Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Yvaine0    13/08/2014    4 recensioni
Questa è la storia di qualcuno che, semplicemente, è distratto; di qualcuno che è disattento e di qualcun altro che invece è fin troppo premuroso. È la storia di chi parla troppo, di chi nuota troppo veloce, di chi ha paura di parlare e di chi, invece, dice sempre le cose come stanno. È la storia di come la disattenzione di qualcuno può portare alla sofferenza di un altro e a volte, di conseguenza, alla nostra. È la storia di errori di distrazione notati un po' in ritardo, ma mai troppo. È la storia di chi ama, di chi ascolta e di chi parla, di chi sbaglia e di chi corregge, di scelte giuste ed errate. È la storia di Michael e Shae-Lee, di Calum, di Debbie, di Ashton, River e Luke.
«River sta con Luke. Ma allora perché sembra avere una cotta per Ashton?»
«È complicato».
«Allora spiegamelo».
«Ho un'idea migliore. Perché non mi spieghi perché Debbie ce l'ha tanto con me».
«Perché sei troppo distratto e non ti accorgi di come stanno le cose».
Michael si acciglia. Questo cosa dovrebbe significare? «E come stanno le cose?»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



8.

La domenica il sole di mezzogiorno splende caldo e alto nel cielo sulla città, ma nemmeno il più piccolo raggio filtra all'interno della stanza di River Loveday. La tapparella è abbassata e lei è nascosta sotto il lenzuolo, il cuscino a coprirle la testa, nella speranza di poter non riemergere più dal dormiveglia. L'ultima cosa che vuole in questo momento è risvegliarsi dal proprio torpore e affrontare la realtà, i ricordi della sera prima, le nuove emozioni che non è mai stata brava a contenere.

Vorrebbe solo essere insensibile in questo momento. O aver dimenticato tutto. Sta dando il meglio di sé per non dare un nome al tutto da cui vorrebbe liberare la mente, come se l'anonimato potesse diminuire la sofferenza. Per il momento la tecnica funziona, in ogni caso, per cui continua a definirlo in quel modo un po' astratto e indefinito, senza volerlo ricollegare a nessun volto in particolare.

La tristezza è lì, dietro l'angolo, e aspetta solo che River metta piede nel mondo reale per prenderla a braccetto e portarla con sé lungo sentieri mentali che lei vorrebbe invece solamente evitare. Ma non può. Anche mentre pensa in maniera così astratta e probabilmente un po' sciocca alla sua sofferenza, sa che non può evitarla. Ed ecco che senza nemmeno rendersene conto cade nel tranello: non può, non può non pensare ad Ashton che stringe la mano di quella Nat orribilmente carina e simpatica; non riesce a non ricordare il modo in cui si guardavano, la sensazione che tutto ciò che aveva temuto si fosse verificato. Era stata una stupida a illudersi che Ashton non avrebbe mai trovato qualcuno – stupida ed egoista. Lui meritava una ragazza che la amasse, qualcuno in grado di fargli sentire le farfalle nello stomaco e il cuore leggero, non che si limitasse ad arrossire a ogni suo sguardo.

Sbuffa contro la stoffa del cuscino e serra gli occhi, sperando di impedire alle lacrime di uscire.

Un leggero bussare alla porta insolitamente chiusa della sua camera le comunica l'arrivo di uno dei suoi genitori, forse papà, per tirarla giù dal letto. «River, tesoro, posso entrare?»

Lei grugnisce un «No»: le sta andando tutto male, non vuole vedere nessuno, tanto meno parlare o farsi vedere in quello stato. La sera precedente non si è nemmeno struccata, il leggero trucco che aveva messo sugli occhi ora è secco, sbavato e colato sulle guance.

Lo stomaco duole, affaticato da tutti i rospi ingoiati la sera precedente – prima l'arrivo di quella Nat, poi tutti i sorrisi e le battutine di Ashton, gli abbracci d’incoraggiamento di Calum mentre Luke non si azzardava nemmeno a guardarla. Le viene da vomitare solo a pensarci. Prende un respiro profondo e calcia via il lenzuolo, che si affloscia ai piedi del letto.

Debbie le ha detto che probabilmente è solo un brutto periodo, le ha promesso che prima o poi tutti i suoi attuali problemi saranno solo un lontano ricordo, di cui sorriderà senza più la minima traccia di dolore, ma onestamente River non riesce a crederci.

Non è mai passata attraverso una crisi così grande, le sembra di star cadendo in un pozzo senza fondo sotto lo sguardo impassibile del suo unico appiglio. Non ha mai attraversato una tempesta senza aggrapparsi alla mano di Luke, e ora si sente sola nel bel mezzo della nebbia, senza sapere da che parte andare, dove guardare, se fermarsi o camminare in una direzione qualunque.

