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Autore: martinasponk    14/08/2014    2 recensioni
[...] Aveva perso il filo del suo discorso da un pezzo ormai.
Annuiva ogni tanto e non smetteva di sorridere, ma davvero non aveva la più pallida idea di quello che gli stesse dicendo con quella sua voce vellutata.
Doveva essere qualcosa di divertente, perché tra una frase e l’altra ridacchiava, aveva gli occhi lucidi.
Dio, lui adorava le persone che ridevano fino alle lacrime ogni volta che raccontavano qualcosa, non importava quante volte la raccontassero o quanto tempo fosse passato.
Stava parlando delle sue sorelle, Louis, quante aveva detto di averne?
«Ehi Lou senti, non prendertela ma ho perso il filo qualche mezz’ora fa» disse in un soffio sollevando anche l’altra gamba su quelle del ragazzo, «stavo solo ascoltato il suono della tua voce, che per dirla tutta mi fa impazzire. Potresti anche startene lì per ore a leggermi la Bibbia e mi faresti lo stesso effetto» sbuffò una risata riprendendo fiato, «posso baciarti?» [...]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: Tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.


premessa (:
Aaallora, intanto vorrei scusarmi con chi fa parte del fandom o comunque lo frequenta spesso per eventuali errori, più che altro per quanto riguarda l'aspetto fisico dei personaggi (per i caratteri non dovrebbero esserci problemi, in quanto è una OOC ^^), io non sono molto pratica u.u
I componenti del gruppo dovevano esserci tutti, ma per questioni di tempo la trama è stata sfoltita e quindi ne sono rimasti solo tre...avevo in mente una Larry semplice e senza pretese da dedicare ad una mia cara amica -fan dei One Direction e Larry shipper convinta ahahah- per il suo compleanno, ma come mio solito mi sono ridotta all'ultimo e quindi non c'è stato spazio per tutti, spero che nessuno si offenda ;D
Detto questo, vi lascio alla shot, che spero vi piaccia, e ci rivediamo in fondo per qualche breve nota :D


 


Se il mondo cade
'cause when i'm not with you I'm weaker
is that so wrong, is it so wrong
that you make me strong

