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Autore: DiDiGlee    16/08/2014    1 recensioni
Un anno dopo la loro rottura, finalmente Blaine parte per NY, sperando in una riappacificazione, ma scopre presto che Kurt ha un altro perfetto fidanzato.Tutto questo fino a che non capisce che Kurt è caduto in una relazione abusiva..
OOC!Kurt
Canon fino alla 4x06
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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*si protegge dalle linciate*
Lo so che non pubblico da tantissimo tempo. Vi chiedo scusa. Sto cercando di fare il possibile, ma non sempre ho il tempo, anche se vorrei. Mi dispiace tantissimo :(


 

“Mi dispiace, ma tu non puoi entrare. È un locale per soli uomini,” ripeté seccamente l’uomo della sicurezza, incrociando le braccia per sottolineare la sua posizione.
 
Rachel sembrava infastidita.
 
“Solo uomini?! Che razza di regola stupida è questa?!” ribatté. “Mi faccia entrare o comincerò ad urlare!”
 
“Andiamo, Rachel, va tutto bene,” disse Kurt, abbracciandola per tenerla lontana. “E comunque non sono dell’umore per ballare.”
 
“E’ un peccato,” disse qualcuno dietro di lui.
 
Kurt e Rachel si girarono per dare un’occhiata all’uomo dalla profonda e piacevole voce. Era giovane e alto, i capelli castani e lo sguardo fisso su Kurt.
 
“Perché mi piacerebbe davvero tanto vederti ballare, dolcezza.”
 
Rachel squittì gioiosamente, ma in maniera altrettanto imbarazzante, per poi aumentare la presa sul braccio di Kurt e sussurrargli all’orecchio: “Dio, è carino!”
 
“Ehi ragazzi,” disse con nonchalance, facendo qualche passo verso di loro. “Sono Andrew.”
 
“Ciao,” sussurrò Rachel, sbattendo le ciglia.
 
“Questa è Rachel,” disse Kurt, indicando la bruna appiccicata al suo fianco. “Io sono Kurt.”
 
“Kurt? Davvero?” Andrew si lasciò sfuggire un lamento contrariato. “Che razza di stupido nome è ‘Kurt’?!”
 
Kurt si fece un po’ più dritto, fulminandolo con lo sguardo. “Scusami?!”
 
Andrew gli sorrise. “Non preoccuparti. Fatta eccezione per il nome antidiluviano, sei davvero sexy. Ti andrebbe di entrare?” chiese, indicando il Babylon con un cenno del capo.
 
“Non vado da nessuna parte, senza di lei,” disse Kurt, prendendo la mano di Rachel, ancora poggiata sul suo braccio.
 
“Oh, non preoccupatevi per me!” disse lei frettolosamente. “Vai, Kurt e divertiti, te lo meriti.”
 
“Ascolta la tua amica,” disse Andrew con un ghigno. “Posso presentarti qualcuno in giro. La prima volta al club può essere un po’ opprimente, specialmente per i provinciali.”
 
“Io non sono provinciale!” puntualizzò Kurt. Il ragazzo lo aveva già stufato ma, d’altra parte, era curioso di vedere il club, visto che, fatta eccezione per lo Scandals, a Lima, non era mai stato in un gay bar, prima. Ad ogni modo, non aveva nessuna intenzione di entrarci con un completo sconosciuto, quindi cercò di scusarsi alla svelta. “D’altra parte, non ho ancora ventun’anni.”
 
“Non è un problema.” Andrew tirò fuori un paio di carte d’identità dalla sua tasca, vagliando le alternative e alla fine porgendone una a Kurt.
 
“Ecco a te. Per stasera ti chiami Justin Beaver.”
 
“Devi stare scherzando!” gli strappò la carta di mano per dare un’occhiata. Per l’appunto, recitava la scritta ‘Justin Beaver’ e, con sua enorme sorpresa, il ragazzo nella foto gli assomigliava.
 
Impressionato, Kurt alzò un sopracciglio, ma non poté trattenere un commento pungente.
 
“Quindi dimmi, fai parte di un giro di traffici umani, oppure si tratta di un hobby, quello di avere sempre qualche carta extra con te?”
 
“E’ soltanto una questione di carità,” rispose con un sorrisetto, chiaramente puntando le labbra dell’altro. “Ho molto a cuore i ragazzi che vengono lasciati fuori.” Poi si avvicinò in modo confidenziale, aggiungendo con un occhiolino. “Ma solo per quelli più belli.”
 
Kurt strinse le labbra, scettico. Non era abituato ad essere definito sexy.
 
“E’ così eccitante!” disse Rachel. “Kurt, devi andare e raccontarmi tutto, dopo!”
 
“Non voglio lasciarti da sola, Rachel,” ripeté Kurt.
 
“Starò bene,” lo rassicurò con un sorriso. “E sembra che anche tu sia in buone mani.”
 
“Non preoccuparti, siamo tutti una grande famiglia.” Disse ammiccante. “Ci guardiamo le spalle a vicenda.”
 
“Quindi è tutto sistemato! Divertitevi!” poi si rivolse a Kurt. “Io andò a casa a leggere un libro.”
 
“Andiamo, Justin,” disse Andrew, per poi afferrare inaspettatamente la sua mano.
 
Per un secondo, Kurt rimase troppo interdetto per pensare di liberarsi dalla presa, e lasciò che Andrew tenesse la sua mano, seguendolo all’interno del locale. In qualche modo, era bello che ci fosse nuovamente qualcuno a tenergli la mano, ma lo faceva anche sentire a disagio, così fece in modo da divincolarsi dalla sua presa non appena furono all’interno.
 
