Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Alexys_Tenshi    17/08/2014    1 recensioni
Killu sbuffa, non ha per niente voglia di perdere tempo. Bussa tre volte, poi porta le braccia al petto mentre aspetta. La luce esterna si accende e poco dopo la porta si apre. Tutto diventa confuso.
Gli occhi scuri, i capelli neri, le dita sottili. Forse ha visto un mezzo sorriso che cerca di uscire dalle sue labbra. Forse no. La felpa che indossa, Killu vorrebbe rubargliela.
Restano fermi, senza parlare. Pako si schiarisce la gola. A quel suono Killu sussulta, come risvegliatasi all’ improvviso. Probabilmente il ragazzo ha visto come le pupille dei suoi occhi si siano leggermente allargate. Lei muove un passo dentro casa e va dritta nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Killu e Pako'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sono tornata su questa serie. Principalmente perché ho cominciato a scrivere questa OS in un periodo dove non andavano molto bene le cose. Voglio solo dire che non è nulla di particolare, non so neanche se mettere "Romantico" tra le varie opzioni.
Prendetela come una specie di Sequel delle altre OS della serie, anche se molto AU.
Il titolo è preso dall'omonima canzone dei Bastille, che mi ha fatto da colonna sonora per la fiction.

Buona lettura, Killuale
 
Things we lost in the fire
 
“Non puoi cambiarmi e poi andartene via.”
-Cercando Alaska
 
Le pagine del libro sono mosse dal vento, facendole perdere il segno.

Killu cerca di riprendere la pagina giusta velocemente, prima che un’altra folata di vento sposti tutto di nuovo. I suoi capelli ricci vanno in tutte le direzioni, e ogni tanto porta dietro l’orecchio destro il suo ciuffo ribelle.

Il rumore del mare si fa sempre più forte. Le onde s’infrangono sulla riva, a dieci metri dalla ragazza. Comincia a fare buio e il sole è rosso cupo all’orizzonte. Killu chiude il libro, memorizzando l’ultima pagina che stava leggendo. Si alza lentamente, mentre cerca di togliere la sabbia dai suoi jeans rotti e rattoppati. Posa il libro nella borsa a tracolla arancione e osserva il mare.

Inspira profondamente, con un sorriso abbozzato sul viso. L’odore del mare è pungente. Vorrebbe davvero buttarsi in acqua, peccato che non abbia portato un telo con sé. Lei ama fare il bagno di sera. La maggior parte delle volte non c’è mai nessuno e il paesaggio è sempre uno spettacolo.

Alla fine si gira, camminando verso la pineta dietro la spiaggia. Lo sguardo è rivolto verso la sabbia chiara, la mente persa chissà dove. Un’altra giornata è passata, finalmente.

Quando arriva alla pineta alza lo sguardo verso il cielo. Le prime stelle cominciano a spuntare, e la luna, quasi a metà, si confonde tra gli alberi. Lungo il tragitto incontra una coppia di vecchietti che camminano verso il bocciodromo, una ragazza della sua età che porta a spasso il cane e una madre con la figlia. Pensa di fermarsi a comprare della cioccolata ma rinuncia subito dopo.

Apre il cancelletto verniciato di verde, percorre il breve tratto di strada comune ed entra nel piccolo giardino avanti la casa. Gli scalini bianchi sono dieci, lei li sale a due a due. Le chiavi di casa sono seppellite nella borsa, sotto il libro, l’ombrello, le cuffie, il portafogli mezzo rotto e dei vecchi biglietti dell’autobus.

Killu sbuffa, non ha per niente voglia di perdere tempo. Bussa tre volte, poi porta le braccia al petto mentre aspetta. La luce esterna si accende e poco dopo la porta si apre. Tutto diventa confuso.

Gli occhi scuri, i capelli neri, le dita sottili. Forse ha visto un mezzo sorriso che cerca di uscire dalle sue labbra. Forse no. La felpa che indossa, Killu vorrebbe rubargliela.

