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Autore: reve99    15/08/2014    1 recensioni
la dolce storia scritta da uno scrittore innamorato e poetico: John Lavinique. la storia che scriverà sarà il dolce ritratto di due ragazzi destinati a incrociare le loro vite: Richard, ragazzo elegante e misterioso, eccentrico e artistico che si sente oppresso dalla solitudine e Rebecca, una giovane ragazza innamorata di un uomo molto lontano che non riesce a esprimere sé stessa agli altri.
dal testo:
"sento tanta nostalgia e non voglio perderla, vorrei che lei fossi qui, seduta come me alle porte della notte, sdraiata sul crepuscolo meraviglioso e passare ore e ore nel buio delle stelle… "
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il cielo era scomparso, il profumo della città lasciava posto ad un odore acre di medicinali e di chiuso. Si sentivano solo i sussurri inquietanti dei crocerossini e la sirena furiosa.
Richard aveva avuto un vuoto di sensi, non era svenuto, ma la forte emozione l’aveva fatto cadere in una specie di trance per la quale adesso non ricordava più cos’era successo, se non che un vecchio gli aveva detto che Beatrice stava male.
Beatrice era rinvenuta, tuttavia per sicurezza aveva un aspiratore che l’aiutava respirare e i medici avevano cominciato a fargli una flebo.
Qualche lacrima silenziosa, quasi invisibile, solcò il volto di Richard: aveva paura, ma più che altro pena per la dolce ragazza che, in quel pomeriggio piovoso gli aveva aperto l’ombrello.
Arrivarono in ospedale: il Policlinico maggiore. In tutta fretta i medici, che avevano l’aspetto evanescente di fantasmi avvolti in vesti bianche nelle luci soffuse della notte, presero la barella e la portarono in sala operatoria. Richard aspettò fuori mentre tremava vistosamente e parlava tra sé e sé in preda allo sgomento. Voleva chiamare i suoi genitori, che vivevano verso Torino, ma aveva paura e voleva aspettare di capire innanzitutto cosa avesse Beatrice. Si sentiva estremamente fuori luogo: un amico si ritrova d’un tratto come unica persona ad aspettare fuori la sala operatoria il destino di lei. Neanche i suoi genitori avevano questo privilegio e questo onore: solo lui; e questo gli dava una sensazione di unione grande con lei, un unione che nessun’altro aveva se non lui. Tuttavia a questo piacere si univa l’amaro che era uscito dalla bocca di Beatrice: “Sarai un amico.” Quelle parole riecheggiavano maestosamente come una sentenza irrevocabile. E sembrava riecheggiassero fin su i corridoi bui, le sale oscure impregnate di sofferenza, sembrava che ogni porta e ogni finestra, ogni oggetto continuasse a ripetere quelle stesse parole con la stessa angelica voce di Beatrice: “Sarai un amico fedele.” Un amico fedele… era un suo amico fedele ed era suo dovere stare su quella panchina, fuori dalla stanza operatoria, per questa e molte altre notti se fosse stato necessario.

Verso le tre del mattino venne un medico e chiese con voce forte che sapeva di rimprovero: “Tu chi sei?”
“Sono Richard, un amico della ragazza!”
“Un amico? Ebbene ad aspettare non c’è nessun altro se non tu?”
“Nessun’altro lo sa.”
“Coraggio ragazzo, sbrigati a contattare gli altri, la sua famiglia…”
“Si fidi di me e mi dica che cos’ha…”
Il medico non avrebbe dovuto farlo, ma in quel giovane che aveva passato su quella scomoda panchina nella penombra dell’ospedale quasi tutta la notte vedeva una persona fidata. Per questo gli disse: “Non è poi così grave! Ha avuto solo un brusco calo di pressione e nel sangue c’era molto alcool. Ha passato la serata con lei?”
Richard provò un immenso sollievo, avrebbe voluto abbracciare quel medico bianco e dall’espressione severa.
Il medico ripeté la domanda: “Ha passato con lei la serata?”
“Sì, sì, con me!”
“E come mai lei non è ubriaco?”
