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Autore: Aishillin    15/08/2014    2 recensioni
Ultimo missing moment della series "Circles", a cui seguirà la fanfic vera e propria.
"Si guardarono negli occhi per alcuni secondi. Draco sembrò chiederle il permesso, le labbra a sfiorare quelle della ragazza. Poteva sentire l’odore del fiato di lei, sapeva di dentifricio. Rimase così, su di lei, immobile, in attesa di una sua decisione.
La ragazza lo guardava fisso, due pozze castane perse in quelle iridi troppo simili al ghiaccio. Poi, di slancio, come se avesse avuto paura di ripensarci, alzò il volto, facendo combaciare le sue labbra con quelle del biondo. "
Un bacio, il primo. Ma Hermione è davvero disposta a soprassedere su qualsiasi cosa per stare con Draco? Il passato, un Marchio e un tradimento saranno ardui da affrontare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Roger Davies | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing Moments'
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Eccomi qua, di nuovo!
A tutti quelli che attendevano il mio ultimo missing moment chiedo scusa per il ritardo, ma sono giustificata: prima mi si è rotto il pc (ora scrivo sul catorcio di riserva), e poi mi sono presa una bella bronchite, che mi ha tenuta a letto 3 giorni di fila. Eh sì, un bel ferragosto a letto con la febbre a 39. Ma la febbre mi ha dato il tempo di scrivere almeno la prima parte della storia, quindi eccola a voi!
A tutti quelli che leggono per la prima volta una mia storia, segnalo invece che fa parte di una serie: "Missing Moments". Alcuni riferimenti che trovate in questo capitolo rimandano infatti alle one shot precedenti.
A tutti voi che avete letto la mia introduzione auguro buona lettura! A presto.










Hermione sbuffò, mentre uno sconosciuto e nerboruto studente dell’ultimo anno le urtava col gomito l’immensa pila di pergamene e libri che cercava di portare in salvo fino alla Torre di Grifondoro. Speranza vana la sua, ovviamente: il venerdì pomeriggio la folla di studenti le rendeva impossibile arrivare fino alla Sala Comune senza combinare almeno un disastro di quel genere.

Si accucciò a terra, senza smettere di sospirare. Aveva una dozzina di rotoli di pergamena (i temi richiesti per la settimana successiva) ora sparsi per il corridoio. Veloce, estrasse la bacchetta dalla tasca del suo mantello, in modo da richiamare con un veloce “accio” i suoi compiti, prima che qualche sbadato li calpestasse. Maledetto venerdì sera, lui e il clima di allegro menefreghismo che causava! E maledetta lei, che si portava in giro un migliaio di pergamene in bilico. Avrebbe passato l’intera giornata a raccoglierle, e poi avrebbe dovuto pensare ai libri.

Improvvisamente, un’ombra oscurò la copertina del tomo di antiche rune che si stava accingendo a raccogliere. Alzò lo sguardo e si trovò faccia a faccia  con Roger Davies, un sorriso scanzonato sul volto e il suo libro di artimanzia in mano.

“Grazie…” mormorò la riccia.

Il ragazzo sorrise. Era bello quando sorrideva, pensò scioccamente Hermione.

“Sempre solo libri, vero Granger?”

Fu la volta di Hermione sorridere, imbarazzata. Chissà come doveva apparire lei, trasandata e studiosa ragazzina, ad uno dei più affascinanti ed ammirati ragazzi di tutta Hogwarts.

Roger era decisamente un bel ragazzo: alto, muscoloso, con un viso d’angelo. La divisa gli cadeva splendidamente addosso, come non era mai caduta a Ron. Ron… il volto della ragazza si oscurò. Ron, il ragazzo di cui era infatuata da tempo immemore… che ora testava tutte le superfici piane del castello insieme a Lav-Lav.

Il Corvonero doveva aver frainteso il lampo di tristezza che le oscurò il volto, perché riprese a parlare: “Non che ci sia nulla di male, è chiaro!”

Hermione sorrise di nuovo, un pizzico di rossore a imporporarle il viso.

