Prologo
Harry adorava quella città.
Non per la vita sociale o per il brio
della massa pronta per
iniziare la giornata o per il profumo di aria fresca o di
caffè per le strade,
ma per l’architettura. Ci
si trovava
bene, un vero apprezzamento. La giungla di cemento lo eccitava,
l’aveva
costruita lui. Guardarla innalzarsi alta fin dal primo giorno di scavi
portava
idee e infinita meraviglia alla sua immaginazione.
Anche quando i cieli si aprivano e
l’acqua si scaricava giù
per i marciapiedi Harry non correva dentro come gli altri. Apriva a
forza il
suo rustico ombrello e faceva la sua passeggiata quotidiana per il
vicinato,
oltrepassando dalle piccole boutiques agli enormi edifici di vetro. Il
modo in
cui l’ultimo sembrava scomparire tra le nuvole lo divertiva.
E anche mentre me ne sto qui seduta
sulla sabbia bollente di
questa isola sperduta che non è coperta di cemento da
nessuna parte, giuro di
poter vedere un barlume di spiegazione di ciò che cattirava
la sua fantasia
ogni volta che mi guardava. La
fantasia
che lui vantava aver acquisito nei suoi non-così-comuni
venti anni di vita.