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Autore: Mania    13/08/2014    2 recensioni
{ Loki/Sigyn + accenni Thor/Jane ● Long!Raccolta di one-shot ● What if? ● → Si prega di leggere sempre le note ← }
{ SEGUITO di «L’AMORE CHE NON SALVA, DANNA, CORRODE E RENDE FEDELI» ● NON è necessaria la sua conoscenza }
____ Per chi ha deciso di scegliere di ingannare l’universo intero per dissetare un’anima perennemente preda dell’insoddisfazione, la vita prospetta un conto da pagare prima o poi. E solitamente è di elevata quantità.
Per chi ha deciso di essere fedele a chi è tanto abile manipolatore, sa che la realtà è un puzzle da ricostruire, frammenti da ricomporre, e non è esente dalle sue macchinazioni.
| CAP. 1O • Vite parallele |
«È sempre stata preoccupante la sua fedeltà a Loki. Mi chiedo a volte quando la conosciamo davvero» sussurrò muovendo appena le labbra, indecisa se potesse davvero pronunciare a voce alta una simile constatazione. [...] Più si evolveva il rapporto tra Loki e Sigyn, più era chiaro fino a quale punto di follia fosse stata spinta la sua devozione nei confronti del dio – una fedeltà cieca, testarda, ferrea, e che forse non aveva alcun limite, nemmeno quello della nefandezza. Ed era ciò a preoccupare Lady Sif.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sigyn, Thor
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO



C A P I T O L O   O 6 ▬
Pagare pegno

{ Io voglio sapere il nome che avrai,
quante speranze e incertezze mi dai,
con quali mani tu mi spoglierai,
sciogliendomi il sale dal cuore. }
Vivere – Cristiano De André



Allenarsi con Lady Sif era parsa una buona idea fino a quando non le aveva consigliato dove recuperare una spada. Sefa sapeva maneggiare discretamente bene le armi bianche, anche se le era ignoto dove avesse imparato a farlo, ma da quando aveva memoria non le era mai stato arduo impugnarle per difendersi o attaccare. Il ricorso alla violenza le era piuttosto indifferente; anche se preferiva risolvere i problemi con altri mezzi, era conscia che non sempre fosse possibile. Dunque, mettersi alla prova con la Dea della Guerra le era parsa una buona idea, soprattutto perché non voleva in alcun modo incrociare Loki, e nella Gendarmeria era abbastanza certa di non correre tale pericolo.
Dopo la discussione di qualche sera prima, era decisa a stargli alla larga per quanto in realtà desiderasse l’esatto contrario. Tuttavia non aveva intenzione di mostrarsi debole al suo cospetto, disperatamente bisognosa della sua compagnia – e non lo era, semplicemente lo apprezzava molto maggiormente di quanto solesse sussurrarsi. Il modo con cui lui depositava i suoi verdi occhi sulla sua esile figura era uno spettacolo privato al quale mai prima d’allora aveva assistito, del tutto particolare in quel misto di desiderio, divertimento, arroganza e sbeffeggio – malinconia tal volta, o almeno così le pareva – che lo caratterizzavano tanto profondamente.
«Nothung[1], è una spada che Loki tiene in custodia» asserì Lady Sif osservando di sottecchi la donna, scorgendo i muscoli del collo contrarsi nell’udire il nome del Dio degli Inganni. «So che avete litigato, però è un’ottima lama e potrebbe essere molto più interessante uno scontro con almeno le armi allo stesso livello.»
«Io ho litigato con lui, dubito che valga anche il contrario» specificò Lady Sefa contrariata dall’intero discorso della guerriera – sia dall’insinuazione sulla disparità abissale dei loro livelli, sia per la non troppo celata richiesta di recarsi da Loki a domandargli imprestito Nothung. Evitò di essere plateale nell’insofferenza di tale situazione e tappò dentro di sé anche la gratitudine per averle offerto una scusa plausibile per recarsi dal principe senza rimangiarsi completamente la promessa di evitarlo.
