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Autore: Frostsliver    16/08/2014    2 recensioni
“Lo, there do I see my father.
Lo, there do I see my mother,
and my sisters, and my brothers.
Lo, there do I see the line of my people,
Back to the beginning!
Lo, they do call to me.
They bid me take my place among them,
In the halls of Valhalla!
Where the brave may live forever!”
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Questa storia narra le vicende delle quattro figlie di Iwaldi,creature cresciute nel grembo di una terra fertile,nate per compiere grandi imprese.
Alla corte del re Odino vivono e prosperano queste fanciulle, protette unicamente dalla loro bramosia di vita.
Sigyn, Nanna, Lofn ed Idun, quattro sorelle legate dal sangue, dal dolore, da un segreto che minaccerà di distruggerle.
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Questa fanfiction è nata dall'unione del mondo di Thor e di Game Of Thrones, due racconti molto differenti che qui si fondono per dare vita ad un racconto di amore, guerra, sangue e fedeltà.
Enjoy!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Sigyn, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Water was running, children were running
You were running out of time
Under the mountain, a golden fountain
Were you praying at the Lares shrine?
But ohh, oh your city lies in dust, my friend
Ohh, oh your city lies in dust
My friend





La notte esplose in un turbinio di fuoco e grida quando  uomini, simili a creature demoniache, emersero dalle tenebre per incendiare tutto ciò che si poneva tra loro e le possenti mura della fortezza.
La foresta si riempì di luce accecante, i rovi ardenti proiettarono le loro invocazioni al cielo sottoforma di pilastri di fumo denso a tal punto da stendersi come nebbia tra il mondo circostante e l’inferno che andava formandosi sotto gli occhi increduli delle fanciulle.
Nella stanza il panico era entrato silenzioso, e per una frazione di secondo che parve un’eternità nessuno disse niente.
Sigyn fu la prima a svegliarsi dal torpore. La ragazza si allontanò dalla finestra, per poi dare l’ordine di coprire l’apertura intervallata da spesse grate in ferro battuto.
“Sprangate la porta quando esco.” Disse, dirigendosi verso l’uscita con una convinzione che non le apparteneva. Nanna tentò di tenerla a sé, ma venne presto allontanata aggressivamente.
“Non andartene” implorò, senza riuscire a smuovere la pietà della sorella che, anzi, sembrava sul punto di prenderla a schiaffi.
“Cerca di ricomporti, per amor del cielo. Sai perfettamente cosa succederà se riusciranno a superare le mura.” Urlò, ormai in preda all’ira.
“Non ci riusciranno. L’hai detto anche tu, siamo al sicuro qui.” Intervenne Lofn, la paura era dipinta sul piccolo viso mentre si stringeva saldamente alla gemella che, a differenza delle altre, sembrava ancora immersa in un limbo senza fine.
Sigyn osservò le creature, chiedendosi come mai avrebbe fatto a proteggerle da se stesse.
“Possa il cielo avere pietà di noi.” Pensò, senza rispondere alle cieche autoconvinzioni delle sorelle.  Si limitò semplicemente a liberarsi dal nuovo tentativo di Nanna di tenerla bloccata, per poi imboccare l’uscita. Nel corridoio riecheggiò il suono dei suoi passi, seguito dal pesante stridore di una serratura.
 