«Tesoro, va tutto bene? Dormi? È pronto in tavola».

La ragazza si trascina giù dal letto, arriva alla porta, la socchiude e risponde senza farsi vedere, riparata dalla superficie in legno chiaro. «Non ho fame».

Segue una breve pausa, durante la quale il signor Loveday, accortosi della voce flebile e tremula della figlia, riflette su quale sia la reazione migliore a quella presa di coscienza: lasciarla in pace oppure insistere per ottenere spiegazioni? Sospira sommessamente, poi annuisce e fa un passo indietro. «Non ti senti bene?» domanda, nel tono meno apprensivo che riesce a trovare.

«Non molto» ammette lei e, non vista, non riesce a trattenere una smorfia frustrata. “Non molto” è un eufemismo, non ricorda di essere mai stata psicologicamente così male prima d'ora. «Rimarrò ancora un po' a letto» annuncia, sperando nella tolleranza del padre, che anche questa volta non la delude. Basta poco perché lui le raccomandi di chiamare in caso di bisogno e si allontani per comunicare alla moglie la sua decisione.

Quindi ora River è di nuovo sola con se stessa; chiude la porta e prende qualche respiro profondo. Improvvisamente al buio si sente soffocare, complice l'aria viziata di una notte spesa con la finestra chiusa. Corre alla finestra, spalanca i vetri e, letteralmente, si aggrappa al nastro per alzare la tapparella.

La luce del mezzogiorno entra prepotentemente nella camera, ferendole gli occhi chiari e portando un'atmosfera allegra che poco si addice all'umore effettivo di River. Anzi, pensa lei, il tempo quel giorno si mostra proprio opposto al suo stato d'animo; c'è qualcosa di assurdo nel sentirsi così depressi mentre fuori la natura dà il meglio di sé per anticipare l'arrivo dell'estate.

Non si cura più di tanto dei tentativi della Terra di trasmetterle allegria, e torna presto a letto: si tuffa sul materasso e nasconde il viso nel cuscino soffice che già porta i segni del suo trucco colato. Non ha voglia di camminare fino al bagno per sciacquarsi il viso e svuotare la vescica; è troppo avvilita anche solo per piangere. Non sa che fare. Fosse per lei se ne starebbe stesa a pancia all'aria tutto il giorno, lasciandosi semplicemente andare, in attesa che il buon umore torni da solo. Eppure sa che non arriverà, non per lei, non oggi. Per Ashton, forse, perché la sua Nat probabilmente sa esattamente cosa dire per tirargli su il morale; magari anche per Luke, il cui problema più grande sembra essere proprio lei.

Sbuffa, poi sospira e sbuffa di nuovo. Si tira il cuscino sulla testa e lascia che una serie imprecisa e insensata di mormorii escano dalle sue labbra. Non riesce nemmeno a pensare, sente solo una pesante agitazione dentro di sé; è una sensazione opprimente d’impotenza e inutilità. La si potrebbe definire apatia? Forse. River sa solo che la sente dentro e che vorrebbe liberarsene: per questo sbuffa e sospira, nella speranza di farla uscire assieme all'aria dai polmoni.

In cerca di qualche distrazione cerca il cellulare sul comodino; collega gli auricolari, accende il lettore mp3 e solo allora dà un'occhiata a tutte le notifiche ricevute: tre chiamate perse da Debbie, una da Shae-Lee, poi una serie di SMS di incoraggiamento da parte della prima che River nemmeno legge, perché non ha voglia di essere confortata. Apre invece l'unico proveniente da Calum: “Non sono la persona giusta, lo so, ma se hai bisogno io ci sono. Mi dispiace, Riv”.

All'improvviso sente la rabbia montare nel petto. Non riesce a credere l'abbiano cercata tutti tranne Luke. Tutto questo è ridicolo: persino Calum lo ha intuito, che l'unico di cui River ha veramente bisogno è proprio lui; ma le ha scritto comunque, perché quel testone non avrebbe fatto il primo passo nemmeno sapendola chiusa in casa col cuore spezzato.

Vorrebbe solo che Luke fosse lì con lei, che la guardasse in silenzio e abbozzasse un sorriso nella speranza di accenderne un riflesso in lei. Vorrebbe che le abbracciasse e le portasse una vaschetta di gelato fragola e limone, di cui lui avrebbe monopolizzato la parte più dolce, lasciandogliene solo poche cucchiaiate.

