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Autore: FairySweet    13/08/2014    1 recensioni
... La sua colpa era semplicemente quella di amare troppo, amava sé stessa, amava quell'uomo ostinato e testardo che la sfiorava con la delicatezza di un angelo, amava sua figlia, la sua vita, semplicemente ... amava troppo ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                               Solo 




Una bella mattina fresca, profumo di fiori nell'aria e quella festa ormai incombente che rendeva tutto più colorato.
Il grande parco della tenuta era pieno di bambini che correvano traballanti sull'erba ridendo e giocando.
Aveva scelto quella casa per il compleanno di suo figlio, quella casa dove lei e suo fratello erano cresciuti assieme,
C'erano menestrelli ovunque e giovani incantatori che rendevano favole lontane divertenti giochi per i loro piccoli umani.
La manina del figlioletto si strinse dolcemente attorno alla sua costringendola sorridere “Sei pronto per la festa angelo mio?” “Mamma” “Che c'è?” sussurrò sfiorando quei ricci dorati che giocavano con la luce del sole “Papà?” ma gli occhi azzurro cielo si illuminarono di colpo quando un uomo a cavallo entrò dal grande cacello sollevando una mano verso di lui “Papà ha mantenuto la sua promessa. È arrivato in tempo” restò immobile ad osservare la corsa del cavallo fino a quando, due braccia grandi e forti non si strinsero attorno a lei.
Sorrise mentre le labbra di suo marito si posavano sul collo. Sentiva il respiro accelerato, lo sentiva sul seno, sul ventre “Ciao amore mio” “Avete mantenuto la vostra promessa duca” “Oggi è il compleanno di mio figlio” lo prese in braccio sospirando “Sei terribilmente bella amore mio” “Davvero?” ribatté divertita posando le mani sui fianchi.
Il tessuto leggero dell'abito era fatto apposta per lei, delicato, color del cielo e con leggerissimi ricami neri.
Le spalle erano leggermente scoperte e appena sotto al seno, una cintura ricamata fermava il tessuto scendendo dolcemente.
Seguiva le linee del suo corpo senza costringere nessun tipo di cambiamento ma in fondo, quel corpo d'angelo in cosa sarebbe potuto essere diverso? Bello e seducente, pieno di passione e di respiri, un corpo che amava da impazzire perché era solo suo, perché era il suo gioiello prezioso “Emilia?” “Ti sta aspettando sotto al gazebo assieme a Martino” “Andiamo?” la prese per mano tirandola leggemente in avanti.
Era una bella giornata, troppo bella per lasciarsi prendere dalla tristezza.
Aveva passato ore a ridere, a giocare, a seguire la corsa allegra di suo figlio che con occhi sognanti scopriva il mondo “Vuoi fare una gara?” “Sei impazzito?” ma l'uomo sorrise tirandola dolcemente in avanti “Oh adiamo, io ho un cavallo, tu hai un cavallo, chi credi arriverà per primo al borgo?” “Non credete sia pericoloso sfidare vostra moglie?” “Io credo …” ad un lieve cenno della mano due stallieri condussero accanto a loro meravigliosi animali dal manto ambrato “ … che mia moglie sappia cavalcare meglio di me” ma lei sorrise stringendo le mani attorno alla criniera dell'animale e senza nemmeno aggiungere una parola montò in sella partendo al galoppo “Dio quanto la amo” esclamò divertito salendo a cavallo.


