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Autore: Salice_    16/08/2014    5 recensioni
SEQUEL de “Il lato oscuro della luna”.
A distanza di cinque anni dalla sparizione di Zakuro a causa della maledizione di Cordelia, Kisshu non ha ancora rinunciato a ritrovare l’amata. L’alieno dagli occhi dorati sarà costretto a far fronte ad una situazione disperata, combattendo un destino avverso che priva di ricordi e di volti.
Perché se il cammino che ti porta dritto fra le braccia dell’amata è tortuoso e pieno di ostacoli, allora vuol dire che lei è la persona giusta.
Lei si passò una mano fra i capelli corti.
- La amavi tanto, non è vero? –
Kisshu rimase in silenzio. C’era qualcosa in quella frase che lo faceva stare male; forse era l’uso del tempo passato, forse la consapevolezza di aver perso tutto.
Dopo un tempo che parve interminabile, Kisshu riuscì a rispondere.
- Sì. –
La ragazza prese a fissare un punto imprecisato sopra alla spalla di lui, come se fosse assorta nei propri pensieri. Kisshu la lasciò fare, attendendo con pazienza che si concentrasse nuovamente su di lui, quando lei finalmente parlò.
- Solo una ti insegnerà ad amare. Le altre ti ricorderanno come si fa quando lei se ne sarà andata. -
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Zakuro Fujiwara/Pam
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Maschere e pioggia.'
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The reason.