“Rimani vicino a me,” gli disse Andrew e, anche se Kurt non voleva, fece come gli era stato consigliato, intimidito dalla folla. Non aveva mai visto così tanti giovani gay tutti insieme, ma più si guardava intorno, più rimaneva disgustato. Erano tutti alla costante ricerca, guardando chi fosse il migliore da puntare, avendo soltanto una cosa in mente, e cercando la prossima storia da una notte.
 
Si sentì all’istante esattamente come un ragazzo di provincia, e probabilmente Andrew non aveva fatto altro che considerarlo una preda facile. E poi di nuovo, Andrew era estremamente attraente, e poteva avere chiunque volesse, quindi perché sprecare tempo dietro qualcuno come lui? Forse era una sorta di sfida, oppure si era già passato tutti i ragazzi nella stanza e voleva provare qualcosa di nuovo?
 
Kurt rabbrividì ai suoi stessi pensieri. D’altro canto, non avrebbe mai lasciato che Andrew lo trattasse come l’ennesima storia da una notte da spuntare.
 
“Ehi, non alzare il mento così tanto,” gli disse sorridendo. “Ti fa sembrare uno stronzo arrogante.”
 
“Beh, io sono uno stronzo,” disse Kurt con noncuranza. “Meglio farci l’abitudine.”
 
Andrew rise. “Ragazzo, mi piace il tuo modo di parlare, Kurtsy.”
 
 
“Il mio nome è Kurt.” Lo corresse. “Non mi piacciono i soprannomi.”
 
“Oh, andiamo, sei troppo straordinario per avere un nome noioso come quello!” esclamò Andrew.
 
“Che cosa ti fa pensare che io sia straordinario?” Kurt alzò un sopracciglio. “Mi conosci da un paio di minuti.”
 
“Posso vederlo,” rispose con un mezzo sorriso. “Non sei come gli altri, sei esotico. Scommetto che ti piace essere avventuroso.” Si abbassò per respirargli nell’orecchio.
“Se rimani con me, posso prometterti una notte che non dimenticherai mai.”
 
“Sei il peggior abbordatore che abbia mai incontrato,” replicò Kurt, per nulla impressionato, ma parecchio divertito. “Fai sempre così con i ragazzi, per farti desiderare?”
 
“Woah, non stavi esagerando, quando hai detto di essere uno stronzo,” rise. “Lascia che ti presenti gli altri.”
 
Kurt si morse il labbro per nascondere un sorriso. Gli era piaciuto il discorso audace di Andrew, anche se conteneva solo stronzate. Non aveva colpito minimamente il suo modo di parlare, ma diceva ad alta voce quello che pensava, proprio come Kurt, dunque non doveva preoccuparsi di dire le cose sbagliate o di offenderlo.
 
Così seguì il ragazzo che si stava avvicinando a un gruppetto di ragazzi che indossavano camicie colorate e ghigni di chi la sa lunga.
 
“Ragazzi, questo è Kurtsy.” E di nuovo, Andrew gli passò un braccio attorno alle spalle per attirarlo a sé. “E’ nuovo, nella nostra piccola gaytown, ma io l’ho visto per primo, quindi che nessuno gli metta le mani addosso!”
 
“Enchanté,” disse un di loro, facendosi avanti per stringergli la mano.
 
“Piacere,” Kurt fece per prenderla, ma Andrew arrivò prima, intrecciando le sue dita con quelle di Kurt e tirandolo a sé. “Non sprecare tempo a imparare i loro nomi, piccolo. Non rimarremo con loro per molto.”
 
Kurt sbatté le palpebre, irritato, ma gli amici di Andrew sembrarono essere abituati a quel tipo di comportamento, perché a malapena reagirono alzando gli occhi a cielo e ridacchiando. “Sei un tale stronzo, Drew!” disse uno di loro.
 
Prima che Kurt si rendesse conto di quello che stava succedendo, Andrew lo aveva condotto in mezzo alla pista da ballo, dove erano stati inghiottiti dal colori dei corpi vicini a loro e dal ritmo assordante della musica.
 
Andrew non lasciò mai andare la sua mano, né ruppe il contatto visivo, mentre ballavano, gli occhi penetranti ferocemente fissi su di lui. Dopo qualche minuto, Kurt era tutto sudato, le mani, il collo, i rivoli di sudore che gli scendevano lungo la schiena. Era disgustoso, ma allo stesso tempo eccitante.
 
Ballare lì era abbagliante e confuso, era come ritrovarsi in uno dei più strani sogni di Kurt, che lo ritraevano come una star da bar gay. Sentiva tutti gli occhi su di lui, altrettanto chiaramente quanto sentiva le mani dell’altro che gli esploravano le braccia, la schiena, la vita…
 
Ed era troppo! Troppo vicino, troppo veloce!
 
Kurt si scansò, sgomitando alla cieca per uscire dalla folla, volendo scomparire e non essere più trovato. Non dal ragazzo, non da chiunque, per sempre.
 
Si fermò al banco, prendendo un profondo respiro e combattendo il panico che lo assaliva. Avrebbe voluto essere andato a casa con Rachel, che probabilmente si stava godendo una cioccolata calda sul divano, in compagnia di tv spazzatura. Si arrampicò su uno sgabello per dare un po’ di riposo alle sue gambe tremanti, raccogliendo i pensieri.
 