“Grazie.” mormorò. “Per le parole e per l’aiuto.”

Il ragazzo questa volta si prodigò in un sorriso splendido, a trentadue denti. L’effetto fu a dir poco sensazionale: Hermione era certa di aver sentito svenire, dietro di lei, una ragazzina del secondo anno.

“Figurati! Anzi… se vuoi, potrei riprendere ad ammaliarti davanti ad un the da madama Piediburro, domani.”

Hermione sgranò gli occhi, sorpresa. Roger Davies invitava ad uscire lei? Spalancò la bocca, indecisa ancora su cosa rispondere: era un bel ragazzo, certo, ma c’era qualcosa di strano, di artificioso in lui che non riusciva a convincerla del tutto.

L’onere della risposta le fu però risparmiato, perché una terza voce si intromise tra i due: “Oh, Davies! Cos’è, ti sei già ripassato tutte le ingenue del Corvonero, ed hai deciso di passare alle Grifondoro? Potevi trovartene una più carina però!”

Hermione, che si era alzata grazie alla galanteria del ragazzo a fianco a lei, guardò furente il biondo, senza osare tuttavia proferir parola. Dall’inizio dell’anno aveva già incontrato Draco tre volte, ed avevano chiacchierato. Era stato gentile… e soprattutto aveva cercato di lasciarla in pace, se n’era resa conto. Non nei casi più eclatanti, ovvio, ma in generale, il livello di battutine e di tiri mancini dei Serpeverde nei suoi confronti era seriamente diminuito.

Sembrava stesse cercando di migliorare, per lei. O almeno, fino a cinque minuti prima. Cosa diamine gli stava succedendo?



 

****

Draco Malfoy osservava il viavai di studenti, con una smorfia a metà tra il divertito e il disgustato. Tutti intenti a correre nella loro Sala Comune per discutere di sciocchezze, fare i piani per il weekend, magari programmare una spassosa gita ad Hogsmeade. Idioti. Tutti, senza eccezioni. Non avevano idea di cosa c’era là fuori. Di cosa stava per entrare anche lì dentro, a causa sua. Strinse i denti, torcendosi violentemente la manica della camicia. Certe volte quel maledetto Marchio lo odiava. Quasi quanto suo padre, per averlo obbligato a farsi imprimere nella pelle quel segno maledetto. Aveva fatto marchiare il suo unico figlio, come un bovino. Non gliel’avrebbe mai perdonato. Mai.

Avrebbe tanto voluto confidarsi, sfogare la sua rabbia e il suo timore, parlare con qualcuno a cuore aperto. Ma chi mai sarebbe stato disposto ad ascoltarlo? Non un Serpeverde: o erano fermamente convinti della causa del Signore Oscuro, o erano troppo terrorizzati per non fare la spia in cambio della salvezza. Forse Blaise, o Daphne. Ma non poteva mettere in pericolo i suoi amici. Blaise era fuori da tutta la storia grazie ai mille tortuosi piani di sua madre, donna che pareva sciocca ma che era in realtà fin troppo sveglia, come dimostravano i suoi numerosi ex mariti defunti. La madre di Blaise aveva fatto i salti mortali per tenere sé stessa e il figlio lontani dai Mangiamorte, lui non avrebbe vanificato i suoi sforzi. Daphne… aveva già ben altri problemi a cui pensare. Oh, certo, i suoi genitori non erano mangiamorte, ma la ragazza rischiava seriamente di finire maritata ad uno di loro. Quale, non era ancora stato deciso. Non aveva nessuna intenzione di dirle che era entrato a far parte dei possibili futuri mariti.

Sapeva bene, in realtà, quale fosse la persona perfetta per confidarsi: la sua improbabile e quasi amica Hermione Granger.