Non appena Kisshu varcò la soglia del Caffè Mew Mew, il familiare odore di frutta e crema pasticcera invase le sue narici, mentre le pareti rosa della sala vuota si aprivano di fronte a lui.
Dopo circa un secondo, l’alieno sobbalzò a causa del rumore di qualcosa che andava in frantumi. Alzò lo sguardo: davanti a lui, in piedi in mezzo ai cocci di tazzine rotte fronteggiate da un vassoio abbandonato sul pavimento, stava una ragazza alta, dai corti capelli verdi e occhi azzurri incorniciati da occhiali da vista dalla montatura rettangolare.
- Kisshu… - mormorò Retasu sbattendo incredula le palpebre, le mani che andavano a stringersi convulsamente attorno al fiocco verde posizionato sul colletto della divisa da cameriera, la stessa che indossava da anni.
- Retasu, sei proprio tu? – domandò Kisshu, più a se stesso che alla ormai giovane donna.
L’alieno, superato il primo momento di stupore, avanzò alcuni passi in direzione di Retasu, per poi stringerla in un abbraccio quasi fraterno. La ragazza ricambiò la stretta, cingendo la vita di Kisshu con le braccia sottili. I due si separarono dopo un istante, ma Kisshu lasciò che le sue mani rimanessero posizionate sulle spalle della Mew Focena.
- Accidenti Retasu se sei cambiata, non ti avevo quasi riconosciuta! –
- Anche tu Kisshu sei cambiato tantissimo! – esclamò Retasu osservando l’alieno, con i suoi scarmigliati capelli verdi che gli sfioravano le spalle. Il volto, notò, aveva un non so ché di diverso, forse più maturo, nonostante fosse ancora possibile scorgere negli occhi dorati quella sottile scintilla di follia che aveva sempre caratterizzato Kisshu Ikisatashi.
- Ryan ci stava giusto informando del tuo ritorno, ma ti aspettavamo all’orario di chiusura. – continuò Retasu.
- Non ho resistito alla tentazione di rivedervi, - ammise Kisshu con una sincerità disarmante, cosa che fece arrossire ancor di più Retasu, - Come mai non siete in servizio? –
- Apriamo più tardi proprio perché Ryan teneva ad informarci dell’accaduto… -
- Retasu, tutto bene? –
I due vennero interrotti da una voce calda e profonda, una voce ben nota a Kisshu.
L’alieno spostò lo sguardo, giusto in tempo per vedere Kyle emergere dalla porta che conduceva ai sotterranei.
- Kisshu? – fece incredulo l’uomo, mentre un’espressione di sorpresa si dipingeva sul suo volto.
Negli anni, Kyle era rimasto quello di sempre, se non per la magrezza del viso, che pareva segnato dalla stanchezza; i lunghi capelli castani erano sempre raccolti nella solita coda bassa, e gli occhi scuri erano dolci e accoglienti come sempre.
- Buongiorno! – lo salutò Kisshu con un sorriso, tendendogli la mano che il giovane cuoco strinse.
- Che bella sorpresa! Non ti aspettavamo a quest’ora! Come stai? Com’è andato il viaggio? – cominciò, ponendo domande a raffica.
- Tutto bene grazie, il volo è andato benissimo, però non sommergermi di domande, ti prego. – sbuffò Kisshu ostentando un’aria falsamente esasperata che fece scoppiare a ridere i presenti.
- Hai ragione Kisshu, perdonami; ma ora seguimi, raggiungiamo gli altri di sotto. Retasu, penso sia il caso di preparare nuovamente il tè. – aggiunse poi Kyle in direzione della cameriera, accennando con un sorriso ironico alle tazzine infrante sul pavimento.
- Subito Kyle! –
- Vieni con me Kisshu. – disse il pasticcere, invitando Kisshu a seguirlo con un cenno del capo.
- Ryan vi stava raccontando di quanto ho, diciamo, “scoperto”? – domandò l’alieno mentre i due scendevano fianco a fianco le scale che portavano al laboratorio sotterraneo.
- Esattamente; ci stava giusto parlando di questa Soledad, e di come hai scoperto che in realtà si tratti di Zakuro. –
Una volta giunti di fronte alla porta del laboratorio, Kyle abbassò la maniglia e precedette Kisshu all’interno.
- Ragazzi, abbiamo visite. –
L’alieno fece la sua entrata nel laboratorio in penombra, illuminato solamente dal gigantesco schermo attaccato alla parete e dai monitor dei computer. Subito quattro paia di occhi  si puntarono su di lui, e un silenzio si estese per i secondi successivi al suo ingresso.
- Oddio Kisshu, non posso crederci! –
Immediatamente, una ragazza urlante si gettò letteralmente fra le sue braccia, appendendoglisi al collo senza troppe cerimonie; una Purin ormai adolescente stava stringendo Kisshu in un abbraccio stritolante, dondolando sul posto e continuando ad emettere urletti di gioia.
- Mi stai. Uccidendo. Stupida scimmia! – riuscì a soffiare Kisshu, quasi senza fiato a causa della stretta della ragazza. Riuscì infine a scrollarsela di dosso, ma Purin continuò a saltellargli attorno, i lunghi capelli biondi legati in una coda di cavallo che si agitavano con lei.
- Kisshu, non posso crederci! È così bello rivederti! Sei diventato bellissimo in questi anni! –
L’affermazione della ragazza fece scoppiare a ridere Kisshu, che subito provò un forte moto d’affetto per la scimmietta, nonostante avesse quasi rischiato di soffocarlo.
- Diciamo che lo sono sempre stato, comunque grazie del complimento. – rispose Kisshu con un sorrisetto mesto, spostando poi la sua attenzione sulle altre due ragazze, che si erano mantenute alcuni passi indietro.
Ichigo, i capelli cremisi che le incorniciavano il volto e i grandi occhi castani brillanti e vivaci come un tempo, abbracciò brevemente l’alieno, per poi scostarsi ed esprimere la sua felicità nel rivederlo dopo parecchio tempo.
- E’ incredibile! – esclamò infine la leader delle Mew Mew, la voce che tradiva l’emozione.
Per ultima, Minto si avvicinò a Kisshu e gli tese la mano destra in modo che lui potesse stringerla. Per tutta risposta, Kisshu scoppiò a ridere, dopodiché afferrò la moretta per la vita e l’abbracciò, sollevandola da terra e prendendo poi a girare su se stesso in un folcloristico girotondo, facendola volteggiare con lui nel mezzo del laboratorio. I presenti ridevano per quella scena insolita, Minto strillava la sua disapprovazione per quel trattamento totalmente privo di bon ton e Kisshu rideva sguaiatamente per la sequela di insulti che si era guadagnato nel giro di trenta secondi dalla Mew Bird.
Ryan, la schiena appoggiata alla parete e le braccia incrociate al petto, osservava la scena e sorrideva, mentre pareva quasi che un celato moto di nostalgia sepolto negli anni abbandonasse il suo stomaco.
Fu proprio il biondo ad interrompere i festeggiamenti, schiarendosi la voce.
- Ragazzi, immagino che di cose da raccontarsi in cinque anni ce ne siano parecchie, ma credo possano passare in secondo piano. –
Le ragazze e Kisshu rivolsero la propria attenzione a Ryan, mentre Retasu faceva ritorno nel sotterraneo e si univa a loro, dopo essersi premurata di appoggiare il vassoio con il tè su di un tavolino.
- Stavamo giusto discutendo del modo in cui Soledad si sia ricordata di alcuni dettagli appartenenti alla sua, diciamo, “vita precedente”. - riprese Ryan, - Quando verrà qua stasera, voi sarete presentate come le ex colleghe di lavoro di Kisshu e basta, per il momento; lei sa dell’esistenza delle Mew Mew, ma non ha ancora idea di averne fatto parte in passato. –
Le ragazze annuirono, ascoltando attentamente le parole dell’iniziatore del Mew Project. Kisshu, dal canto suo, si rivolse direttamente al biondo.
- Perdonami Ryan, ma qual è il piano per riavere indietro Zakuro? –
Al nome della Mew Lupo, le ragazze sembrarono essere scosse da un brivido impercettibile.
- Bisogna procedere con calma, Kisshu. – iniziò l’americano, mentre Kyle annuiva alle sue parole, - Faremo prima un test per vedere se il suo codice genetico corrisponde a quello delle altre combattenti Mew Mew; un capello sarà sufficiente per svolgere le analisi. In secondo luogo, dovremmo fare in modo che molte cose riaffiorino dalla sua mente. –
Kisshu strinse i denti, non troppo convinto; avrebbe voluto riavere immediatamente Zakuro. Immaginava che, una volta tornati a Tokyo, avrebbe potuto riabbracciare la sua amata, magari grazie ad un qualche congegno inventato dai due scienziati, eppure non sembrava che le cose dovessero procedere in quel modo. Kisshu capì che la strada da percorrere per riportare indietro Zakuro era ancora lunga, e le parole rabbiose che stava per pronunciare gli morirono nel petto. Dovette limitarsi ad abbassare lo sguardo dorato sul pavimento del sotterraneo, la mascella contratta.
 
