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Autore: Geggy_    17/08/2014    6 recensioni
Mickey ed Ian non sono i tipi da lasciarsi andare a effusioni amorose in pubblico, si sa, ma a volte i due proprio non vogliono saperne di starsene buoni.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom: Shameless (US).
Pairing/Personaggi: Ian Gallagher/Mickey Milkovich, Linda.
Rating: Verde.
Chapters: 4/5.
Genere: Comico, Slice of Life.
Warnings: Linguaggio volgare in alcuni punti.
Words: 2.324
Summary: Mickey ed Ian sono al Kash & Grab e ben presto il rinvangare il passato fra gli scaffali del piccolo supermercato si trasforma in qualcosa di più.
Note: Essendo una raccolta di one-shot, ogni capitolo può essere letto come una storia a sé. Tutti i racconti sono ambientati in un futuro post-quarta stagione, ma non vi saranno spoiler rilevanti.
Per ulteriori informazioni, controllare le note dell’autrice alla fine del capitolo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IV. Shopping.
 
 
 
La quarta volta che accade sono al Kash & Grab ma per una volta non nei panni di cassiere e addetto alla sicurezza ma di clienti frettolosi alle prese con le compere dell’ultimo minuto in un assolato sabato pomeriggio d’estate. Mickey sorride fra sé e sé mentre si aggira fra gli scaffali del piccolo negozio e, un cestello azzurro di plastica in mano, riflette su quante cose siano cambiate da quando quasi cinque anni prima era entrato da quella stessa porta armato soltanto della sua furia omicida e urlando il nome di Ian, con i suoi fratelli che gli trotterellavano dietro ansiosi quando lui di vendicare il figlio di puttana che aveva avuto il fottuto coraggio di assalire la loro sorellina.
 
“Hai dato un’occhiata al reparto snack? Non sapevo che fossero disponibili anche le Pringles gusto classico, non le ho mai viste prima.”
 
Il sussurro di Ian si infrange direttamente contro il collo di Mickey, facendo rabbrividire il moro e strappandolo dai suoi ricordi.
Mickey riesce a malapena a trattenere un ruggito divertito. Merda, per uno che lavorava lì da un bel po’ Ian probabilmente non aveva ancora memorizzato la metà dell’inventario.
 
“Amico, forse perché eri troppo impegnato a trascinarmi sul retro per scoparmi. Sono sempre state lì”, gli ribatte.
 
Ian inarca le sopracciglia in un moto di sorpresa, confuso.
“Dici davvero?”
“Sicuro come l’oro, amico!”, gli assicura allegramente Mickey. “Avrò derubato questo fottuto negozio qualcosa come un miliardo di volte all’epoca in cui scopavi con quel vecchio terrorista del tuo ragazzo ed erano sempre lì.”
Le parole restano sospese nell’aria per un secondo prima che Mickey inizi inconsciamente a stringere il manico di plastica del suo cestello per la spesa.
Quella testa di cazzo. Cristo avrebbe fatto meglio a starsene a Kabul, in Afghanistan o ovunque si fosse rifugiato per il resto dei suoi giorni se ci teneva alla sua vita. Gli avrebbe spezzato le ossa se fosse ricomparso da quelle parti e avesse riprovato ad avvicinarsi ad Ian.
Poche cose gli fanno girare le palle come ricordare che Ian ha avuto altre relazioni prima di lui. Cristo se non è fottutamente geloso del fatto che Ian abbia scopato altra gente prima di lui, delle altre mani che lo hanno toccato, di quelle altre sporche labbra che lo hanno baciato e merda, di quei figli di puttana che avevano avuto le palle di marchiare Ian come se fosse stato il loro fottutissimo cagnol...
 
“Mick, Kash non era il mio ragazzo e lo sai.”
 
Quello di Ian non è più di un sussurro che rotola in uno sbuffo freddo sulla sua nuca. Mickey inspira bruscamente e ficca nel cestello un pacco di farina, così Debbie l’avrebbe piantata una volta per tutte di lamentarsi e avrebbe potuto preparare una fottuta torta per quella sera una volta arrivati a casa. Le sue nocche sono diventate quasi bianche nello sforzo di stringere il manico del cestello e i tatuaggi incisi sulla pelle spiccano ancora di più, in netto contrasto con la pelle bianchissima e tesa.
Asserisce distrattamente mentre si avvia al reparto surgelati; non era rimasta una sola confezione di pizza congelata in casa Gallagher. Dannati marmocchi, sarebbero stati capaci di vivere anche solo di quella per una vita intera.
 