Il passo, con cui si destreggiò tra i labirinti dei corridoi che portavano alle stanze di Loki, fu calmo solo in apparenza. Si concentrò strenuamente per trattenersi, per mantenerlo costante e non sbavare per via dell’impazienza e l’ansia che le procurava l’idea di rivederlo dopo giorni in cui non ne aveva scorto nemmeno l’ombra. Aveva la sensazione che lui in realtà non l’avesse perduta di vista nemmeno per un attimo, la presenza delle sue iridi magnetiche l’aveva impressa addosso e le ustionava l’anima, carbonizzandola in residui di desideri inespressi ad ogni attimo che trascorreva. Riuscire a nascondere smottamenti tanto profondi le era molto più difficoltoso di quanto la pacatezza dei suoi gesti, intrisi dell’aria da nobildonna con cui si poneva nei confronti del mondo, lasciasse intendere. Nonostante l’apparente normalità con il quale conduceva le sue giornate a palazzo, in una monotonia grigiastra, avvertiva gli intagli delle crepe sul proprio spirito accrescere la loro estensione – crepacci oscuri, si immergevano in quel mare nebuloso nel quale nessun ricordo e risposta era recuperabile, in cui tutte le sue irrazionali scelte sapeva avrebbero potuto trovare una loro spiegazione più che sensata, se solo fosse stata in grado di disperdere l’alone in cui erano avvolte.
Sbatté le nocche contro l’ampia porta a sesto acuto per due volte, calcolando la forza in modo da apparire sfrontata nell’irruenza del proprio gesto. Non attese nemmeno l’invito dell’uomo, piegò la maniglia per entrare, e solo quando fece il primo passo verso di lui lo udì ridacchiare mentre le chiedeva di accomodarsi come se fossero state le sue stanze, con tale sarcasmo da risultare quasi velenoso.
«Avevate detto di non desiderare più la mia compagnia, se non ricordo male», non c’era la traccia del benché minimo risentimento nell’affermazione di Loki. Si limitò a scrutarla con supponente arroganza, infilzandola con un senso di vittoria con cui aveva riempito le iridi smeraldine, tanto prepotentemente rivolte su di lei da farle quasi provare l’impulso di arrestarsi sul posto, con ancora la mano sulla maniglia. Ma Sefa aveva deciso che per nessuna ragione nell’intero universo avrebbe concesso una vittoria a quell’uomo, perché per quanto ne fosse ammaliata, la volontà di non piegarsi sotto i suoi tocchi fisici e psichici era superiore. Il capo lo avrebbe tenuto alzato e lo sguardo infisso in quello di lui, come un chiodo ben piantato nel muro – senza cedimenti, o ripensamenti. Anche se il fascino di cui era ricoperto la ammaliava più di quanto osasse ammettere, anche se sapeva che era più pericoloso di quanto le fosse concesso conoscere, anche se avrebbe dovuto stargli alla larga, ogni buon senso era bruciato e l’unica sua fermezza era costituita da un gioco in cui lei non doveva perdere una silente battaglia di posizioni. Non c’era razionalità, qualcosa di indecifrabile le suggeriva che non sarebbe più riuscita a sottrarsi a lui e nemmeno intendeva farlo, e per riuscire a risolvere l’enigma che l’attanagliava si doveva mettere al centro dell’azione. Dunque avanzò verso di lui con passo deciso, sfrontato, con un sorriso che di delicato conservava unicamente l’apparenza.
«Non ho specificato per quanto» chiosò con ovvietà, scrollando appena una spalla. «Comunque, sono venuta a domandarvi una spada che Lady Sif dice essere in vostre mani.»
Gli occhi di Loki si spostarono su una lama contenuta in un fodero di pelle scura appesa a una delle pareti della stanza, l’unico oggetto bellico ad abbellire le pareti della sala privata del principe. E nel seguire l’indicazione silenziosa del Dio degli Inganni, Sefa seppe che era esattamente quella l’arma di cui Sif le aveva parlato brevemente, concedendole poche informazioni e aumentandole una curiosità che la divorava ogni giorno un pezzo della sua mente, della sua anima – e anche del suo cuore. Vi erano sempre più domande che si accatastavano, una risma scomposta di interrogativi ai quali mai aveva fatto seguito un chiarimento soddisfacente, e lei vi si sentiva smarrita nel mezzo – con quella crescente sicurezza di essere invischiata in qualche modo in tutte quelle trame sotterranee che, chissà percorrendo quale via, riconducevano alla misteriosa Lady Sigyn. Aveva lo sgradevole sospetto che anche quel nuovo elemento dovesse ricongiungersi in qualche modo a quella sconosciuta entità, così astratta da sbattere violentemente contro le pareti della sua mente, diventando un’ossessione dalla quale non riusciva a liberarsi.