Era stufo marcio di girare per gli scaffali. 
Da quando le poltrone libere sotto una finestra con un tavolinetto accanto si erano estinte? 
Una ragazza china su una delle tante scrivanie lo guardò stranita quando le passò accanto per l'ennesima volta, ed Harry senza scomporsi le lanciò un'occhiataccia. 
Non era colpa sua se le sedie della biblioteca erano maledettamente scomode, né era colpa sua se non sopportava leggere alla luce dei grandi neon. O forse sì? 
Voleva soltanto una fottuta poltrona lontana dalle altre fottute persone, vicino ad una fottuta finestra da cui potessero entrare i pallidi raggi del sole; era forse chiedere troppo? 
No, merda, non era lui quello troppo esigente; decine di altre persone avevano i suoi stessi gusti in fatto di posti dove leggere, lo dimostrava il fatto che non ci fosse neanche l'ombra di una poltrona libera. Almeno non dove la voleva lui. 
Quando stava ormai per perdere la speranza, nonché quel briciolo di pazienza rimasta, un raggio di luce celeste sembrò scendere direttamente dall'alto soffitto con le travi a vista per investire la Prescelta. Nella sua testa bacata un coretto d'angeli intonò l'Allelujah. 
Restò per un attimo stordito, i libri sottobraccio e la bocca dischiusa, fissava la poltrona. 
Poi con passo deciso si affrettò ad occuparla. 
Impilò i libri sul basso tavolinetto da caffè sistemato lì accanto e cercò la giusta posizione contro i cuscini morbidi. 
Dall'enorme vetrata entrava la luce soffusa del sole del primo pomeriggio, ed Harry tirò un sospiro di sollievo afferrando il libro in cima alla torre e aprendolo dove aveva lasciato il segno. 
Un tonfo sordo attirò presto la sua attenzione, alzò gli occhi ed un ragazzo, seduto ad un tavolo poco lontano da lui, si alzò dalla sedia con uno sbuffo, afferrò un volume dell'enciclopedia e marciò verso gli scaffali. 
Normalmente Harry sarebbe tornato alla sua lettura senza più lasciarsi distrarre, imprecando contro lo sconosciuto rumoroso magari, ma i suoi occhi rimasero incollati a quella figura che, in piedi di fronte alla schiera di tomi dalle eleganti copertine, seguiva con l'indice della mano destra il susseguirsi alfabetico delle lettere. 
Harry respirava lentamente, il ragazzo sfilò un altro volume dallo scaffale e lo aprì, lo tenne in bilico su un braccio e con la mano libera si scostò un ciuffo di capelli dal viso, tornando al suo posto senza prestare attenzione a dove mettesse i piedi. 
Senza smettere di leggere -Harry era sicuro di poter scorgere la sua espressione assorta mentre lasciava scorrere lo sguardo giù lungo la pagina scritta fitta- posò il libro sul tavolo, si avvicinò la sedia agganciandone un zampa col piede e si lasciò cadere sull'imbottitura con un leggero tonfo. 
Harry si riscosse quando lo sconosciuto chiuse anche quel tomo, e tornò al  suo romanzo dandosi dello scemo. 
Tempo due righe e sollevò nuovamente lo sguardo, osservando il profilo del ragazzo. 
Ma che cazzo stai facendo pezzo di stupido? 
Scosse la testa ed abbassò gli occhi sul suo libro. 
Il ragazzo era come un bagliore ai limiti del suo campo visivo, lo vedeva brillare con la coda dell'occhio, e quando tornava a prestargli attenzione la luce taceva. 
Non importava quanto s'impegnasse, il suo sguardo era attirato dalla presenza di quello sconosciuto come api sul miele, e lui non poteva fare a meno di assecondare quell'inspiegabile voglia di fissarlo. 
L'inspiegabile voglia di seguire di sottecchi i contorni del suo viso, e la linea del collo, ed il contorno della spalla, ed il braccio fino alla mano posata sul tavolo. 
E poi le costole, il petto che s'abbassava ed alzava lentamente al ritmo del suo respiro rilassato. 
Perché non riusciva a lasciarlo andare? Perché continua ad osservarlo da sotto le ciglia tentando invano d'ingannare perfino se stesso, di convincersi che stava solo leggendo e che no, non lo stava divorando con gli occhi? 
Cambiò posizione sulla poltrona, s'accorse solo in quel momento del proprio corpo caldo, ed iniziò davvero a preoccuparsi. 
È solo una cazzo di persona Haz, riprenditi. Non lo conosci nemmeno, smettila di fissarlo.  
Il ragazzo s'alzò, mentre si dirigeva nuovamente verso gli scaffali colmi di libri posò per un momento lo sguardo su Harry, che s'affrettò ad abbassare il suo. 
Da sotto le ciglia seguì i suoi movimenti. 
Il ragazzo si voltò con l'ennesimo volume dell'enciclopedia stretto in una mano e lui non potè fare a meno di sollevare il viso e cercare i suo occhi. 
Una parte di lui sperò ardentemente che lo sconosciuto lo ignorasse, ma ciò non accadde. 
I suoi occhi, azzurri da far male, si fecero trovare, ed anzi il ragazzo fece anche di più. 
Gli sorrise, ed Harry quasi se la fece addosso. 
Un brivido dalla nuca gli scosse l'intera spina dorsale, e quello sguardo durò appena una frazione di secondo ma nella mente il ragazzo camminò a rallentatore ed il tempo rimase fermo una vita intera. 
Era stato un semplice sorriso senza alcuna importanza, ma Harry si sciolse e venne assorbito dai cuscini della poltrona, senza riuscire a spiegarsi che cosa in quel ragazzo mai visto prima lo attirasse così tanto. 
Quando gli fu chiaro che non riusciva nemmeno a fingere di poterlo ignorare e soprattutto s'accorse d'aver iniziato a sudare recuperò in fretta le sue cose e s'allontanò da lì. 
Diede le spalle al ragazzo ed andò a camminare nel corridoio centrale della biblioteca, resistendo chissà come all'impulso di cercarlo oltre gli scaffali. 
Uscito dalla sala di lettura s'impose di prendere respiri profondi mentre afferrava la sacca dall'armadietto e riponeva la chiave nel cestino sul bancone dell'atrio. 

«Bentornato Styles!» 
Harry alzò gli occhi al cielo mentre richiudeva la porta d'ingresso quando la voce del suo coinquilino lo accolse, «ciao Niall» 
«Fish&chips da asporto stasera?» 
Si strinse nelle spalle, «come ti pare» 
«Lo asporti tu?» 
«Sei il solito rompi coglioni...» sussurrò lanciando la sacca sul divano, e si richiuse la porta alle spalle senza aggiungere altro. 
Dentro l'appartamento Niall rideva. 

Dire che adorava quella vita era riduttivo: niente genitori tra le palle, niente sorelle, fratelli o cugini tra le palle, usciva quando gli andava, andava dove voleva, tornava e c'era Horan a riempirgli la testa di chiacchiere, e le gelide serate invernali in cui non potevi azzardarti a mettere il naso fuori di casa passavano decisamente più in fretta davanti alla Play con litri di birra in corpo. 
«Ciao Horan» 
«Buongiorno Harry» 
Dopo i corsi si ritrovavano al solito tavolo alla mensa dell'università. 
Niall mangiava lentamente i suoi sandwich al tacchino, quelli che la mattina prima d'uscire ci metteva ore a prepararli, e finiva sempre che Harry usciva prima di lui e prendevano due autobus diversi, Harry comprava gli hotdog dal vecchio Mr Pheel che parcheggiava sempre il suo carretto -abusivamente- nella terza piazza della cittadella universitaria, sulla sinistra appena usciti dalla facoltà di scienze. 
Dopo qualche minuto Meg li raggiungeva da veterinaria, poi arrivava Phil con ancora addosso il suo camice da ricercatore di almeno due taglie più grande. 
Ed ogni venerdì immancabilmente Meg chiedeva «stasera andiamo a ballare?», pur sapendo che la risposta sarebbe stata sempre quella. 