“Mick, non fare lo stronzo. Fa parte del passato, era solo sesso e appena se n’è presentata l’occasione ho chiuso.”
 
Mickey si rende conto che in realtà non ha fatto un passo ed è ancora immobile al centro della corsia, bloccato fra lo scaffale straripante di merendine ed Ian, in piedi alle sue spalle e con quel fottuto cestello ancora ridicolmente fra le mani.
“Mickey, andiamo...”
“Non me ne frega un cazzo Ian, ok?”, sbotta infine senza neppure guardarlo negli occhi. È convinto che se lo farà non sarà il suo viso a vedere riflesso in quei profondi occhi verdi ma quello di Kash, Ned o del figlio di puttana che una vita prima aveva provato ad infilare una banconota da venti dollari nei suoi slip e a cui aveva minacciato di rompere le nocche se avesse sfiorato di nuovo quella testa rossa danzante. Mickey afferra una confezione di ciambelle dallo scaffale di fronte e ne fissare la data di scadenza senza tuttavia vederla veramente, consapevole soltanto della rabbia che scorre come sangue nelle sue vene e di Ian al suo fianco.
E quel dannato cazzone cosa fa? Gli piazza una mano sulla spalla e gli mormora all’orecchio: “Tu sei il mio ragazzo, l’unico che abbia mai avuto e che voglia avere. Con gli altri era solo sesso Mick, lo s...”
 
Tu sei il mio ragazzo, tu sei il mio ragazzo, tu sei il mio ragazzo.
 
Una frase che inizia subito a ripetersi nel suo cervello come una fottuta cantilena, la più bella del mondo probabilmente.
Mickey non lo lascia neppure finire, non si accerta nemmeno che siano soli nel reparto (perché al momento potrebbe esserci anche il fottuto presidente in persona per quanto gli riguarda) e si avventa sulle labbra di Ian come una furia, mordendole e approfittando della sorpresa di quella dannata testa rossa per infilargli la lingua in bocca e posargli una mano sulla nuca per attirarlo ancora di più a sé in un bacio violento con cui Mickey tenta di trasmettere silenziosamente ad Ian ciò che prova.
Avrebbe spezzato le ossa di chiunque avesse provato anche soltanto ad avvicinarsi ad Ian. Quella fottuta testa rossa era solo sua.
E proprio quando Ian inizia a rilassarsi e a ricambiare il bacio Mickey riacquista quel briciolo di autocontrollo che gli è rimasto e si allontana, sfiorando un’ultima volta i capelli di Ian alla base del cranio e con adesso tutti i sensi all’erta e gli occhi che passano in rassegna ogni angolo di quel fottuto negozio in cerca di qualche cazzone che possa averli visti.
Cristo santo, cosa diavolo gli è preso? Sono al Kash & Grab porca puttana e in pieno giorno e d’accordo, forse si era lasciato trasportare ma non era certo una giustificazione accettabile per agire in quel modo. Merda, e pensare che dei due era lui quello più ragionevole e freddo, come cazzo gli è saltato in mente? Mickey si guarda freneticamente intorno e tira un sospiro di sollievo soltanto quando si accerta che nessuno li ha visti. Okay, adesso tutti sanno che preferisce succhiare cazzi piuttosto che pagare una puttana grazie al suo esplosivo coming-out di qualche mese prima ma non è ancora del tutto a suo agio con il tenere per mano Ian in giro o stronzate varie, aveva i suoi tempi cazzo.
E Ian come sempre sembra capire.
Gli si avvicina con cautela, come se fosse una fottuta bomba pronta a saltare in aria, posa entrambe le mani sulle sue spalle e preme le loro fronti insieme.
 
“Va tutto bene Mickey, ci siamo solo io e te. Solo noi”, gli mormora.
 