La scusa che fosse noia per quel soggiorno indesiderato al Palazzo Reale cominciava a sbriciolarsi sotto una consapevolezza irrazionale. Desiderava scoprire chi fosse Lady Sigyn, più di quanto dovesse essere concepibilmente sensato, ma non vi era alcuna motivazione pronunciabile che riuscisse a far risalire dalle mareggiate della propria anima, resa in tumulto da quel nome. E si mischiava, fondendosi, alle insidie create dal principe che la scrutava con crescente famelica cupidigia. Ardevano le verdi iridi, sembravano in grado di trapassarle gli abiti e ustionarle la pelle con la sola invisibile forza dello sguardo; ed il solo pensiero di come sarebbe potuta essere la sensazione delle sue mani congiunte ad esso, bastava ad annodarle lo stomaco in un’eccitazione strisciante della quale non desiderava avvertire la portata.
«Per quale motivo dovrei darvela?»
«Sinceramente? Non ne ho idea, ma Lady Sif mi ha chiesto di venirvela a domandare con talmente tanta insistenza che ho deciso di accontentarla. Dice che le spade in Gendarmeria non sono abbastanza solide per sostenere un allenamento con lei» rispose sinceramente, impregnando unicamente le frasi della Dea della Guerra con un pizzico di colore e ostentando una noncuranza degna della migliore attrice, sottintendendo implicitamente che se fosse dipeso da lei soltanto mai si sarebbe recata da lui – ed era una bugia, una delle più grandi che avesse mai dovuto anche solo pensare.
La sua replica parve divertire molto Loki, e Sefa si trattenne dal chiedergli cosa vi fosse di così esilarante nelle proprie parole per procurargli un tale scoppio di ilarità, ma prima che potesse farlo si era ritrovata l’uomo pericolosamente vicino. Si morse l’interno della guancia pur di trattenersi dal compiere un passo indietro, evitando di concedergli territorio in segno di sottomissione alla sua schiacciante presenza. Preferì perdurare nel sostenere la pesantezza magnetica dei suoi occhi, mentre sentiva le dita dell’uomo chiudersi intorno alle proprie braccia per spingerla all’indietro, fino a quando non si ritrovò con la schiena appiccicata al marmo freddo di una colonna a reggere l’arco dell’ingresso al terrazzo.
«Se la volete, dovete pagare pegno» asserì intingendo ogni sillaba, strascicata da una lentezza calcolata, di pura maliziosa lussuria. Avrebbe preferito che lei ritornasse in possesso delle proprie memorie, avrebbe preferito ancora di più che mai le fossero state strappate via, avrebbe preferito evitare di cadere vittima di un sentimento che non poteva provare se non deturpandolo e che solo Sigyn riusciva a riportare a una purezza di cui lui non era in grado di sostenere da solo. Avrebbe preferito un’infinità di altre possibilità, ma non aveva più la forza di resistere alla tentazione che lei incarnava, né tanto meno aveva altre forze per frenare il desiderio di tornare ad affondare le mani tra i suoi capelli e assaporare la sua pelle.
Le morse il collo con una disperazione che Sefa non era in grado di scorgere, perché continuava a guardare davanti a sé, combattendo con tutte le sue energie per evitare di cedere alla febbricitante voglia di rispondere alle carezze ruvide e ai segni che Loki le stava lasciando sul corpo. Avvertiva la stoffa della gonna sollevarsi sotto l’impazienza delle mani dell’uomo, fino a quando non fu spostata a sufficienza da permettergli di percorrere con le lunghe falangi le sue gambe nude, stringendole in morse prepotenti con cui la trascinava contro il proprio corpo. Serrò i pugni, Sefa, con il respiro affannato e le pupille dilatate, cercando di evitare di pensare a quanto scottassero i baci avidi con cui stava scandagliando il collo prima di finire nella spaccatura dei seni.
«Siete solito far pagare pegno in questo modo a tutti?» riuscì a domandare tra i denti, più per stritolare la fatica che stava compiendo nel mettere in fila parole che dessero forma a una frase di senso compiuto, che per un dispiacere concreto per la situazione – ma non glielo avrebbe detto, non avrebbe concesso che lui la vedesse capitolare ai suoi piedi, non si sarebbe concessa con semplicità. E si maledisse per aver lasciato libera la propria immaginazione, nel cuore della notte, a vagare su scenari simili a quello che si stava svolgendo, e maledisse Loki per non concederle nemmeno la possibilità di recriminargli di essere migliore nell’irrealtà dei propri sogni.