Harry di solito non andava in biblioteca il venerdì pomeriggio. 
Quel venerdì pomeriggio però in casa si sentiva soffocare e così aveva deciso di fare un salto lì per rilassarsi un po' prima del fine settimana e, perché no, portarsi un po' avanti con lo studio. 
Oh, andiamo, chi voleva prendere in giro? 
Non riusciva a togliersi dalla testa il sorriso di quel ragazzo, ed il suo viso, solo pensarci lo faceva impazzire, eppure non riusciva a spiegarsi quale particolare lo facesse sentire così. 
Era andato in biblioteca con la speranza di rivederlo, e studiarlo ancora un po' per cercare di capirci qualcosa e, sì, si sentiva dannatamente tanto patetico. 
Camminò nel largo corridoio centrale e lo cercò ai tavoli sotto le finestre, allungando il collo per guardare tra gli scaffali. 
Teneva il suo romanzo stretto al petto, che i libri per studiare non li aveva proprio portati. 
Tanto non ci sarebbe cascato nessuno in ogni caso. 
Eccolo, era lui! 
Si trattenne a stento dal mettersi a saltellare. 
Era proprio un imbecille.
Lo sconosciuto se ne stava seduto ad una scrivania, chinato sotto la luce del potente faretto. 
Non gli avevano insegnato a tenere la schiena dritta? 
Harry si lasciò cadere su un divanetto accanto ad un'altra persona, ma non molto lontano dal ragazzo. 
Non c'erano finestre in vista, alle sue spalle la scaffalatura di legno piena zeppa di libri, ed una lampada a stelo vicino al bracciolo del divano a due posti. 
Aveva deciso di concedersi quel piccolo strappo alle regole -regole che peraltro aveva imposto lui stesso- per poter osservare da una distanza ragionevole quella che in poche ore era diventata la sua ossessione. 
Aveva indossato una t-shirt a maniche corte sotto la felpa con la zip, così non avrebbe sudato come un beduino del deserto sotto il sole di agosto se la temperatura si fosse alzata di colpo. 
Ritrovò il segno del romanzo che stava leggendo in quei giorni, abbassò lo sguardo sulle pagine sgualcite e lasciò che un ciuffo di ricci gli scivolasse davanti al viso, a nasconderlo mentre da sotto le ciglia osservava il ragazzo, senza leggere affatto. 
Come, com'era possibile che gli facesse quell'effetto? 
Lo sconosciuto non doveva essere un tipo molto organizzato, visto che come il giorno precedente si alzò con un libro in mano per riporlo  al suo posto e prenderne un altro. 
Harry studiò di sottecchi il modo in cui camminava, rilassato, e le braccia che dondolando accompagnavano i suoi passi, lo osservò di nascosto mentre si mordeva il labbro inferiore e scuotendo appena la testa faceva sì che la ciocca di capelli che gli era finita davanti al viso si spostasse. 
Tornando alla scrivania il ragazzo intercettò lo sguardo di Harry, e gli sorrise. 
Il cuore di Harry iniziò a battere forte e a rimbombargli nelle orecchie, ma lui riuscì a mantenere un minimo di contegno, riuscì chissà come a sembrare calmo e rilassato, e rispose con un cenno. 
Lo sconosciuto ridacchiò silenziosamente, un po' arrossì, abbandonò gli occhioni verdi e liquidi di Harry e si sedette al suo posto. 
Il riccio abbassò lo sguardo sul libro e s'impose di calmarsi. 
Respira, sottospecie d'idiota. 
Aveva corpo e cervello in fiamme, ed il cuore che gli batteva all'impazzata in una tempia. 
Sospirò, chiuse per un momento gli occhi e si mise comodo contro i cuscini del divano; ignorare il tizio che gli sedeva accanto era fin troppo facile, ignorare quel ragazzo molto meno. 
Chi era? Cosa aveva da cercare tanto affannosamente su quei volumi pesanti?  
Stava soltanto leggendo, in una fottuta biblioteca, ed Harry era incuriosito da lui come non lo era mai stato da nessuno. 
Incuriosito e attratto. 
Attratto e... 
No, ora basta. 
Piantala. 