“Ciao, bellezza,” improvvisamente un ragazzo con i capelli neri, che vestiva di un gilet fin troppo grande per lui, apparve al suo fianco, appoggiando il sedere sullo sgabello accanto al suo. “Non ti ho mai visto prima.”
 
Prima che Kurt potesse dire a quella faccia di cazzo di togliersi di mezzo, qualcun altro aveva già pensato ad afferrargli quell’orrendo gilet dalle spalle e lo stava tirando, facendolo scivolare giù dallo sgabello e agitare le braccia per mantenere l’equilibrio. Kurt era sorpreso quanto lui.
 
“Questo posto è già occupato!” brontolò Andrew con voce severa, reclamando il posto accanto a Kurt per sé stesso, ignorando il ragazzo che aveva appena spinto e attirando l’attenzione del barista.
 
Kurt guardò l’altro allontanarsi, chiaramente non volendo guai, poi posò lo sguardo su Andrew, che ora sedeva accanto a lui, molto compiaciuto di sé stesso.
 
“Tratti sempre le persone così?” chiese Kurt con disapprovazione.
 
“No,” rispose l’altro con serietà, guardandolo dritto negli occhi. “Ma era pericolosamente vicino a qualcosa che voglio troppo, e non potevo permettergli di averla.”
 
“Giusto perché tu lo sappia, io detesto la violenza.” disse Kurt.
 
“Anche io,” rispose Andrew in fretta. “Ma a volte i fatti parlano più forte delle parole, e quella testa di cazzo non era degno di parlare con te.”
 
“Siamo già arrivati al punto in cui decidi chi mi debba parlare e chi no?!” chiese Kurt, a metà tra lo sconcertato e il divertito.
 
“No,” disse Andrew con calma, “ma meriti di stare con qualcuno che possa apprezzare la tua bellezza.”
 
“E quello saresti tu, vero?” chiese Kurt, cercando di nascondere il suo divertimento. A quanto pareva, la sua guida era brava con le parole.
 
“Almeno sono capace di riconoscere una perla, quando me ne capita una per le mani, e tu sei la più brillante che io abbia mai visto,” rispose, e in qualche modo era riuscito a dire una delle frasi più stupide del mondo suonando mortalmente serio. “Chiamala pazzia, chiamalo destino, a patto che mi chiami tuo.”
 
Kurt sentiva allo stesso tempo repulsione e attrazione per il suo modo diretto e fiducioso di agire, nei suoi confronti. Si conoscevano da circa un’ora, e già Andrew lo corteggiava come se Kurt fosse la stella più luminosa dell’intera stanza. Questo fece pensare a Kurt al modo in cui si era strutto per mesi, dietro Blaine, nell’attesa che quest’ultimo si rendesse conto che potevano essere più che amici. Era un ragazzo che sapeva ciò che voleva, e che lo voleva subito, anche se tutto quello di cui si trattava era una botta e via.
 
“Lascia che ti offra da bere,” disse. “I cocktail di qui sono davvero buoni.”
 
A Kurt non faceva propriamente impazzire, l’alcool, non dopo quel piccolo incidente che aveva coinvolto le scarpe della signorina Pillsbury, comunque, ma quella sera si stava lasciando il passato alle spalle. Era tempo di crescere e di fare tutto ciò che non aveva mai fatto, e Isabelle non faceva altro che parlargli delle bibite che si inventava. Non aveva ancora ventun’anni, e allora? Era solo un bicchiere.
 
“Cosa mi consiglia?” chiese, appoggiando il mento sulla mano.
 
“Sicuramente un Kir Royale, per te,” rispose Andrew. “Perché hai davvero l’aria di una persona dal sangue blu.”
 
“Davvero?” Kurt si lasciò sfuggire una risata, non nascondendo più il suo divertimento.
 
Andrew sorrise. “Sei bello ed elegante, e guardi tutti come se fossero un gradino al di sotto di te. Sì, decisamente regale.”
 
“Per quanto mi piaccia l’idea di essere messo a paragone con una tale perfezione come può essere quella di Kate Middleton, ho paura di doverti deludere,” rispose scherzosamente. “Non sono un principe in incognito.”
 
“Oh, lo sei,” disse Andrew, abbassando la voce ad un ringhio basso e seducente. “Solo che ancora non lo sai.”
 
“Va’ avanti,” ripose in tono civettuolo. Era bello avere qualcuno che gli facesse complimenti, anche se sapeva si trattasse di bugie.
 
Dopo il suo secondo cocktail, Kurt rideva a qualsiasi cosa che lasciasse la bocca di Andrew, non importava quanto stupido, scontato o noioso fosse. Era ancora seduto sul suo sgabello, ma ora era appoggiato al bancone di fronte alla folla danzante, mentre Andrew faceva commenti su tutto e tutti, facendolo sentire come se già conoscesse i segreti più imbarazzanti di tutti.
 
“Solo, guardali,” sbuffò Andrew, puntando la mano verso i suoi così detti amici che ballavano in pista. “Stanno sempre addosso ai fidanzati degli altri.”
 
“Non mi sembra che tu abbia molta fiducia in loro,” osservò Kurt.
 
“Io non mi fido di nessuno,” aveva risposto Andrew, scrollando le spalle. “Soprattutto non di queste puttane che si aggirano per il Babylon.”
 
“Senti chi parla,” disse Kurt, sorseggiando il suo terzo bicchiedere. Era troppo dolce, per i suoi gusti, ma allo stesso tempo delizioso.
 