 
 
Erano quasi le sette, e la ragazza si stava preparando con una cura che, ad occhi esterni, poteva apparire eccessiva. Per l’occasione, dopo essersi tolta la divisa da lavoro e aver indossato il suo vestito, raccolse i capelli scuri in un solo ed elegante chignon. Minto si guardò allo specchio, gli occhi nocciola che luccicavano per l’emozione; di lì a pochi minuti avrebbe rivisto Zakuro. Chissà che quella Soledad avesse qualcosa che ricordasse lei, magari i tratti del volto o i modi di fare della modella. A questo pensava Minto mentre si dava un’ultima passata di phard sugli zigomi, controllando che la propria immagine riflessa nello specchio fosse perfetta.
Attorno a lei, le sue compagne si cambiavano a loro volta, in un religioso silenzio. Immaginava che anche il cuore del resto della squadra stesse accelerando i battiti in vista di ciò che stava per accadere.
- Forza ragazze, andiamo! – esclamò Ichigo quando tutte furono pronte, per poi precederle fuori dallo spogliatoio.
Le quattro Mew Mew si riunirono nella sala principale ormai vuota, fatta eccezione per Ryan e Kyle, in attesa seduti ad un tavolino.
Attesero ancora per alcuni minuti, mentre l’eccitazione diveniva quasi palpabile. Minto controllava in modo quasi maniacale il suo orologio da polso.
Finalmente, la porta del Caffè Mew Mew si spalancò, e sulla soglia comparve Kisshu, bellissimo vestito del suo sorriso, un sorriso che nessuno vedeva da tempo; era un sorriso che irradiava gioia, che ti trasmetteva forza.
L’alieno entrò nel locale, seguito da una figura femminile. La porta si richiuse alle sue spalle, e il cuore di Minto perse un battito.
Di fronte a loro vi era una ragazza alta dai cortissimi capelli color della pece. Indossava dei pantaloni neri aderentissimi, stivali col tacco, un top grigio e un gilet di jeans smanicato lasciato aperto. Le braccia nude erano piene di tatuaggi, che partivano dalle spalle e arrivavano fino ai polsi; Minto riuscì anche a scorgere una lunga fila di orecchini che occupavano tutto l’orecchio destro.
Le labbra erano carnose e i lineamenti del volto duri, freddi, quasi aggressivi; i distaccati occhi verdi studiavano ad uno ad uno i volti dei presenti.
Subito in Minto si fece strada una sensazione di negatività, che le pareva proprio venisse irradiata da quella ragazza. Un brivido le percosse la schiena, quando venne il suo turno di presentarsi a Soledad e di stringerle la mano. La ragazza aveva, notò Minto, l’abitudine di sorridere solo con le labbra, senza coinvolgere gli occhi; quei pozzi verdi, al contrario, rimanevano intrisi di concentrazione, come se la proprietaria cercasse di captare qualcosa di sconosciuto in fondo allo sguardo degli interlocutori.
Soledad, dopo essersi presentata e aver rivolto un sorriso di circostanza a tutti, fece un passetto indietro, affiancandosi a Kisshu; l’alieno, dal canto suo, le cinse le spalle con un braccio in un gesto rassicurante, e Minto fu costretta a reprimere un nuovo brivido.
Quella ragazza non le piaceva per niente.
 
 
 
