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Autore: escapethewonderland    15/08/2014    2 recensioni
"Allora, spesso rimaneva muta a fissare quelle parole appese sopra lo specchio. Cosa significavano, se dei semplici commenti avevano il potere di spargerle via come foglie secche cadute dagli alberi in una giornata d’autunno?
Sillabe, lettere, suoni che avevano bisogno del suo nutrimento per attecchire. Voleva con tutta se stessa nutrirle, eppure… Eppure cosa? Nascondersi? Lasciarsi sormontare? Guardarsi crollare a terra sotto una valanga di merda e inadeguatezze che gli altri le imponevano? No.
No.
Non doveva essere così. Lei era un’anima, era una persona, era altro oltre a quel corpo che tutti vedevano."
Per chiunque si sia mai sentito a disagio nella propria pelle, qui Alyssa in qualche modo cerca di fare luce su se stessa e su quel suo corpo che tanto non sopporta.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fucking Perfect




A chiunque abbia provato sulla propria pelle
la cattiveria nell'essere giudicati per il proprio corpo.




Alyssa fissava la sua immagine riflessa nello specchio nascosto dietro l’anta centrale del suo grande armadio scuro. Fissava il suo corpo, le sue curve, ogni piccola sporgenza e avvallamento, ogni singolo tratto della se stessa proiettata nel vetro.
Alyssa non aveva un fisico definibile bello. Non l’aveva mai avuto, fin da quando era una piccola bambina inconsapevole del mondo. Quando era più piccola, aveva provato spesso sulla sua pelle il sapore amaro dello scherno e quando si è giovani, la mente può cresce più labile e debole se sottoposta a tante piccole e diverse pressioni. Non l’avevano di certo risparmiata, però non era stata una nemmeno martoriata, quello poteva riconoscerlo. Lei era timida per natura, anche se lungo gli anni con piccoli trucchetti l’aveva nascosto sempre più, presentandosi più come una pazza impavida verso gli altri. Era importante farsi vedere coraggiosi: avevi meno probabilità che gli altri provassero a sminuirti per il tuo corpo.
Alyssa era consapevole di non corrispondere ai canoni. Bene, fanculo.
Perché dunque? Perché dunque bisognava rispettare degli stupidi e umilianti canoni imposti da una società meschina? Era lei la padrona del suo corpo, non la società.
La ragazza aveva un’autostima altalenante.
Era convinta di poter pretendere di piacere agli altri per come era, non le serviva una taglia da anoressica e l’atteggiamento disperato di chi esibisce il proprio corpo per trovare conforto negli altri. Era quello che le parole della canzone di Pink appesa sopra il suo specchio le ricordava spesso.
“You’re fucking perfect” recitava fiero il ritornello. Però…
Alcune volte, Alyssa si stoppava, metteva in pausa il suo cervello sempre in fermento e osservava il mondo scorrerle accanto, davanti, dietro, sopra, sotto. Guardava immobile e inerme le labbra dei suoi amici ripetere quella frase “È bruttina, però ha un fisico, cazzo!” Lei spesso tratteneva il respiro forte all’ascoltare quelle frasi, come se di colpo il suo stomaco avesse ricevuto un pugno duro e potente. Perché? Perché Alyssa non aveva un fisico, cazzo. Poteva accettarsi, imparare a volersi bene e a mostrarsi sicura e splendente, ma niente sembrava essere vero nell’attimo in cui quella frase veniva pronunciata. Allora, spesso rimaneva muta a fissare quelle parole appese sopra lo specchio. Cosa significavano, se dei semplici commenti avevano il potere di spargerle via come foglie secche cadute dagli alberi in una giornata d’autunno?
Sillabe, lettere, suoni che avevano bisogno del suo nutrimento per attecchire. Voleva con tutta se stessa nutrirle, eppure… Eppure cosa? Nascondersi? Lasciarsi sormontare? Guardarsi crollare a terra sotto una valanga di merda e inadeguatezze che gli altri le imponevano? No.
No.
Non doveva essere così. Lei era un’anima, era una persona, era altro oltre a quel corpo che tutti vedevano. Alyssa ascoltò in silenzio il battito tumultuoso del suo cuore che batteva ad un ritmo incalzante, arrabbiato.
E lo era davvero.
Era incazzata con se stessa e con quella parte di mondo che la condannava a lasciar da parte un vestito perché non c’era la sua taglia, all’odiare l’andare in piscina e sentire su di sé mille sguardi che le bucavano la schiena e l’autostima, a sentire i commenti malefici e degradanti di sconosciuti, a ritenere il suo corpo un mostro da lei stessa creato. Percepì il tiepido calore di alcune lacrime solcarle le guance, piccoli fiumi silenziosi di tristezza.
Tristezza e tanta amarezza. Gli altri non capivano.
Gli altri disprezzavano.
Osservò quelle lacrime scenderle sulle mani pallide e paffute. Le strinse di scatto a pugno, ancora più incazzata. Oltre il velo delle lacrime, allungò la mano destra e accarezzò con intenzionale lentezza le parole della canzone trascritte con cura. Aveva disegnato un complicato intreccio di arabeschi e linee di fianco al testo e nell’insieme era bello. Eppure era così fragile: avrebbe potuto prendere quei due fogli e strapparli senza pietà, cancellando tutto quello che quella canzone rappresentava.
Alyssa sentiva una contraddizione troppo forte battere nel petto: il testo era potente, ma lei?
Come poteva essere altrettanto potente quando tutto il resto la piegava?
Lo specchio sembrò restituirle uno sguardo beffardo, quasi per sfotterla e dirle: “Fai schifo e non ce la farai. Mai.” Fissò se stessa, dritta negli occhi, le pupille nere e l’iride di un verde stordente. Fece un passo indietro, pronta e con il braccio carico per tirare un pugno allo specchio.
La suoneria del suo cellulare la fermò a qualche centimetro dalla superficie riflettente.

