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Autore: arklaychild_1998    13/08/2014    1 recensioni
"Io mi mordo le labbra e vibro di piacere ed emozioni travolgenti si estendono lungo il mio corpo.
Sento brividi ovunque, come se delle piccole scariche elettriche viaggino attraverso il mio sangue.
Quando ha finito, mi bacia ancora e poi si sporge verso il cassetto e vedo che tira fuori un preservativo ed una mascherina.
Mi appoggia la maschera delicatamente sugli occhi e me la fissa bene alla nuca, e rimango nel buio totale, sapendo quello che sta per succedere."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Marco è ricoverato al Roosvelt Hospital. Io e George siamo seduti sull’atrio e aspettiamo notizie, ansiosi. Io ho paura di lui. “Senti Adam, io…” Lo interrompo. “George, non voglio sentirti e poi continuo a pensare che tu debba andartene”. Ho cercato diverse volte di convincerlo, ma lui non ha mai ceduto. Durante il tragitto verso l’ospedale, mi aveva chiesto se avevo sbattuto troppo la testa e io gli avevo risposto che non era nulla. “Adam, ti prego…” George non ha scuse, vede che lo ignoro così si alza e comincia a fare avanti e indietro lungo l’atrio. Io sono incollato alla sedia, gli occhi che fissano il vuoto. Non riesco a capire tutta quella rabbia nei confronti del mio amico. George era sparito e io di certo non avrei continuato a soffrire per lui: stavo per fare sesso con Marco. E allora? Quanto può importargli? Dalla sua reazione, molto, a quanto pare, ma non ne capisco il motivo e per ora non voglio nemmeno comprenderlo. Sono preoccupato per Marco, ho paura per lui. Ho paura che non sarà più il Marco di un tempo, il mio dolce, svampito e allegro Marco, quando ogni mattina al lavoro ci scambiavamo il nostro solito batti cinque. George continua a fare avanti e indietro. Comincia ad irritarmi. “Per favore, puoi sederti” dico trattenendo la calma. George mi fissa per un attimo. Non gli piace prendere ordini, ma capisce che il momento di fare polemiche ora è del tutto inopportuno, perciò si siede incrociando le braccia. Continuo a stringere le dita, pregare Dio. L’attesa comincia a farsi sentire. Improvvisamente le porte si aprono, un rassicurante camice bianco portato da un uomo di mezza età si avvicina a noi. “Sig.Burton?” È strano sentire il mio cognome. “Si, sono io” Il dott.Starlin mi spiega che Marco ha avuto un trauma cranico, e che nel corso dei prossimi mesi avrà problemi di memoria. Marco non si ricorda dell’incidente. “Al momento vuole vedere solo lei” “Forse dovrei chiamare suo padre, sarà meglio” dico. “Come vuole, ma prima gli faccia visita, la prego, continua ad insistere” Annuisco e sto per andare, quando George mi blocca il braccio. “Vorrei venire anch’io, vedere come sta e scu…” Mi libero della sua presa e gli do una spinta: “No, George, tu hai già fatto abbastanza, Marco sta bene, tu non devi più preoccuparti, vattene ora” “Adam, io voglio spiegarti, ti devo rivedere..” “No, io non voglio più vederti, tu mi spaventi” George non molla e mi riprende il braccio. Questa volta mi incazzo e gli tiro una sberla. “Quale concetto della parola “no” non ti è chiara?!” urlo “Toccami ancora e chiamo la polizia, è già tanto che non ti abbia fatto sbattere in galera dopo quello che è successo!” Scappo via da George, voglio allontanarmi il più possibile da lui. Ma perché lo sto coprendo? Perché non ho chiamato subito la polizia? Sono stanco di farmi domande, voglio vedere Marco e basta. Entro dentro la sua stanza e ci guardiamo. Lui è ridotto davvero male. Il volto quasi irriconoscibile. Ma il suo sorriso, quello lo riconoscerai ovunque. “Ciao Marco” “A-Adam” cerca di prendermi la mano e io la afferro. “Sono qui, Marco, sono qui” Lui mi sorride, ma perfino sorridere gli fa dolere la faccia ed emette gemiti di dolore. “N-Non r-ricordo nul…” Lo zittisco e gli dico di non preoccuparsi, perché l’importante è che è salvo e che io sono accanto a lui e che non lo abbandonerò mai. Lavorare al Giacomo’s senza Marco è una tristezza. Mi manca ogni giorno di più, anche se lo vado a trovare ogni pausa pranzo ed ogni sera. Suo padre è sconvolto, come la madre. Li ho raccontato che Marco è stato coinvolto in una rissa. Ho sbagliato. Dovrei dire la verità a tutti. Dire a tutti che è stato George. Ma una parte di me, la più profonda, non vuole farlo. In fondo, non voglio vedere George chiuso in prigione. Sono ancora innamorato di lui, anche dopo la violenza che ha mostrato, nonostante tutto, continuo ad essere innamorato di lui. E non devo. Questa sera è più luminosa delle altre, la luna piena brilla alta nel cielo. Non ci sono stati molti clienti, comincio a lavare i bicchieri, quando sento la porta cigolare. Guardo l’ingresso. George. Non so cosa provare: felicità, eccitazione, paura, terrore. “Ti prego, Adam, non voglio farti del male” Resto in silenzio. Decido di ascoltarlo. “So che probabilmente non vorrai più vedermi dopo quello che è successo, ma io ho bisogno di spiegarti il perché” Continuo a guardarlo, la paura ha preso posto alla più spietata curiosità. “Vieni nel mio appartamento domani, ti spiegherò tutto, se non verrai domani aspetterò, aspetterò ogni giorno per te” Esce e si lascia il Giacomo’s alle spalle. Guardo la sua ombra che si allontana sempre di più. Cosa farò? Posso fidarmi di lui? E se volesse farmi del male? Non trovo nessun motivo per cui George voglia farmene. Così, ascoltando quella parte profonda di me, chissà quanto importante, decido di accettare: domani andrò da George e sentirò cosa ha da dire.
  
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