Dopo diversi minuti di chiacchiere banali, Kisshu e Soledad si congedarono dal Caffè insieme, lasciando le quattro Mew Mew a discutere dell’accaduto; i due americani si erano nuovamente eclissati in laboratorio. Per tutta il tempo che Soledad aveva passato al Caffè, Minto se n’era stata in disparte, squadrando di sottecchi la nuova venuta.
Fu Ichigo ad introdurre il discorso.
- Allora ragazze? Voi cosa ne pensate? –
- Sembra una tosta! – fu la semplice esclamazione di Purin, che non era riuscita a reprimere una scintilla di ammirazione quando l’aveva vista fare il suo ingresso.
- Io non so ancora cosa pensare, effettivamente non la conosciamo. – iniziò Retasu, - Ma se Kisshu si è avvicinato a lei, non può essere altro che una buona persona. E comunque, dobbiamo sempre ricordarci che dentro di lei è nascosta Zakuro. –
Ichigo annuì solennemente alle parole della compagna. – Concordo pienamente con te Retasu, direi che la pensiamo esattamente allo stesso modo. –
La leader si voltò verso Minto, che non aveva ancora aperto bocca. – E tu Minto? –
La Mew Bird strinse i pugni, cercando dentro di sé la forza di calmarsi. Non la trovò.
- E’ uno scherzo! – sbottò improvvisamente Minto, - Come può quella essere Zakuro?! Non ha nulla di lei! Cioè, guardatela: non ha la sua bellezza, non ha il suo fascino magnetico, il suo charme. La pelle di Zakuro era candida come la superficie lunare, non sporca e ridicolizzata dai tatuaggi. E io dovrei accettare che Zakuro viva in una persona del genere?! –
Le sue compagne rimasero spiazzate da quello sfogo; fu Ichigo quella a riprendersi più velocemente.
- Minto, cerca di ragionare: è normale che non ti ricordi Zakuro, ma allo stesso tempo abbiamo le certezze che sia lei, altrimenti non possiederebbe i ricordi della battaglia finale. Per ora non c’è molto da fare, se non attendere di scoprire come riportarla indietro! Soledad è solo una fase temporanea di Zakuro! –
Ma Minto scosse la testa, ostinata; gli occhi socchiusi come se non volesse vedere né sentire altro.
- No, no, no… - mormorava.
- Minto, adesso la stai facendo troppo tragica! – sbottò Purin rivolta all’amica, - Capisco che non sia la nostra vecchia Zakuro, ma non vedo quale sia il problema! Sapevamo benissimo che Cordelia le aveva conferito un’identità del tutto nuova. –
- No, voi non capite! – strillò Minto con voce quasi isterica, - Quella Soledad ha qualcosa che non mi piace, a pelle! Non posso credere che sia Zakuro. –
E, con queste parole, girò sui tacchi e corse verso la porta del Caffè, le lacrime che premevano per palesarsi; Retasu fece per seguirla, ma Ichigo la frenò posandole una mano sulla spalla. Mentre la Mew Focena le rivolgeva uno sguardo interrogativo, lo sbattere della porta segnalò loro che Minto era uscita.
- Minto ha bisogno di stare da sola. – spiegò Ichigo in risposta alla tacita domanda di Retasu, - Sappiamo tutte quanta ammirazione nutrisse nei confronti di Zakuro, e rivederla sotto queste vesti l’ha spiazzata. Deve solo riflettere e accettare la realtà. –
 
 
 