Aveva già fatto in modo di incontrarla da sola più volte, fingendo che solo il caso li avesse portati ad incontrarsi. Ed ogni volta aveva cercato di dirle ciò che più temeva di raccontare. Ed ogni volta aveva fallito. Miseramente, sciaguratamente. Tre incontri. Tre settimane a spiarla, a capire le sue abitudini, tre piccoli Grifondoro corrotti e poi Obliviati per avere una copia della sua agenda, in cui segnava ogni impegno. Tre discorsi provati allo specchio. Ed ogni volta, il risultato era il medesimo: uno scottante, bruciante fallimento.

Omertà.

Non aveva il coraggio di vederle negli occhi il disprezzo, l’odio che avrebbe provocato la sua confessione. Aveva paura che non l’avrebbe lasciato spiegare. Non aveva prove a dimostrazione della sua storia: l’Imperius non lasciava segni. Non visibili. E lui non le avrebbe mai lasciato libero accesso ai suoi ricordi. Troppo buio, per un animo candido come il suo.

Un improvviso frusciare di pergamene lo riportò al presente: capelli impossibili, divisa degna di una monaca, l’oggetto dei suoi pensieri era a pochi metri da lui, intenta a raccogliere quei chili di libri e pergamene di cui pareva non riuscisse a fare a meno.

Sorrise, indeciso se aiutarla o rimanere nell’ombra, nella nicchia in cui si era rifugiato.

L’arrivo di Zabini risolse i suoi dubbi amletici.

“Partecipi?”

Draco non si dette la pena d guardarlo in viso. Erano stati grandi amici, lui e Blaise. Prima che lui l’allontanasse, ovviamente. Quello che doveva fare era troppo pericoloso, non poteva rischiare di coinvolgere anche uno dei suoi pochi amici. Blaise non l’aveva presa bene: ovviamente aveva preso il suo comportamento come un’offesa, definendolo un “tronfio ragazzino” ed un “incapace a fidarsi degli amici”. Non era andato troppo lontano dal vero, ma non aveva ugualmente intenzione di rivelargli la verità. Non avrebbe messo in pericolo anche la sua vita.

“Da quando sei tornato a rivolgermi la parola, Zabini?” Il suo tono era perfettamente costruito: arrogante, persino lievemente scocciato.

“Da quando ho deciso di sorvolare sul tuo essere un tronfio, arrogante, borioso idiota.” Zabini sospirò. “Mi manchi, idiota. Ecco perché ti rivolgo la parola.”

Draco rise. “Hai intenzione di darmi dell’idiota a lungo?”

“Solo fino a quando persevererai nell’esserlo, idiota. Comunque, partecipi? Perché se sì, e punti tramite me, io becco il 5% a prescindere dall’esito.”

Draco alzò un sopracciglio. Non che non sapesse del giro di scommesse che imperversava ad Hogwarts (si diceva che il capo di tutto fosse il fastidioso Zacharias Smith, anche se lui ne dubitava: era troppo stupido per organizzare una simile organizzazione pseudo-criminale. Lui sospettava in realtà di Daphne, anche se la ragazza non aveva mai smentito né confermato.), ma in tutta onestà non aveva sentito parlare di nuove scommesse.

“Sinceramente, non so di cosa tu stia parlando. Non mi sono giunte voci.”

“Questo perché il tuo comportarti da idiota di ha portato all’isolamento quasi assoluto. Ma siccome ti voglio bene, idiota, ti spiegherò io: la scommessa riguarda Davies.”

Zabini si interruppe fissando improvvisamente il corridoio, e Draco ne approfittò per interromperlo: “Quell’idiota troppo pieno di sé? Peggio della scommessa sul futuro shampoo di Piton.”

“Un idiota che dà dell’idiota a un altro idiota… interessante. Ma adesso ascoltami, per favore, è rimasto poco tempo . La scommessa riguarda l’unica cosa che sa fare Davies: conquistare le ragazze. Questa volta l’obiettivo è la cespugliosa Granger. Puoi puntare su dove riuscirà ad arrivare: ha due settimane di tempo. Partecipi?”

Draco Malfoy sentì il sangue trasformarsi in acido nelle sue vene, e dovette appellarsi a tutti gli anni di educazione purosangue per evitare di schiantare Zabini o cruciare Davies.