Il sospiro di Mickey rotola direttamente sul labbro inferiore di Ian e il giovane si arrischia a sollevare lo sguardo per incontrare quei profondi occhi verdi. Cristo, qual era il problema di quel cazzone adesso? Perché cazzo lo sta guardando come se fosse un malato?
Ma certo.
Ian era uno con le palle, non aveva certo paura di baciarlo o fare cazzate del genere in pubblico. E lui invece era il solito coglione che aveva paura della sua stessa ombra. Il pericoloso Mickey Milkovich che era terrorizzato dall’idea di dimostrare quanto tenesse ad Ian Gallagher.
 
Patetico. Idiota. Fanculo.
 
Non si è accorto delle dita del Rosso che gli massaggiano gentilmente lo scalpo con movimenti lenti e circolari, rilassanti, mentre continua a ripetergli che va tutto bene, sono soli.
“Ti ho sentito, cazzo!”, sbotta infine Mickey, stanco, allontanandosi da Ian prima di realizzare una cosa: non c’è più alcun fottuto motivo per cui debba aver paura di essere visto. A questo era servito il suo coming-out, a mettere le cose in chiaro e annunciare a tutti che quel matrimonio non era che una fottuta bugia, l’ennesima sì, ma anche l’ultima. Si sente appena più leggero mentre realizza questo. È libero. Terry lo aveva pestato a sangue una volta, ma adesso non può più toccarlo.
Niente più segreti o paure.
Mickey si riavvicina ad Ian con passo deciso leccandosi il labbro inferiore, una scintilla di eccitazione e divertimento che adesso brilla nei suoi occhi di ghiaccio.
 
“Non abbiamo mai provato a scopare contro il frigorifero”, annuncia di punto in bianco.
 
E se fino ad un attimo prima negli occhi del Rosso balenava una vaga scintilla di disappunto adesso tutto quello che Mickey riesce a leggervi è la confusione.
“Noi... cosa?”, balbetta, evidentemente sicuro di aver frainteso.
E Mickey sorride perché sì, lo ha decisamente colto di sorpresa; si darebbe una pacca sulla spalla da solo per congratularsi dell’ottimo lavoro se potesse.
 
“Sì, voglio dire, abbiamo sempre sfruttato la stanza sul retro, perché cazzo non abbiamo mai pensato di farlo contro il frigorifero?”
 
La confusione negli occhi di Ian aumenta ancor di più se possibile.
“Mi prendi in giro, pezzo di merda? Perché il punto era proprio quello di non farmi beccare con il cazzo su per il tuo bel culo amico, e questo non ha comunque impedito a Frank di scoprirci. Te lo ricordi o hai bisogno di una rinfrescata?”, ringhia e Mickey si sente ribollire di rabbia al ricordo del figlio di puttana ubriacone che aveva scoperto il loro piccolo segreto ma che non aveva potuto uccidere come avrebbe voluto perché cazzo, quello era il padre di Ian. Un pezzo di merda, certo, tossicodipendente e alcolizzato ma era l’unico padre che avesse e non aveva potuto fargli questo. Aveva scelto la prigione per calmare i nervi e sperare che i suoi sentimenti svanissero per venire nuovamente rimpiazzati dall’arroganza e l’apatia che avevano dominato in lui fino a pochi mesi prima. Era stato completamente inutile.
Ma le cose erano cambiate da allora.
“Erano altri tempi, Gallagher”, si limita a minimizzare Mickey con un’alzata di spalle, “cos’è, adesso che tutti sanno che sei frocio hai paura del gioco duro?”
E Mickey con un ghigno può vedere che ha usato le parole giuste perché un attimo dopo Ian, seppur con un briciolo di incertezza posa le labbra sulle sue, ancora stirate in uno stupido ghigno.
E finalmente Mickey lascia cadere a terra quel fottuto cestello, fanculo merendine e farina e la scatola di cereali che si rovesciano sul pavimento, avrebbero raccolto tutto dopo. Al momento hanno cose fottutamente più urgenti da fare, si ritrova a pensare Mickey mentre indietreggia fino a ritrovarsi con le spalle contro il portello del frigorifero, il respiro già corto per l’eccitazione.
E Ian, da adorabile cazzone qual è, si ferma un secondo prima che le loro labbra si sfiorino nuovamente, lo guarda un’ultima volta come per chiedergli se sia proprio sicuro e Cristo, Mickey non è mai stato più sicuro di qualcosa in tutta la sua miserabile fottuta vita. È lui ad unire con violenza e passione le loro bocche mentre automaticamente le sue mani scivolano intorno alla vita del Rosso, posandosi sui suoi fianchi per premerlo contro di sé, facendo sfregare le loro erezioni.
Sorpreso e deliziato come sempre dalla vicinanza del Rosso Mickey si lascia sfuggire un gemito che si perde nella bocca di Ian e di cui il fottuto bastardo approfitta. Sollevare il maglione di Mickey e lasciar scivolare la mano nei suoi boxer è un attimo: il tempo di un respiro e le dita di Ian bruciano contro la sua pelle e Cristo, Mickey sente di avere il corpo in fiamme mentre la sua mano si arrampica su per il collo di Ian, posandosi sulla sua nuca e attirandolo ancora di più a sé e “Oh cazzo”, geme quando le dita di Ian gli accarezzano i testicoli, “Oh cazzo”, mugola di nuovo quando le labbra di Ian si posano sul suo collo e il Rosso vi lascia un succhiotto, marchiandolo come suo, pensa distrattamente Mickey con un brivido di eccitazione e “Oh cazzo”, urla quando...
 
