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Autore: RiceGrain    14/09/2008    4 recensioni
Ero stata costretta a fuggire. Costretta non da qualcuno in particolare, ma da tutta una serie di cose che mi avevano profondamente convinta che la "vita fa schifo", o meglio "life sucks"...rende decisamente meglio. La banalità dello scorrere dei giorni tutti uguali, uno identico all'altro mi stava soffocando, e sapevo che non avrei retto ancora per molto. Così la decisione di fuggire, provare a ricominciare tutto d'accapo in un altro posto...sì, ma quale? Ely e Gerard...due persone così lontane eppure così vicine...le loro vite sono destinate ad intrecciarsi e a restare unite per sempre...through it all...
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ed eccomi di nuovo qui :D Grazie infinite a Marta (BlueAndYellow) Awww grazie mille per il tuo commentuccio ^^

Ed eccomi di nuovo qui :D Grazie infinite a Marta (BlueAndYellow) Awww grazie mille per il tuo commentuccio ^^..spero ti piaccia questo (a me fa schifo, ma cmq XD) e Chemical Lady, sono contenta che ti sia piaciuto molto!! Spero che anche questo ti piaccia ^_^

 

La mano di Gerard stringeva lievemente la mia, calda e dolce allo stesso tempo e quel lievissimo contatto era l’unica cosa che riusciva a tranquillizzarmi. Mi voltai e mi venne da sorridere di fronte alla sua innocenza mentre dormiva con la testa appoggiata al sedile dell’aereo, i capelli scompigliati e la bocca leggermente aperta. Abbassai lo sguardo sulle nostre mani intrecciate, la sua forte e grande, la mia piccola come quella di una bambina che quasi scompariva dentro la sua e improvvisamente mi venne da chiedermi come fosse possibile che lui fosse con me in quel momento, che fra tante avesse scelto proprio me che non avevo niente di speciale.

Le sue canzoni, i suoi testi parlavano di amori strazianti e bellissimi, e io non mi sentivo all’altezza di quel ruolo per lui. Lo amavo con tutta me stessa, e a volte mi spaventavo della profondità di quel sentimento, ma non riuscivo a credere che fosse lo stesso per lui. C’erano mattine in cui mi svegliavo terrorizzata che fosse tutto un sogno, che non ci fosse nessun Gerard per me, e trovarlo addormentato accanto a me era sempre un sollievo indicibile.

Mi sembrava anche incredibile che la nostra storia fosse durata così tanto, nonostante avessimo attraversato un sacco di cose tra risate, arrabbiature, sbronze, droga, pianti, momenti bui…eppure il filo che ci legava non si era mai spezzato, facendoci tornare l’uno nelle braccia dell’altra ogni volta, facendoci desiderare reciprocamente con una passione che non credevo fosse possibile provare realmente.

Ma non era solo quello.

No, tra me e Gerard c’era veramente una cosa che non sono mai riuscita a spiegarmi se non come “anime gemelle”. Sarà pure vero che gli opposti si attraggono, ma per me e lui questa cosa non ha mai avuto senso. Eravamo tutto tranne che opposti, pensavamo le stesse identiche cose e ci comportavamo nello stesso modo in qualsiasi situazione e proprio per questo ci amavamo così tanto, perché sapevamo che finchè fossimo stati insieme non saremmo mai stati soli, avremmo sempre avuto la reciproca totale comprensione.

E guardandolo addormentato su quell’aereo ero felice e impaurita insieme, perché non potevo fare a meno di chiedermi quando sarebbe finito tutto ciò.

Improvvisamente, la voce della hostess che annunciava l’imminente manovra di atterraggio mi distolse dai miei pensieri e  mi voltai verso il finestrino, lasciando scorrere lo sguardo sulle goccioline di pioggia che rigavano il vetro. Tra poco saremmo atterrati a Firenze e avrei trovato i miei genitori ad aspettarmi in aeroporto. Alla fine li avevo avvisati il giorno prima, poco prima di imbarcarci a Los Angeles. Per un minuto buono mia madre non era riuscita a spiccicare parola, tanto che avevo dovuto ripeterglielo tre volte.