«Volete sapere quante persone scendono a patti con me, o la vostra curiosità ha altri fini?» replicò soffocando gli sbuffi divertiti tra i morsi con cui le stava riempiendo la spalla destra, liberata dall’impiccio di un abito del quale non vedeva l’ora di potersi sbarazzare del tutto. Era arrivato ad affondare le unghie di una mano nella coscia sinistra della donna, sollevandole la gamba e costringendola contro il proprio bacino per renderle chiaro che non le avrebbe strappato unicamente baci.
«Solo sapere quante persone tirate nel vostro letto per capriccio» era sarcastica, con una punta di acidità nel calcare l’ultima parola, cercando di riversare nella discussione tutta la sua concentrazione per non pensare a quanto le costasse trattenersi immobile, sotto le dita lunghe e i baci graffianti di Loki – troppo eccitanti, troppo intrisi di viscerale passione, troppo abili nel procurarle grezzo piacere per poter essere lasciati senza contraccambiarli ancora a lungo. Respirava a fondo, cercando di contenere in quel modo la corsa del proprio cuore nel petto, pompato da scariche di adrenalina ed eccitazione che le risultava arduo frenare – e Loki la osservava di sottecchi combattere una tale futile lotta, sogghignando al pensiero di quanto rimanesse incredibilmente cocciuta nel suo non piegarsi mai completamente a lui.
«Nel mio letto voi non ci verrete, come nessun altro. Sbaglio o siamo contro una colonna?» replicò, mordendole il labbro inferiore, schiacciandola ancora di più con il proprio corpo contro il marmo ghiacciato. Ed era una delle rare volte da quando Sefa era arrivata a palazzo che le confessò la verità – fino a quando non avrebbe ritrovato se stessa, non sarebbe stata quell’unica persona che riusciva a stargli accanto amando ogni sua imperfezione, difetto e ammaccatura.
«Mentite, quel nessuno è stato detto troppo veementemente per poter essere vero. Sa di eccezione. Ancora lei, non è vero? Solo lei», sapeva di aver ragione come altrettanto bene era conscia di aver commesso un errore, rinfacciandogli qualcosa che avrebbe dovuto essere unicamente di proprietà del Dio degli Inganni. Lo sentì affondare maggiormente le unghie nella propria pelle, affondare i denti in essa con la necessità di punirla per le proprie parole mista alla crescente voglia di concludere un patto che Sefa non avrebbe saputo come rifiutare anche se lo avesse voluto.
«Se credete che con le vostre chiacchiere sarete scontata a una minore somma di pedaggio, siete in errore.»
«E se mi opponessi?»
«Oh, una persona come voi, se voleva opporsi lo avrebbe già fatto» ghignò Loki, mentre riportava anche l’altra mano sotto i risvolti della gonna sollevata per far scorrere i propri polpastrelli più in alto di prima, fino ad affondare in mezzo alle sue cosce. «Non fingente che non mi desideriate, perché il vostro corpo dice tutt’altro.»
Contrasse la mascella per mordere il gemito che le dita dell’uomo le avevano provocato, uccidendolo sul nascere prima di udire le sue parole e finire per l’arrendersi all’evidenza che non sarebbe riuscita oltre a rimanere imperturbabile di fronte a lui. Avvertì la sua risata risuonarle nelle orecchie intanto che febbricitante gli slacciava la cintura e sfilava qualsiasi indumento lo rendessero prigioniero di una divisione che non voleva più nemmeno lei, e le parve che essa perdurò per tutto il tempo in cui i graffi vennero scambiati più dei baci. Usò le sue spalle come sporgenze sulle quali appendersi, schiacciando a fondo le proprie unghie per tenersi ad esse nei momenti in cui le spinte intensificavano la loro corsa, susseguendosi con più rapida veemenza.