 
Nella grande villa di Zakuro, Kisshu e Soledad erano intenti a consumare una cena preparata dall’alieno che, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, venne rimproverato per aver salato eccessivamente la pasta.
- Facciamo che da domani cucino io! – esclamò Soledad ingollando l’ennesimo bicchiere d’acqua, una scintilla di divertimento negli occhi verdi.
Kisshu incrociò le braccia al petto con fare ironico. – Come vuoi capo, vedremo cosa sei capace di fare. –
Soledad prese a giocherellare distrattamente con la forchetta, lo sguardo puntato sul piatto ormai vuoto.
- Sembrano simpatiche le ragazze. – esordì la corvina.
Kisshu annuì. – Lo sono. Vedrai, non ci metterai molto a legare con loro, con Purin e Ichigo soprattutto: loro sono molto espansive e spontanee. –
- L’avevo capito. Ma sai anche che io non sono molto propensa a stringere relazioni con il prossimo. – ammise lei.
- Con me lo hai fatto. – fece Kisshu protendendosi verso di lei. – Sei preoccupata? –
- No, assolutamente. – smentì Soledad con un sorriso, scuotendo il capo; Kisshu prese per buone le sue parole, nonostante temesse non gli stesse dicendo tutta la verità.
- Sai, mi fa un po’ strano essere di nuovo qua, a Tokyo. – confessò Kisshu con un sospiro, abbandonandosi contro lo schienale della sedia. – Dopo parecchi anni passati a girare il mondo, tornare a casa mi ha spiazzato. –
- Non ti sono mancati i tuoi amici? – indagò Soledad.
- Sì, mi sono mancati, ma devo ammettere che ci sono cose di cui riesco a fare a meno. Alla fine, per cinque anni ho perso qualsiasi tipo di contatto con loro, e diciamo che non sono morto. – terminò con un sorrisetto.
- Devono volerti proprio bene per averti riaccolto a braccia aperte dopo tutto questo tempo; non in molti lo avrebbero fatto. –
Il sorriso sul volto di Kisshu si allargò impercettibilmente.
- Mettiamola così: noi siamo legati da qualcosa di molto più forte della semplice amicizia. C’è stato qualcosa, probabilmente un filo contorto del destino, che ha unito le nostre vite, e sembra impossibile sciogliere il tutto. –
Soledad fece per ribattere, ma in quel momento il telefono di Kisshu, poggiato sul tavolo, prese a vibrare. L’alieno controllò rapidamente il nome sul display e rispose.
- Ryan, dimmi tutto. –
- Kisshu, puoi parlare? – domandò l’americano senza troppi giri di parole.
- Solo un secondo. – rispose Kisshu alzandosi e sillabando un “arrivo” in direzione di Soledad; si allontanò così in corridoio, chiudendosi in bagno.
- Ok Biondo, parla pure. –
- Ascolta, io e Kyle stavamo pensando che sarebbe una buona idea se tu e Soledad cominciaste a lavorare al Caffè; in questo modo, tu sarai sempre informato in tempo reale sulla situazione e potrai riiniziare a prendere parte ai piani. Dall’altro lato, noi avremmo sotto controllo Soledad in modo da studiarla più da vicino. Che ne dici? –
Kisshu sospirò. – E’ proprio necessario? –
- Lo so che sei uno scansafatiche di prima categoria, ma sì: è necessario. –
- Va bene, lo dico a Soledad e ti mando la conferma più tardi per messaggio; sappi solo che non ho voglia di sgobbare eccessivamente nel tuo stupido locale. –
- Non mi interessa la conferma, cominciate domani mattina alle otto. – ribatté Ryan ormai spazientito, prima di chiudere la telefonata.
- Hey Ryan aspet… Ah, ma vai al diavolo! – ringhiò l’alieno rivolto ad un telefono ormai muto.
Kisshu uscì dal bagno e ritornò in sala da pranzo passandosi stancamente una mano sugli occhi.
- Cattive notizie bellezza. – cominciò Kisshu in risposta allo sguardo interrogativo di Soledad, riprendendo posto di fronte a lei. – Shirogane ci ha appena assoldati per lavorare al Caffè; dice che ha bisogno di personale. –
- Ah, e noi non abbiamo libertà di scelta? – fece Soledad inarcando un sopracciglio, stizzita.
- Direi proprio di no. –
La ragazza sbuffò. – Il tuo amico è uno schiavista. – Nonostante tutto, però, le labbra di lei si stirarono in un sorrisetto. – In ogni caso va bene, almeno posso rendermi utile in qualcosa. –
- L’hai presa meglio di me! – osservò Kisshu alzandosi e battendo una volta le mani. – Molto bene, allora a dormire! Domani alle otto si comincia! –
 
 
 
I singhiozzi di Minto rompevano il silenzio che regnava nella sua sontuosa camera da letto. La ragazza giaceva supina sul letto, il volto nascosto in un candido cuscino ormai macchiato di lacrime.
- Non può essere… Non è vero! – mormorò, la voce impastata dal pianto, mentre apriva il piccolo pugno e lasciava cadere sul lenzuolo ciò che stava stringendo in mano: una foto che ritraeva lei e Zakuro, assieme, al Caffè Mew Mew. L’ex modella era bellissima, come sempre, e anche Minto, al suo fianco, sembrava risplendere di tutta la bellezza che emanava la modella.
Come poteva Minto accettare la situazione, dopo che tutta la brutalità della realtà le era stata sbattuta in faccia con forza?
 
 
 