Non aveva mai sopportato Davies, che aveva la passione di sedurre per poi spezzare il cuore a dolci e ingenue ragazze. L’aveva disprezzato più che mai, quando aveva scoperto che usava il suo bel faccino e la sua passione per fare soldi tramite le scommesse. Ma ora, oh, ora sì che voleva ucciderlo realmente.

“Allora? Partecipi o no?” Zabini lo guardava confuso: il suo volto non lasciava trasparire nulla, anche se aveva gli occhi puntati su Davies, che si stava avvicinando a passo deciso alla ragazza.

“Ho deciso, Blaise: punto 100 galeoni.”

Il moro alzò elegantemente un sopracciglio. “Puntata importante, caro il mio idiota. Ne sei sicuro?”

“Oh sì.” Un ghigno in puro stile Malfoy ornava il suo viso. “100 galeoni: Davies non riesce nemmeno  a portarla ad Hogsmeade.”

All’uscita dell’amico, il Serpeverde scoppiò a ridere. “Ed immagino che ci sarà il tuo zampino! Sai, non so se odi più Davies o…” La voce del moro si spense, mentre vedeva l’amico stringere la presa sulla bacchetta.

“Draco… ti dà fastidio che inganni una ragazza, o che quella ragazza sia la Granger?”

Draco gli voltò le spalle. “Ma io non mi chiamavo idiota?” Gli lanciò un sorriso fugace. Si avviò verso la coppia inginocchiata sul pavimento, intenta a raccogliere libri e pergamene sparsi a terra. “Scusami, ho una scommessa da vincere.”

Uscì dalla nicchia in cui si era riparato fino a quel momento, fermandosi a pochi metri dai due. Non aveva nessuna intenzione di rinunciare alla platealità: “Oh, Davies! Cos’è, ti sei già ripassato tutte le ingenue del Corvonero, ed hai deciso di passare alle Grifondoro? Potevi trovartene una più carina però!”

“Cosa vuoi, Malfoy?”

“Salvare Davies dai tuoi germi, Granger. Non è ovvio?”

Un lampo d’ira balenò negli occhi della riccia, e Draco si rese conto che lei stava credendo alle sue parole. Si morse la lingua, maledicendosi. Come poteva salvarla dalle grinfie di quel lurido verme, mantenere la sua facciata e allo stesso tempo farle capire che lo faceva per lei?

Davies si intromise prima che lui riuscisse ad architettare qualcosa: “Hermione, cara, lascia: ti difendo io da questo buzzurro, non c’è bisogno che tu perda tempo con lui.”

Hermione parve lievemente contrariata dall’uscita del Corvonero, tuttavia non disse nulla. E Draco comprese: sarebbe bastato lasciare che Davies si rovinasse con le sue stesse mani, e dopo spiegarle le sue ragioni.

“Interessante, ora il bellimbusto vuole difendere l’onore della Mezzosangue! Sentiamo, piccolo cavalier servente, cos’hai da dire?”

Davies sembrava a dir poco infuriato. Odiava che qualcuno si mettesse tra lui e le sue prede, e Malfoy non l’aveva mai sopportato. Aggiungendo all’equazione un’innata mancanza di pazienza,si otteneva una pozione esplosiva sull’orlo di scoppiare. Ed era proprio quello a cui puntava Draco.

“Senti, Malfoy… piccola specie di lurido Mangiamorte codardo che non sei altro… perché non la risolviamo da uomini?”

Tutto il corridoio, fino a quel momento attento a non perdersi nemmeno un secondo della disputa, parve trattenere il respiro. Le accuse di Davies erano pesanti,e l’idea di un duello clandestino eccitava gli animi di (quasi) tutti i presenti.

“Un duello? Molto bene! Dimmi ora e luogo, Davies. Mi divertirò a distruggerti.”

Hermione, ancora dietro al braccio semi-teso del Corvonero, scosse la testa, orripilata. Si voltò, con l’intenzione bene impressa sul volto di allontanarsi il più possibile da quel corridoio.

Draco vide la ragazza voltarsi con la coda dell’occhio ed automaticamente mise a fuoco il suo profilo sempre più distante.