Andrew sollevò un sopracciglio verso di lui. “Pensi che io sia come loro?” disse inclinando il capo per indicare la folla.
 
“Non lo sei?” lo sfidò Kirt.
 
“Ho gusto,” rispose Andrew. “Non vado semplicemente in giro a scoparmi chiunque.”
 
“Udite, udite,” disse Kurt, non molto impressionato dalla scelta di parole dell’altro.
 
“Mi scoperei te, però.” Dichiarò sorridendo.
 
“Questo è molto lusinghiero,” rispose Kurt freddamente, non prendendo sul serio le avance dell’altro. Quel ragazzo non era altro che un enorme coglione.
 
“Sai cosa avrebbe un aspetto magnifico, su di te?” Andrew si avvicinò, facendo scorrere un dito lungo la sua guancia, fino a quando Kurt non si ritrasse. “Un filo di eyeliner nero. Qualcosa per evidenziare gli occhi, perché sono incredibili, soprattutto con quello sguardo sporco che mi manda costantemente a farmi fottere.”
 
Un sorriso si aprì sul volto di Kurt. “Esattamente.”
 
“Vedi, ti ho appena conosciuto e già sono capace di capire i tuoi pensieri,” disse Andrew, la mano sinistra una volta di più appoggiata sul suo ginocchio.
 
Kurt alzò gli occhi al cielo. Era infastidito dalla sua insistenza, ma allo stesso tempo era piacevole passare il tempo con qualcuno che sapeva quello che voleva ed era abbastanza a suo agio con sé stesso da dirlo ad alta voce, a differenza di altre persone che di nome facevano Blaine Anderson.
 
“Mi stai facendo lavorare sodo, mi piace questo in un uomo.”
 
Kurt sbuffò. Lui non stava giocando a nessun gioco, no? Oppure stava in realtà flirtando con quel ragazzo? Se anche così fosse stato, non era serio. Certo, Andrew era bello, ma non era affatto il suo tipo.
 
Kurt non sapeva quanto tempo fosse passato quando, più tardi, si ritrovò in ginocchio nel bagno a vomitarsi le budella. Tutto quello che sapeva era che aveva ballato, ed era stato divertente perdersi tra la folla e la musica assordante, almeno fino a quando il dj non aveva messo su ‘Teenage Dream’. All’improvviso aveva sentito un profondo dolore allo stomaco, e tutto era venuto fuori all’improvviso, tornano da lui quando meno se lo aspettava. La mancanza, la colpa, il dolore e la pena, ma, soprattutto, il bisogno e il desiderio.
 
La voce di Katy Perry si trasformò in quella morbida ma forte da tenore di Blaine, e subito aveva sentito il bisogno che questo apparisse, gli prendesse la mano e ballasse con lui per tutta la notte.
 
Invece non c’era nessun altro, se non quel Newyorchese in agguato che guardava in cagnesco chiunque non perdesse l’occasione di toccargli il culo e dire qualcosa di squallido. Più di una volta, Kurt si era ritrovato a spingere Andrew, o a dargli un pugno per farlo smettere.
 
Lentamente, Kurt si alzò in piedi e lasciò il cubicolo con le gambe tremanti. Si lavò la bocca al lavandino, ignorando il chiacchiericcio costante di Andrew, che non aveva intenzione di lasciarlo solo nemmeno mentre stava vomitando.
 
Che bellezza! La sua prima notte in un locale gay ed era andata sprecata. Almeno, quell’Andrew sapeva cosa aspettarsi, e sicuramente non avrebbe voluto rivederlo di nuovo.
 
“E’ il Kir Royal o la mia presenza che ti fa vomitare?” chiese, ovviamente divertito.
 
Kurt guardò l’altro appoggiato contro la porta.
 
“Nessuno dei due,” rispose Kurt, asciugandosi la bocca con un tovagliolo di carta. “Non sopporto Katy Perry.”
 
“Katy Perry? Davvero? Perché?” Andrew era incuriosito. “Occhioni enormi, capelli blu, cosa c’è che non va?”
 
“Il mio ex la idolatra.” Sputò Kurt.
 
“Ah.”Andrew si avvicinò per guardarlo meglio. C’era qualcosa nei suoi occhi, comprensione e simpatia che sorpresero Kurt.
 
“Fanculo Katy Perry,” disse finalmente con un’alzata di spalle. “Fanculo lui.”
 
Per un secondo, Kurt ebbe voglia di piangere, la gola stretta e il bisogno di nascondersi da qualche parte e buttare tutto fuori. Ci volle tutta la sua forza di volontà per non crollare davanti ad Andrew.
 
“Qui, prendi un paio di mentine,” disse Andrew, offrendogli un pacchetto di caramelle alla mente piperita. Kurt le accettò con gratitudine.
 
“Lascia che ti porti a casa,” disse Andrew. “Penso di averne avuto abbastanza, per stanotte.”
 
“Grazie, ma posso prendere un taxi,” disse Kurt, avviandosi verso l’uscita.
 
“Dei tassisti non ci si può fidare,” disse Andrew. “Ti spillano troppi soldi, piccolo. Ti accompagno a casa, è inutile che ti opponi.” Andrew gli fece l’occhiolino, e Kurt era troppo stanco e insensibile per discutere.
 
Fu solo dopo cinque minuti buoni nella sua BMW- nuova di zecca! Ma chi è questo tizio?!- che Kurt realizzò una cosa. “Aspetta, fermati! Non puoi guidare, hai bevuto anche tu!” gli disse.
 
