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Autore: disconnected    17/08/2014    3 recensioni
Kora era più concentrata sul foglio che aveva davanti. Ci aveva scribacchiato sopra delle frasi e poi le aveva cancellate con l’inchiostro nero della sua penna, facendo attenzione a non lasciare intravedere nulla di quello che aveva scritto.
Non volevo essere così.
_________
Potresti bruciarti, se giochi con il fuoco
Quelle parole rigiravano nella testa di Ashton e non trovavano pace. Ricominciò a guardare fuori dalla finestra e si perse ad osservare le persone che camminavano tranquille lungo la strada, ignare di quello che stava succedendo dentro di lui.
_________
Si era innamorato solo una volta, Isaac, e gli era bastato.
“Niente più cuori spezzati” era il suo motto.
_________
«Bene, Hayley, ti va di annoiarti con me?»
«Nemmeno nei tuoi sogni.» e così, silenziosa com’era arrivata, Hayley se ne andò.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“And hush now,
close your eyes before the sleep.
And you're miles away
and yesterday you were here with me.”

- Ed Sheeran, Autumn Leaves. 


Alla fine Ashton trovò Isaac. Lo trovò seduto a terra sulla neve fresca, con la schiena schiacciata al muro di un edificio.
«Va’ via, Ashton.»
Un telefono squillò, segno che era arrivato un messaggio.
«È Kora.»
Isaac alzò gli occhi verso l’amico.
«È stabile, ma ancora incosciente. Ha il 45% di possibilità di svegliarsi nei prossimi giorni, ma se passa troppo tempo potrebbe..»
«La mia Hayley…» sussurrò Isaac prima di chinarsi sulle sue ginocchia e lasciare che le lacrime rigassero il suo volto.
Era la prima volta dopo Iris che si riferiva a una ragazza dicendo ‘la mia’.
Ashton si sedette accanto a lui, cercando di confortarlo il più possibile, lasciando anche lui che qualche lacrima scappasse dai suoi occhi.
«Andiamo a casa.»
 
Kora restò tutta la notte in ospedale, nonostante Amber e Thomas le avessero ripetuto più volte che poteva andare a casa. Verso le nove andò a prendersi un caffè al bar; evitò le brioches perché si sentiva ancora lo stomaco chiuso. Tornando indietro passò davanti a uno specchio e si guardò: aveva trucco sbavato, occhiaie, occhi gonfi e i capelli erano ovunque tranne che al loro posto. Non che tutto questo avesse una qualche importanza.
Trovò il dottor Smith nel corridoio e si fiondò da lui.
«Dottore, crede che possa entrare da Hayley?»
Il dottore rimase un attimo in silenzio, probabilmente pensando a chi fosse Hayley, dato il numero di pazienti che aveva non lo si poteva biasimare se non si ricordasse i nomi di tutti. Poi i suoi occhi fecero un guizzo.
«Oh, la ragazza con i capelli arancioni di ieri sera?»
Sono biondo fragola, non arancioni avrebbe voluto correggerlo, perché sapeva che la sua amica odiava quando si faceva confusione tra le due tonalità e ci teneva a specificarlo, ma non disse nulla, si limitò ad annuire.
«Mi dispiace, ma non può ricevere visite se non dai familiari.»
Ma noi siamo come sorelle.
«Oh, d’accordo.»
Kora si girò e cominciò a camminare verso le sedie su cui aveva dormito quella notte.
«Signorina, aspetti – Kora si voltò di nuovo verso il dottore – forse tra un paio di giorni o domani posso fare in modo che lei e magari qualche altro amico intimo della ragazza possa entrare per cinque minuti.»
«Davvero?»
Il dottore annuì e Kora sorrise. Poi ognuno per la sua strada.
Bevve il caffè e cercò Thomas e Amber. Li trovò fuori dalla porta di Hayley, Amber addormentata sul grembo del marito che le carezzava dolcemente i capelli. Appena la vide le sorrise, ma era un sorriso triste.
«Io vado un attimo a casa a farmi una doccia e a cambiarmi, poi torno. Potresti prestarmi le chiavi dell’auto?» sussurrò per non svegliare la donna che probabilmente si era appena addormentata. Lui annuì e le porse le chiavi.
«Stai a casa e riposati, poi mi riporterai le chiavi quando starai bene e sarai riposata.»
Kora annuì, ma sapeva che sarebbe tornata il prima possibile. Uscendo incontrò Ashton.
«Ehi, ciao.» le disse.
«Ciao» gli rispose e lo abbracciò.
 