Un’impovviso sbalzo d’aria lo costrinse a tornare a concentrarsi sul suo avversario: fece appena in tempo a rimettere a fuoco Davies, la bacchetta tesa verso di lui, che uno schiantesimo lo colpì in pieno sullo sterno.

Tutto divenne sfocato, mentre un dolore sordo si propagava in tutto il corpo. Si chiese, incuriosito, perché mai lo schiantesimo non l’avesse fatto svenire. Possibile che Davies fosse così inetto da non riuscire a schiantare qualcuno a 5 metri da lui, disarmato e distratto?

Un’ombra s’intromise nel suo campo visivo: “Ehi, idiota.” Riusciva a sentire il sorriso nella voce di Zabini. “Scusami, sono stato lento a parare lo schiantesimo, ma almeno non sei svenuto come una donnetta. Non mi aspettavo che quell’idiota attaccasse qualcuno disarmato.”

Draco boccheggiò: “Sei tu l’idiota qua, Zabini. Nemmeno sei in grado di pararmi le spalle come si conviene.” Zabini ridacchiò, di nuovo, mentre gli tendeva il braccio per aiutarlo a rialzarsi.

In quel momento, la voce della McGrannit invase il corridoio affollato.

“Che sta succedendo qua? Perché Davies è a terra svenuto?! Malfoy, che ci fai a terra?”

Draco ci mise qualche secondo, ma poi riuscì a mettere a fuoco il fondo del corridoio, alle spalle di un Davies (Draco se ne rendeva conto solo in quel momento) svenuto a terra: la McGrannit si ergeva, severa come suo solito, sulla fauna presente nel corridoio. Al suo fianco, Hermione.

“Quello sì, è stato un bello schiantesimo” mormorò il biondo al suo amico.

“Oh, caro mio, tutta una questione di polso.” rispose l’altro, prima di rivolgere uno scintillante sorriso alla professoressa di Trasfigurazione. “Professoressa, posso spiegare tutto io. Vede, Davies e Malfoy hanno avuto un piccolo diverbio… nulla di così importante, se non per il fatto che Draco è stato schiantato in una maniera a dir poco barbara, mentre era per di più disarmato…” Molti nel corridoio annuirono a sostegno delle parole del moro, mentre Hermione si copriva la bocca con una mano. Draco, dentro di sé, sorrise: ora di certo la ragazza non avrebbe mai accettato di uscire con lui, visto il modo spregevole e sleale in cui si era comportato.

“... Vede, professoressa, era evidentemente privo di controllo, e quindi un pericolo pubblico: ho dovuto fermarlo, prima che facesse mai a qualcun’altro!”

La Vicepreside guardò il Serpeverde con un’aria dubbiosa, dunque si rivolse al suo compagno: “Signor Malfoy, può confermare la versione del suo amico?”

Draco alzò le spalle, pentendosene subito dopo per il dolore che gli arrecò il gesto.

“Fino al mio schiantesimo posso confermare, professoressa. Non posso giurarle che sia stato Zabini a schiantare quell’idiota, però: io ero a terra, sa. Dovrebbe chiederlo a qualcuno tra gli spettatori.”

Molte voci giunsero a sostegno della versione di Zabini, dunque la Professoressa non poté far altro che ricordare agli studenti che la violenza non si risolve mai con altra violenza, sottrarre 100 punti a Corvonero, mettere Davies in punizione per due settimane e, infine, farlo trasportare in infermieria.

Draco, ancora lievemente instabile sulle gambe, si avviò lentamente verso i dormitori, senza scordare certo di infilare un biglietto che aveva frettolosamente scribacchiato in una delle tasche della Granger.








 

****

Hermione Granger era incredibilmente intelligente. Aveva un’indubbia affinità con la magia, ed un intuito innato che le aveva salvato la vita già molte volte.

L’unica cosa in cui sentiva di peccare, in quel momento, era la comprensione dell’universo maschile.

