Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: _Frency_    13/08/2014    2 recensioni
Ci sono momenti in cui bisogna fare delle scelte, e non ci si può più tirare indietro. Bill è più deciso che mai a vivere a fondo la sua storia con Kerli, e il primo passo è presentarla ufficialmente alla famiglia. Tom desidera rimediare ad un errore commesso in passato, e tornare in Germania sembra l'occasione perfetta. Georg e Gustav si trovano coinvolti, una volta ancora, nelle balzane idee dei compagni, che sembrano pronti a tutto pur di non lasciarsi sfuggire le ragazze che hanno rubato loro il cuore. Proprio queste ultime, anime femminili coinvolte in una storia che le vede protagoniste, si trovano per la prima volta faccia a faccia. E sono due mondi agli antipodi che si scontrano, non solo due donne che all'apparenza non hanno nulla in comune. Incomincia così una rocambolesca storia che racchiude al suo interno sia giornate luminose che tempestose, proprio come gli animi mutevoli dei suoi personaggi. Perché ognuno di due cela in sé luci e ombre. Cosa succede, quando il confine tra l'una e l'altra si assottiglia, fino a diventare una mera illusione?
[Seguito di: "No Woman No Cry" e "Wonderland"; ultima parte della serie "Ricami sul Cuore".]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 7: Where Did I Go Wrong?
 

Era qualcosa di estremamente masochista continuare a correre dietro – letteralmente – ad una ragazza che chiaramente non voleva più saperne di lui. Eppure, non riusciva a prendere seriamente in considerazione la possibilità di starle lontano. Era semplicemente più forte di lui.
Era tardo pomeriggio, e il cielo cominciava a imbrunire rapidamente, mentre all’orizzonte i raggi morenti dell’ultimo sole illuminavano la città. Tom si era diretto risoluto nell’unico luogo in cui sapeva di poter sperare di incrociarla: il piccolo locale in cui aveva incominciato a lavorare molti mesi addietro, quando lui era ancora ad Amburgo e la loro relazione non era ancora così solida.

Era entrato un po’ titubante, sperando vivamente di non dare troppo nell’occhio. Si era seduto su uno sgabello affianco al bancone, sperando di vederla comparire da un momento all’altro, con l’espressione annoiata e il grembiule stretto in vita.

Cosa farai se l’incontrerai davvero?

Quando Bill glielo aveva domandato era rimasto silenzioso, poi aveva scrollato con noncuranza le spalle. Oggettivamente, però, non ne aveva la minima idea. Sperava di riuscire a convincerla a sedersi accanto a lui e cercare di parlare civilmente di ciò che era successo tra di loro.

E magari strapparle un sorriso.

Il suo sorriso!

Quanto gli mancava quella dolce curva che prendevano le sue labbra quando era divertita o gioiosa.

Si passò una mano sul viso, stanco e decisamente sconsolato. Erano passati quasi dieci minuti, e di lei nemmeno l’ombra.

-Mi scusi- disse, attirando l’attenzione dell’uomo intento a sistemare alcune bottiglie dietro al bancone.

-Potrei chiederle un’informazione?- domandò, e l’uomo fece un cenno d’assenso con il capo.

-Una mia cara… amica lavorava qui, almeno fino a qualche mese fa direi. Si chiama Nesta, Nesta Green. Mi saprebbe dire se è ancora una dipendente del locale? È magra, non molto alta, e ha i capelli raccolti in lunghi dreads- spiegò brevemente il chitarrista, descrivendo la ragazza per sommi capi.

E ha dei bellissimi occhi verdi. Se l’avesse vista se la ricorderebbe di sicuro.

Avrebbe voluto aggiungerlo, ma l’espressione corrucciata dell’uomo, come intento a pensarci su, lo fece desistere.

-Sì, credo di aver capito di chi parli- disse, e a quelle parole il viso di Tom s’illuminò di speranza.

-Ma non saprei dirti che fine abbia fatto: si è licenziata da mesi ormai- rivelò l’uomo, intrecciando le mani sul bancone, difronte a Tom.

-Sai, sembra che non le piacesse affatto qui: ha avuto un paio di accesi litigi con il proprietario- aggiunse sottovoce, con fare cospiratorio, prima di tornare alle sue mansioni.

Tom ringraziò il barista ed uscì, sempre più a pezzi.

Quante cose sono cambiate?

Non aveva fatto in tempo a tirare fuori dalla tasca dei jeans le chiavi della macchina che una voce risoluta l’aveva fermato.

-Ehi, aspetta!- lo chiamava la voce.