Una riga del libro, un'occhiata al ragazzo. 
Libro, ragazzo. Libro, ragazzo. Libro, ragazzo; libro, libro...ragazzo. 
Libro ragazzo libro ragazzo libro ragazzo ragazzo ragazzo ragazzo ragazzo e oh merda
Aveva uno sguardo tanto penetrante? 
Lo sconosciuto aveva poggiato il gomito sul bracciolo della sedia ed aveva ruotato un po'  il busto, fino a trovare gli occhi di Harry e sorridergli di nuovo. 
Lui arrossì fino alla punta dei capelli e si tuffò sul libro, i capelli scivolarono come una tenda davanti al suo viso. 
Stupido. Stupido stupido stupido. 
Come si poteva essere tanto stupidi? 
Quando rialzò lo sguardo il ragazzo era tornata alle sue faccende. 
Prese un respiro profondo e si guardò intorno. 
Qualcuno l'aveva notato? 
No, nessuno si era accorto di lui. Di loro. 
Come era possibile che nessuno se ne fosse accorto? Lui si era sentito al centro del mondo. 
Il tempo sospeso, ed il mondo fermo a guardare loro due. 
Checca. 
Alzò gli occhi al cielo al commento della sua coscienza e chiuse il libro. 
Le scrivanie erano raccolte in gruppi da sei, a due a due una di fronte l'altra; in mezzo c'era una bassa mensola sotto la quale era appeso un faretto per scrivania. 
Harry si alzò e con il libro in mano camminò con naturalezza in quella direzione. 
Si appropriò della postazione accanto a quella dello sconosciuto che tanto lo scombussolava ed aprì il libro di fronte a sé. 
Si avvicinò meglio alla scrivania ed accese il faretto, guardò il ragazzo, il cui sguardo si era posato su di lui nell'attimo in cui aveva afferrato la sedia per non mollarlo più. 
«Ciao» esordì Harry con un sorriso dedicando ora tutta la sua attenzione a lui. 
«Ciao» lo sconosciuto gli sorrise, ed Harry si sciolse. 
«Mi dispiace disturbarti» disse perché non sapeva cos'altro dire, accennando con lo sguardo alla penna posata sul foglio fitto d'appunti, ed il blocco spesso sotto, i volume aperti l'uno sull'altro. 
Il ragazzo li richiuse, uno alla volta, con calma, «tranquillo, tra poco avrei lasciato perdere comunque», lentamente si appoggiò indietro contro lo schienale ed intrecciò le dita sul ventre, sorridendo ancora ad Harry. 
Lui si voltò completamente col busto nella sua direzione, un braccio dimenticato sulla scrivania, l'altro sul proprio bracciolo, «io sono Harold» 
Lo sconosciuto che presto non sarebbe più stato tale strinse la mano che gli porgeva, «Louis, piacere» 
«Domani sera esci con me?» chiese Harry tutto d'un fiato mentre Louis non era ancora arrivato alla r di piacere. 
Louis rise, gettando appena la testa indietro e socchiudendo gli occhi, intorno a cui si formarono delle deliziose pieghette. 
Checca; oh, taci una buona volta. 
Riportò presto lo sguardo su Harry, continuò a sorridere, scosse la testa, «non ci credo...» 
«Questo è un sì?» 
«Sì, è un sì» 
Harry respirò dopo lungo tempo e si accasciò sulla sedia, «fantastico. Che bellissima cosa che mi hai appena detto» 
«Tu mi hai fatto una bella domanda» 
Per un momento pensò che lo stesse prendendo in giro. 
Oddio, era etero? 
Aveva appena fatto la più grande figura di merda della sua vita? 
No, non era possibile. 
Ti prego, no 
«A che ora?» gli sorrise Louis. 
Harry tornò a rilassarsi, «alle 6.30, che ne dici? Possiamo vederci qui davanti alle 6.30, ci andiamo a bere qualcosa, ti porto a cena» 
«Andiamo a cena» lo corresse con un sorriso divertito. 
«Andiamo a cena, sì»
«Va benissimo» Louis non la smetteva di sorridere, ed Harry non era da meno. 
«Be', io ora, ora dovrei andare» disse Harry alzandosi goffamente, «ci vediamo domani» 
«Certo Harren, a domani» 
Harry sprofondò ancora un po' per l'emozione -checca- afferrò il suo libro e vacillò fino all'uscita. 
Ce l'aveva fatta! 

«Styles!»
Sobbalzò richiudendosi la porta d'ingresso alle spalle, si voltò; «mh?» 
«Dobbiamo uscire! Dobbiamo andare a ballare!»
Harry lo guardò stranito, «lo so, Horan, non c'é bisogno di agitarsi tanto... Che ti prende?»
«Che sono le 7! Ti sembra questa l'ora di tornare a casa?»
Lasciò la giacca di pelle sull'appendiabiti, si sfilò anche la felpa lanciando un'occhiataccia al biondino mentre si dirigeva nella sua camera, «Niall sul serio, piantala, sembri mia madre»
«Dobbiamo uscire!» Ripeté lui come se Harry non avesse affatto parlato. 
«Ho capito!» gridò a sua volta; «sto andando a prepararmi, contento?»
Gli chiuse la porta in faccia senza nessuna intenzione di prepararsi davvero.  
Andiamo, di solito non arrivavano in discoteca prima di mezzanotte, che voleva quell'oca starnazzante se erano appena le 7? 
Si gettò sul letto, incrociò le dita dietro la nuca e fissò il soffitto con espressione da ebete. 
Calciò via le scarpe senza preoccuparsi di dove andassero a finire, il tonfo attutito dalla moquette. 
Adesso ripensando a tutto quello che aveva detto si sentiva molto più stupido di quanto non si fosse sentito in quel momento -e si era sentito molto stupido anche allora, con Louis davanti, altroché se si era sentito stupido- ma non riusciva a pentirsi della pazzia che aveva fatto. 
Sarebbe uscito con lui, era questo l'importante, no? 
Forse era la forma del suo viso ad agitarlo tanto. 
Una scarica di pugni s'abbatté sul legno della sua porta, lui saltò a sedere sul letto; stava davvero per addormentarsi?  
«Styles, sei pronto?»