Restano fermi, senza parlare. Pako si schiarisce la gola. A quel suono Killu sussulta, come risvegliatasi all’improvviso. Probabilmente il ragazzo ha visto come le pupille dei suoi occhi si siano leggermente allargate. Lei muove un passo dentro casa e va dritta nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Esce solo quando la cena è pronta. In realtà Killu trova due cartoni della pizza sul tavolo e due porzioni di patatine fritte. Si siede al suo posto preferito, accanto alla finestra, poi apre il cartone e comincia a mangiare in silenzio. Il ragazzo si siede di fronte. Il silenzio è troppo pesante, eppure non una parola esce dalle loro bocche. Ci sono solo occhiate sfuggenti, che vorrebbero dar voce a tutto.

Pako si alza da tavola per prendere qualcosa da bere. Killu lo segue con la coda dell’occhio, intanto cerca di aprire la bustina di maionese. Dopo quattro tentativi finalmente ci riesce. Una bottiglia viene poggiata sul tavolo e la ragazza prova invano a fermare la luce che si accende all’improvviso nei suoi occhi.

Quel ragazzo è tremendamente odioso, perché conosce quello che lei ama di più.

Riesce a prendere la bottiglia di the prima di lui, versando il liquido fino all’orlo del bicchiere. Sorride finalmente. Beve soddisfatta metà del contenuto e per tre secondi si tranquillizza.

“Tutti avrebbero fatto una faccia disgustata. Il the con la pizza piccante non è il massimo” parla per la prima volta il ragazzo passandosi una mano sul viso.

“Sai quanto m’interessa degli altri” risponde lei alzando le spalle.

Altri minuti in silenzio. Sembrano estendersi all’infinito.

“Domani torni a guardare il mare?” chiede alla fine Pako mentre butta il cartone ormai vuoto.

“Sì. Vorrei provare ad entrare in acqua, ma adesso è ancora fredda” ammette Killu con una nota di amarezza. Infondo è ancora Aprile.

“Vengo anch’io” dice semplicemente.

Killu lo osserva mentre prende il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Preme il polpastrello del pollice sullo schermo ed esce, sul balconcino, a parlare con la madre. Lo guarda mentre si passa distrattamente una mano tra i capelli corti e gesticola, guardando il cielo pieno di stelle. Sorride, si gratta una guancia, ascolta sua madre per le solite raccomandazioni. S’incrociano con lo sguardo.

Un secondo. Basta per perdersi, per cadere nel vuoto.

Killu trattiene il respiro. Pako si volta dall’altra parte.

L’unica cosa che lei vorrebbe fare è abbracciarlo. Sì, come quegli abbracci che si scambiavano tanto tempo prima. Quando tutto era tutto perfetto. Vorrebbe avvicinarsi silenziosamente, poggiare la testa sulla sua spalla e cingergli la vita con le sue braccia sottili. Fargli capire che lei è ancora lì, nonostante tutto e tutti.

Eppure non lo fa. Non può essere così avventata, rischiare di nuovo tutto per un gesto così improvviso. Non può sentire di nuovo il mondo crollare. Non vuole ripetere tutto, come nei suoi sogni non vuole sentirsi respinta, con il ragazzo che prova ad allontanarsi, che la spinge via. Ha troppa paura. Paura di tutto, ormai.

Decide di tornare nella sua stanza e provare a dormire. Anche se sarà difficile. Si chiude la porta alle spalle e si butta sul letto. Cerca di prendere le cuffie posate sul piccolo comodino bianco, per poi sentire la musica dal suo cellulare. Chiude gli occhi e si abbandona alle note. Prova a pensare solo ad una cosa “Il nero”. Solo così la sua mente non comincia a vagare tra i ricordi, i rimpianti, gli sbagli, i sentimenti.