Se lo ripeteva da ormai una mezz’ora, mentre rileggeva freneticamente il bigliettino firmato D.M. che si era ritrovata nella tasca. Non era esattamente un poema, e l’averlo riletto più di venti volte aveva contribuito ad imprimerglielo nella mente.

 

“Non è come sembra. Non volevo farti male, è stato per il tuo bene.

Fammi spiegare, stasera, a mezzanotte, nell’aula di Divinazione.

Non fermarti alle apparenze, non l’hai fatto mai.

D.M.”

 

 

Hermione sospirò, decidendosi a gettare il pezzo di pergamena stropicciato nel cestino. Due minuti dopo, però l’aveva ancora in mano. Si era pentito? O forse, davvero, non era come sembrava? Possibile che avesse un buon motivo? Non gliene veniva in mente nemmeno uno: ma se la sua non fosse stata altro che cattiveria gratuita, non avrebbe avuto senso chiederle un incontro, no?

No, era del tutto inutile. più si lambiccava, meno ne veniva a capo.

L’unico modo per capirci qualcosa era andare a quello strano appuntamento: almeno avrebbe avuto una risposta, in un senso o nell’altro.

Guardò un’ultima volta il biglietto: qualche secondo e un “Incendio” dopo, le tracce di quello scandaloso appuntamento erano solo un piccolo mucchietto di cenere in fondo al cestino.

 

La serata passò in un lampo. Hermione non era minimamente in grado di ricordare cosa avesse mangiato, o perché si fosse messa a discutere con Ron. In tutta onestà, a stento ricordava di aver chiesto ad Harry il mantello, usando come scusa la necessità di fare alcune ricerche nel reparto proibito della biblioteca.

La sera era scesa in fretta, e lei era uscita dalla sala comune già alle dieci e mezza: sapeva che in mezz’ora avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere la torre in cui quell’imbrogliona della Cooman fingeva di insegnare, ma preferiva passare prima dalla biblioteca veramente, un po’ perché così si sarebbe sentita meno in colpa per la menzogna, un po’ perché in fondo cercare qualche nuova informazione nel reparto proibito non le pareva una brutta idea.

Come sempre, si perse nella moltitudine di libri che ornavano la biblioteca, compresi quelli molto meno amichevoli che dimoravano nel reparto proibito. Tra un libro e l’altro perse la cognizione del tempo, e riuscì ad arrivare alla torre solo con una decina di minuti di ritardo.

Quando aprì la botola per entrare nella stanza, due occhi di ghiaccio la fissarono immediatamente.

“Iniziavo a temere che non saresti venuta.” mormorò Draco, con una traccia di dolore così marcata da far torcere le viscere ad Hermione, convincendola seduta stante della bontà delle sue intenzioni.

“Ho perso la cognizione del tempo.”

Draco annuì. Sembrava troppo sollevato dalla sua presenza per chiederle come avesse potuto perdere la cognizione del tempo, ben sapendo quanto fosse restia a feste o sciocchezze simili.

“Allora, quale sarebbe la tua versione?”

“Rogers aveva fatto una scommessa, sul riuscire a… conquistarti. Mi sono comportato così per non farti accettare l’uscita.” Il biondo aveva gli occhi sul pavimento, sembrava del tutto concentrato ad osservare la fitta trama di uno dei tappeti della Cooman.

Hermione, all’udire quelle parole, sentì un forte colpo al petto. Dolore misto a rabbia e gratitudine. Dolore, per essere stata ingannata. Da un ragazzo così dolce, che pareva così buono. A volte i demoni si presentano davvero con un viso d’angelo. Rabbia, per essere stata l’oggetto di una scommessa, senza riguardo, senza rispetto. E, infine, gratitudine: per Draco, per essere stata protetta, seppur così bruscamente, da un gioco tanto crudele quanto meschino.

“Perché… perché hai dovuto fare quella sceneggiata?! Non potevi semplicemente tirarmi via?”

Il sorriso del Serpeverde era pieno di amarezza e consapevolezza.

“Sono sempre io… Non potevo venire lì e portarti via… Ho…”

“Una reputazione?”