È arrabbiata, invece, perché il suo migliore amico la odia e non ne sa il motivo, e avvilita, perché Ashton non è mai stato minimamente sfiorato dal pensiero di piacerle. E River non saprebbe dire se la colpa sia della sua ottusità o della propria timidezza, ma sa che Nat è una ragazza fortunata e che lei la invidia da morire. Non riesce nemmeno ad odiarla, perché non è nella natura di River, che ora, finalmente, sta piangendo. E non c'è più quel senso di pesantezza dentro il suo petto: ora è la gola a dolerle, mentre gli occhi pizzicano e tutta la sua frustrazione cola lungo le sue guance in gocce salate; il loro sapore le bagna le labbra, dando un tocco ancora più amaro a quel misto di rabbia e tristezza che si sta impossessando di lei. Continua a piangere, rivivendo mentalmente i sorrisi felici di Ashton, gli sguardi infatuati di Nat, quelli di apprensione di Debbie, la forzata allegria di Calum e la totale indifferenza di Luke. L'ultima, se possibile, le fa ancora più male della delusione amorosa: non solo il ragazzo di cui è innamorata prova sentimenti per un'altra persona ma, addirittura, l'unico in grado di sorreggerla e impedirle di cadere non è e non vuole essere al suo fianco. Se solo fosse riuscita a parlarne in quei giorni almeno ora ne conoscerebbe il motivo e, anzi, forse a questo punto avrebbero persino già risolto il problema. Ma River è una codarda, si dice: non riesce a combinare nulla di buono per paura di peggiorare le cose. E ora? Ora ha perso tutto ciò che per lei contava, senza nemmeno poter dire di aver fatto del proprio meglio, di aver lottato per loro.

Un singhiozzo le scuote le spalle, mentre quella consapevolezza le sconquassa il petto. Il suo cuore batte più forte, quasi volesse uscire e correre via per i fatti propri, lontano da tutte quelle emozioni distruttive: delusione, tristezza, solitudine, rimpianto, frustrazione, rabbia.

Affonda il viso nel cuscino e grida contro la stoffa, attutita dall'imbottitura. Grida tanto, finché la gola non le fa troppo male per continuare, senza mai smettere di piangere, interrotta solo dai singhiozzi.

L'unica cosa che vorrebbe in questo momento è un abbraccio di Luke.


 

*


 

Le cifre verdi della sveglia digitale sul comodino segnano l'una e venti di pomeriggio quando Michael Clifford apre gli occhi, per poi richiuderli subito con disappunto, nell'accorgersi di essersi appena svegliato. Non gli importa dell'ora, l'unica cosa che sa è che quel giorno è domenica e, in quanto tale, lui ha il sacrosanto diritto di trascorrerla interamente a letto.

Riabbassa le palpebre, quindi, e cerca di spegnere il cervello: vuole riaddormentarsi. Ha sognato di aver portato Shae-Lee in sala giochi al loro primo appuntamento e- un momento, è successo davvero.

Michael sgrana gli occhi e si alza a sedere; scompiglia i capelli dal colore scuro, strofina i pugni sulle palpebre e, per sicurezza, si pizzica un braccio. Sì, è decisamente sveglio; ma allora perché è ancora convinto di aver passato una serata grandiosa assieme a Shae-Lee Anning in sala giochi? Insomma, non può davvero essere capitombolato al suolo mentre giocava a Dance Dance Revolution, di fronte ad una piccola folla di curiosi e, soprattutto, a lei.

A giudicare dagli sms che legge sullo schermo del telefonino, invece, è andata proprio così. E lo sanno già tutti – come fanno a sapere già tutti della sua figuraccia? Può scommetterci che è stata River a spifferare tutto a Luke e Calum. Ripensandoci, in effetti, forse questa volta l'ha spifferato solo a Calum e lui ha provveduto ad informare gli altri. Persino Ashton lo sa: “Hai fatto la figura dell'idiota a DDR e ti sei perso Nat nella stessa serata. Hai fatto faville, amico!”

Michael ridacchia e si gratta la testa. E Nat chi sarebbe?

Alla sua domanda risponde il successivo SMS, da parte di Calum: “Ashton ci ha presentato la sua ragazza, River è chiusa in bagno e Luke è ubriaco. Se la tua serata non sta andando meglio della mia, non ti perdonerò mai l'assenza.”

Rilegge il messaggio tre volte prima di riuscire a collegare le varie informazioni come una catena di cause ed effetti. «Ouch» commenta con voce ruvida, strizzando gli occhi ancora impastati dal sonno. Dev'essere stato un brutto sabato sera per chi era rimasto al Denim.