 
Il mattino seguente, le quattro ragazze erano in piedi nella sala principale del locale, già vestite con le loro colorate divise da cameriere; persino Ichigo era riuscita ad arrivare in anticipo sul suo ritardo.
Soledad e Kisshu, arrivati da poco, erano andati negli spogliatoi per indossare le proprie uniformi, e Ryan e Kyle se ne stavano rispettivamente in laboratorio e in cucina.
Minto sedeva al suo solito tavolino, una tazzina di tè ormai vuota poggiata di fronte a sé; le altre ragazze non le avevano domandato come stesse, immaginando che fosse preferibile lasciarla in pace, nonostante continuassero a lanciarle ad intermittenza occhiate preoccupate.
- Ma quanto ci mettono? – sbottò infine Purin scoccando uno sguardo all’orologio appeso alla parete.
Proprio in quel momento, Kisshu e Soledad fecero la loro comparsa nella sala. Kisshu indossava la divisa che aveva portato anni fa, composta da mocassini, pantalone nero, camicia bianca e un papillon verde scuro; aveva abbandonato il cappellino, dal momento che non aveva più bisogno di nascondere le orecchie.
Soledad invece, con grande disappunto di Minto, portava l’uniforme viola di Zakuro.
Ichigo le sorrise, incoraggiante. – Soledad, questa divisa di sta d’incanto! –
Retasu annuì alle parole della rossa, mentre Soledad le ringraziava silenziosamente con un sorriso.
Ryan piombò nella sala sopraggiungendo dal corridoio che portava ai sotterranei.
- Bene, ci siamo tutti? – poi, senza attendere risposta: - Benissimo, allora possiamo iniziare. Retasu, va’ ad aprire. –
- Subito Ryan! – annuì Retasu, aggiustandosi la divisa e andando ad accogliere i primi clienti fuori del locale.
Nel giro di pochi minuti il Caffè era già pieno per le colazioni; Soledad si muoveva senza difficoltà fra i tavoli, prendendo le ordinazioni e portando i vassoi, aiutata da Ichigo ogni qualvolta avesse bisogno di istruzioni. Retasu rischiò più e più volte di inciamparsi nei propri piedi, ma riuscì a tenere miracolosamente i piatti in equilibrio, mentre Purin trottava per il locale con la sua proverbiale energia. Kisshu era riuscito a raggiungere un compromesso con Ryan, ovvero starsene dietro alla cassa per fare il meno possibile, occupandosi semplicemente dei conti. Il biondo si era arreso di fronte alla testardaggine dell’alieno, rintanandosi poi in laboratorio a passo di marcia.
Minto, invece, continuava a starsene seduta al tavolino, versandosi del nuovo tè fumante nella tazza. Dalla sua posizione, osservava di sottecchi Soledad che interagiva con i clienti, notando però che la ragazza, ogni volta che le passava di fianco, le rivolgeva occhiate astiose.
La pace regnò sovrana per alcune ore, fino all’orario di pranzo. Il Caffè era gremito di clienti, ma Soledad, non appena ebbe un attimo di respiro, si avvicinò risoluta al tavolo dove sedeva la Mew Bird.
La ragazza dai capelli corti appoggiò rumorosamente il vassoio sul tavolino, attirando l’attenzione di Minto.
- Hai bisogno? – le domandò la moretta con voce strascicata.
- Mi stavo domandando, - iniziò Soledad – quale sia il tuo ruolo qui al locale. –
Retasu, che passava poco distante, scoccò un’occhiata alle due, affrettandosi poi a raggiungere Ichigo e a mormorarle qualcosa all’orecchio.
- Per tua informazione, io qui ci lavoro. – fece Minto con aria altezzosa.
- Ah sì? Non mi pare. – rispose Soledad stringendo minacciosamente gli occhi verdi. – Hai intenzione di alzare il culo da quella sedia e aiutarci a fare qualcosa? Oppure ti pagano per fare la bella statuina? -
Minto si alzò e sbatté con forza le mani su tavolo, mentre i clienti nei tavoli vicini si voltavano incuriositi.
- Ascoltami bene! – inveì Minto – Io lavoro qua da anni, e non permetto che tu ti rivolga a me in questo modo! Sei qua da tre ore e non tollero che tu mi dica quello che devo o non devo fare! –
Soledad superò il tavolo e si avvicinò con fare minaccioso al volto di Minto, un’espressione tutt’altro che rassicurante dipinta sul volto dai lineamenti duri. Le parlò poi con un tono di voce basso e minaccioso, che contrastava terribilmente con gli strilli della ragazza in blu.
- Scendi dal piedistallo bellezza e fai attenzione a come parli: non ci metto nulla a rovesciare questo tè bollente direttamente sul tuo aristocratico visino. –
- Ragazze! Ragazze, smettetela! – fece Ichigo mettendosi tempestivamente tra le due, mentre Retasu prendeva Soledad per un braccio e la allontanava gentilmente dall’amica.
- Smettetela di litigare! Soledad, continua a fare quello che stavi facendo, stai andando alla grande; e tu Minto, vieni e dacci una mano, forza. – decretò Ichigo, cercando diplomaticamente di porre fine alla discussione.
- Puoi scordartelo! – urlò Minto in direzione della rossa, superandola e sparendo come una furia dalla porta sul retro, gli occhi lucidi di pianto.
- Vai, va’ a piagnucolare, così perdi altro tempo invece che lavorare! – le ringhiò dietro Soledad, mentre la porta veniva richiusa con forza. Dopodiché si liberò senza troppi complimenti della presa di Retasu e, afferrato il vassoio, tornò rabbiosamente al suo compito. Purin prese a scusarsi con i clienti, che avevano assistito increduli alla lite tra le due cameriere, mentre Ichigo scuoteva la testa sconsolata.
Kisshu, dal canto suo, aveva seguito silenziosamente la scena dalla sua postazione, decidendo di non intervenire. Non aveva messo in preventivo una reazione del genere da parte di Soledad, e la cosa non gli piaceva: non era per niente un buon inizio per una collaborazione. Sospirò e, quando pochi minuti più tardi Purin gli passò accanto, le mormorò di prendere il suo posto alla cassa. Così, Kisshu scivolò silenziosamente dietro al bancone e si avviò non in direzione di Soledad, ma del corridoio che conduceva alla porta dalla quale era fuggita Minto.
 