“Già. E per quanto mi pesi… Non posso permettermi di perderla. Non ora. Non ora…”

Draco sembrava totalmente svuotato, incapace di reggersi persino in piedi. E infatti, cadde.

Cadde a terra, senza emettere un fiato. Un attimo prima era in piedi, ingobbito, a parlare di reputazione, e l’attimo dopo era inginocchiato, tremante, le mani immerse nelle trine del tappeto. Era come un pupazzo, improvvisamente privato del sostegno che era la mano che gli era sempre rimasta all’interno.

Hermione, incredula, gli si avvicinò; inginocchiandosi a sua volta ed abbracciandolo stretto. Non aveva idea del motivo per cui era crollato così malamente, ma non voleva vederlo in quello stato, per nessun motivo al mondo.  Lo strinse come se fosse l’unica ancora di salvezza in un mare in tempesta, come se col suo calore potesse scacciare quelle tenebre che sembravano essere sul punto di sommergerlo.

Lo strinse a sé per un tempo che le parve infinito. Lo strinse a sé mentre lui singhiozzava disperatamente, lo strinse a sé accarezzandogli i morbidi capelli, mentre lui le mormorava che era l’unica che potesse capirlo. Lo strinse a sé anche quando il respiro di entrambi si era ormai regolarizzato, e le mani di lui avevano iniziato a vagare piacevolmente sulla sua schiena.

Non sapeva perché lo stava facendo. Non sapeva a cosa l’avrebbe portata. Ma lì, in quella stanza dal vago odore d’incenso, tra le sue braccia, accucciati sul tappeto, lei stava bene. Si sentiva in pace con sé stessa, in un placido caldo, simile all’abbraccio dell’acqua tiepida ricoperta di schiuma dopo una giornata in una tormenta.

Era in pace con sé stessa, in pace con i sensi. Al caldo, al sicuro, si sentiva amata come forse non le era mai successo. E, incredibilmente, si rese conto che la cosa le piaceva. Desiderava sentirsi così, le sembrava giusto. Era amore? Non ne aveva idea. Era qualcosa di simile a ciò che provava per Ron, eppure totalmente diverso. Sapeva solo una cosa con sicurezza: era qualcosa a cui non voleva rinunciare.




 

****

Draco Malfoy si sentiva stranamente bene. Tra le braccia della ragazza sembrava che tutti i suoi problemi fossero scomparsi, come neve disciolta al primo sole.

Lentamente, qualcosa cambiò. La disperazione che l’aveva preso nemmeno mezz’ora prima, portandolo a piangere come un bamboccio, era stata prima sostituita dalla pace interiore, e poi da qualcosa a cui non riusciva a dare un nome, ma che gli ricordava il loro incontro al Ballo del Ceppo. Era uno strano calore che sembrava essersi impossessato di lui, che lo spingeva a stringerla maggiormente a sé, ad inspirare a fondo il suo profumo.

E dopo quel tenero calore, sopraggiunse la brama. Quella Draco la conosceva decisamente meglio, l’aveva già sperimentata. Sapeva cosa voleva, e sapeva come averlo.

Fu così che spostò, con attenzione, le mani: fino a quel momento le aveva tenute sulle sue spalle, in cerca di conforto. Ora Draco non voleva più conforto, e così fece scendere lentamente se sue mani, dalle spalle alla schiena, accarezzandole lentamente le scapole. Sentì Hermione sospirare, beata, ignara di ciò che stava per accadere.

La strinse più a sé, premendo le palme subito sotto alla sua vita, e spostò il volto dalla sua spalla, dove era stato appoggiato fino a quel momento, dirigendosi verso il collo.

Il corpo di lei tremava leggermente, incontrollato. Lei lo desiderava, forse quanto lui la voleva.

E Draco fece l’unica cosa che l’istinto gli suggeriva di fare: spense il cervello, baciandole il collo con avidità. La ragazza gemette, e il biondo approfittò del suo spaesamento per distenderla con abilità sul tappeto, continuando nel frattempo a baciarla.