 
“Torna nelle tue stanze, Sigyn. Non ha tempo per te ora.”
Sigyn inchiodò uno sguardo di ghiaccio nella madre che, dal centro dell’armeria, era impegnata nell’impartire ordini ai suoi uomini.
I soldati si muovevano nel ampio spazio come comandati da una forza superiore, dando vita alle disposizioni della donna con ordine quasi meccanico. La fanciulla si stupì ancora una volta della calma che si respirava in quella stanza, mentre al di fuori il caos mieteva vittime tra i civili di Castel del Nord. Un’oasi di raccoglimento e metodo in un deserto di fuoco e terrore.
Dopo qualche istante Sigyn tornò ad osservare la madre, sentendo la rabbia in petto come un masso.
“Cosa vuoi fare, lasciarci a marcire li dentro finché qualcuno non si prende la briga di violentarci ed ucciderci?” disse, senza ragionare.
Freya si voltò di scatto, i lunghi ricci ramati frustarono l’aria come flagelli.
 Con fare tutt’altro che gentile afferrò la figlia per il mento, portando il viso esangue al suo. I grandi occhi infilzarono la giovane come spade di ghiaccio.
“Non osare nemmeno proferire un’altra parola, mi hai sentito? Credi di essere una guerriera, ma in realtà non sei altro che una bambina viziata e indisciplinata. Vuoi difendere le tue sorelle? Bene, fallo, ma sappi che se ti azzarderai a fare di testa tua condannerai tutte voi ad un fato ben peggiore dello stupro e della morte.”
Sigyn rimase impietrita nella morsa della donna che nello sputare parole velenose si era accesa simile ad una fiaccola. Non l’aveva mai vista cosi furiosa.
La fanciulla deglutì, liberandosi poi dalla stretta.
“Dimmi cosa devo fare” disse, massaggiandosi il mento. Freya annuì impercettibilmente.
“Prendi delle armi ed abiti da addestramento. Sai dove sono. Fai cambiare le tue sorelle e barricatevi in una delle stanze, manderò degli uomini a sorvegliarvi finché non sarà tutto finito. Abbiamo la situazione sotto controllo, ma se dovesse degenerare verrò personalmente a prendervi.” Freya si interruppe di colpo, volgendo lo sguardo oltre la figlia. Sigyn si voltò, capendo immediatamente cosa aveva attirato l’attenzione della donna.
Dietro di lei Fjölnir era nel pieno dei preparativi per l’imminente battaglia.
“Porta Fjölnir con te, non ho intenzione di sacrificare l’unico figlio di mio fratello.” Continuò Freya, attirando il giovane a sé con un breve cenno della mano.
Il fanciullo accettò gli ordini senza protestare, ponendosi sul chi vive accanto alla cugina.
Ora andatevene, ho una difesa da organizzare.” disse Freya con tono che non permetteva ulteriori discussioni, e Sigyn la lasciò alle proprie mansioni senza proferire parola.
I due fanciulli caricarono l’occorrente il più velocemente possibile, trovandosi ben presto sommersi di abiti in cuoio e corte lame di pugnali. Per quanto la ragazza si sforzasse non riusciva ad immaginare le sorelle con un’arma in mano, e si ritrovò presto a sperare di non doverle mai costringere ad impugnarne una.
Come inseguiti da tutti i demoni dell’inferno i giovani volarono attraverso la fortezza, superando la distesa di disperazione che la abitava.
Per la seconda volta la ragazza pregò, pregò di avere la forza di sorreggere sé stessa e la purezza di tre anime che avrebbe difeso a costo della vita.
 
 
 
Tre pesanti battiti affondarono nel legno della porta, scatenando il timore delle tre fanciulle.
Altri battiti. Nessuna reazione.
“Nanna, sono Sigyn. Apri questa stramaledetta porta o giuro che la faccio saltare a calci”
La voce della sorella investì Nanna, riempiendola di sollievo. La fanciulla si mosse velocemente, e ben presto due figure ricoperte di stracci e acciaio entrarono rumorosamente nella grande stanza.
“Ce ne hai messo di tempo.” Disse Sigyn, gettando il proprio carico sul letto. Nanna scosse la testa.
Lofn e Idun, che sembrava essersi ripresa dall’iniziale terrore, lanciarono un’occhiata timorosa ai vestiti riversi davanti a loro.
“Cambiatevi, se sarà necessario muoverci questi abiti vi serviranno.” Suggerì Fjölnir, per poi girarsi galantemente verso il muro per non disturbare l’intimità delle cugine.
Le ragazze lo osservarono dubbiose per qualche istante, ma passarono presto all’opera.
Sigyn si ritrovò costretta ad aiutare le sorelle a stringere gli abiti troppo grandi alla ben e meglio, terminando comunque col far assomigliare le tre fanciulle ad ammassi informi di cuoio e cinghie strette fino all’inverosimile.
“Prendete queste” disse nel porgere tre pugnali alle creature.
Nanna osservò la piccola arma nelle sue mani, quasi timorosa di impugnarla.
“Non sappiamo come usarle” disse Idun, riservando uno sguardo acceso di eccitazione alla maggiore. Sigyn sorrise, per poi pronunciare il primo insegnamento che avesse mai ricevuto.
“Infilzateli con la punta”
 