Vi furono frazioni in cui a Sefa parve quasi di essere trattata con dolcezza, solo piccoli gesti con i quali rendeva ancora più caotica una situazione nella quale non sarebbe mai voluta scivolare con tanta facilità e dalla quale nemmeno era riuscita a scappare – perché non l’aveva voluto, a dispetto di ciò che sarebbe stato sensato. Ma baciarlo, riuscire a sentire il suo fiato condensarsi sulla propria pelle, sentirlo tanto a fondo, erano tutte emozioni delle quali aveva avuto bisogno fin da quanto lo aveva incontrato per la prima volta – poco importava se non vi fosse un solo frammento di sanità in quella relazione, se non era lei che sarebbe finita nel suo letto, se si sarebbe dovuta accontentare della colonna, ciò che le era più chiaro era l’impossibilità di staccarsi da Loki.
E anche se lui ricercava il proprio appagamento, se non dava segni evidenti di pensare seriamente anche al suo piacere, in realtà fu la prima a sprofondare nella beatitudine dell’orgasmo, per quanto le fu impedito di goderselo fino alla fine. Le sue risa continuavano a imbrattarle le orecchie, incatenandola all’inaccessibilità di sapere se erano vere o solo illusioni nelle quali si era confinata, e che non riusciva a smascherare perché schiacciata per tutto il tempo contro il marmo ad assecondare i desideri del Dio degli Inganni. Ma ciò che non si fece mancare era di ledere anche la sua pelle quanto lui, scorticandogli la schiena ad ogni gemito di piacere e dolore che le procurava, cercando in quel capriccioso gesto di arrecargli disturbo alla sua solitaria corsa al compiacimento.
Fu la carezza con la quale le scostò i capelli quando ebbe finito con lei, quando lasciò tornare un margine di distanza tra i loro corpi che apparve simile a una voragine, che Sefa ebbe dei seri dubbi se fosse poi vero che non le avesse prestato attenzioni. Forse era solo incapace di scovarle tra le pieghe dell’anima contorta di Loki, perché non vi era mai stato nulla di più gentile di quel tocco con il quale le portò indietro il ciuffo, scrutandola con quella che avrebbe potuto giurare essere un’infinita malinconia.
Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma tutte le parole che gli sgorgavano alla mente erano per Lady Sigyn e lei non era davvero lì con lui, quindi le ricacciò indietro conservandole per il momento in cui finalmente sarebbero stati nuovamente insieme. Si ritrovò a provare quasi una forma di compassione per se stesso nel non avvertire la soddisfazione che aveva pensato di poter ottenere, e ciò che aveva strappato da Sefa arricchiva il dolore che gli procurava l’assenza delle sue memorie – delle loro memorie. Aveva pensato fosse crudele la scelta di suo padre, di allontanarla tanto veementemente dal proprio fianco, ma ancora di più lo era poterla avere accanto senza che fosse conscia di chi davvero fosse – e chi lui rappresentasse per lei stessa. E tale sofferenza sfociava in un rancore crescente, indomabile, che solo la presenza di Sigyn avrebbe potuto contenere quel tanto da concedergli una sosta dalla stanchezza di quel vivere senza riuscire mai ad afferrare alcunché di ciò che bramava.
Le consegnò la spada quando si fu rivestita, guardandola per cercare tracce di odio nei propri confronti e rimanendo deluso dalla loro assenza – persino in quello stato, Sigyn rimaneva capace di stupirlo, avvolta nell’incomprensione di cui sempre era stata formata la sua persona. Fu solo quel particolare ad alleviare la morsa nella quale avvertiva soffocare il proprio cuore, per tale ragione le sorrise appena – senza arroganza, senza tracotanza, senza supponenza, semplicemente sorrise.
Sefa sentiva i solchi scarlatti dei graffi pulsare, così come i segni dei denti che avevano assaggiato la sua pelle, e le gambe le scosse da lievi tremiti, rese fragili, come se dovesse cadere a terra da un momento all’altro per quanto deboli si erano ritrovate dopo essere state manipolate con egoismo dal Dio degli Inganni. Eppure, per quanto non vi fosse stato nulla di gentile o di delicato – o forse c’era stato, ma solo dal particolare punto di vista di Loki –, per quanto percepisse l’indolenzimento di più parti del corpo, non rimpiangeva di avergli dato ragione nel mostrargli quanto quel pagare pegno non fosse un vero pedaggio. Per tali motivi ricambiò il sorriso, aprendo gli angoli della bocca, le cui labbra erano state dipinte di rosso dai denti conficcati in esse al posto dei baci, in una morbida curva.