Sorride, pensando che lui invece è stato fortunato. Non vede l'ora di incontrare di nuovo Shae-Lee. Non credeva possibile prima d'ora che qualcuno sulla faccia della terra potesse essere così tanto in sintonia con lui; si è sempre sentito dare dello strano, dello sfigato, del nerd. Shae-Lee invece non solo non lo prende in giro, ma sembra condividere tutte le sue passioni. Michael è sincero quando si chiede come abbia fatto a non notarla prima: è sempre stata sotto il suo naso, con i sorrisi dolci, la risata allegra e le guance arrossate. Sempre. Come è potuto essere così distratto da non accorgersi di lei?

Continua poi a scorrere la lista degli SMS ricevuti; ce ne sono quattro di sua madre, che lo rimprovera per essere un pigro dormiglione, uno dell'operatore telefonico e infine trova quello che lo sprona ad alzarsi dal letto, vestirsi e uscire, anche se non prima di aver agguantato un pezzo della pizza di ieri in cucina: “Nuovo materiale, lo adorerai. 2:30 pm da me”, c'è scritto.

Alle due e mezza Michael è al luogo dell'incontro. Quando ne esce, qualche ora più tardi, ha i capelli fucsia.


 

*


 

Sono le tre del pomeriggio, e nel giardino di casa Hood due ragazzi stanno sfruttando il bel tempo per non fare nulla di produttivo. L'intento iniziale, a dire il vero, era quello di lavorare a qualche nuova canzone; niente cover, questa volta, ma un testo nuovo, nella speranza che prima o poi potranno esibirsi con i propri lavori, invece che sulle note già cantate da qualcun altro prima di loro.

Quindi, ricapitolando, in teoria oggi pomeriggio a casa Hood si scrive musica, in sostanza ci si annoia supini nel prato alla ricerca d’ispirazione.

Calum sta sospirando, mentre Ashton continua a far saltare la pallina da ping-pong sulla racchetta. Di solito giocare li stimola a conversare e sfornare nuove idee, ma oggi, per qualche motivo, l'usuale tecnica non sembra funzionare. Non solo nessuno dei due è particolarmente ispirato, ma entrambi hanno poca voglia di parlare.

I pensieri di Calum vertono sui loro amici comuni, sulle ipotetiche condizioni della loro River, su quelle di Luke, che di riflesso non deve passarsela molto bene, e ancora si chiede come mai non abbia ricevuto notizie di quel cretino di Michael: dubita che Shae-Lee Anning l'abbia rapito, e ancora di più che lui sia rimasto a dormire da lei. Non che lo ritenga uno sfigato, per carità: semplicemente Michael Clifford è un po'... lento, in certe questioni. Dio solo sa, per esempio, quanto tempo ha impiegato per accorgersi d’interessare a Shae-Lee – sempre che se ne sia accorto.

Paradossalmente, anche la mente di Ashton sta percorrendo gli stessi sentieri. Credeva che ai ragazzi avrebbe fatto piacere conoscere Natalie, ma quando l'ha portata in mezzo a loro l'unica reazione che ha ottenuto è stato il panico generale. Perché? Okay, non ha mai parlato a nessuno di Nat, ma non credeva che presentarla senza prima preparare il terreno causasse tanto scompiglio. Luke addirittura si è sbronzato – e solo a pensarci ad Ashton viene da ridere – mentre River è corsa a casa, dicendo di stare poco bene. Anche Cal si è comportato in modo strano: ha fatto il buffone più del solito, si è impegnato troppo per alzare il morale collettivo. L'unico a non essersi accorto di cosa stava realmente succedendo, indovina, era lui.

Anche l'insolito silenzio che c'è tra loro quel giorno lo insospettisce. È piuttosto sicuro di non aver nulla per cui scusarsi, ma è anche curioso di sapere che cosa stia accadendo, quindi dirotta l'ultimo lancio della pallina da ping pong contro Calum, che viene colpito proprio sulla fronte, di rimbalzo.

«Ouch» si lamenta fulminandolo con lo sguardo, poi ride forte ad occhi chiusi; «sei un disastro!» dice; avrebbe voluto dire “una merda”, ma è sicuro che sua madre li stia controllando dalla finestra e, no, Calum non vuole sentire una ramanzina di domenica mattina di fronte ad uno dei suoi migliori amici.

Ashton intuisce l'antifona e si esibisce nella sua solita risata singhiozzante, da cui è impossibile non essere contagiati. Quando sente di aver rivisto mentalmente quella scena un numero accettabile di volte, smette gradualmente di ridere e si soffia via i capelli dalla fronte. «Senti, ma...» Come introdurre quel discorso dal nulla senza sembrare paranoico? «Sai qualcosa di River? Che le è successo?» Ottima scelta.

Calum si issa sulle braccia e si siede sull'erba; è questione di poco perché uno dei suoi cani lo veda e lo raggiunga di corsa, acciambellandosi tra le sue gambe con tutto l'intento di leccargli la faccia, perché è chiaro che il suo padrone voglia giocare: è seduto sul prato! Il ragazzo ridacchia, lo allontana appena e poi si scompiglia i capelli con fare imbarazzato, tornando subito a grattargli il pelo tra le orecchie.