Tom si voltò, perplesso. Sperò vivamente che non fosse una fan che l’aveva riconosciuto nonostante i suoi tentativi di passare inosservato. Quella che gli veniva incontro, effettivamente, era una donna. Poteva avere sì e no qualche anno più di Nesta, ma gli occhi cerchiati da profonde occhiaie e il trucco pesante, che nascondeva gli occhi scuri, la facevano apparire più grande di quanto potesse realmente essere. Aveva annodato in vita un grembiule, e nonostante fosse piuttosto sporco Tom riuscì a scorgere ricamato in un lembo il nome del locale da cui era appena uscito.

-Ho sentito che chiedevi di Nesta- spiegò la donna, incrociando le braccia sotto al seno.

Tom annuì, mentre gli occhi gli si illuminavano di una nuova speranza.

-Io la conosco. Abbiamo scambiato qualche parola fintanto che ha lavorato qui. Non è che fossimo amiche, ma… Non era male, sai?-

-S-sì, lo so- balbettò Tom, senza riuscire veramente a realizzare una frase di senso compiuto.

-Siete molto amici, eh?-

Sì, lo eravamo…

Tom fece cenno di sì con il capo, cercando di ignorare la fastidiosa stretta all’altezza del cuore che gli aveva tolto il fiato per un istante.

-Voleva andarsene il prima possibile da qui, e quando le ho domandato come avrebbe fatto ad andare avanti mi ha detto che un amico le aveva fatto una proposta interessante. Ecco perché se ne è andata così su due piedi- rivelò la donna, giocherellando con una ciocca dei capelli biondi.

-Sai dove lavora adesso?- domandò il chitarrista, cercando di rimanere calmo.

La ragazza si mordicchiò le labbra con espressione colpevole.

-Lei non me lo ha detto: era sempre piuttosto riservata. Però…-

Detto questo si interruppe e rovistò nelle tasche del grembiule fino a che, con un sorrisetto soddisfatto, ne estrasse un pezzo di carta tutto spiegazzato su cui erano scritti, con una calligrafia frettolosa, un indirizzo e alcuni numeri. Porse il foglietto a Tom, sempre sorridendo affabile.

-Aveva segnato questo indirizzo mentre era al telefono con il suo amico, nel retro del locale, ma poi lo ha dimenticato qui. L’ho trovato e ho pensato di tenerlo perché mi sarebbe piaciuto andare a trovarla, ma penso che faccia più comodo a te adesso-

Il ragazzo la guardò con tanto d’occhi, intascando il bigliettino e cercando le parole adatte per ringraziarla.

-Io… Davvero, non hai idea di quanto tu mi abbia aiutato!- esclamò, trattenendosi dal stringerla in un abbraccio, tanta era l’euforia che di colpo l’aveva pervaso.

La donna sorrise, scrollando le spalle con noncuranza.

-Salutamela, se riesci ad incontrarla- aggiunse, mentre a passi lenti tornava verso il locale.

-Certamente- promise il ragazzo.

Sempre che riesca anche solo ad avvicinarmi a lei…
 
Tom da qualche minuto osservava con espressione assorta la vetrina del negozio che aveva difronte. L’indirizzo segnato su quel foglietto l’aveva condotto lì, sotto a quella vecchia insegna nera su cui spiccavano le bianche lettere che componevano il nome del negozio. I numerosi dischi esposti non lasciavano spazio a dubbi: era un piccolo negozio di musica. Senza sapere bene se stava facendo o no la cosa giusta, il chitarrista entrò, accompagnato dal cigolio della vecchia porta, e venne subito accolto dalle note di una canzone che suonava in sottofondo. Il negozio dentro non era molto grande, ma vi era stipata una quantità di cose allucinante. Gli scaffali scuri accoglievano numerose copie di album, sia vinili che cd, e a giudicare dello stato delle copertine alcuni dovevano essere decisamente datatati, forse di seconda mano. Sulle pareti, invece, erano appesi poster e fotografie, molte delle quali autografate. Tom non poté fare a meno di sorridere lievemente: nonostante l’odore di chiuso, quello era veramente un posto carino, quasi… accogliente. C’erano una decina di altre persone tra ragazzi e ragazze della sua età, tutti assai stravaganti.
Gironzolò tra gli scaffali e gli espositori, passando le dita sulle copertine di alcuni vecchi vinili coperti di una leggera polvere. Lesse di sfuggita alcuni titoli, e poté così constatare che lì dentro era conservato praticamente di tutto. Così assorto nei suoi pensieri quasi si dimenticò il motivo della sua visita. E fu proprio la causa della sua visita a riscuoterlo duramente dal suo fantasticare ad occhi aperti.

-Tom?- la voce incerta di Nesta lo chiamava.

Il ragazzo si voltò di scatto, trovandosela davanti con un’espressione allo stesso tempo stupita e furibonda sul volto. Ma era sempre lei. Il chitarrista l’avrebbe volentieri stretta tra le braccia, troppo felice di poterla anche solo rivedere.

