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Autore: check_for_double_meanings    15/08/2014    0 recensioni
«Sperava ancora di poter essere libera, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, la sua psiche era stata plasmata con lo stampo prepotente della sofferenza, e il piccolo guerriero, troppo debole, coperto di ferite e privo di speranza, aveva perso la forza di combattere.»
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La sua era mera disperazione.  Non era una di quelle ossessioni perverse tipiche della sua età, né una patologia psicologica meritevole di cure.  Nasceva da un problema difficile da affrontare, impossibile da risolvere. Non si possono cambiare le persone, con tutta la buona volontà di questa mondo, non si può modificare la loro natura. E non è necessariamente un bene. Per quanto si sforzasse di apparire forte non lo era per nulla, per quanto si impegnasse ad assecondare le altre persone, per rendere la loro vita migliore, non riusciva a stare in pace con se stessa.  Non trovava la felicità nel proprio cuore, si sentiva completamente vuota, passiva a ciò che le accadeva, ma non le importava più. Provava ad essere ciò che gli altri volevano che fosse, ma sebbene si sforzasse con tutta se stessa, i rapporti erano ingestibili, e lei aveva perso la propria identità. Era solo un oggetto usato per sfogare la frustrazione altrui, persino le sue emozioni iniziavano a farsi meno intense. Raramente rideva con sincerità, la libera espressione non le era concessa, tutto ciò che poteva era l'interna ed eterna amarezza.  C'era da considerare inoltre il suo cuore, un cuore fragile, sensibile, troppo debole per reggere tutta la tristezza che provava. Un cuore troppo debole per sopportare tutte le delusioni che si procurava, perchè la speranza era viva e bruciante in lei. Ormai non sentiva più niente, insulti o belle parole non avevano la minima differenza, eseguiva solamente ciò che le veniva imposto. E faceva male.  Era doloroso perche sapeva perfettamente di doversi liberare dalla gabbia che si era creata, ma non aveva la forza di scappare e dispiegare le ali, libera.  La verità era che non aveva il coraggio di prendere in mano la sua vita e farne ciò che voleva, perché aveva paura, un terrore abnorme del futuro. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei, era troppo piccola e ingenua e non poteva, non voleva immaginare cosa le avrebbe riservato la vita.  Le dicevano che per vincere doveva combattere, ma a quale scopo se nemmeno lei sapeva per cosa stava combattendo? Perché continuare a versare sangue, sudore e lacrime senza saperne il fine? E non poteva nemmeno più ribellarsi perché ogni suo precedente tentativo si era rivelato vano e con orribili conseguenze. Per la paura di doverle affrontare di nuovo e soffrire ancora aveva rinunciato alla sua voce, alla sua importanza e alla sua battaglia per la libertà.  Era diventata un involucro di desideri suoi e di chi la usava per farne ciò che voleva. Allora si rifugiava in mondi fantastici ma non reali, instaurava rapporti con persone fantastiche ma inesistenti, e quasi non distingueva più il reale dall'immaginario. Una piccola parte di sé, combatteva ancora, per la misera speranza di una realtà che sfiorasse la fantasia, in cui la sua vita era migliore e finalmente era felice.  Ma il piccolo guerriero che dimorava in lei era debole come il suo cuore, e si piegava al dolore come fosse fatto di carta.  E laddove il cuore aveva perso ogni controllo, la mente prendeva il sopravvento.  Si era abituata al dolore e lo aveva registrato come unica opzione e possibile soluzione, aveva sviluppato una dipendenza da esso e non riusciva a tornare indietro. Il suo subconscio lo desiderava, il suo corpo lo ricercava e non poteva farne a meno.  Era una romantica, ormai associava il dolore all'amore, perché non conosceva altro. Ma sognava una vita di felicita, di libertà, dove potesse venir amata per ciò che era realmente, dove delle mani la accarezzassero delicatamente e non le stringessero i polsi tanto forte da lasciarle lividi, dove la sua parola non fosse stroncata sul nascere e fosse considerata di valore.  Sperava ancora di poter essere libera, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, la sua psiche era stata plasmata con lo stampo prepotente della sofferenza, e il piccolo guerriero, troppo debole, coperto di ferite e privo di speranza, aveva perso la forza di combattere. 
  
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