Ma stavolta non era stato Mickey a parlare.
 
Una mano sulla bocca e occhi sgranati Linda era alle spalle di Ian, stupita e inorridita dalla scena che le si para di fronte. Per un attimo è come se il tempo si sia fermato: le mani di Ian restano immobili nei boxer di Mickey, che dal canto suo ha la testa appena inclinata di lato per vedere chi cazzo li abbia interrotti. La bocca di Linda è spalancata in una O di stupore mentre fissa i due giovani, l’uno con la schiena contro il portello del frigorifero, gambe divaricate e labbra arrossate e gonfie di baci, l’altro con una mano nei suoi boxer e l’altra sul suo collo, i capelli arruffati.
 
E poi il mondo riprende a girare.
 
Linda urla come probabilmente non ha mai urlato in vita sua.
 
“Ringraziate il cielo che siete gli unici clienti! Oh, lunedì faremo i conti!”, sbraita mentre Mickey si tira su i pantaloni in tutta fretta e Ian si sistema il colletto del maglione ridotto a semplice tessuto spiegazzato dalle mani di Mickey.
 
“Ma cosa diavolo vi è saltato in testa? Nel mio negozio? In pieno giorno? Fuori, fuori di qui prima che vi licenzi entrambi o vi denunci!”, continua Linda, sempre più sconvolta e furiosa. Non hanno bisogno di farselo ripetere. Mickey si allunga per afferrare qualcosa dallo scaffale accanto a lui prima di seguire l’esempio di Ian e scavalcare cestello e prodotti ancora sul pavimento – povera Debbie, niente torta neppure per quella sera – e precipitarsi verso l’uscita. Ha il tempo di afferrare un’ultima cosa dallo scaffale accanto al bancone prima che le strilla di Linda vengano bloccate dalla porta del negozio che si richiude alle loro spalle.
Non si fermano, continuano a correre per i vicoli di Canaryville ridendo come due ragazzini e con l’adrenalina che scorre nelle loro vene come sangue.
Fra le mani, Mickey regge un tubo di Pringles al barbecue e una barretta al cioccolato.
 
Proprio come ai vecchi tempi. Perché certe cose non cambiano mai.

 
 

 


 
 
 
N. d. A.
 
Hey there, Geggy è qui come sempre per le note di fine capitolo.
Che dire? Questo è la mia piccola perla, il mio episodio-gioiello al quale ho lavorato mettendoci tutta me stessa nonché il mio preferito e spero davvero tanto che piaccia almeno la metà di quanto piaccia a me
Oh e questa volta ho una piccola richiesta per tutti voi che seguite i miei scarabocchi: vorrei tanto che lasciaste una recensione per questo capitolo in particolare. Credetemi, è davvero tanto importante per me sapere cosa ne pensate.
Grazie come sempre ad Elena per avermi fatto da beta e alla prossima settimana per il quinto (ed ultimo) capitolo!
  
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