 
 
Il tempo prese a scorrere lentamente, cosi come fa quando il mondo cade in pezzi senza che tu possa fare nulla per impedirlo.
Il piccolo gruppo sedeva immobile, pesando il silenzio più di mille parole. Non c’era nulla da dire, il suono della battaglia che aleggiava intorno a loro rivendicava tutta l’attenzione dei giovani che nient’altro potevano fare se non ascoltare il rumore di una realtà che si sgretola.
“Da quanto tempo siamo qui?” disse poi Lofn, attirando a sé gli sguardi. Nanna sospirò, per poi tornare a fissare la fiamma di una candela che rispecchiava il suo calore nelle profonde iridi cerulee.
“Non ne ho idea” confessò poi “mi sembra di essere bloccata qui da un’eternità”
“Perché ci mettono tanto a cacciare un branco di briganti?” chiese Idun dalla sua posizione supina, stringendo la mano della sorella tra le sue.
“Probabilmente perché non sono briganti” suggerì Sigyn. Nanna inchiodò lo sguardo nella sorella.
 “Non vorrai dire che sono dei soldati ad attaccare le mura, vero?” chiese, incredula.
Sigyn alzò le spalle.
“Dico solo che è molto raro che dei briganti riescano ad organizzare un’offensiva del genere. Staremo a vedere”
Un fragoroso rumore proveniente dall’interno interruppe il filo dei pensieri delle fanciulle, facendole scattare. Sigyn e Fjölnir furono in piedi ancora prima che il rimbombo lasciasse nuovamente il suo posto al silenzio, pronti a reagire a qualsiasi minaccia.
Passi, passi pesanti e veloci, presero a martoriare le orecchie dei giovani. La paura e l’eccitazione impregnarono l’aria con il loro odore.
Colpi secchi alla porta, poi ancora silenzio. Una voce si stagliò alta e decisa, una voce che le fanciulle riconobbero all’istante.
La madre era venuta a prenderle.
“Aprite immediatamente.” Disse Freya dall’altra parte delle spesse mura di pietra, tornando a colpire il legno della porta.
Sigyn si affrettò a spalancare l’ingresso, cosi da permettere alla madre di entrare.
La donna, incastrata nella sua leggera armatura, fece capolino nella stanza con una guardia alle sue spalle. Era Sigurd, il maestro d’armi. Sigyn fu felice di vederlo.
Nanna lasciò il suo posto sul letto, per poi procedere in avanti
“Madre cosa sta…”
“Non abbiamo tempo di discutere, venite con me.” La interruppe Freya, per poi lasciare la stanza.
I giovani si sollecitarono a vicenda finendo per imboccare il corridoio a seguito della madre che, senza lasciar spazio ad esitazioni, le condusse verso la parte più recondita del castello.
Sigyn intraprese il suo posto accanto alla donna, scoccandole un’occhiata preoccupata.
“Cosa succede? Dimmi la verità” disse poi, cercando di tenere il passo di Freya.
“Stanno per sfondare le nostre difese. Maledetti noi, ci siamo impigriti a tal punto da non riuscire nemmeno a sedare un assedio.”
La donna sputò le parole come veleno, notevolmente irata con se stessa. Sigyn invece ebbe difficoltà ad incamerare le parole.
“Cosa facciamo?” Chiese con voce spezzata dalla paura.
“Al di fuori delle mura ci sono dei cavalli ad attendervi, Sigurd vi condurrà al sicuro.”
“Voi cosa farete?”
“Il mio posto è qui” risposte la donna senza degnare la figlia di uno sguardo “rimarrò a difendere ciò che ho costruito”
“Iwaldi dov’è?”
La domanda della fanciulla fece vacillare l’espressione di pietra della guerriera, e non ci volle molto prima che una nuova consapevolezza mettesse radici nella giovane psiche, mandandola in pezzi.
“no…” sussurrò, incapace di dare ordine ai pensieri
“Vostro padre ha combattuto valorosamente, Sigyn. È morto proteggendo la sua famiglia, siate fiere di lui” disse Freya, ritrovando la propria convinzione.
“E quando avevi intenzione di dircelo?”
“A tempo debito vi sarebbe stato comunicato. Adesso la mia principale preoccupazione è farvi uscire da qui. Vi salverò, fosse l’ultima cosa che faccio.”
 