-Tom, cosa accidenti ci fai qui?- sibilò con astio la ragazza, assottigliando gli occhi.

Il ragazzo non rispose, non subito per lo meno, troppo impegnato a cercare le parole adatte.

Perché sono qui?

Sono qui per te.

Perché non posso nemmeno pensare di andarmene un’altra volta senza di te.

Perché, nonostante tutto, sono tornato. Sono tornato da te!
 
Step one you say we need to talk
He walks you say sit down it's just a talk
He smiles politely back at you
You stare politely right on through
Some sort of window to your right
As he goes left and you stay right
Between the lines of fear and blame
And you begin to wonder why you came
 

-Sono qui per parlare. Per chiarire- replicò, cercando di apparire più quieto e sicuro di quanto non fosse.

Nesta chiuse gli occhi, come se cercasse disperatamente di rimanere calma e non perdere la pazienza.

-Fuori-

Tom inarcò un sopracciglio.

-Esci, non possiamo parlare qui- spiegò la ragazza, afferrandolo poi per una manica e trascinandolo bruscamente verso l’ingresso del negozio, spingendolo in strada.

-Ti avevo detto di non farti più vedere- sbottò lei non appena la porta del negozio si richiuse alle loro spalle, incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi sotto i caldi raggi del sole che le baciavano il viso.

-Lo so- ammise il ragazzo.

-Perché sei qui?- domandò nuovamente Nesta.

-Per te. Per noi…-

-Tom, smettila!- gridò lei, stanca e con i nervi a pezzi, senza permettergli di proseguire.

-Smettila di ripetere che sei qui per me, smettila di farmi del male!-

Tom rimase silenzioso, si limitò ad allungare una mano con l’intenzione di scostarle una ciocca dei capelli ribelli dal viso, in un moto di tenerezza improvvisa e poco consona al momento. Lei, prevedibilmente, si scostò bruscamente.

-Non toccarmi- ringhiò con fermezza, distogliendo lo sguardo dal suo.

-Volevo solo parlare- mormorò Tom, rammaricato per tanta freddezza.

-Vuoi davvero solo questo?- chiese, e il ragazzo annuì. Allora lei rimase silenziosa, e con un gesto eloquente della mano lo invitò a continuare.

Il ragazzo allora prese un respiro profondo, mentre un familiare senso di vuoto lo attanagliava. Era simile alla sensazione che provava prima di salire sul palco: adrenalina incontrollabile, euforia e emozione che alleggerivano la paura di sbagliare, di combinare qualcosa di storto. Davanti a Nesta, in quel pomeriggio assolato sotto il cielo di Amburgo, vicino ad un piccolo negozietto di dischi di cui già aveva scordato il nome, Tom si sentiva come su un palcoscenico, davanti a milioni di persone che chiamavano il suo nome. Ma non aveva la sua fedele chitarra per poter farsi forza, non sentiva sotto le dita le familiari sei, ruvide corde. E aveva difronte un unico, intenso sguardo che lo metteva più in soggezione che mai.
 
Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life
 

-Ho sbagliato e l’ho già ammesso. Ma hai sbagliato anche tu chiedendomi di andarmene, perché io semplicemente non posso-

Nesta tacque, soppesando le parole del ragazzo scuotendo appena la testa. Tom, con decisione, proseguì.

-Non posso pensare di lasciarti un’altra volta. Non posso e non voglio!-

 
Let him know that you know best
Cause after all you do know best
Try to slip pass his defense
Without granting innocence
Lay down a list of what is wrong
The things you’ve told him all along […]


-Proprio non vuoi capire?- replicò allora la ragazza quasi con dolcezza, lo stesso tono che avrebbe usato una mamma con un bambino testardo e particolarmente poco propenso a capire ciò che gli si diceva.

-Io non ti voglio. Non voglio te, non voglio le tue sciocche scuse. Voglio solo che adesso ti volti, cominci a camminare e inizi ad allontanarti per sempre da me- mormorò.

-Sei tu che non capisci! Sei talmente orgogliosa e testarda da non capire quanto io tenga a te! Sei così impegnata a ripetermi di andarmene, di non farmi più vedere, che nemmeno ti accorgi che io sono disposto a tutto pur di farti cambiare idea, pur di dimostrarti che infondo non è cambiato nulla, che siamo sempre Tom e Nesta- ribatté

Tom con voce soffocata.

Nesta lo guardò sbalordita, colpita dalle parole del ragazzo, che mai si sarebbe aspettata.

Vaffanculo, ragazzo!