“Solo un paio di birre. Nessuno si ubriaca con un paio di birre.”
 
“Sicuro? Conosco qualcuno che potrebbe,” sbottò Kurt, rimproverandosi mentalmente subito dopo. Smettila di pensare a Blaine tutto il tempo!
 
Andrew continuava a parlare e parlare, ma Kurt non stava ascoltando. Non vedeva l’ora di arrivare a casa nel suo letto e dormire.
 
“Puoi fermarti, vivo lì.” Disse indicando un palazzo.
 
Andrew parcheggiò l’auto davanti all’edificio e si chinò verso Kurt. “E’ stata una bella serata,” disse Andrew, inclinando la testa come se fosse in attesa di qualcosa.
 
“Penso che domani rimpiangerò il terzo cocktail,” disse Kurt, sentendo le vertigini.
 
“La vita sarebbe noiosa se non facessi mai cose che in seguito rimpiangi,” rispose Andrew, e Kurt annuì, pensieroso. Aveva senso.
 
Poi però successe qualcosa che non aveva senso per niente: Andrew lo baciò, chinandosi e premendo la bocca sulla sua.
 
Kurt era troppo stordito per reagire. Non ricambiò il bacio, ma nemmeno lo respinse, anche se la sua testa gli stava suggerendo proprio quello, oltre che schiaffeggiarlo. Il suo corpo era troppo stanco per eseguire quel comando.
 
Ma oltre il primo impulso di ritrarsi e schiaffeggiarlo, Kurt non sentiva nulla. Cosa c’era di sbagliato in lui?! Un ragazzo molto sexy lo stava baciando e a lui non importava. In realtà si sentiva abbastanza intorpidito, il che lo spaventava, a dire la verità, ma era davvero troppo insensibile per dare di matto. Il suo cervello era confuso. Alcool? Oppure Andrew lo aveva in qualche modo drogato?
 
Un brivido inquietante gli attraversò la schiena. Come poteva essere stato così stupido da accettare alcool da uno sconosciuto?! Come aveva potuto salire sulla macchina di un ragazzo incontrato solo qualche ora prima? Mai fidarsi di un estraneo, dicevano! E perché si stava fidando di lui abbastanza da credere che lo avrebbe riportato a casa sano e salvo?!
 
Kurt si rimproverò, dandosi dell’idiota per essersi cacciato in tale situazione.
 
“Posso rivederti?” chiese Andrew, quando finalmente si staccò, lasciando le labbra di Kurt usate e formicolanti.
 
“Nei tuoi sogni,” rispose Kurt, non sapendo nemmeno da dove gli venissero le parole. Non lo disse in modo civettuolo, ma sputandolo tra i denti, disgustato dal suo approccio e dalla sua stessa stupidità.
 
Il volto di Andrew si aprì in un ghigno. “Sei un totale stronzo, Kurt, e questo mi piace.”
 
“Grazie per avermi accompagnato,” disse l’altro, lasciando l’auto. Era sicuro che non lo avrebbe mai più rivisto.
 
 
 
 
 
 
 
“Lo hai baciato?” Rachel era curiosa, naturalmente.
 
“Beh, sì- mi ha dato il bacio della buonanotte,” rispose Kurt con un’alzata di spalle, e Rachel strillò dalla gioia, abbracciandolo come se avesse appena vinto un Pulitzer. “Sono così felice per te, Kurt!”
 
Kurt aveva omesso di dire che non avrebbe voluto essere baciato da lui. O da chiunque, ma considerato quanto lei fosse felice per lui, e che non la vedeva felice da un bel po’, Kurt aveva mentito. E che cosa importava, averle detto di stare bene con lui, anche se era una bugia? E, a conti fatti, era una bugia? Si era divertito, dopo tutto.
 
“Com’è stato?” volle sapere lei. “E’ un buon baciatore? Vieni, voglio tutti i dettagli!”
 
“Non essere così ficcanaso,” le aveva risposto con una risata. “Un gentiluomo non parla mai di queste cose.”
 
“Quando lo rivedi?”
 
“Non lo so,” disse evasivo. Non voleva deluderla dicendo che non lo avrebbe più rivisto. Comunque, lei non lo avrebbe lasciato andare a dormire prima di averle raccontato tutto, così, lasciando fuori il vomito, le aveva raccontato di Andrew come il sogno di ogni uomo. Un vero principe azzurro.
 
“Oh, scommetto che farai dei bei sogni, stanotte,” aveva predetto Rachel, quando le aveva dato la buona notte, ritirandosi in camera da letto.
 
Ma nei suoi sogni, quella notte, Kurt poteva ancora sentire il delicato tocco di Blaine sulle sue braccia, le labbra di Blaine sulle sue palpebre chiuse, il bisbiglio calmante di Blaine nel suo orecchio. Sempre Blaine.
 
Nel cuore della notte, Kurt si svegliò a causa di un singhiozzo straziante, si sedette sul letto e si spazzolò i capelli con mano tremante. Un altro singhiozzo cercò di fuoriuscire, ma Kurt strinse le labbra, cercano di bloccare i ricordi agrodolci. Seppellì la testa tra le ginocchia, quando la realtà di quanto Blaine gli mancasse lo colse.
 
Le sue braccia erano deboli, mentre cercava di alzarsi dal letto, le gambe tremanti, mentre cercava di rimanere in piedi. Scivolò silenziosamente fuori dalla stanza, prima che Rachel potesse svegliarsi e vederlo piangere, poi si chiuse in bagno e tirò fuori silenziosamente tutti i singhiozzi che gli ferivano il petto e gli rubavano il respiro.
 