 
 
I cavalli, posizionati strategicamente all’uscita del passaggio segreto, scalpitarono nervosamente alla vista degli esseri umani che, rapidamente, si avvicinarono a loro.
Il maestoso albino si lasciò sfuggire un breve nitrito, e Sigyn provò una fitta di sollievo nel trovarlo sano e salvo.
Lejonhjärta, il suo più fedele compagno di vita. Erano cresciuti insieme, una coppia di anime tormentate destinate a rimanere legate fino alla morte.
La fanciulla si mosse verso l’animale, afferrando le briglie che le venivano poste da un giovane stalliere. Conosceva il ragazzo, ma non riusciva a ricordarne il nome.
“Grazie” disse, riservandogli un breve quanto triste sorriso. Il fanciullo rispose inchinandosi goffamente.
“Sigyn” l’interesse della giovane venne immediatamente attirato dall’ autoritaria voce della madre. La donna si avvicinò, fino a trovarsi a nemmeno un passo da lei.
“Promettimi che farai ciò che è in tuo potere per proteggere le tue sorelle.”
Sigyn annuì.
“Lo prometto” disse, senza allontanare lo sguardo da quello ferreo della guerriera che si limitò a porgerle un minuto scrigno.
“Cos’è?” chiese la fanciulla, palpando l’oggetto con delicatezza.
“L’unica cosa che devi sapere è che potrebbe distruggerci tutti. Consegnalo a Frey quando lo vedrai, e a Frey soltanto. Nessun’altro deve conoscerne l’esistenza, la sua creazione fu un tremendo errore.”
Sigyn osservò lo scrigno, chiedendosi perché la madre avesse riposto un oggetto tanto potente nelle sue mani. Il desiderio di conoscerne la forza si fece quasi insostenibile, ma ricacciò indietro la curiosità. Ripose il fardello nella tasca dei pantaloni, per esaminarlo più tardi.
“Madre, cosa ne sarà di voi?”
La voce di Idun fece capolino come proveniente da un sogno. Freya si girò, volgendo lo sguardo ad ognuna delle sue figlie.
“Non so cosa riservi il futuro per me” disse onestamente “ma so per certo che voi supererete la notte se sarete tanto coraggiose da andarvene ora. Fuggite, e non voltatevi mai.”
Delle grida strapparono il silenzio in mille pezzi. Grida provenienti dal tunnel che le aveva condotte fin lì.
Freya sfoderò la spada con un unico, agile movimento.
“Ora!” sbraitò, per poi girarsi verso l’infernale clamore.
A Sigyn e Nanna non rimase che montare in sella, per poi aiutare le gemelle ad intraprendere il loro posto alle loro spalle.
“Reggiti” Suggerì Sigyn a Idun che cinse immediatamente le snelle braccia intorno alla sua vita. La maggiore poté sentire il calore del piccolo viso contro il collo, e il dolore di lacrime altrui che presero a bagnarle la pelle. Accanto alle fanciulle, Fjölnir attendeva sulla sua inquieta giumenta pomellata.
Sigurd, il maestro, diede il comando di procedere, e ben presto la compagnia si ritrovò a volare in un galoppo disperato lungo il margine della foresta incendiata.
 
 
 
Trasgredendo agli ordini di Freya, Sigyn si voltò, solo per vedere il corpo della madre circondata da sei uomini. Le viscide creature erano riuscite a disarmare la donna, la stringevano tra le grinfie come un uccello in trappola. Il giovane stalliere giaceva riverso in una pozza di sangue, sventrato come un animale da macello.
L’ultima cosa che la fanciulla vide prima di distogliere lo sguardo fu un’immonda ferita aprirsi lungo il diafano collo della donna, la carne disgiungersi in un grottesco sorriso sotto il tocco di una corta, rozza lama.
   
 
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