Con il cuore ancora alla ricerca di mettersi in pari con la frenesia dell’adrenalina, cigolante per l’eccitazione che l’aveva scossa e un sentimento indefinito che la legarla indissolubilmente a Loki, osservò l’impugnatura della spada su cui erano incise rune dall’oscuro significato a dividere gemme preziose. Non avrebbe saputo affermare se era davvero amore, forse una sua mutazione malata, insana e insensata, finiva anch’essa nell’indeterminazione in cui affondavano tutte le domande e le sensazioni di cui era vittima da quando era arrivata a palazzo. E quell’assenza di chiarezza cominciava a procurarle un mal di testa perpetuo, ancora debole quanto persistente; cercò di non badarci mentre delineava i contorni dell’arma nelle proprie mani, provando a riversare la propria concentrazione su di essa per non dover pensare a null’altro – nemmeno all’odore dell’uomo che sentiva incastrato su di sé. Tutti sforzi vani.
«Non me lo avete detto alla fine. Di chi è la spada, intendo.»
«Un cimelio di una nobile casata andata in disgrazia» rispose Loki, voltandole le spalle per decretare la fine della discussione come della sua permanenza nelle proprie stanze, e non seppe se il tonfo che udì fu quello della porta che veniva chiusa o quello dell’ennesima crepa a far staccare un coccio di un’anima logorata da sentimenti amputati.



M A N I A’ s  W O R D S
*Coff coff*
Sì, insomma, eccoci qui.
Ora, ricordate tutto ciò che vi dissi sulle scene di sesso la scorsa volta? Bene, non intendo ripetere, quindi nel caso andate alle note dell’ultimo capitolo della raccolta precedente. La carenza di descrizioni esplicite deriva dalle medesime ragioni.
E probabilmente nessuno se l’attendeva, eh? Dunque: sorpresa!
No, seriamente, io Loki non ce lo vedo proprio come bravo ragazzo che attende che le ritornano le memorie per recuperare il tempo perduto. Non la vede da decenni, le gira sempre intorno, credo che la sua buona volontà abbia retto anche fin troppo a dir il vero. E poi ho messo rating arancione per una ragione, ecco – anche se non è solo per scene del genere.
Quindi, facendo il riassunto delle puntate precedenti: Sigyn ha di nuovo la collana, ha visitato la sua vecchia casa, ha nuovamente la spada appartenuta a suo padre e ha fatto cose felicemente p0rn con Loki. Dunque, quanto tempo manca a ricordarsi di aver già fatto/avuto tutto questo prima? Il piano di Loki di gettarle addosso troppi dubbi avrà successo o peggiorerà solo le cose? Chi lo sa!
Nel frattempo il prossimo capitolo sarà un po’ meno incentrato su Loki e Sigyn, e più su altri aspetti della trama, ma non per questo secondari – l’incoronazione si avvicina, dopotutto.
Ah, non avetecela troppo a male con Sif quando punzecchia Sefa/Sigyn riguardo le differenze delle loro abilità. Sif è comunque la Dea della Guerra e non ho mai voluto fare di Sigyn una guerriera migliore di lei, le differenze di sono, infatti nella precedente raccolta sottolineavo come Sigyn non sia mai riuscita a battere Sif. Inoltre, Sif voleva solo stuzzicarla per spingerla ad andare da Loki.
Note:
[1]
Nothung è nella mitologia norrena, la variante del nome della spada di Sigfrido. Non sapendo come chiamare la spada di Sigyn, che comunque è un cimelio della sua famiglia, quindi importante e di un certo valore, ho ripreso tale nome per nessuna ragione particolare oltre al fatto che mi piacesse. 
Ovviamente, come sempre ringrazio tutti coloro che seguono la storia, sia chi l'ha inserita nelle preferite/seguite/ricordate sia chi legge silenziosamente ogni volta, e soprattutto le anime pie che recensiscono e mi danno la carica necessaria per continuare a scrivere e lavorare con passione ♥ E mi sa che ci risentiamo a fine mese/inizio settembre. Un po’ perché credo che molti siano giustamente in vacanza, un po’ perché lo sono io e vorrei dedicarmi a godermele per bene. Quindi, statemi bene e passate – nonostante il tempo – un buon agosto!

Vi lascio il link alla mia pagina Facebook: M A N I A
E qui un’edit che feci tempo fa, Loki/Sigyn: E D I T  L O K I S I G Y N


Mania



  
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