«Finalmente!» Meg mise in moto quando i due aprirono gli sportelli. 
«Scusa, la principessa doveva farsi bella» spiegò Niall salendo in auto; Harry si limitò ad alzare gli occhi sistemandosi meglio contro il sedile posteriore. 
«Me ne sono accorta! C'é Phil che ci aspetta fuori dal negozio di fumetti da almeno 20 minuti»
«É inutile che continuate, non mi avevate detto niente. Per quanto ne sapevo io dovevamo uscire alla solita ora»
«Styles l'abbiamo ripetuto mille volte che andavamo a cena»
«E io dov'ero?» chiese per l'ennesima volta, senza più sforzarsi di mascherare il tono esasperato. 
«Nel mondo dei sogni principessa, avevi lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi a cuoricino» lo prese in giro Meg mentre accostava davanti alla fumetteria. 
Phil salì in auto accanto ad Harry, scuro in volto, «Phil diglielo anche tu che non si sapeva che partivamo così presto»
«Styles, é colpa tua se ho i ghiaccioli al naso?»
Meg e Niall risero dai sedili anteriori, mentre Harry ingoiava il che aveva sulla punta della lingua ed imbronciato si lasciava ricadere contro il sedile. 

Quando si rimisero in viaggio verso la discoteca Harry era già allegro, e si sentiva decisamente pesante con quella cena a dir poco abbondante sullo stomaco. 
Guardava fuori dal finestrino la strada buia scorrere veloce sotto le ruote dell'auto, sorrideva con gli occhi persi. 
«Horan?»
Il biondino si voltò a guardare Phil, «ma secondo te che gli prende» chiese indicando Harry con un cenno della testa. 
Niall si strinse nelle spalle, «e che ne so io?»
«Principessa, cos'é questa faccia da ebete?» s'intromise Meg.
«Mh?»
Scoppiarono a ridere della sua aria da completo imbecille, e rise anche lui, senza sapere affatto perché stessero ridendo. 

Ad Harry piaceva bere, ma non certo stare male dopo aver bevuto.
Avanti, a chi piaceva?
Erano tornati all'alba e si era gettato sul letto ancora vestito.
Non si sentiva male, solo gli girava maledettamente tanto la testa.
Quando si svegliò, nel primo pomeriggio, si maledì per aver esagerato, la sera prima.
Era come se l'avessero calpestato, con tutte le ossa doloranti ed ogni singola parte del corpo che gli pulsava in testa, minacciando di far esplodere le tempie ed una volta uscita andarsene un po' in giro.
Si alzò con un capogiro, e l'immagine che gli restituì lo specchio dietro la porta di un viso devastato lo spaventò.
Ma che cazzo s'era bevuto?
Si sciacquò il viso, si fece la barba e poi si gettò sotto l'acqua gelida, aspettò che diventasse bollente ed uscì.
Si infilò i pantaloni di un vecchio pigiama ed una tshirt blu scuro.
«Horan?» chiese addentrandosi nella zona giorno.
Ricevette un mugolio sofferente in risposta, proveniente dal divano. Guardò in quella direzione e vide un braccio spuntare da dietro lo schienale.
Si avvicinò, il biondino stava lì sdraiato con le scarpe ancora addosso, una gamba a penzolare dal bracciolo, l'altro piede a terra, un braccio sullo schienale, l'altro a coprirsi gli occhi.
«Niall, che hai?»
«La testa» cantilenò lui.
«La testa cosa?»
«Brucia. Balla forse» lasciò scivolare il braccio fino al pavimento, la mano come senza vita abbandonata sulla moquette rossa, fissò il soffitto, «non lo so»
Harry sbuffò ed andò in cucina con gli occhi al cielo, «fatti una doccia, ti preparo un caffé»
Perché doveva sempre essere lui quello responsabile?
Preparò la macchinetta e la sistemò sul fornello, recuperò degli analgesici dal cassetto delle medicine ed aprì il frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare a pranzo, anche se erano ormai, lanciò un'occhiata al piccolo orologio del forno, le 3 e mezza.
I suoi occhi si illuminarono scorgendo le uova, ed optò per una frittata titanica con...prosciutto e formaggio.
Niall si lasciò cadere su una sedia avvolto nella sua vestaglia di velluto verde e rosso da lord ottocentesco con un rantolo sofferente.
Lasciò la mega padella a scaldare e servì il caffé amaro al biondo, posandogli davanti anche due aspirine ed un bicchiere d'acqua con cui mandarle giù.
«Vuoi mangiare?»
«No» lagnò il biondo.
«Allora fila a dormire»
Si alzò barcollando e si fermò sulla soglia del corridoio.
«Styles?»
Harry si voltò verso di lui, smettendo per un momento di fissare la frittata cuocersi, «mh?»
«Ti voglio bene»
Alzò gli occhi al cielo impedendosi chissà come di scoppiare a ridere, «a letto, subito!»
Niall obbedì ed Harry non lo vide più in giro per casa per un po'.

