche volta. Le quattro lettere, incise in modo indelebile sottopelle, andavano a comporre la parola 'Free', libero. Rimase in quella posizione qualche secondo, sorridendo all'orizzonte che si estendeva infinito di fronte a loro. La brezza gli scompigliava i capelli chiari ed il tempo parve per qualche istante arrestarsi. Quell'immagine parve a Duncan l'emblema di una libertà incredibilmente giusta, ed improvvisamente più raggiungibile. Edward era un uomo saggio di una saggezza colma di giustizia, che prendeva in esame sia poveri che ricchi, che non classificava le genti secondo il loro aspetto, ma secondo il loro comportamento. Si trattava di qualcosa che, sotto il potere governativo, risultava pressocchè introvabile. E per qualche istante, Duncan vide in lui una scintilla familiare ed intramontabile, qualcosa che aveva già visto molte volte in un altro ragazzo.
"Cosa significa quella scritta?" domandò d'improvviso Gwen, arrestando i pensieri del punk, facendolo concentrare sulla figura della propria amata. Quest'ultima si era avvicinata al trentaseienne indagatrice, interessata a quel gesto che aveva appena compiuto.
"E' un simbolo di lealtà e resistenza." rispose sorridendo l'uomo, avvicinandosi alla giovane e posandole di fronte agli occhi la mano tatuata "Anni fa vi era una resistenza che combatteva il Governo. Si trattava di un potente gruppo di Ribelli. Il più potente." iniziò a raccontare Edward, mentre Gwen osservava incantata quelle poche lettere stagliarsi sulla sua pelle "Questo era ciò che ci permetteva di distinguerci." disse l'uomo, riferendosi al tatuaggio "Ed il pugno sollevato in aria è un segno."
Scott, tra i tanti, si fece avanti interessato, puntando i propri occhi in quelli dell'uomo "E che cosa significa?"
"Che è giunto il momento di ribaltare questa dittatura." rispose Edward sorridendo sghembo, prima di aggiungere un ultima cosa, un mormorio che Duncan -vicino più degli altri all'uomo- captò con una precisione tale da rabbrividire "Thomas, Helen. Sono qui per vendicarvi."


 
***


Thomas aveva ottenuto il consenso  della gente dentro l'ospedale. Improvvisamente quelle centinaia di persone non erano più ostaggi, ma veri e propri alleati: ragazzi e ragazze che si sarebbero stazionati sul fronte pur di mandare avanti quella propaganda di libertà e conbattività. Entro breve, oltretutto, il Governo avrebbe ricevuto una novità decisamente spinosa: i farmaci erano irraggiungibili. Con la povertà che dilagava in modo ampio, ma nascosto, nessuno aveva mai troppe medicine. Venivano ordinate in continuazione, e le scorte finivano in un lasso di tempo molto ristretto -di poche ore-. Avrebbero dunque dovuto attendere ben poco prima di ricevere notizie relative a quell'improvvisa crisi. Si sarebbe scatenato in pochi attimi un disagio popolare, e presto sarebbero stati i cittadini stessi, da ogni parte del mondo, a decidere di ribellarsi.
Niente mezzi pubblici, niente medicinali. Il caos era probabilmente già dilagato nelle città più distanti dalla capitale, in quelle che una volta dovevano appartenere all'Europa del Nord. Thomas immaginava i megaschermi sparsi per le strade trasmettere notiziari di continuo, i tutti relativi a quegli improvvisi problemi. Probabilmente avrebbero dato la colpa ad un qualche attacco fatto dai ribelli, ma la recluta era abbastantza convinta che in pochi vi avrebbero creduto, davvero pochi. Ergo, la battaglia era iniziata, e presto il Governo sarebbe tornato da loro per sapere cosa avessero intenzione di fare. Beh, Thomas aveva già il discorso pronto; avrebbe parlato di una resa, avrebbe richiesto con fermezza che tutte le milizie governative -repressori, gentiluomini, e soldati semplici- venissero ritirare, e che se questo non fosse accaduto, avrebbe mandato avanti quella follia, facendo spandere notevolmente il malcontento. Avrebbe preteso l'abdicazione del ministro Courtney, ed avrebbe infine richiesto con forza ed irremovibilità una giusta democrazia. Un Governo popolare dopo molti anni di dittutatura.
Ma proprio mentre sistemava gli ultimi dettagli del piano, una voce lo interruppe, attirando la sua attenzione.
"Thomas, là fuori succede qualcosa!" Bridgette, accostatasi alla finestra, osservava le truppe di repressori  che circondavano l'edificio. Eppure, qualcosa ben più distante aveva attirato la sua attenzione. Sopra un megaschermo posizionato in corrispondenza della facciata di un edificio, dove solo pochi istanti prima era stato trasmesso un notiziario, stava ora apparendo uno schermo nero con delle scritte. Subito la recluta si avvicinò alla bionda, ed iniziò a leggere ad alta voce.
"Tappatevi le orecchie e smettete di ascoltare. Ciò che sta accadendo intorno a noi non è altro che un tentativo di tornare alla libertà di un tempo. La povertà che dilaga, le sofferenze, le sparizioni ed i morti cesseranno di esistere. Vi sarà uguaglianza." le scritte scomparvero, sostituite da altre "Parliamo a voi, cittadini! Combattete per ciò in cui credete, non comportatevi da fantocci. Per una volta, non abbiate paura di ciò che potrebbe accadervi, perchè combatteremo tutti, e saremo imbattibili. Anche voi potete essere rivoluzione."
Quell'ultima frase fluttuò a lungo nel centro dello schermo gigante, sino a che non venne sostituita da un'immagine incredibilmente potente e significativa. Un pugno sollevato verso un cielo color vermiglio, con su scritta una parola molto più importante di quanto potesse sembrare.
La voce di Geoff si fece largo tra i presenti "Thomas, ma quello non è-" "Il simbolo della resistenza di cui ti ho parlato? Sì." lo interruppe la recluta, sorridendo sghemba ed assottigliando lo sguardo. Intorno all'ospedale, i repressori si erano voltati verso lo schermo, sconvolti dal fatto che qualcuno fosse davvero riuscito a bypassare il sistema di comunicazione del Governo. L'immagine del pugno tatuato, con su scritto 'Free', continuava ad essere trasmessa, ed i soldati avevano iniziato a guardarsi tra loro sconvolti.
"E quello" tornò a parlare dopo pochi istanti sempre la giovane recluta, riferendosi al gesto che appariva sul televisore "Quello significa che la guerra è agli sgoccioli. Avevo ragione; la Prima Resistenza esiste ancora."