La gente dice che il tempo guarisce le ferite, ma a volte non è così. A volte il dolore peggiora sempre di più, ed è impossibile guarire con il tempo.
 
 
 
 
 
 
 
“Questa è Vogue.com; sta parlando con Kurt Hummel, posso aiutarla?”
 
“Che ne dici di un caffè, stasera?”
 
Kurt si sentì irritato per un secondo, poi riconobbe la squallida, ma abbagliante voce. “Andrew?”
 
“Non mi hai mai dato il tuo numero.” Dalla voce sembrava che stesse tenendo il broncio.
 
“E’ stato intenzionale,” rispose Kurt, ancora sconcertato dall’idea che lui lo avesse chiamato sul suo posto di lavoro.
 
“Ahi, questo fa male. Fai sempre in modo di incantare i ragazzi per poi lasciarli a sognarti?!”
 
Kurt ridacchiò. “Mi hai sognato?”
 
“Sì, non sono riuscito a togliermi il tuo sorriso dalla testa per tutto il weekend.”
 
Kurt rimase impressionato. “Come fai a sapere che lavoro qui?”
 
“Me lo hai detto tu. In realtà mi hai detto un sacco di cose, venerdì sera.”
 
“Come per esempio..?” Kurt non riusciva a ricordare niente.
 
“Incontriamoci in un caffè e ti dirò tutti i piccoli sporchi segreti che mi hai spiattellato.”
 
“Non credo proprio.”
 
“Sappi che ti richiamerò ogni ora fino a quando non mi dirai di sì, d’accordo?”
 
Kurt si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, ma stava sorridendo. “Che posto mi consigli?”
 
 
 
 
 
 
Uscire con Andrew era divertente, Kurt non poteva negarlo, ma si rifiutava di considerare quelle uscite come appuntamenti. Aveva sempre pagato per i suoi caffè e insistito per tornare a casa da solo. Impara dai tuoi errori.
 
Andrew era un cretino arrogante, per niente il suo tipo, ma era divertente e piuttosto innocuo. Kurt non si aspettava di innamorarsi di quel ragazzo, quindi che male poteva fare un po’ di flirt senza pensieri? Se non altro, era una gradita distrazione. Era un idiota, ma almeno era divertente.
 
La prima volta che Andrew gli aveva fatto del male era stata un punto di svolta nel modo in cui Kurt lo vedeva.
 
Fino ad allora lo aveva sempre considerato un buffone, ma poi si rese conto che sapeva essere molto serio, arrabbiato ed esigente. Era stato durante uno dei loro primi appuntamenti in caffetteria, anche se Kurt ancora si rifiutava di chiamarli tali. Lui gli aveva afferrato strettamente il polso, non sapendo che fosse contuso, inviando una serie di scariche di dolore al suo braccio.
 
“Non giocare con me,” lo aveva avvertito. “Se c’è una cosa che odio è essere comandato a bacchetta.”
 
Kurt aveva silenziosamente scosso la testa. Nessun gioco. Quella era una cosa seria. Kurt non ricordava nemmeno più per cosa stessero discutendo, ma ricordava il modo in cui le dita dell’altro si erano chiuse intorno al suo braccio, scavando nella pelle, e il sibilo minaccioso della sua voce, così diverso dal modo in cui stava parlando fino a pochi secondi prima.
 
Kurt non sapeva perché avesse continuato a vederlo, dopo quell’incidente. Aveva avuto un chiaro avvertimento, e una altrettanto chiara previsione di quello in cui si stava cacciando, ma la cosa peggiore era che quella dimostrazione di rabbia era stata la cosa che aveva finalmente attratto Kurt verso di lui. Perché Blaine non aveva mai fatto così?! Parlare ad alta voce di ciò che lo turbava, impostare regole, linee guida per un rapporto solido?!
 
La prima volta che Andrew gli aveva dato un pugno, aveva completamente capovolto il suo mondo.
 
Sebbene lo avesse visto arrivare, Kurt non era preparato per la forza di quel colpo. Era forte, veramente forte, probabilmente anche più di Karofsky. Mai prima era stato colpito in quel modo; nemmeno David lo aveva mai apertamente preso a pugni. Lo aveva spinto dolorosamente contro gli armadietti, ma mai in quel modo.
 
La prima volta che Andrew lo aveva picchiato, Kurt si era seduto sul pavimento del bagno, abbracciandosi le gambe e tremando, ascoltando l’altro sbattere le ante degli armadietti della cucina. Aveva la pelle d’oca, ma non per il freddo. Era affascinato dal dolore irradiato dalle contusioni, che faceva contorcere tutti i suoi sensi sulla parte del corpo ferita e intorpidire il cervello.
 
Kurt aveva scoperto che il dolore gli piaceva. La forza dietro di esso era riuscita a spingere via tutti i suoi pensieri, lasciando il posto a una sensazione di intorpidimento. Sapeva che avrebbe potuto colpire a sua volta senza preoccuparsi di poter ferire l’altro, e naturalmente era consapevole del fatto che quel tipo di relazione fosse completamente malsano e sbagliato, ma era arrivato a un punto in cui non gli importava.
 
Tuttavia, aveva ancora cura del suo aspetto. Non poteva tornare a casa e far scoprire a Rachel che ci fosse qualcosa che non andava, così le aveva mandato un messaggio dicendole che sarebbe rimasto a dormire fuori, ricevendo indietro un “Buon divertimento! State attenti!”
 