Il ragazzo, richiudendo le braccia su di lei e stringendola, si accorse che indossava ancora la sua giacca. Kora era più bassa di lui, quindi riusciva a nascondere la testa sul suo petto. Sentiva le mani di lei stringere la sua felpa, come si fa quando bisogna aggrapparsi a qualcosa. Il suo respiro era irregolare ed era ovvio che si stava sforzando di non piangere.
«Come sta?»
«Stabile.»
«E tu come stai?»
«Normale. Isaac?»
«Si incolpa di quello che è successo, ma non l’ha drogata lui.»
Ashton aveva portato Isaac a casa sua ed era rimasto con lui fino a quando non si era addormentato, un’ora prima.
«Lo so. E tu, come stai?»
«Normale. Stavi andando a casa?»
Lei annuì debolmente e mostrò le chiavi della BMW dei genitori di Hayley.
«Vuoi che ti accompagno? Voglio dire, sarai stanca, non puoi guidare così, e poi devo darti la giacca.»
Non le disse che nemmeno lui aveva chiuso occhio, non le disse che aveva così tanti pensieri in testa che dormire era l’ultimo della lista. Non le disse nulla perché lei stava male e non aveva bisogno di altri motivi per dover trattenere le lacrime.
«Va bene.»
Mentre guidava Ashton ripensò all’abbraccio che gli aveva dato quando si erano visti, al modo in cui si era aggrappata a lui quasi come se potesse salvarla, in qualche modo. Era sicuro di aver fatto una crepa nella sua armatura, e ne era felice. Era felice di poter parlare con lei, di poterla abbracciare, confortare, di poterla vedere mentre ride, mentre parla, di poter essere suo amico. Certo, non poteva negare che i sentimenti che provava per lei non erano svaniti, anzi si erano intensificati, ma non poteva dirle quello che provava, altrimenti lei sistemerebbe la sua armatura e lo lascerebbe fuori. La perderebbe e non potrebbe sopportarlo.
Per ora va bene così, posso essere suo amico pensò.
E poteva esserlo davvero, se era questo che lei voleva. Poteva esserlo per lei, poteva essere tutto per lei.
«Siamo arrivati.» annunciò il ragazzo senza troppo entusiasmo.
«Vuoi entrare? Non ci metterò molto.»
«Oh, se non è un problema.»
Kora uscì dall’auto, così non vide il sorriso che si era creato sul suo volto del ragazzo, nemmeno lui però s’accorse che lei stava sorridendo. Uscì anche lui e insieme entrarono in casa. Non c’era nessuno tranne loro due.
«I tuoi genitori lavorano?»
«Oh, mia madre si, adesso dovrebbe essere al supermarket, lavora lì. Mio padre è morto due anni fa.» il suo tono si era indurito e evitava il suo sguardo.
«Scusami, io non lo sapevo.»
La guardò e nei suoi occhi vide così tanto dolore che si sentì mancare il fiato.
Uno dei problemi della sua abilità di leggere le emozioni delle persone (o forse era un problema unicamente suo) era che se vedeva del dolore nelle persona lo faceva suo in qualche modo e ci stava male anche lui.
Era empatico, era questo il problema.
«Non ti preoccupare, è successo tempo fa.»
«Scusami, non avrei dovuto chiedere niente.»
«Non è colpa tua, come potevi saperlo?»
Lei gli sorrise come a dire ‘va tutto bene’.
Lui sorrise in risposta come a dire‘lo so che non va bene’.
 
Riusciva a sentire tutto intorno a lei ma non riusciva a muovere in muscolo, non riusciva ad aprire gli occhi, non riusciva a parlare. Sentiva quando sua madre le stringeva la mano, quando suo padre le baciava la fronte. Li sentiva parlare, dire che era una ragazza forte e che si sarebbe svegliata, ma lei era già sveglia, solo che non c’era un modo per farglielo capire. Semplicemente non si poteva muovere. Era come se stesse dormendo ma potesse comunque sapere che cosa succedeva intorno a lei. Avrebbe così tante domande da fare, tante cose che vorrebbe sapere. Ad esempio da quanto sta così, se Kora e Ashton sono lì fuori, se c’è Isaac.
Ma non le era permesso chiedere, non le era permesso muoversi.
 
«Voglio vedere Hayley Blake.»
«Non può. Deve avere l’autorizzazione del medico che la segue, il dottor Smith.» l’infermiera usava un tono seccato con lui, quasi fosse suo il problema.
«Mi faccia parlare con lui allora.»
«D’accordo.»
Un uomo si avvicinò a loro dopo pochi minuti. Isaac fece di tutto per convincerlo a farlo entrare solo per tre minuti. Lui non voleva cedere, ma dopo un po’ si ammorbidì.
«Ti do due minuti.» gli sorrise e lo lasciò entrare.
Il corpo di Hayley, coperto di tubi e da un lenzuolo bianco giaceva su un letto al centro della stanza scura.
Non era sicuro di cosa stava facendo, ma si sedette sul bordo del letto e le strinse una mano.
«Ciao, Hayley, sono io, Isaac. Non so se puoi sentirmi, ma io voglio parlarti. Senti, mi dispiace tantissimo per quello che ti è successo, è solo colpa mia, e io non dovrei nemmeno essere qui e se mi scoprono.. Dio, sono una mina vagante, creo solo problemi. Io voglio dirti tutto quello che sento di dover dirti perché è meglio per te se io… – sospirò – me ne devo andare. Non faccio bene a te né ad Ashton né a nessuno. Tutti quelli che mi vogliono bene restano feriti e io non ho mai voluto tutto questo. Ti prego, combatti per svegliarti, poi torna a scuola e dimostra a tutti che non sei solo una bella ragazza, ma sei anche più intelligente di tutti loro messi insieme. – gli sfuggì una risata triste – Dio, sei così bella anche quando stai male. È strano pensare che fino a ieri eri qui con me, e potevo guardarti ridere e oggi è come se fossi a miglia di distanza.
Fece una lunga pausa in cui le carezzò la mano e si asciugò le lacrime.
«Non so se mi senti ma.. io credo di amarti, Hayley, e proprio per questo non posso permettermi di ferirti.»
Le carezzò il viso, le scostò i capelli e le lasciò un dolce bacio sulla fronte.
 
Sì, Isaac, sì ti posso sentire. Ti posso sentire, ti amo, ti amo anche io, ma ti prego, non andare via.
Fece del suo meglio, ma le labbra non si muovevano.
«Devi uscire, ragazzo.»
Quella era la voce del medico.
La presa di Isaac si fece più debole, fino a che non la sentì più.
No, ti prego, resta.
  
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