«Non lo so» risponde poi nel tono più neutro possibile. Se lo stava chiedendo anche lui solo un attimo fa: non ha risposto al suo SMS, probabilmente dorme ancora, nella migliore delle ipotesi, oppure si è rinchiusa in una qualche bolla di depressione tipicamente femminile a mangiare gelato e guardare Titanic per la milionesima volta. «Ieri sera non si sentiva bene».

«Tutto qui? Roba da ragazze?»

Tutto qui? Una parte di Calum vorrebbe guardare Ashton dritto negli occhi e spiegargli che, lo sa?, le ha spezzato il cuore senza nessun preavviso, senza che nessuno potesse prepararla al peggio – tutto qui. L'altra, invece, lo ferma: lei non sarebbe d'accordo e nemmeno Luke; Michael probabilmente gli direbbe di fare quello che vuole, invece. E Calum?

Lui vorrebbe che i suoi amici smettessero di soffrire, vorrebbe aprire gli occhi a tutti questi cretini che gli girano intorno, perché non è possibile che nessuno si accorga di chi si fa in quattro pur di attirare la loro attenzione. Tutti, tutti i suoi amici hanno questo problema: Michael si è accorto solo ora di Shae-Lee, River non si accorge di Luke, che ovviamente non si accorge di lei, e nemmeno Ashton si accorge di River. Per un istante vorrebbe aggiungere Debbie alla lista, ma probabilmente lei si accorge fin troppo bene dei sentimenti di tutti, semplicemente non è interessata a lui.

Quindi al diavolo tutto, si dice, questa volta Calum Hood vuole dire la sua, aprire gli occhi a chi ancora si ostina a tenerli serrati e a camminare alla cieca: «Davvero non te ne sei mai accorto, Ash?» gli chiede allora, guardandolo con aria così seria che l'altro non può che ridacchiare nervosamente e preoccuparsi.

«Di cosa?»

«Di River».

«In che senso? Cal, cosa dici?»

Quindi, no, non se n’è mai accorto davvero. Questa è un'attenuante? L'ha sempre illusa, ma solo inconsapevolmente. Per qualche motivo il quadro non gli sembra affatto meno irritante.

«È cotta di te! Davvero, Ash, come si fa? Se ne sono accorti tutti!»

Ashton sgrana gli occhi e sghignazza nervosamente ancora una volta. «Ma cosa dici? Di Luke, non di me».

Okay, forse il suo amico non è del tutto cieco – ha notato ciò che anche lui e Mikey suppongono da sempre – ma continua a non vedere il punto della situazione. «So quello che dico» insiste; usa un tono così fermo e deciso che Ashton non può fare altro che sospirare arrendendosi alla realtà. Circa.

«Ma non è possibile!»

Ciò che davvero non è possibile è che lui non ci abbia mai fatto caso. È ridicolo. Evidentemente gli abbracci, le piccole avventure e tutte le cose carine che gli piace tanto sputacchiare attorno ad ogni ragazza che vede hanno fatto effetto sul cuore tenero di River. Non gliene sta facendo una colpa, vuole solo che capisca: non è qualcosa di poco conto ciò che è successo la sera precedente con l'arrivo di Nat, non è “tutto qui”. È il cuore spezzato della sua migliore amica e Calum non riesce a non indignarsi della noncuranza con cui Ashton ne sta parlando.

Lui sembra cogliere la nota di rabbia nella sua voce, perché tutto d'un tratto si fa serio. Fatica a credere a una cosa simile, ma a quanto pare ha ferito la piccola River, quella che considera come una sorellina. Ashton sospira e fa una smorfia. «È mia amica» dice ancora, come se quella frase bastasse a giustificarlo: non l'ha fatto apposta, si sentiva al sicuro da una simile eventualità.

Calum fraintende: «Sì, anche nostra. Ma, sai, non è una sorta di vaccino antinfluenzale, non ti rende immune dai sentimenti altrui».

Cala il silenzio.

Calum torna a guardare il suo cane, che ricambia il suo sguardo con un'empatia di cui a quanto pare i suoi amici non sembrano capaci. Gli accarezza la testa e lascia che gli annusi il collo, nonostante il solletico.

«Non lo sapevo» mormora Ashton dopo un po', una volta presa coscienza del motivo per cui la sera prima tutti sembravano in preda al panico.

«Lo so».