Richard era impaziente e voleva vederla, per questo disse: “Buon uomo, le racconterò tutto dopo, ma ora devo vederla. Si può vederla?”
“Coraggio, se vuole può andare!” il viso del medico si era rabbonito di colpo “La terremo qui fino a domani per accertamenti e poi potrà andare a casa! È l’ultima stanza del corridoio, a destra.”
Richard corse in preda a una grande euforia, come se sarebbe stato possibile per lui volare e danzare libero da ogni peso e da ogni tristezza.
La vide: era un angelo. Rischiarava tutta quella stanza buia con il suo volto.
Beatrice disse, con un tono patetico e romantico: “Richard!”
“Sono qui.” Rispose lui.
“Che ore sono?”
“Da qui a un minuto le tre e mezza!”
“Tu hai aspettato qui per tutto questo tempo?”
“Le poltroncine dell’ospedale non sono poi così scomode se alla fine dell’attesa c’è sempre una bella notizia. Mi hai fatto spaventare.”
Beatrice rise: “Non c’è nessuno che ti aspetta a casa?”
“La polvere oggi potrà fare a meno della mia compagnia.” Disse lui con una punta di tristezza quasi nostalgica.
Ci fu un minuto di silenzio, nessuno dei due si guardava negli occhi, per paura di piangere, o forse, di scoppiare a ridere!
Poi fu Beatrice a prendere la parola, superando la paura: “Hai fatto tutto questo per dimostrare che mi ami?”
“Come dimostrarlo con così poco?” rispose Richard guardando la luce della luna filtrare dalle finestre dell’ospedale.
Beatrice fece scendere una lacrima dal viso: era commossa e incapace di parlare. Si alzò dal lettino e con una mano sfiorò la guancia e il labbro di Richard. Ma Richard si distaccò: “Non fare così. Pensi che una carezza possa davvero spegnere il fuoco che ho dentro? Vola via, Beatrice, vola via.”
“Dove andrò?” disse lei mentre le lacrime sgorgavano dal viso.
“Ti ricordi la sera passata? Tu lo capisti che io volevo dichiararmi e da quel momento hai cominciato a bere, bere per nascondere l’imbarazzo, la vergogna di rispondermi: "io non ti amo." Non avevi mai bevuto prima, vero? Per questo sei stata male.”
Beatrice abbassò la testa, ma Richard gli prese il mento e dolcemente alzò il suo sguardo verso di lui, parlando con tono di speranza e dolcezza: “Non lasciare che questa situazione annebbino il tuo giudizio. Non sarai felice come tu vorresti, ed io non sarei felice, perché è come se ti tenessi prigioniera.”
Beatrice era innamorata di un’altra persona, sì, avrebbe preferito mille volte avere Andrea al suo fianco, che non Richard e questo lui l’aveva capito fin dall’inizio, inoltre la mente di Beatrice non era molto lucida, era cosciente ma oppressa da uno stato di ubriachezza provocato dall’alcool e dai medicinali: mentre parlava aveva gli occhi spenti e affaticati. Richard lo sapeva: quando si sarebbe svegliata nella luce dell’alba, la tempesta di emozioni di quella notte sarebbe soltanto stata un pensiero smarrito nei ricordi, non sarebbe mai più esistita se non in quell’istante. Richard piangeva e diceva: “Voglio guardarti un ultima volta negli occhi, ancora una volta.” Beatrice disse, in modo appena percettibile: “Guardami per l’eternità, non avere paura. Dammi la mano.” Disse appoggiando la testa al cuscino “Non mi lasciare.”
Queste furono le ultime parole, lei si addormentò e i medici già lo avvertirono che la sua mente non avrebbe ricordato niente.
Richard non dormì quella notte. si mise l’elegante giacca nera sulla camicia bianca: aveva freddo. In realtà era tutto chiuso, l’aria era pesante, ma Richard aveva dei tremiti di freddo. Si rivolse alla luna e parlò con lei fin quando la carezza dell’aurora non ridestò le nebbie oscure.
Richard lasciò la mano a Beatrice, gli diede un bacio sulla fronte e gli disse: “Addio, piccola!” non l’avrebbe rivista mai più se non voleva impazzire.
  
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