“Arriveremo a Milano alle 21…quindi saremo a Firenze per le 22 al massimo…tu e papà potete venire a prenderci?” era stata così strana quella conversazione.

Non riuscivo proprio ad immaginarmeli a conoscere Gerard. Sarebbe stato stranissimo…i miei due mondi che entravano a contatto…loro non spiccicavano una parola di inglese e avrei dovuto fare da traduttrice per tutto il tempo, ma poco importava.

Naturalmente mia madre mi aveva subito chiesto se fossi venuta da sola o se ci fosse stata la “Rockstar” con me, come l’aveva simpaticamente soprannominato le poche volte che ci eravamo sentite in quegli anni.

“No mamma, viene anche la ‘rockstar’…e te lo dico subito prima che ti vengano strane idee…non vengo per restare. Quindi non cominciare con i soliti discorsi, altrimenti non vengo proprio…la mia vita è qui ormai, e voglio farvi conoscere Gerard perchè è la persona più importante della mia vita e in quanto miei genitori credo sia giusto che lo conosciate…”

Avevo chiuso il telefono di scatto e avevo trovato lo sguardo interrogativo di Gerard. “Non ho capito un accidente di quello che hai detto, ma non credo che sia stato ‘Mamma come sono felice di rivederti’..” Io gli sorrisi “Lascia stare…io e  mia madre non abbiamo proprio quello che si dice un bel rapporto…quindi non preoccuparti assolutamente per quello che potrà dirti. Sappi che lei è convinta che andando in America abbia fatto la cazzata più grossa della mia vita e che tu mi abbia fatto il lavaggio del cervello…” mi guardò un tantino preoccupato “Ma non preoccuparti assolutamente!” mi affrettai ad aggiungere. Lui annuì “Sono certo che sarà un’esperienza indimenticabile…”

 

La voce della hostess che ci intimava di allacciare le cinture svegliò Gerard, che si voltò a guardarmi. “Ci siamo…” disse sorridendomi dolcemente e stringendomi la mano. Io annuii “Lo so…” l’ansia cominciava ad assalirmi lo stomaco e lui se ne accorse perché mi sussurrò “Tranquilla…” in un orecchio prima di darmi un bacino sulla guancia.

“Gerard grazie…veramente non ti ringrazierò mai abbastanza per questo…”

“Sei pazza?” fece lui “Non dirlo nemmeno per scherzo…”

 

Riconobbi mia madre immediatamente, nonostante ci fosse una folla abbastanza consistente di persone agli “Arrivals” dell’aeroporto. Aveva lo stesso cappotto rosso che le avevo visto indossare miliardi di volte e che la faceva assomigliare ad una diva del cinema. Ero sempre stata un po’ invidiosa della sua bellezza. Aveva lunghi capelli biondi e degli occhi bellissimi, di un verde oliva misto a striature dorate. Purtroppo io avevo preso ben poco da lei…

Da piccola la guardavo ore ed ore affascinata mentre si truccava davanti allo specchio, sognando il giorno in cui anche io sarei stata  così bella. Per cui c’era sempre stato questo rapporto particolarissimo tra me e lei che non ci aveva mai fatto andare d’accordo.

Accanto a lei vidi il suo nuovo marito Fabio mia sorella e il mio fratellino. Mio padre non c’era…probabilmente non bastavano quasi 3 anni di assenza per soffocare il disagio di presentarsi insieme a mia madre e a suo marito. Sempre la stessa storia…sarebbe venuto l’indomani a salutarmi, come se fossi appena tornata da una vacanza con le amiche piuttosto che da un’assenza di 3 anni…

Agnese, mia sorella, mi venne incontro correndo, travolegendomi quasi.

Io lasciai cadere la valigia che stringevo tra le mani e l’abbracciai fortissimo.