Gli dispiace che sia successo, lui, davvero, nemmeno lo immaginava. Ha sempre pensato che quella che condivideva con River fosse un bel rapporto, un'amicizia fraterna destinata a durare nel tempo; invece è risultata una storia d'amore a senso unico, in cui lei recita la parte della vittima e lui quella del crudele aguzzino. Non può negare di sentirsi in colpa, ma non lascia che quel sentimento prenda il sopravvento, perché il rumore delle implicite accuse di Calum è troppo forte per essere ignorato. Come può essere il cattivo della fiaba se fino a un attimo fa non sapeva nemmeno della cotta di River? Ha sempre pensato, come tutto il resto della compagnia, che tra River e Luke ci sia del tenero; ne è ancora convinto, nessuno può togliergli dalla testa quella certezza. Questo significa che l'unica causa delle pene d'amore dei suoi amici non è altri che lui stesso?

Sbuffa e lentamente si rialza in piedi, lasciando poi cadere la racchetta da ping pong nel prato. «Oggi non combiniamo nulla» decide di rendere palese a mo' di congedo ciò che già avevano intuito entrambi.

Calum, che non è distratto come tutti gli altri, si accorge dell'offesa che irrigidisce i suoi tratti: mandibola serrata, fronte appena corrugata, lo sguardo fisso e duro. Eppure non si sente in colpa nemmeno un po': non ha detto nient'altro che la verità.

«Credo anch'io» lo appoggia invece e si toglie finalmente il cane di dosso; si alza, stiracchia la schiena e poi guarda l'amico dritto negli occhi. “Non ce l'ho con te, non è colpa tua” significa quello sguardo, ma la sua bocca dice solo: «Me l'hai chiesto e ti ho risposto».

Ashton avrebbe da obiettare sul suo “aver risposto”: tra le righe è stato incolpato di aver lasciato crescere qualcosa che lui non aveva visto nemmeno germogliare. Se Nat l'ha strappato non è propriamente colpa sua; se l'avesse saputo ne avrebbe parlato con River in anteprima oppure non l'avrebbe presentata loro proprio per niente. Sbuffa e scrolla le spalle, come a sminuire la propria offesa. «Mi dispiace» borbotta invece, sembra più contrariato di quanto non vorrebbe.

Cal allarga le braccia. «È andata così» mormora e gli dà una pacca sulla spalla, senza sapere nemmeno lui il perché – è River quella che necessita conforto.

Così si separano, entrambi un po' troppo amareggiati per aver condiviso una semplice sessione di scrittura. Calum lo accompagna al cancello, lo guarda allontanarsi senza una parola di più e torna indietro. Sospira mentre raccoglie la racchetta dal prato e si trascina alla pensierosa ricerca della pallina, rimbalzata chissà dove. Da una parte è preoccupato che quella rivelazione possa portare altri guai, ma dall'altro è sollevato: almeno ora Ashton sa come stanno le cose e non rischierà, se lo conosce, di fare ancora del male a River. È meglio così, sì. E il prossimo passo sarà aprire definitivamente gli occhi a Luke.

*

Sono le tre del pomeriggio e, se possibile, il tempo è ancora più bello di qualche ora fa: il caldo sta iniziando ad essere soffocante, ma l'aria è asciutta; sarebbe il giorno perfetto da trascorrere in spiaggia, pensa Luke, ma continua a salire le strette scale che portano al secondo piano di casa Loveday con un barattolo di gelato ormai caldo e due cucchiai tra le mani grandi.

Colpisce leggermente con le nocche la porta di legno della stanza di River e aspetta che succeda qualcosa.

Quando lei glielo chiederà, lui non saprà spiegarle il perché sia andato a trovarla quel pomeriggio. A dire il vero, semplicemente, il pensiero della sua migliore amica rinchiusa in camera da sola col cuore in pezzi lo ha turbato fin da quando ha aperto gli occhi questa mattina; non ci ha riflettuto nemmeno un attimo prima di correre in cucina e spalancare il freezer alla ricerca di un barattolo di gelato confezionato fragola e limone, di cui, ovviamente, non c'era nemmeno l'ombra.

«Avanti».

Quindi ora sta entrando nella stanza di River come se niente fosse, fingendo che il cuore non gli si stringa quando la trova a guardarlo ad occhi sgranati con il trucco della sera prima colato sulle guance ancora bagnate di lacrime, sdraiata tra le lenzuola.

Alza il barattolo e si richiude la porta alle spalle. «Stracciatella» le annuncia, «in casa c'era solo questo».

La ragazza si alza a sedere a gambe incrociate sul letto e si passa una mano tra i capelli per portarli all'indietro; lo guarda senza sapere cosa dire o pensare, per un attimo dimentica di tutto al di fuori di Luke Hemmings, che in questo momento è in piedi proprio davanti a lei e la sta osservando in attesa che gli dia il permesso di rientrare nella sua vita, come se niente fosse successo. E River non aspettava altro che questo, anche se ormai aveva smesso di sperarci.