Pako chiude la chiamata e sospira. Posa il cellulare nella tasca destra dei jeans e fa’ per tornare in casa. Nota subito l’assenza della ragazza. Sospira rumorosamente e scuote la testa, come a togliersi dalla mente un pensiero sbagliato. Fuori comincia lentamente a piovere. Pako chiude le porte del balcone e spegne la luce. Passa avanti la porta della ragazza ma non si ferma. Ha solo esitato per mezzo secondo, ma la cosa non è importante. Si chiede ancora perché abbia accettato di passare quei giorni nella casa al mare.
 

Viene svegliata da un rumore assordante. Si mette subito seduta sul letto, cosa che le provoca un giramento di testa. Il rumore sembra non finire. Si gira intorno, ma la stanza vuota non le dice nulla. Poggia i piedi scalzi sul pavimento ed esce dalla sua camera per capire cosa succede. Lo trova seduto al tavolino sul balcone, mentre mangia i cereali dalla ciotola e con il cucchiaio suona una batteria immaginaria. Il tutto accompagnato dalla musica del telefono, al massimo. I Metallica, come risveglio non è il massimo.

“Spegnilo adesso oppure lo butto giù dal balcone!” dice mentre gli schiaffeggia un braccio e sorride. Per qualche secondo sembra che tutto sia tornato alla normalità. Il ragazzo naturalmente non le da ascolto, continuando a canticchiare il brano.

Fanno colazione in pigiama, con le canzoni che riempiono l’aria e che portano ricordi.

Anche oggi la spiaggia è quasi vuota. I due notano solo un gruppetto di studenti che hanno marinato la scuola e qualche corridore incallito. Il sole sparisce ogni tanto dietro una nuvola, in quei momenti fa più freddo. Killu avanza verso il bagnasciuga, lasciando tra lei e il mare quindici metri. Stende il telo e ci si butta sopra prima che possa volare. Riprende subito il libro che stava leggendo la sera prima e sfoglia distrattamente le pagine.

Pako sistema tranquillamente il suo telo a qualche metro da lei, sedendosi ad osservare il mare. Dopo qualche minuto comincia a cantare una canzone, facendo girare Killu nella sua direzione. Lei lo guarda, un mezzo sorriso che spunta e i capelli che ricadono sul viso. È strano passare tutto questo tempo con lui, di nuovo. Sentire la sua voce la tranquillizza, come quando gli chiese di chiamarla, anche se era uscito con i suoi amici, solo per dirle se le voleva bene. E lui lo fece.

“Ti ricordi quando sei venuto da me e stavamo passeggiando accanto al cinema? All’improvviso ti sei messo a cantare” comincia lei mentre fissa il mare, per non guardarlo negli occhi.

Non lo sente più, forse la sta guardando davvero. Lei continua a parlare senza aspettare una risposta. “Quella volta ti dissi che non ti avrei sopportato se avessi continuato a farlo ogni volta. Mi sbagliavo” si morde il labbro inferiore e si sistema i capelli in un gesto automatico.

“Perché sono bravissimo a cantare, ammettiamolo” ride lui, rigirandosi uno dei suoi anelli.

“Certo, credici pure”, Killu si sdraia prona, stavolta guardandolo. “È strano. Non avevi detto che non volevi parlarmi più?” chiede alzando un sopracciglio.

“Sì. Infatti non voglio farlo”. Anche Pako si gira a guardarla, diventando serio.

“Stai continuando a parlarmi” il sole scompare per sette secondi. Riesce a vedere i suoi occhi che si sgranano, prima di voltarsi dal lato opposto.

Il vento comincia ad alzarsi di nuovo. I due sperano che non venga a piovere, o dovranno sbrigarsi a tornare a casa. Killu ha quasi terminato di leggere il libro e sta già pensando a quale comprare. Si aggiusta meglio la maglia blu elettrico e scuote i capelli con forza. Pako prende la sabbia chiara tra le mani e la fa ricadere lentamente. È diventato pensieroso, e ogni tanto lancia uno sguardo in direzione della ragazza.