Perché diavolo era ancora lì? Eppure Emilia era stata chiara con lui: vattene, vai via e non tornare più.
Eppure, nonostante quegli avvertimenti, restare inchiodato accanto a quel cancello per spiare quella festa preziosa era l'unica cosa che riusciva a fare.
Vedeva Emilia, la vedeva sorridere mentre un giovane dall'aria piuttosto soddisfatta le raccontava chissà quali storie.
Il suo sorriso, quel fascino ancora acerbo che iniziava a camminare assieme a lei perché nei suoi occhi, nei suoi gesti, c'era la stessa passione che anni prima l'aveva incantato rubandogli il cuore e poi quel bambino.
Quel piccolo umano così bello e perfetto che giocava, rideva, respirava. Un bambino figlio del nulla, spuntato fuori all'improvviso e buttato lì, per ferirlo, per massacrarlo nell'anima perché era a quello che l'aveva destinato Emilia.
Sorrise mentre il piccolo sollevava il viso verso di lei, una carezza leggera tra quei boccoli dorati e poi quella parola insistente: mamma.
Una semplice parola, una sola stuipida parola che gli sconvolgeva l'anima perché in fondo, racchiudeva l'essenza della vita stessa.
Strinse più forte le redini del cavallo sospirando mentre un grido di gioia saliva dalla festa, un grido diverso, pieno di amore e allegria.
Il piccolo correva o almeno ci provava, la manina stretta a quella di Emilia mentre gli occhi erano inchiodati a qualcosa, qualcuno che correva a cavallo.
Un sogno, un ricordo lontano, una giovane donna con i capelli sciolti sulle spalle, tenuti assieme solo da un dolcissimo fermaglio d'argento.
Il volto arrossato da quella corsa folle e gli occhi pieni di vita, la stessa donna che quel giorno di vent'anni prima si era portata via il suo cuore.
Si portò una mano alle labbra sospirando “Oddio” il cuore schizzava nel petto impedendogli perfino di pensare “Oddio” voleva scappare, correre via da quel posto che tanto lo faceva soffrire ma più ci provava e più il cervello rifiutava di seguire i suoi ordini.
La vide spronare l'animale correndo più veloce mentre alle sue spalle un uomo sorridente tentava di raggiungerla.
Era bella, bella come il sole, come quella brezza leggera che trasportava con sé il profumo della primavera.
Seguì quella corsa folle senza respirare, senza riuscire nemmeno a pensare.
Pochi metri fino alla fontana poi quella frenata violenta e uno scoppio di risate. La vide scendere da cavallo correndo verso il bambino ma le braccia dell'uomo la sollevarono da terra costringendola a ridere “Avete perso duca” escalmò divertita “Voi avete barato duchessa” “Voi siete troppo ligio alle regole” le labbra si posarono sul suo collo mentre le mani strette con forza sul suo ventre la tenevano inchiodata a sé “Se continuate a giocare così prima o poi perderete e quando accadrà sarò lì a prendervi in giro” “E riuscirete a prendermi?” “Ma che …” scivolò via dalle sue braccia riprendendo la corsa folle verso quel piccolo con gli occhi pieni di lei.
La vide sorridere mentre cadeva in ginocchio davanti a lui stringendolo tra le braccia e poi Emila a pochi passi da lei, così serena e tranquilla, divertita da quello scoppio improvviso di semplicità mentre quell'uomo venuto dal nulla le cingeva le spalle con un braccio.
Era così vicina a lui da poterla sentire, da poterla quasi toccare.
Per cosa aveva pianto? Perché aveva maledetto il cielo? Tutti quegli anni passati ad arrabbiarsi, ad urlare nel cuore della notte perché i suoi occhi tornavano a galla.
Si era arrabiato con lei per averlo abbandonato, per essere morta e a cosa era servito? Aveva scelto un'altra donna per lenire quella perdita violenta e a cosa era servito! Una lacrima gelida scivolò via dagli occhi bloccando quell'attimo prezioso.
Velocemente, quasi senza accorgersene, inchiodava alla memoria quella risata cristallina, quel volto luminoso e perfetto.
L'avrebbe stretta tra le braccia impedendole perfino di respirare, l'avrebbe fatto davvero ma con quale forza? Con che amore? Un'altra lacrima cadde nel vuoto, un'altra e un'altra ancora, strinse più forte le redini spronando l'animale.
Allontanarsi da lei, da quel mondo perfetto che era riuscita a ricreare perché ora, in quell'attimo di dolore violento, aveva bisogno solo di restare solo.
  
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