Si asciuga le lacrime col dorso di una mano, poi mormora un flebile «Ciao», mentre già si sta spostando di lato per fargli posto.

Luke sorride e si avvicina in fretta, va a sedersi accanto a lei. «Tua madre si è raccomandata di non sporcare» dice; apre il barattolo di gelato e le porge un cucchiaio, un attimo prima di notare che nel contenitore non c'è altro che una poltiglia biancastra costellata di minuscole scaglie di cioccolato. «Si è sciolto!» realizza ad occhi e bocca spalancati, come se la cosa non fosse abbastanza ovvia.

River di fronte a quella scena non riesce a non ridere debolmente. Affonda comunque un cucchiaio nel barattolo e si riempie la bocca di gelato. «È buono comunque» commenta, invitandolo a fare lo stesso. Non sarà il cestello fragola e limone che sono soliti condividere in modo poco eguale, ma è pur sempre il tentativo di Luke di porgerle una mano per uscire dalla sua pozza di tristezza e lei non ha alcuna intenzione di sputarci su.

Mangiano in silenzio per qualche istante, poi lui, finalmente, azzarda a chiedere ciò che gli preme di più: «Come ti senti?»

La ragazza sospira pesantemente, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi quando ammette: «Uno schifo».

Anche Luke sospira; l'aveva immaginato, ma una parte di lui sperava di sbagliarsi. Le avvicina ulteriormente il barattolo di gelato sciolto: «Due cucchiai te e uno io», decreta: «ne hai più bisogno».

River ride e obbedisce, poi finalmente alza lo sguardo su di lui. «Ora sto meglio» annuncia sorridendogli riconoscente; si riferisce un po' al gelato e un po' alla sua presenza, l'unica domanda che lei si pone è: l'avrà capito?

A Luke non importa dei sottintesi di quella frase, il succo è ciò che conta: ora sta meglio. Quindi sorride a sua volta, prende un altro cucchiaio di gelato e si sente a casa. Se lei glielo chiedesse in questo momento, lui non saprebbe dirle cosa l'abbia spinto ad allontanarsi da lei, il motivo per cui non riuscisse e non volesse più parlarle. Non ne ha idea perché ora, mentre è con lei, sente che tutto si sistemerà, sempre che non sia già tutto sistemato.

«Tu lo sapevi?» gli chiede lei.

«Che cosa?»

«Della ragazza di Ashton».

Luke avverte il familiare pizzicore della gelosia alla bocca dello stomaco, ingoia un'altra cucchiaiata di stracciatella e scrolla le spalle larghe – quelle che, secondo Calum e River, lo fanno sembrare un armadio. «No» ammette, cacciando quella sensazione fastidiosa ma familiare. È tutto tornato come prima, è evidente. «Tu?»

«Nemmeno» risponde lei in un sospiro. «Non lo so, immagino che avrei dovuto saperlo, che prima o poi sarebbe successo, ma non ero pronta» continua, agitando il cucchiaio con fare assorto. «Anche se forse non sarei mai stata pronta».

«Avrebbe fatto male in qualunque modo» conferma Luke, lasciandosi cadere supino tra le lenzuola. «Fa sempre schifo vedere la persona che ti piace assieme ad un'altra». È il suo stesso commento a ricordargli ciò che gli ha detto Calum la settimana scorsa in spiaggia: lui non sopporterebbe di vedere nessuno al fianco di River.

Prova ad immaginare per qualche istante che ci sia qualcun altro al suo posto con un barattolo di gelato dei gusti giusti, qualcuno disposto a darle il suo appoggio e a confortarla, qualcuno che, magari, la abbracci e le accarezzi dolcemente i capelli fino a farla addormentare. Immagina che quel qualcuno sia Ashton. Si morde il labbro inferiore, non riesce nemmeno a visualizzare la scena. Quello è il suo posto e di nessun altro.

Senza neanche pensarci, prende per mano River e la tira più vicino a sé; lei si stende al suo fianco e appoggia la testa sulla sua spalla, il vasetto di plastica a separare i loro corpi.

«Ora sporco il materasso, di sicuro» mormora lei stiracchiando un sorriso incerto, ma senza smettere di mangiare mormorando supposizioni deliranti su come avrebbe potuto attutire il colpo ricevuto solo la sera prima.

Luke la ascolta, ogni tanto ridacchia e smentisce le sue assurde elucubrazioni mentali. No, non avrebbe potuto scoprirlo per vie traverse: nemmeno loro lo sapevano! E, no, non sarebbe riuscita in alcun modo ad estorcere la verità ad Ashton: quando vuole mantenere un segreto non c'è modo d’impedirglielo.