 
 
 
Kisshu uscì nel cortile sul retro, un venticello leggero che muoveva gentilmente i ciuffi dei suoi capelli verdi e il sole che riscaldava piacevolmente le sue membra. Si guardò intorno per alcuni secondi, prima di individuare Minto; la trovò ai margini del parco, seduta in maniera scomposta all’ombra di un albero, la schiena appoggiata al tronco e le gambe raccolte al petto. Si avvicinò lentamente alla ragazza, e il modo in cui il suo petto si alzava e abbassava velocemente gli fece capire che stava piangendo. Quando fu ad un metro da lei, Kisshu si fermò, schiarendosi la voce e pronunciando il suo nome.
- Minto. –
Nessuna risposta. La ragazza continuava a singhiozzare sommessamente, la testa bassa e le braccia che stringevano le ginocchia.
Kisshu decise allora di avvicinarsi e, senza proferire parola, si sedette di fianco a lei, appoggiando a sua volta la schiena al tronco dell’albero. Minto osservò i suoi movimenti con la coda dell’ occhio, senza però dar segno di voler parlare.
Kisshu attese in silenzio che i singhiozzi della ragazza si affievolissero, guardando con interesse i giochi di luce che i raggi del sole creavano tra le fronde, finché Minto non si decise a sollevare il capo, mostrando le guance rigate di lacrime.
- Mi spieghi che cosa sei venuto a fare? – domandò con voce decisamente acuta.
- Sono venuto a vedere come stavi. – spiegò Kisshu portando le braccia dietro alla testa e sistemandosi più comodamente al tronco. – Mi dispiace per quello che è successo tra te e Soledad, anche se non posso negare che quella ragazza abbia ragione. –
- Se sei venuto qui per farmi la paternale a tua volta puoi anche andartene! – strillò Minto in direzione dell’alieno, che non si scompose. – Sono anni che lavoro al locale e mi sono sempre comportata in questo modo! Questa è una copertura, non serve a nulla lavorare sul serio! L’unico motivo per cui siamo qui è tenere la situazione sotto controllo ed essere pronte a scattare alla luce di qualsiasi imprevisto! –
- Ma questo Soledad non lo sa. – puntualizzò Kisshu. – E comunque non sono qui per farti nessuna ramanzina; voglio semplicemente che tu e le altre ragazze andiate d’accordo con Soledad, dal momento che è una vostra compagna a tutti gli effetti. –
- No! – sbottò Minto – Lei non è una nostra compagna! Come puoi pretendere che io la veda come una nostra compagna? –
Kisshu serrò la mascella e strinse i pugni, cercando di reprimere la rabbia che stava iniziando a montare in lui.
- Minto, ascoltami bene, - ricominciò Kisshu tentando di parlare con molta calma, - Posso capire che Soledad non sia la persona più affabile del mondo, ma comincia ad entrare nell’ottica che faccia parte della squadra fino a che la verità non verrà svelata e sarà possibile riavere indietro Zakuro. –
- E’ proprio questo il punto! Come posso accettare che lei abbia preso il posto di Zakuro? Quella ragazza non mi piace, non ha niente a che fare con lei! Non posso pensare che sia lei, non ce la faccio! Sai bene quanto io fossi affezionata a Zakuro, quanto la adorassi! Come credi che io possa concepire quello che è successo? Col tuo ritorno mi aspettavo anche quello di Zakuro, e così non è stato! Non ne posso più di tutta questa faccenda, non ne posso più di star male, lo capisci?! –
Improvvisamente, Kisshu perse la pazienza, e ogni proposito di mantenere la calma se ne andò al diavolo. Urlando, l’alieno ruotò su se stesso, portandosi di fronte alla ragazza, e la sbatté con forza contro il tronco dell’albero. Afferrandola per le spalle prese a scuoterla con forza, mentre le unghie delle mani le graffiavano la pelle, aiutate dalla corteccia ruvida contro cui Minto veniva sbattuta.
- MALEDIZIONE MINTO! – le urlò Kisshu in faccia, sovrastandola col suo corpo – Ti rendi conto con chi stai parlando? Lo dici a me che tu hai sofferto per la sparizione di Zakuro? E io cosa dovrei dirti invece, eh?! –
Minto trattenne il fiato, le lacrime che avevano ricominciato a scorrerle sul viso, mentre fissava a occhi sgranati il suo interlocutore. Ora riconosceva il vecchio Kisshu, il temibile e folle Kisshu: i capelli verdi erano scompigliati e incorniciavano il suo volto diafano segnato da una vena pulsante proprio sopra la tempia. I canini affilati erano ben visibili attraverso le labbra sottili sollevate in un ringhio, e le mani dalle dita affusolate non accennavano a voler lasciare la presa sulle spalle della ragazza, dove, ne era sicura, sarebbero rimasti i lividi. Gli occhi dorati dell’alieno erano ora folli, spiritati, dalla pupilla verticale tipica dei felini; quella falce nera che navigava nell’ambra la terrorizzava.