“Credo che questo libro ti piaccia. È molto introspettivo”. Lei prende dalla borsa uno dei tanti biglietti usati e lo appoggia in mezzo alla pagina prima di chiudere il libro. Dopo aver passato ancora una volta una mano tra i capelli, Pako si gira in posizione prona ed allunga il collo verso il libro.

“Quando lo avrai finito me lo passi” risponde portandosi una mano alle labbra.

La ragazza si alza di scatto, abbozzando un sorriso e guardandolo finalmente negli occhi.

“Volevo dirti solo che mi sono comportata male con te. Ho accettato dopo mesi che la colpa è stata mia” comincia a parlare con estrema lentezza. A quelle parole nota che il ragazzo si è irrigidito, infatti porta il braccio ad attorcigliare il bordo della maglia nera. “Se potessi tornare indietro cambierei le cose”.

Un gruppo di ragazzi passa a pochi metri da loro, schiamazzando e rincorrendosi.

“Non si possono cambiare le cose, ormai”. La sua voce è bassa e un po’ rude. “Non posso cambiare quello che provavo per te…” a quelle parole Killu abbassa la testa, fissando i suoi piedi. “Non puoi fare nulla”.

“Ricominciamo tutto dall’inizio” dice camminando carponi verso di lui. Gli si siede di fronte, con le ginocchia che si sfiorano, e allungando la mano dice “Ciao, io mi chiamo Killu”.

Pako osserva con un sopracciglio alzato la mano piccola e bianca. Si morde il labbro inferiore, portandosi due dita a toccarsi la fronte. Killu aspetta in silenzio, lasciandolo pensare.

“Io sono Pako, piacere mio” sussurra allungando la mano e stringendo leggermente quella della ragazza.

Killu stringe maggiormente la presa, sorridendo e sentendo il cuore alleggerirsi.

“Me ne pentirò, me lo sento” ammette il ragazzo scuotendo la testa.

Killu alza le spalle per un secondo, mangiucchiando un’unghia. “Ormai è fatta” esordisce.

Passano tutta la mattinata sulla spiaggia, poi tornano a casa per il pranzo. Durante il tragitto la maglia di Killu s’impiglia vicino una rete, strappandosi e provocando risate da parte di Pako ed imprecazioni da parte della ragazza.
 

Pako torna dal piccolo supermercato con due buste piene di roba. Poggia tutto sul tavolo e solo dopo essersi tolto la giacca di jeans si accorge che la casa è troppo silenziosa. Alza le spalle e comincia a posare la pasta nella parte alta del mobile e lo zucchero accanto alla scatola di biscotti al cioccolato. Sta per mettere in frigo l’acqua, quando nota un post-it arancione attaccato sopra. Apre il frigo, posa due bottiglie e poi richiudendolo stacca il post-it. Riconosce subito la calligrafia piccola e disordinata della riccia.

“Sono andata a pattinare. A cena cucino io? Se vuoi mi trovi lì.” Non poteva esserci messaggio peggiore, pensa Pako mentre accartoccia il foglietto e si rimette la giacca prima di uscire di nuovo.

La trova che sta facendo un giro nella pista circolare. È così piccola, pensa mentre si siede sul gradino vicino al bordo della pista. Gira in circolo, cercando di non cadere se perde l’equilibrio ed ogni tanto prova ad accelerare. Ha lo sguardo fisso avanti a sé, ma non vede nulla se non una linea immaginaria. Prova a fare almeno un mezzo giro, poco entusiasmante prima di fermarsi. Mette le mani sui fianchi e si aggiusta la maglietta nera. Si sente osservata, così si volta verso lui, sorridendogli.

Dopo aver posato controvoglia i pattini nel magazzino della pista, tornano a casa. Killu che cammina male, ed ogni tanto cerca di scivolare sull’asfalto, e Pako che canta canzoni metal andando a ritmo con la testa. Per cena la ragazza mostra il suo talento con l’unica pietanza decente che sa cucinare: la carbonara.