Gli è mancato sentire la sua voce, vederla gesticolare animatamente quando si agita, gli è mancato abbracciarla e rifugiarsi con lei sotto il lenzuolo, come se non fosse troppo caldo anche solo per stare vicini, come se non avessero mai smesso di parlarsi, come se non esistesse nessun altro al mondo al di fuori di loro due.

Parlano, ora, come se nulla fosse successo. Recuperano tutti i momenti sprecati a chiedersi che cosa non andasse nella loro amicizia e addirittura, quando River si assopisce tra le sue braccia, Luke sa dare una risposta a quella domanda: il problema della loro amicizia è che, non meno di quella tra lei e Ashton, lì c'è di mezzo un amore a senso unico.

È una situazione triste, Luke se ne rende conto: prova dei sentimenti più profondi del previsto per la sua migliore amica e probabilmente non glielo dirà mai, per evitare di rovinare il bellissimo rapporto che negli anni è cresciuto con loro. Dirle una cosa del genere pur sapendo di essere un fratello per lei sarebbe puro masochismo, sarebbe come prendere anni e anni trascorsi insieme e buttarli nel bidone. Impossibile non avere rimpianti.

Ora non vuole pensarci, comunque: lei è lì e loro sono di nuovo fianco a fianco. Le accarezza la testa e abbassa le palpebre. Si bea della sensazione delle farfalle nello stomaco, del dolce – e per niente soffocante, nonostante la temperatura – calore che gli infonde. Se è destinato a poter ottenere solo questo da lei, be', a lui va benissimo.






Sono leggermente turbata da tutto il tempo che ci metto per aggiornare. Giuro, non ci avevo proprio fatto caso, ma sto scrivendo un capitolo al mese e non ho proprio idea di come facciate a sopportare una cosa simile. Se c'è qualcuno che davvero mi sta seguendo dall'inizio (o anche da poco, perché comunque l'attesa dev'essere snervante) lo ringrazio di tutto cuore. Davvero, avete tutta la mia gratitudine se ancora non avete smesso di seguirmi. 
Mi sono accorta da poco anche che la storia ha ormai un anno, ma ancora non è arrivata al decimo capitolo. Non so, che tristezza ç_ç mi piacerebbe avere più tempo per scrivere e molti meno blocchi, ma purtroppo le cose stanno così. Anche in questo momento dovrei star studiando, teoricamente.
Un'altra cosa che ci tengo a dirvi è che, no, davvero, non sono un'ingrata; oggi forse non riuscirò a rispondere alle recensioni, ma prometto che lo farò presto, perché mi dispiace sempre non farlo. Come a me fa piacere ricevere un feedback, sono sicura che sia lo stesso per chi mi recensisce. Mi impegno, promesso. :)
L'ultima cosa è che, se tutto va secondo i piani, la storia conterà 14 capitoli, circa. Spero che non mi servano quindi altri sei mesi per scriverli (no, davvero, ew). 
Ciò che mi stupisce davvero è vedere che c'è gente a cui questa storia piace davvero. Apprezzo tantissimo, sono sincera. Come ho precisato nei primi capitoli, ho iniziato a scriverla senza sapere dove sarei andata a parare e senza alcun impegno. Con un po' di presunzione, lo ammetto, avevo anche pensato che sarebbe stata la mia occasione per "spiccare", visto che tutte le storie che trovavo in questo fandom allora erano... be', di un altro genere che io non apprezzo. Ora, non è stato così, ma non ho rimpianti: il mio piccolo seguito mi riempie di gioia ogni volta che si fa vivo e io ne sono felicissima. Per cui, ancora una volta, grazie mille a tutti.
Grazie anche a Rigmarole che mi ha pazientemente betato il capitolo, nonostante ora debba lavorare! Grazie Bobbol! :D 
Prima di andarmene - e scusate il papiro - volevo ricordarvi che mi potete trovare sui social network, in caso a qualcuno interessasse rimanete aggiornata o conoscermi o qualunque altra cosa.
Su ask sono @yvaine0mich, ma ogni tanto disattivo l'account per qualche giorno presa dall'esasperazione; su twitter @zuckoff; su tumblr vaffanzucca. Per vi interessano curiosità sulle mie storie, mi trovato sulla pagina facebook Yvaine0 e su yvainezero.tumblr.com (sono un po' egocentrica, me ne rendo conto). Se qualcuno fosse interessato al mio profilo personale su facebook, mi contatti privatamente in uno qualunque dei social elencati (preferibilmente non ask).
Grazie di nuovo e buon ferragosto a tutti!
Mich ♥

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Yvaine0