Lanciava i vestiti sul letto senza nemmeno guardarli. Jeans, pantaloni, magliette camicie e maglioni.
«Styles?» il biondino si fermò sulla soglia della stanza, le braccia incrociate al petto appoggiato contro lo stipite della porta.
Harry ringhiò in risposta.
«Va bene, va bene, come non detto...torno a smaltire la sbornia ma mi trasferisco sul divano»
Fai quel che cazzo ti pare! avrebbe voluto urlargli dietro lui, io sono in piena crisi.
Ma prima di esporre i polmoni ad uno sforzo tale si voltò ed osservò lo scempio sul piumone.
Una forza oscura dentro di lui lo portò di fronte alla catasta di vestiti e gli allungò un braccio, fino ad afferrare e sollevare i pantaloni neri. Quelli stretti che lo slanciavano. Harry si complimentò mentalmente con la forza misteriosa senza sentirsi neanche un minimo stupido, o malato, e nemmeno strano, e scivolò nel tessuto che gli aderì addosso come una seconda pelle.
Scelse, stavolta in pieno possesso delle sue facoltà psicofisiche, una maglietta grigia, e s'avvolse una sciarpa leggera tutta colorata intorno al collo sottile. Sorrise al proprio riflesso allo specchio, ed il riflesso dallo specchio gli sorrise di rimando.
Stava per incontrare Louis, ed era maledettamente bello.
Louis? Stava per incontrare Louis?
Né lui né la forza oscura riuscirono a placare la checca isterica che dava prova di corde vocali d'acciaio nella sua testa, dove l'acustica era ottima visto che nel realizzare che avrebbe presto visto Louis lì dentro s'era creato il vuoto, lasciando la checca isterica ad isterizzare nel bel mezzo del nulla, a passeggio in una landa desolata.
Il suo stomaco si digerì da solo quando un neurone sopravvissuto, probabilmente unico superstite, gli rispose che sì, avrebbe visto Louis, e non solo, ci avrebbe anche passato un bel po' di tempo insieme. Il brusco innalzamento della temperatura dentro e fuori il suo corpo bruciò quel neurone coraggioso ed Harry sorrise ancora a se stesso nello specchio.
Si infilò il giacchetto di pelle, allacciò le scarpe, ed uscendo salutò Niall -mezzo addormentato davanti alla tv- in chissà quale lingua.

Non era mai stato un tipo molto propositivo. Al liceo se ne era stato tranquillo, usciva con gli amici ed aspettava di incontrare qualcuno. Aspettava che il principe azzurro gli piovesse dal cielo, e nel frattempo si lamentava un po' di essere solo, almeno sentimentalmente parlando. Al college era uscito con qualche ragazzo, ma erano sempre stati loro ad invitarlo. Lui tendeva a parlare sì con tutti, ma poi in realtà se ne stava per conto suo. Ora camminava verso la fermata dell'autobus con le mani affondate in tasca, e si sentiva ribollire in ogni parte del corpo. Era stato tranquillo -relativamente tranquillo- fino a pochi attimi prima, ora si sentiva sprofondare, ed il pensiero che ad attenderlo davanti la biblioteca ci sarebbe stato Louis...
Rabbrividì salendo al volo e s'impose di calmarsi, non poteva arrivare là paonazzo.

Scese dall'autobus e si guardò intorno nella piazzetta avvolta dalla luce soffusa lampioni. Ebbe appena il tempo di appoggiarsi con la schiena ad un muretto che Louis apparve da una stradina tra due edifici e sorrise quando posò lo guardo su di lui. Harry gli andò incontro e si fermarono uno di fronte all'altro. Harry si sentì così stupido che quasi rise, perché la tensione che scrivolò via in un attimo doveva smaltirla piangendo o ridendo, ma si sentì ancora più stupido perché l'emozione gli stava togliendo il respiro. Dov'era stato quel ragazzo per tutto quel tempo?
E com'era possibile che lui sapesse già che era lui quello che cercava, nonostante praticamente non si conoscessero? Era sempre stato molto riservato ed un po' insicuro riguardo il contatto fisico, soprattutto se di un certo tipo; Louis lo incendiava, mente e corpo, solo standosene lì ad un palmo dal suo naso, a sorridergli. E poi non gli importava di niente. Stava lì a guardarlo ed il mondo sarebbe potuto cadere, e pensava che avrebbero passato la serata insieme ed il mondo sarebbe potuto cadere, le cose che si sarebbero detti gli attraversavano la testa a velocità inaudite, e la gente poteva passare lì vicino e guardarli guardarsi, il mondo sarebbe potuto cadere, e ad Harry, che era abituato a tenere sempre un orecchio teso a quello che aveva intorno per captare la gente ed il mondo, be', se il mondo fosse caduto ad Harry in quel momento non sarebbe affatto importato.
Ecco come faceva a sapere che era lui. In pochi attimi gli stava dando tutto quello che non aveva mai trovato negli altri ma che, cocciuto fin da sempre, aveva sempre voluto.
Senza pensarci troppo, senza pensarci proprio anzi, sollevò una mano grande dalle dita affusolate e sfiorò la guancia di Louis, «ciao»
Qualcosa gli diceva, non certo a parole, che Louis non si sarebbe lamentato dell'eccessiva confidenza che si era concesso, né l'avrebbe in alcun modo respinto.
«Ciao» si sentì accarezzare dalla sua voce, e finalmente rise, liberò quella risata rauca e calda che teneva in gola da un po’.
«Andiamo?» gli chiese.
«Sì, andiamo» ed insieme si incamminarono sul marciapiede.