La sua routine di cura della pelle si era estesa anche alla cura dei numerosi lividi che ricoprivano il suo corpo, soprattutto sulle braccia e sul petto, ma anche sulle cosce e sulla schiena. Aveva osservato il modo in cui questo cambiassero colore, nel corso del tempo, passando dal blu-viola, al rosso-arancio, fino al giallognolo. Con lo sparire dei lividi, anche l’intorpidimento passava, lasciandogli un senso di vuoto dentro.
 
Vivere con Rachel era diventato difficile. L’unica soluzione per mantenerla ignara era trasferirsi da Andrew. Odiava doverla lasciare, ma odiava di più l’idea di lei che scopriva tutto.
 
 
 
 
 
 
La fiducia era la cosa più strana.
 
Kurt aveva fiducia del fatto che Andrew non lo avrebbe colpito in faccia.
 
Si fidava del fatto che non gli avrebbe lasciato segni visibili, o che gli avrebbe fatto così male da costringerlo a vedere un medico, o andare in ospedale.
 
Si fidava che rispettasse i suoi confini, a livello sessuale.
 
Si fidava del fatto che non avrebbe fatto domande a cui non voleva dare una risposta.
 
In modo tale di non causargli più dolore di quello che lui stesso chiedeva.
 
Non chiamarlo con nomi con cui non si stava definendo internamente da solo.
 
Non scattare senza una determinata ragione.
 
Finché Andrew rimaneva nei limiti, a Kurt andava bene. Non permetteva a sé stesso di pensare a quanto sbagliata fosse quella relazione.
 
Ogni volta che l’altro lo baciava, Kurt cercava di goderne. Ci provava sul serio, ma era terribile. Niente era come baciare Blaine. Sapeva di non dover fare paragoni, che avrebbe dovuto dare ad Andrew una possibilità, ma lui non stava con Andrew per i baci, o la tenerezza. Non era innamorato di lui, non voleva essere baciato o toccato da lui. Non c’erano sentimenti coinvolti, a parte la necessità di essere spinto.
 
 
 
 
 
“Non sono un gran baciatore,” si scusò Kurt, sempre alla ricerca di una motivazione per non doverlo baciare.
 
“Non dirmi che sei ancora vergine!” rise Andrew.
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Va bene, non ti dirò che sono ancora vergine.”
 
 
 
 
 
 
Ogni giorno, quando varcava l’ingresso di Vogue.com, Kurt si sentiva come se stesse entrando nel suo santuario personale. Quello era il luogo in cui poteva essere sé stesso senza essere interrogato o criticato, dove nessuno metteva in discussione tutte le sue azioni, o interferiva con la sua vita sociale e le sue scelte.
 
Questo fino a quando le cose con Andrew non cominciarono a sfuggirgli di mano. Senza rendersene conto, aveva cominciato a mentire ai suoi colleghi. A Isabelle.
 
Una notte in particolare, Andrew lo aveva spinto contro il comò, e Kurt si era ferito il bacino così gravemente che il giorno dopo ancora zoppicava. Uno dei suoi colleghi lo aveva notato, chiedendo la causa del dolore, ma prima che Kurt avesse potuto rispondere, un’altra sua collega gli aveva fatto l’occhiolino e aveva detto: “Non lo sai che Kurt si è appena trasferito dal suo ragazzo?” e Kurt aveva sorriso.
 
“Scommetto  che non fanno altro per tutta la notte,” Kurt aveva sentito sussurrare. “Hai visto il suo ragazzo? È così sexy!”
 
A Kurt non importavano i pettegolezzi. Preferiva lasciar loro credere che stesse zoppicando per una notte selvaggia, che altro.
 
Era più facile non volere nulla, non aspettarsi nulla. Vivere tutto il giorno alla deriva, insensibile e indifferente.
 
Fino a che non aveva ricevuto il primo messaggio da Chandler Kiehl.
 
Ciao Kurt, mi stavo domandando se ce l’avessi fatta, a New York. Mi piacerebbe incontrarti e recuperare. Fammi sapere se hai voglia di una chiacchierata.
 
Leggendo quelle poche righe, Kurt si era reso conto di quanto gli mancasse avere un amico. Un amico con cui era facile uscire, che non avrebbe fatto troppe domande e con cui spendere qualche momento felice. Erano tutte cose che non poteva avere, con Rachel, perché lei lo avrebbe smascherato in un minuto, ma Chandler non lo vedeva da un po’, non avrebbe mai potuto capire quanto Kurt stesse mentendo.
 
“Chi è Chandler?”
 
Kurt alzò lo sguardo dall’ultima edizione di Vogue, sconcertato dalla domanda. Poi si accorse che Andrew stava tenendo in mano il suo telefono. Dopo un attimo di imbarazzo, si per la mente gli passò un vivido déjà vu.
 
“Perché stai controllando il mio telefono?” chiese Kurt, accigliandosi e mettendosi seduto dritto.
 
“Perché odio i traditori,” dichiarò con noncuranza, lanciando il telefono a Kurt, che lo afferrò con una mano.
 
“Non essere paranoico,” disse sbuffando. “Chandler è solo un mio amico di Lima, con cui avevo intenzione di prendere un caffè.”
 
“Non mi interessa chi sia,” aveva detto l’altro, assumendo un pericoloso tono di voce. “Non vedrai altri ragazzi.”
 