 
***


I telefoni non smettevano di squillare. Ovunque, all'interno dell'edificio, vi erano segretarie e segretari intenti nel loro operato. Eppure, non potevano fare nulla loro. Si trattava di migliaia di lamentele, di richieste di aiuto per la mancanza di medicinali, di insulti per l'assenza dei mezzi pubblici. E poi, da parte dei piccoli sindaci delle città lontane, vi erano preghiere e singhiozzi. 'Il popolo si è stancato di cooperare', dicevano 'Ha iniziato a combattere. Ho mandato i soldati per le strade e ho ordinato loro di sparare a vista, ma così rischiamo di perdere l'intera popolazione'.
A Courtney non interessava più di perdere l'intera popolazione, a patto che lei sopravvivesse. Avrebbe eliminato ogni singolo abitante di Indianapolis, ma prima li avrebbe fatti torturare come si deve, sino a che la pelle non si sarebbe fatta carbonizzata, ed il sangue non sarebbe stata la sola cosa visibile. Sì, avrebbe sorriso soddisfatta di fronte il proprio bel quadretto di morte, ed i suoi fidati repressori avrebbero obbedito ciecamente ad ogni suo ordine. Niente più ribelli o folli militanti. Nessun dannatissimo bastardo traditore come Duncan Smitt, che aveva improvvisamente scoperto le bellezze che era in grado di dare la libertà. Ci sarebbe stato solo nuovo timore e nuova uniformità. Tutti uguali, ai suoi ordini come marionette. E le strade, oh, quelle ricoperte di sangue ed ossa. Un modo per ricordare a tutti di non osare mai più farle neppure uno sgarbo. Avrebbe cancellato la Desert_Zone ed avrebbe direttamente ucciso chiunque osasse sfidarla. Forse, in quel modo, quell'ammasso di persone, avrebbe capito quale era il giusto modo di atteggiarsi.
E poi, ancora, avevano preso possesso dei sistemi di comunicazione. Un branco ben popolato di Ribelli era riuscito a fare trasmettere un proprio filmato, ed ora quest'ultimo stava andando avanti  a ripetizione, senza sosta, aizzando persino i bambini contro di lei. Beh, i repressori non avevano pietà nemmeno per loro.

Un folle sorriso le delineò il volto, mentre una consapevolezza di faceva strada in lei: non era ancora giunto il momento di arrendersi definitivamente. Forse c'era un modo. Un modo per eliminare quella rivoluzione alla radice. Un modo per il quale non avrebbe dovuto sterminare un'intera popolazione mondiale, o ciò che ne rimaneva.
Sì, c'era sicuramente. Quei ribelli erano troppo magnanimi, facili da manovrare. E lei aveva un'idea.









 
  
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