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Autore: Musicsflow    17/08/2014    1 recensioni
Pochi parlano degli amori che sono mancati per un soffio. Perchè certe volte due pezzi di ferro si fondono insieme anche se sono destinati a dividersi. Ma in entrambi rimarrà sempre la traccia di quel legame. Perchè non si dimentica chi ti ha sentito mentre urlavi in silenzio.
-Ispirato alla canzone "Urlo e non mi senti"-
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Urlavo e mi hai sentito





 
 
Tornerò, tornerò meno fragile.
Resterò alla finestra, mentre un altro giorno passa in fretta.






La luce filtrava attraverso le tende, proiettando immagini sul vasto muro che ospitava il lato destro del letto matrimoniale.  Le lenzuola erano attorcigliate attorno a un paio di gambe, senza il minimo ordine, mentre il cuscino giaceva a un angolo del letto, la fodera stretta tra due dita. Kate aprì gli occhi e si stiracchiò, cercando di liberarsi dall’intorpidimento mattutino. Quando fu abbastanza sicura di riuscire a leggere ciò che vi era scritto, prese in mano il cellulare collegato al caricabatteria sul comodino. Dopo un breve trauma causato dall’improvvisa luce, fu in grado di dare una localizzazione temporale a quella mattina.

Mercoledì 30 aprile, ore 8 in punto.

Mugugnò qualcosa e tornò ad intrecciarsi sotto le coperte, cercando di riprendere sonno. Quel mercoledì il suo turno lavorativo iniziava dopo pranzo, a differenza della maggior parte dei giorni in cui doveva essere in piedi alle 6 di mattina. Ma se c’era una cosa che a Kate non riusciva, era proprio riaddormentarsi dopo aver visto che la camera era già illuminata dalla luce del sole. Dopo diversi tentativi di riuscire ad appisolarsi, si girò di schiena, sbuffando leggermente irritata con se stessa.
Quando era piccola, osservava le ombre e i giochi di luce sulle pareti della sua vecchia camera, e vedeva mondi che solo lei riusciva a creare. Ogni sagoma era un nuovo ritratto nella sua mente, ogni movimento era una nuova storia. Costruiva degli universi paralleli così pieni di particolari che alla fine la aiutavano a riaddormentarsi. Ma era da tempo che la fantasia di Kate era stata messa a dura prova dalla crescita e dalla realtà di tutti i giorni, quindi abbandonò l’idea di prolungare il suo riposo e cominciò a districarsi dal groviglio di coperte in cui si trovava tutte le mattine.

Non era esattamente il tipo di persona che aveva il sonno tranquillo, né il tipo di persona che si curerebbe di rincalzare le coperte la mattina. Tirò su alla bell’e meglio le lenzuola, rimise a posto il cuscino e cercò con i piedi nudi le infradito sul pavimento di parquet. Non si può dire che vivesse in una casa grande, anzi, ma il luogo era accogliente, seppur leggermente caotico. Profumava di casa. Entrata nella piccola cucina, mise a scaldare dell’acqua in cui aveva inzuppato un filtro di thè e si spostò vicino al tavolo ad aspettare che fosse pronto. Prese uno dei tanti giornali che erano sparsi sul bancone e cominciò a sfogliarlo.

I sospetti che le erano balzati in mente quando aveva comprato la rivista si rivelarono fondati. Non si dovrebbe giudicare un giornale dalla prima pagina, così come un libro dalla copertina, ma mentre lo acquistava, ebbe la netta sensazione che si sarebbe trattato del solito settimanale che trovi sulla poltrona del parrucchiere quando ti mette in attesa. Le solite argomentazioni banali, le solite rubriche in cui la maggior parte delle lettere pubblicate non erano neanche vere, i soliti “scoop” che di inaspettato non avevano proprio niente, le solite domande stupide, le solite risposte banali. Chiuse il giornale, chiedendosi come facevano a sopravvivere così tante case editrici, dato che pubblicavano tutte la stessa identica roba. Davvero la gente spendeva soldi per leggere cose uguali? Era solo lei che cercava qualcosa di diverso, un po’ di originalità, che provava veramente a scoprire qualcosa di nuovo?