- Ti sei mai chiesta come stessi io, invece? – continuò Kisshu, implacabile, afferrando il volto di Minto con una mano e sollevandolo, obbligandola a guardarlo negli occhi, mentre la teneva saldamente immobilizzata tra il suo corpo e l’albero. – Io, che ho dato la mia vita per lei, che ho tradito la mia gente e i miei ideali; io che l’ho amata più di qualsiasi altra cosa al mondo, più di me stesso; io, che ho passato cinque anni in giro per il mondo sulle sue tracce, che di notte sono tormentato all’idea di non averla più al mio fianco e che non mi do pace per non essere riuscito a tenerla con me, io che ho smesso di vivere nel momento esatto in cui sono stato privato dei suoi occhi, come dovrei stare?! –
- Kisshu, io… Ti chiedo scusa… - mormorò Minto tra i singhiozzi, terrorizzata dalla reazione dell’alieno. Lei non era stata mai toccata in maniera ravvicinata dalle esplosioni di collera di Kisshu.
- Le scuse non servono a niente! Vuoi sapere come mi sono sentito io in questi cinque anni, Minto? Lo vuoi sapere? –
- No Kisshu, io lo immagino… -
- No, tu non lo puoi nemmeno immaginare invece! Io ho perso tutto Minto, tutto: ho abbandonato qualsiasi cosa per Zakuro, il mio pianeta, mia madre, la mia gente pur di ritrovarla. Ho perso me stesso in questi anni, nella speranza di ritrovare lei! Ho impiegato ogni mio singolo sforzo per riuscire nella mia missione, ho speso tutte le forze che avevo per studiare piani efficaci. Non me ne fregava più niente, né di me né di nessun altro; io ho solo la spietata e dolce voglia di rivedere quegli occhi e tenerli con me ancora per un po’. –
E Minto tacque, mentre Kisshu le vomitava addosso tutto il suo rancore e la sua sofferenza.
Era stato prosciugato da ogni scetticismo, cinismo, sarcasmo, amarezza, ironia, autoironia, e da tutta la lucidità, coerenza e obiettività che avesse mai posseduto. Non aveva più niente di ciò che lo caratterizzava tranne la disperazione; di quella ne aveva in sovrabbondanza.
Minto non riuscì a reprimere un singhiozzo più forte degli altri, e questo parve risvegliare Kisshu; con lentezza disarmante, lasciò la presa sulla ragazza e si alzò in piedi, le mani strette a pugno. Rimase in quella posizione di fronte a lei, mentre respirava affannosamente, i capelli verdi che gli ricadevano ribelli sugli occhi; Minto, dal canto suo, era troppo scossa per rialzarsi. Lo guardava dal basso, senza curarsi della terra che le sporcava la divisa e dei tagli sulla schiena e sulle braccia. Ora scrutava quegli occhi, in cerca di un po’ di umanità.
- Kisshu, io… Non volevo dire quello che ho detto, mi dispiace. – iniziò Minto con voce incerta e spezzata dal pianto, - Non ho mai insinuato che tu non soffrissi per questa situazione. È solo che è tutto così difficile: la sparizione di Zakuro prima, e ora la guerra, gli attacchi, e non sappiamo nemmeno contro chi stiamo combattendo questa volta! Non so se ce la posso fare. –
Kisshu sollevò impercettibilmente il capo, e l’oro delle sue iridi incontrò il nocciola degli occhi di lei.
- Shirogane mi aveva detto che ti eri mostrata particolarmente restia all’idea di riprendere parte alle battaglie. Sai, quando al notiziario hanno trasmesso il vostro scontro con quel chimero, nella mia mente è balenato un pensiero: a cosa sarebbe servito tornare a Tokyo e combattere, per quale motivo avrei dovuto riprendere a lottare? D’altro canto erano passati diversi anni, avevo abbandonato il Mew Project da parecchio tempo. Poi il suo viso mi è ritornato in mente, ed io ero pronto per la guerra. –
Con queste ultime laconiche parole Kisshu distolse gli occhi dorati da quelli della Mew Mew, per poi tele trasportarsi via, lasciando una Minto tremante e piangente ai piedi dell’albero.

 
 
 
 
Angolo Autrice:
Salve a tutti lettori! Perdonatemi per il mio immenso (e solito) ritardo, ve ne prego.
Questa volta però spero di farmi perdonare, offrendovi un capitolo bello corposo. Mi interesserebbe parecchio conoscere i vostri pareri, dal momento che ho impiegato un po’ di tempo a scriverlo; purtroppo, non sapevo bene in quale maniera sviluppare questa parte della storia, e alla fine mi sono arresa a seguire l’ispirazione che mi assaliva man mano che scrivevo. Per questo non sono troppo convinta del capitolo, dal momento che non è troppo, diciamo, “ragionato”.
Fatemi sapere, per favore!
Un abbraccio forte,
Salice_ 
   
 
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