Made a wrong turn,
once or twice,
doug my way out,
blood and fire.

«Bad decisions, that’s all right. Welcome to my silly life.» iniziò a cantare, la voce flebile e lo sguardo annacquato fissò sui suoi piedi, con la testa chinata e i capelli castani che le nascondevano il volto.
«Mistreated, this place, misunderstood, miss “knowing it’s all good”, it didn’t slow me down.» Osservò lo smalto rovinato alle unghie, la ceretta da rifare, le cosce troppo grosse.
«Mistaken, always second guessing, underestimated, look, I’m still around.» cantò sempre più forte. La pancia non era piatta, aveva una cicatrice minuscola a forma di macchia appena sotto il seno, smagliature. Urlò a squarciagola il ritornello, come se non ci fosse un passato né un futuro, ma solo quel piccolo momento nel presente. Con un pennarello raccolto dalla scrivania, iniziò a scrivere delle parole sullo specchio.
Bella. Affascinante. Dotata. Entusiasta. Solare. Sorridente. Impavida. Stupenda. Incurante delle critiche. Magica. Strana. Artista. Meravigliosa. Sensibile. Emotiva. Combattiva. Amata. Vittoriosa.
Fottutamente perfetta.
Continuò così, fino a riempire lo specchio, lasciando solamente pochi frammenti di superficie riflettente visibile.
Non voleva essere abbattuta, lei non era un corpo in mezzo ad una massa informe di altri corpi, era un’anima e come tale pretendeva di essere vista. Non grassa o inetta o stupida o inferiore, ma Alyssa.
Si accucciò piano piano, ritrovandosi infine seduta, nuovamente di fronte allo specchio.
Poteva permettere a tutto quell’odio, a tutti quei commenti cattivi, a tutto il marciume di entrarle dentro, ma la sua mente poteva conferire a tutto ciò il potere di distruggerla o no. Era incazzata, ma non doveva chiedere scusa.
Alzò lo sguardo verso lo specchio, trovandosi occhi negli occhi con una se stessa che si era plasmata in quel lungo tempo che aveva passato lì di fronte. Lo sguardo di quella ragazza ardeva di fuoco e ghiaccio, come un canto di guerra pronto a liberarsi nella tranquillità della notte.
Non si sarebbe consumata. La sua storia iniziava proprio ora.
«…you’re fucking perfect to me.»



Angolino in viols:
Salve a tutti! Questa è la mia prima OS, non so bene cosa sia uscito, però era lì che premeva per essere scritta. A chiunque sia arrivato fino in fondo, vi dico grazie per aver letto questo mio piccolo sfogo e fatemi sapere se vi è piaciuta, o vi ha completamente schifato o qualsiasi cosa vogliate dirmi.
Ho trasmesso per iscritto quello che sento, cercando di dare un senso a quei generi di sentimenti che non hanno né forma né nome. Spero che abbiate colto il messaggio! ;)

Violet
   
 
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