Dio, se mi era mancata…lei più di tutti. Abbracciandola era come fare un tuffo nel passato…una sensazione che mi compresse lo stomaco e mi fece singhiozzare come una stupida. Mi vennero improvvisamente in mente tutte le volte che avevamo giocato insieme a barbie, che le avevo raccontato le storie per farla addormentare, le volte che ci eravamo tirate i capelli litigando e quelle in cui avevamo riso fino alle lacrime per le stupidaggini più assurde. Abbracciarla era come tornare ad avere 5 anni la sera della vigilia di Natale mentre aspettavamo trepidanti nei nostri letti di sentire il rumore di passi e andare in punta di piedi nel salotto per assicurarci che Babbo Natale avesse bevuto il latte che gli avevamo lasciato.

Mi discosta in attimo e la guardai con le lacrime agli occhi. Era cresciuta…quando me ne ero andata era ancora una liceale di 17 anni…adesso di anni ne aveva 20, e aveva perso le fattezze da bambina che aveva sempre avuto. Era una donna adesso, era cresciuta senza che l’avessi sotto i miei occhi e mi dispiaceva immensamente di essermi persa quegli anni.

“Ele quanto mi sei mancata!” esclamò, guardandomi. Poi si rivolse a Gerard quasi urlando “Non posso proprio credere che sia veramente tu…quando mamma me l’ha detto per poco non svenivo…”

In effetti non avevo mai menzionato in che gruppo cantasse Gerard e neanche avevo detto come si chiamava per paura che scoprissero dove fossimo in tour e mi venissero a riprendere, ma il giorno prima gli avevo finalmente svelato la sua identità ed evidentemente mia sorella era una loro fan.

Gerard sorrise e le strinse la mano. Lei tremava visibilmente “No, non può essere vero…non può essere vero…Gerard Way è il fidanzato di mia sorella…”

Lui rise “Sei una nostra fan vedo!”. Agnese strabuzzò gli occhi “Sono una vostra fan? Io sono LA vostra fan…non hai idea di cosa significhi la vostra musica per me…” ecco lo sapevo…le mie due vite stavano entrando in collisione e non sapevo cosa pensare di tutta quella situazione. Mia sorella era una fan sfegatata della band del mio ragazzo. “Oddio avrei un sacco di cose da chiederti…oddio…Gerard Way, Gerard Way…” era impazzita.

“Agne, fallo respirare!” gli dissi sorridendole. Gerard sorrise a sua volta lanciandomi un’occhiataccia “Non darle retta…chiedimi tutto quello che ti pare!” le disse. Com’era carino…

Improvvisamente alzai gli occhi e mi accorsi che mia madre, Fabio e mio fratello si erano avvicinati e se ne stavano in piedi di fronte a noi.

“Ele!” fece mia mamma abbracciandomi e cominciando a piangere.

Io ricambiai l’abbraccio, inspirando il suo profumo familiare.

“Non andartene mai più ti prego…” cominciò a dire tra le lacrime.

Io mi staccai, prima che la cosa diventasse troppo patetica e mi voltai verso Gerard che era rimasto in disparte, un po’ imbarazzato. “Mamma…questo è Gerard…” lei spostò immediatamente lo sguardo su di lui e lui le tese la mano, sorridendole.

Fabio mi abbracciò e mi sussurrò “Bentornata…” in un orecchio. Mi era sempre piaciuto…era l’unica persona che rendeva mia madre felice e lei lo amava molto più di quanto amasse me…si vedeva chiaramente…ma non mi era mai importato. “Grazie…” gli dissi prima di passare ad abbracciare mio fratello Leonardo che era cresciuto in una maniera impressionante, anche se lo sguardo a furbetto era sempre lo stesso.

“Beh, vogliamo andare…?” fece mia madre, dopo tutte le varie presentazioni, continuando a guardare di sottecchi Gerard.

Io strinsi la mano a Gerard e tutti e sei ci dirigemmo verso l’uscita dell’aeroporto. “Ti amo…” gli dissi sottovoce e lui mi sorrise, stringendo ancora di più la mia mano. Sapevo che con lui avrei potuto affrontare tutto.

 

   
 
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