Tutto intorno a lui era a dir poco caldo.
Era tutto bollente.
Le dita di Louis sulla sua gamba erano bollenti.
La sua gamba su quelle di Louis era bollente.
Le gambe di Louis, anche quelle erano bollenti.
E poi l’aria che respirava, la sentiva bruciargli nel naso e poi giù a scaldargli la gola.
E le guance, sentiva le guance andare a fuoco.
Se qualcuno gli avesse chiesto qualcosa di quelle guance color porpora che dovevano risaltare maledettamente tanto sulla sua carnagione pallida, anche alle luci basse di quel piccolo pub, avrebbe risposto che era la birra.
Sì, era senz’altro la birra a fargli quell’effetto, e non certo le carezze di Louis.
I suoi polpastrelli nell’incavo del suo ginocchio.
O il suo sorriso. Quel sorriso bello da togliere il fiato che gli stirava le labbra sottili e rosee.
Anche quelle dovevano essere maledettamente bollenti, si disse Harry.
Lui quel ragazzo volevo tenerlo con sè. A fine serata voleva portarselo via, scappare con lui su un’isola e passare una vita così, vicini, su una spiaggia fresca, in riva al mare.
Non importava la gente intorno.
Non importavano le voci intorno, contavano solo loro due. C’erano solo loro due.
Ed Harry non riusciva a ricordare, sarà stato l’alcol, un’altra sola volta in cui si era sentito così bene.
Cos’aveva Louis di diverso da tutti gli altri, da tutto il resto del mondo?
Niente, si disse ascoltandolo ridere, assolutamente niente.
Era solo il suo modo di tenerlo vicino.
Il modo in cui lo faceva sentire forte solo guardandolo.
All’improvviso Harry si accorse che per lui e con lui avrebbe fatto l’impossibile, ci sarebbe senza dubbio riuscito.
E non lo spaventava nemmeno il pensiero di non conoscerlo se non da poche ore.
Aveva perso il filo del suo discorso da un pezzo ormai.
Annuiva ogni tanto e non smetteva di sorridere, ma davvero non aveva la più pallida idea di quello che gli stesse dicendo con quella sua voce vellutata e profumata.
Sì, l’odore fresco di Louis lo avvolgeva, e lui voleva soltanto respirarne fino a farsi esplodere i polmoni.
Però non sapeva cosa gli stesse raccontando.
Doveva essere qualcosa di divertente, perchè tra una frase e l’altra ridacchiava, aveva gli occhi lucidi.
Dio, lui adorava le persone che ridevano fino alle lacrime ogni volta che raccontavano qualcosa, non importava quante volte la raccontassero o quanto tempo fosse passato.
Stava parlando delle sue sorelle, Louis, quante aveva detto di averne?
«Ehi Lou senti, non prendertela ma ho perso il filo qualche mezz’ora fa» disse in un soffio sollevando anche l’altra gamba su quelle del ragazzo, «stavo solo ascoltato il suono della tua voce, che per dirla tutta mi fa impazzire. Potresti anche startene lì per ore a leggermi la Bibbia e mi faresti lo stesso effetto» sbuffò una risata riprendendo fiato, «posso baciarti?» chiese candidamente avvicinando il viso al suo, ora gli bruciavano anche gli addominali ma si tenne allo schienale della cassapanca e restò a fissarlo da così vicino, aspettando una risposta.
Louis guardò i suoi occhi verdi e liquidi, si morse il labbro inferiore senza smettere di sorridere.
Poi annullò la distanza inutile che c’era tra loro e morse il suo, di labbro.
Prese tra i denti il labbro inferiore di Harry e stringendo i suoi fianchi sottili se lo fece scivolare in braccio.
Harry trovò le sue labbra bollenti come aveva immaginato, come aveva sperato.
Le assaporò a lungo prima di dischiudere le proprie, allacciare le dita sulla nuca di Louis e perdere ogni facoltà di pensiero.