Lo insultò silenziosamente, perché le riusciva sempre più difficile continuare a respingerlo, faticava a mantenere quella distaccata freddezza. Tom, notando il suo tentennamento, si avvicinò lentamente a lei, scostandole quella ciocca ribelle come già avrebbe voluto fare prima. Questa volta lei non si ritrasse, ma non appena il ragazzo abbassò il viso verso il suo lo fermò, posando con fermezza le mani sulle sue spalle e scostandolo appena da sé.

Tom sospirò, frustrato dall’impossibilità di creare un vero e proprio contatto con lei.

-Perché scappi?- sussurrò.

Per salvarmi.

-Perché è l’unica cosa che so fare- ammise amareggiata, abbassando lo sguardo.

-Hai ragione: scappi da tutto- la provocò lui, avvicinandosele nuovamente, ma mantenendo quella distanza sufficiente a non innervosirla.

-Scappi dal mondo che ti circonda, come quando ci siamo conosciuti- continuò lui -E scappi da me, perché sai che ho ragione, ma sei troppo arrogante per ammetterlo- concluse, facendo un passo indietro e esibendo quel sorrisetto sfacciato che sapeva farla indisporre come non mai, soprattutto in situazioni come quella.

-Ragazzo, smettila- gli intimò lei.

-Nesta…- provò Tom, ma la ragazza lo interruppe prontamente.

-No, Tom. Adesso basta. Va via-

E Tom non seppe più come ribattere davanti a tanta determinazione.

Credi che non me ne sia accorto?

Fa male a te tanto quanto a me.

Evitando lo sguardo della ragazza si voltò, senza più cercare il benché minimo appiglio per rimanere, per convincerla a colmare il vuoto creatosi tra loro. E Nesta rimase lì fuori, fissando prima la figura del ragazzo che si allontanava e poi il nulla rimasto dove poco prima vi era lui, mentre il sole scendeva e le ombre si allungavano.

Non dovevi tornare.

Non dovevi.

Mentre il sole calava dolcemente su Amburgo e le ombre lentamente cominciavano ad allungarsi, una ragazza, in piedi in mezzo alla strada, piangeva.
 


-Sei in ritardo Tom! Ti ho telefonato una decina di volte questo pomeriggio, dove accidenti eri? E David ha chiamato un quarto d’ora fa, ha detto che questa sera ci hanno invitati fuori a cena. Hai due minuti per prepararti- Bill accolse il fratello come un fiume in piena non appena questi varcò la soglia dell’albergo.

Il chitarrista squadrò il quartetto composto dagli amici, il fratello e Kerli (tutti decisamente molto eleganti), in piedi al centro della hall.

-Puoi tranquillamente dirgli che non sto molto bene. Questa sera proprio non me la sento di uscire- ribatté con apatia Tom.

Bill lo fissò allucinato.

-Sicuro, Tom? Magari potremmo…- provò Kerli con comprensività, ma la voce del compagno la fermò.

-Scherzi, spero- bofonchiò il cantante, rivolgendosi al gemello.

-No, non scherzo Bill! E togliti quell’aria scandalizzata dalla faccia- sbottò il chitarrista, e Bill si ritrasse appena, offeso dal comportamento scontroso del fratello.

-Tom, calmati- tentò Georg, nel tentativo di stroncare sul nascere la discussione che sarebbe inevitabilmente scoppiata tra i due gemelli.

-Non c’è bisogno di scaldarsi tanto- continuò, ma venne interrotto dalla voce stridula di Bill.

-Lascia perdere. Va benissimo così, Tom. Spiegherai tutto tu a David- concluse gelidamente il cantante, prima di prendere per mano la fidanzata e fare cenno agli amici di seguirlo fuori.

Il chitarrista si passò una mano sul viso, incrociando per un istante lo sguardo indulgente di Georg prima che quest’ultimo scomparisse dietro le porte dell’albergo.

Dove ho sbagliato?









My Space:


Sono tornata!

Dopo quasi 5 mesi di assenza, sono tornata. Avete tutto il diritto di odiarmi e non voler più sapere più nulla di me, anche perchè vi confesso che questo capitolo era pronto da un paio di mesi almeno, ma non ho avuto mai il coraggio di pubblicarlo. Non so perché. Mi convince abbastanza, ma so che adesso dovrò ingegnarmi parecchio per proseguire. Fatemi sapere cosa ne pensate voi.
Ad ogni modo non temete, adesso mi sono rimessa all'opera! Continuerò ad aggiornare con il ritmo stabilito prima di questa prolungatissima
 pausa.

La canzone che dà il titolo al capitolo e di cui sono riportati alcuni brani durante il litigio tra Tom e Nesta è "How to Save a Life" dei "The Fray".

Ringrazio infinitamente auroramyth, Billina_Pazza e  Heilig__ per aver recensito il precedente capitolo, vi risponderò individualmente al più presto!

Alla prossima,

Frency.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _Frency_