“Ti stai comportando in modo irragionevole,” aveva risposto Kurt, del tutto indifferente al comando dell’altro. “Chandler è solo un amico. Non lo vedo da secoli, e voglio recuperare.”
 
“Allora digli di venire al Babylon, dove posso tenerti d’occhio,” suggerì Andrew.
 
“Non lo faranno entrare. Non ha ancora ventun’anni.” Rispose Kurt senza nascondere la sua irritazione. “Inoltre, non credo proprio che sia il suo ambiente.”
 
“Gli faccio ottenere una carta,” offrì Andrew con una scrollata di spalle. “O lo vedi lì, con me presente, o niente.”
 
“Non ho mica firmato per questa gelosia di merda, Drew.” Borbottò Kurt. “Non mi piace che mi si dica cosa fare.”
 
“Puoi andartene, se non ti piacciono le mie regole.” Andrew fece spallucce, come se non gliene importasse nulla, e continuò a etichettare la sua collezione di CD masterizzati, seduto al tavolo da pranzo.
 
Kurt rimase in silenzio per un po’. Non voleva trasferirsi, ma non voleva nemmeno dargliela vinta.
 
“Il fatto che io viva a casa tua non ti da il diritto di dirmi con chi devo vedermi oppure no!” disse. “Fine della storia.”
 
In tre passi, Andrew era dall’altra parte della stanza, afferrando Kurt per il collo e il braccio e tirandolo giù dal divano con una forza inaspettata, prendendolo di sorpresa. Senza dire una parola, trascinò Kurt sul tappeto, impedendogli di rimettersi in piedi e, quando Kurt cercò di spingerlo via, l’uomo lo lanciò contro una scarpiera. Sentì il fiato abbandonargli il polmoni, quando la sua schiena si scontrò con il mobile, e un dolore acuto gli attraversò la spalle, facendolo trasalire. Non un suono, però, lasciò le sue labbra, mentre ancora cercava di riprendere fiato.
 
In silenzio, Andrew aprì la porta di ingresso, per poi tornare in dietro e chinarsi per prendere Kurt per il colletto della camicia, trascinandolo sul pavimento come un sacco di patate per tutto il corridoio, chiudendolo poi fuori e sbattendogli la porta alle spalle.
 
Disorientato dalle vertigini, e in stato si shock assoluto, per quello che era appena successo, Kurt rimase accovacciato sul pavimento. Dopo un minuto o due, fu di nuovo in grado di respirare, e si curvò per il dolore, una mano premuta contro la spalla, l’altro braccio avvolto attorno alla vita.
 
Non sapeva quanto tempo fosse passato; sembravano ore, ma probabilmente appena un paio di minuti, prima che riuscisse a rimettersi in piedi. Non importava niente, non voleva incontrare un vicino e ricevere domande, quindi, ignorando il dolore, si appoggiò allo stipite della porta, bussando insistentemente. “Drew! Fammi entrare! Drew, apri!”
 
Dovette chiamarlo diverse volte, inventando come scusa di essere rimasto chiuso fuori, quando i vicini lo guardavano incuriositi e, quando finalmente Andrew aprì la porta, aveva un sorriso compiaciuto, mentre faceva cenno a Kurt di entrare.
 
“Già tornato? Pensavo che saresti subito corso dalla tua amica ficcanaso, dicendole che razza di palo in culo io sia,” osservò con un sorrisetto. “Purtroppo, non letteralmente.”
 
Kurt gli passò davanti con grazia, nascondendo tutto il male che gli aveva fatto.
 
“Pensi di potermi impressionare giocando a fare il cattivo.” Gli aveva risposto con tono neutro. “Non ha fatto neanche male.”
 
Andrew si era mosso rapidamente, catturandogli il polso sinistro. “Ma questo fa male, vero?” aveva chiesto, mantenendo salda la presa.
 
Kurt fece una smorfia per il dolore, ma più che altro per la sorpresa.
 
Era stata la scintilla di malizioso piacere negli occhi dell’altro ad allarmarlo all’istante. Era diventato un gioco pericoloso, da giocare, specialmente considerando che Andrew avesse scoperto il piccolo segreto di Kurt riguardante il suo autolesionismo sul polso.
 
Senza abbassare la guarda, Kurt strattonò il braccio, liberandosi dalla sua presa, ma tenendo il mento in alto e continuando a guardarlo, anche mentre gli occhi si riempivano di lacrime non versate. Per un lunghissimo istante, i due si guardarono, poi Andrew sbuffò, voltandosi in direzione del televisore. “Saturday Night Live comincia tra poco.”
 
Kurt guardò l’uomo accasciarsi sul divano, gettando la copia di Vogue sul tavolino e afferrando il telecomando e, senza dire una parola, prese il telefono da dove era caduto, accanto al divano e andò in bagno, chiudendo la serratura e crollando sulle piastrelle. Si strinse le braccia al petto, appoggiando la testa contro la porta per un momento, cercando di raccogliere i pensieri.
 
Dopo pochi minuti, le sue mani smisero di tremare abbastanza perché lui potesse inviare un messaggio a Chandler.
 
Ti senti avventuroso? Incontriamoci al Babylon il prossimo venerdì sera. Ti faccio ottenere una carta d’identità.
 
Kurt era sicuro che Chandler non sarebbe arrivato al punto di accettare, pur di vederlo, ma sperava di sì. Il suo cuore fece una piccola capriola dalla gioia, quando lesse la risposta di Chandler, arrivata all’istante.
 
Ci sarò! :)
 
 
 
  
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