“Draco… Io non so…”

“Shhht… Non parlare… Non pensare…” Il ragazzo aveva il fiato corto, e riusciva a riflettere sempre meno, sentendo il desiderio della ragazza distesa sotto di sé.

Le accarezzò lentamente l’incavo delle braccia, risalendo poi a sfiorarle il collo, intrappolandole alla fine il volto nelle sue mani.

Si guardarono negli occhi per alcuni secondi. Draco sembrò chiederle il permesso, le labbra a sfiorare quelle della ragazza. Poteva sentire l’odore del fiato di lei, sapeva di dentifricio. Rimase così, su di lei, immobile, in attesa di una sua decisione.

La ragazza lo guardava fisso, due pozze castane perse in quelle iridi troppo simili al ghiaccio. Poi, di slancio, come se avesse avuto paura di ripensarci, alzò il volto, facendo combaciare le sue labbra con quelle del biondo.

Fu un bacio intenso, e lungo. Il ragazzo accarezzò lentamente con la lingua le labbra di lei, prima di esplorare a fondo la sua bocca ed gustarne a fondo il sapore.

Era tutto, semplicemente, perfetto. Draco si rese conto di non aver aspettato altro da tanto, troppo tempo. Forse dal Ballo del Ceppo, forse anche da prima. La bocca della ragazza era come lei: morbida, calda, dolce, e allo stesso tempo timida, insesperta. Era Hermione, era lei.

“Sei tu… i tuoi baci, sono il tuo ritratto.” Le mormorò il biondo tra un bacio e l’altro, stringendola a sé. “E tu sei quello che ho sempre voluto.”

Hermione gemette, guardandolo con gli occhi socchiusi, un’espressione beata sul volto. Gli accarezzò il viso, dolcemente, mormorando: “Sto così bene con te… come con nessun altro.”

A Draco parve di sentire il cuore scoppiare. La baciò con foga maggiore, cercando di slacciarle la camicetta. Improvvisamente la divisa gli sembrava qualcosa di enorme, ingombrante, qualcosa che doveva assolutamente eliminare.

“No… Fermati Draco. Io non verrò a letto con te, stasera… Fermati, ti prego.”

Draco si fermò, anche se a fatica. Poteva capire le rimostranze della riccia, anche se controllarsi gli richiedeva una forza che non pensava d’avere. Velocemente le sistemò la camicetta e la tirò su a sedere, lasciandole poi un po’ di spazio.

“Scusami… non volevo… forzarti…”

Hemione sorrise, avvicinandosi a lui con un sorriso e accarezzandogli la spalla.

“Non mi hai forzata. Solo… ancora non è il momento.”

Draco sorrise, alzando automaticamente la mano sinistra per accarezzarle la guancia. Nel gesto, però, la camicia, che doveva aver perso il bottone nell’agitazione di pochi istanti prima, si alzò, lasciando scoperto l’intero avambraccio del Serpeverde.

E alla ragazza si mostrò in tutto il suo temibile orrore il Marchio Nero, impresso a fuoco nella carne del ragazzo che aveva appena baciato.







-Angolo autrice:
Eccomi qua, di nuovo. 
Chi ha letto gli altri miei missing moment sa bene che normalmente sono One Shot. Perché questa storia è di più capitoli? Semplice, è diventata davvero troppo lunga per essere pubblicata in un solo capitolo unico, avrebbe coraggiato persino i più avventurosi. Da qui, la scelta di dividere la storia in capitoli (che saranno due e tre, non di più molto probabilmente).
Come sempre, vi ringrazio per essere arrivati a leggere fino a qui, per aver eventualmente messo la storia nei preferiti, nelle seguite o nelle storie da ricordare, e soprattutto ringrazio tantissimo chi ha commentato.
Ricordate, una recensione rende una povera autrice affebbrata felice! Rendetemi felice con una micro recensione, a me basta che il vostro sia un giudizio onesto (sia in positivo che in negativo).
Grazie ancora a tutti, spero di poter aggiornare presto col nuovo capitolo!
Ash.

 
   
 
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