«Ti prometto che non lo faccio più» sussurrò sulle sue labbra ad occhi chiusi dopo chissà quanto tempo, allontanandosi poi di un po’ e rimettendosi seduto sui cuscini della cassapanca.
Louis sollevò le palpebre e studiò il suo viso arrossato riprendendo fiato lentamente, «cosa Haz?»
Harry aprì gli occhi e Louis lo trovò bello da far male, «non ascoltarti. Giuro che da oggi in poi ti ascolto sempre»
Louis rise ancora. Era così infantile che avrebbe voluto stringerlo e stritolarlo così.
Si strinse nelle spalle, «se poi il risultato è questo non c’è problema»
Quanto tempo erano rimasti incollati in quel modo?
Per la miseria, non gliene fregava proprio niente.
«Ti va se adesso andiamo a cena?» chiese Harry alzandosi e stiracchiando la sua figura slanciata.
Louis gli fece eco, ed un po’ si sentì basso accanto a lui, «certo, andiamo»

«Lou?»
Camminavano fianco fianco per una qualsiasi delle vie del centro, tanto le persone non contavano, le vetrine non contavano, non contava niente; Louis si voltò a guardarlo affondando meglio le mani in tasca, «mh?»
Il riccio prese un respiro profondo e quando parlò il suo fiato si condensò in nuvolette bianche che sparirono in alto, «so che è presto, e azzardato, ma possiamo rivederci?»
Louis aggrottò la fronte chiedendosi perchè mai una domanda del genere dovesse risultare azzardata, era stato bene quella sera. E si domandò anche perchè Harry pensasse che fosse presto per fare una domanda così ora, quando avrebbero dovuto decidere se rivedersi o no, dopo un mese?
Stava giusto cercando un modo spiritoso per rispondergli e contemporaneamente tranquillizzarlo quando Harry continuò; «possiamo non doverci più salutare? No perchè io una persona come te l’ho sempre cercata, sai, qualcuno che mi facesse sentire forte abbastanza da sopravvivere. Non l’ho mai trovata e quindi finora mi sono arrangiato da solo, ma adesso che ci sei tu sarebbe difficile tornare a bastarmi. So che è stupidissimo da dire, soprattutto ora che ci conosciamo da, quanto?, quattro ore?, ma sai è la birra, quando bevo divento logorrico ed i miei freni inibitori vanno a farsi un giro, comincio a dire tutto quello che mi passa per la testa...»
Finalmente posò lo sguardo su un Louis che lo ascoltava trattenendo il fiato, quanto poteva essere adorabile?
Lui non aveva bevuto molto, ma si sentiva esattamente come Harry.
Harry era vicino, e con le parole e senza riusciva a dirgli quello che nessuno gli aveva mai detto.
«Haz, va bene»
Harry rise, «dai, non prendermi in giro però» e gli diede una spallata amichevole. Louis s’aggrappò a lui e poi lasciò il braccio lì, sotto al suo.
«Sono serio Haz...ci sarà tempo per parlare un po’ di tutto, ma per ora posso dirti che anche io cercavo te. E non ho mai smesso di credere che un giorno saresti arrivato»
Il riccio sollevò un sopracciglio e si fermò, Louis con lui, «anche a te l’alcol fa lo stesso effetto che fa a me?»
«No, Haz. Ma le persone sono sempre lontane, non trovi? Tu sei così vicino che posso toccarti, e mi piace questo fatto che mi hai detto subito tutto. Vuol dire che ti fidi di me, ed anche io mi fido di te. Di solito non mi fido subito così tanto, ma l’istinto mi dice che di te posso fidarmi, e quindi ti dico tutto. Ci diciamo tutto quello che se lo diciamo a qualcun altro ci ritroviamo dopo nemmeno cinque minuti a sputare sangue, in un modo o nell’altro, e invece non mi spaventa dire a te che non voglio più lasciarti andare»
«Lou?» Harry fece un passo avanti, facendosi ancora più vicino; ora i loro nasi quasi si toccavano, ed era difficile mettere a fuoco qualcosa oltre gli occhi. Quegli occhi così azzurri, e così verdi. «Lo vedi che diventi logorroico anche tu?»
Louis rimase un attimo interdetto; gli aveva appena snocciolato un discorso da matrimonio e lui, lui...
Sorrise, si alzò in punta di piedi e baciò le sue labbra.
Le braccia s’intrecciarono ai corpi e furono vicini come non mai, al centro del marciapiede di una strada del centro trafficata anche a quell’ora.
Si assaporarono con la gente che li aggirava come un qualsiasi ostacolo, qualcuno diceva di spostarsi, ma a loro non importava.
«Lou?» disse sulle sue labbra.
«Mh?»
«Se il mondo cade, resti con me?»
Rise, e la sua risata rimbombò nel petto di Harry, «sì Haz, resto con te in ogni caso»


note
Ed eccoci giunti alla fine di questa breve storia...come ho già scritto all'inizio, avevo in mente qualcosa di semplice, ed è proprio quello che è saltato fuori... Insomma, so bene che come trama è piuttosto banale, a tratti inverosimile ed infantile, ma volelo qualcosa di leggero e, perchè no, volevo anche fantasticare un po', quindi spero vi siate divertiti a leggerla almeno quanto io mi sono divertita a scriverla :D
La canzone all'inizio è Strong, indovinate?, dei One Direction XD
Ah, l'ultima cosa, so che dopo una sbornia ci sono cose più consigliabili da fare bere o mangiare, ma non volevo tirarla troppo per le lunghe e così mi sono concessa anche lì un piccolo cliché ahahah
Che altro dire, se siete arrivati fino in fondo lasciate un commentino, positivi o negativi che siano sono sempre benaccetti (:
Marti                          

 
  
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