“Tanto per tenerci leggeri Pako” annuncia mentre mette il piatto di fronte al ragazzo.

“Guarda che mica sono come te che non ingrassi mai” risponde cominciando a mangiare.

La serata va meglio della precedente. Killu chiede minimo otto volte se la pasta sia davvero buona. Alla fine Pako si esaspera e gli fa notare che il suo piatto è vuoto e qualcosa deve pur significare.

Provano ad accendere la televisione, con scarsi risultati. Dopo venti minuti ci rinunciano, imprecando contro “il coccio inutile e quadrato che non è altro”. Decidono di mangiare patatine e cioccolata bevendo the sul balconcino. Naturalmente il tutto accompagnato dalla playlist che Pako ha diligentemente creato sul suo cellulare.
 
 
Apre piano la porta. La luce è assente nella casa, così cerca di arrivare il più in fretta possibile alla stanza da letto del ragazzo. Spinge la porta, ricordando bene che non viene mai chiusa, e fa sbucare la testa per vedere l’interno. Anche nell’ ombra Killu riesce a raggiungere il lato del letto. Si ferma lì, con i piedi scalzi che si raffreddano sempre più, ed aspetta. Trascorrono due minuti da quando è entrata, e solo in quel momento Pako si gira ed apre un occhio. Poi riesce a stento a trattenere un urlo poco mascolino e si alza di scatto.

“Vuoi farmi prendere un infarto?” dice mentre si passa una mano sul volto per calmarsi.

Killu abbassa la testa e i ricci ricadono sugli occhi. Sposta il peso da un piede all’altro e si gratta il braccio sinistro. Dopo che il suo battito è tornato regolare, Pako guarda svogliatamente l’ora sulla sveglia.

“Sono le due e mezza di notte, Killu”. Sospira sconfortato. Guarda per due secondi la finestra, per poi spostarsi più verso il muro, facendo segno alla ragazza di poter entrare nel letto. “Basta che non cominci a scalciare” sussurra quando lei si porta le coperte a coprirla fino al collo. Annuisce, anche se lui non la vede.

Hanno sempre fatto così. Quando lei aveva qualche incubo e non riusciva più a dormire da sola andava sempre da lui. Era diventata un’azione automatica. La soluzione per tranquillizzarla era lui. Per stare bene aveva bisogno di lui. Ogni tanto gli chiedeva se questa cosa gli pesasse troppo, ma lui scuoteva la testa e le sorrideva.

Naturalmente Killu non riesce mai a trovare una posizione comoda per dormire. In più ha paura di chiudere gli occhi, per non rivedere più tutte quelle immagini spaventose e rosse apparire ancora una volta. Resta tesa, con lo sguardo che sfreccia in ogni punto della stanza. Cerca di mantenere un respiro normale e di non muoversi troppo. Sente già i primi segni di emicrania riaffiorare.

Sono le tre ed ancora non ne vuole sapere di dormire. Sussulta quando sente una mano stringerle il braccio.

“Ancora non dormi?” la sua voce è bassa ed impastata dal sonno.

“No. Scusa se ti ho svegliato” borbotta girandosi. “Mi dispiace per averti… preso in giro?”.

“Ne abbiamo già discusso. È andata così, non posso farci nulla. Dormiamo”.

Pako si gira, dando la schiena a Killu. Quest’ultima si morde il labbro inferiore prima di chiudere un occhio. Le braccia si muovono piano, e tremanti circondano la vita del ragazzo.  Sente il corpo caldo sotto la stoffa del pigiama scuro. Stringe leggermente e poggia la fronte sulla sua schiena.

“Ti voglio ancora bene… Dopo tutto questo tempo” sussurra.

“Sì, lo so” mormora lui prima di chiudere gli occhi.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Alexys_Tenshi