Il profumo di thè la distolse dai suoi pensieri. Sorrise a se stessa mentre sorseggiava il liquido fumante, ricordando quando le chiedevano come facesse a bere thè di prima mattina. E, tutte le volte, lei doveva spiegare che in realtà il thè è un eccitante, al contrario di quanto si pensa, e che la svegliava molto più di un caffè. Da quando si era trasferita in un altro stato, questo problema non esisteva più, in quanto la cultura del caffè non era radicata come in Italia, probabilmente a causa della varietà di persone che si trovavano lì. Era un incrocio economico, turistico e culturale. Non c’era da meravigliarsi se non esistevano grandi forme di razzismo da quelle parti, le avevano viste di cotte e di crude.

Finito di bere, Kate notò che Wolfie, il cane che aveva adottato da poco più di un anno, faceva avanti e indietro davanti alla porta di casa, scuotendo la coda velocemente e mugolando.
Posò il bicchiere nel lavandino, dopodichè si avvicinò e gli schioccò un bacio sul capo.
-Aspetta dieci minuti Wolfie!- gli disse mentre si avviava verso il bagno, dopo aver preso i vestiti dall’armadio. Avrebbe sfruttato l’occasione per passeggiare nel parco e fare colazione al bar vicino, nel quale era riuscita ad instaurare qualche amicizia. Il padrone del bar aveva assunto tutti ragazzi e ragazze giovani, e pur essendo severo con loro, li trattava tutti come dei figli. Dopo essersi vestita e preparata, raccolse i capelli in un mollettone, lasciando che il ciuffo e qualche ciocca ribelle le sfiorassero il viso ormai da adulta. Mise il guinzaglio al cane, prese la borsa ed uscì di casa.



 
Resta lì, pure in silenzio, giudica…
Ora che non avrai più paura di soffrire ancora
E dormi tranquillo e stai lontano dai miei sbagli
Intanto che riposi io continuo a chiedermi
Perché urlo e poi tu non mi senti






Una folata di vento le fece rabbrividire le braccia, lasciate scoperte da una maglietta a mezze maniche, ma lei non ci fece caso: nel giro di qualche ora sarebbe stato molto caldo, il sole era già alto in cielo. Camminava da qualche minuto sul marciapiede che portava al parco, quando un ragazzo attirò la sua attenzione. Se ne stava fermo al semaforo, indossava una felpa bianca col cappuccio, le maniche tirate su fino ai gomiti, i capelli castani e corti gli andavano a finire negli occhi ad ogni soffio di vento. Sbuffò seccato quando per l’ennesima volta un ciuffo gli cascò a pochi centimetri dal naso, e con una mano si portò indietro i capelli.

Fu la familiarità di quel gesto nervoso ad accendere il lei il dubbio. Avvicinandosi lentamente, cercò in tutti i modi di individuare qualcosa che smentisse l’ipotesi che aveva preso il pieno controllo dei suoi pensieri. Più dettagli riusciva a vedere di lui e più i pezzi coincidevano. Presa da un panico antico quanto il suo primo amore, pensò per un secondo di nascondersi o di cambiare strada. Qualsiasi cosa pur di evitarlo. Allo stesso tempo si rese conto che non era più una ragazzina e che in fondo era solo un vecchio amico. Accelerò leggermente il passo e camminò a testa alta, fino a trovarsi a pochi passi da lui.
Di nuovo, la sua determinazione venne spazzata via da quegli anni di insicurezza che le riaffioravano nei ricordi. Decise che sarebbe stato lui a doverla riconoscere. Finse di essere impegnata al cellulare mentre si dava internamente della codarda. Ogni centimetro di lei urlava.
Di cosa hai paura?

Non si concesse neanche un’occhiata, tenne lo sguardo incollato allo schermo dello smartphone come una bambina che prova a nascondersi sotto il tavolo. Appena si rese conto di quanto fosse stupida quella situazione, le scappò un risolino isterico. Che diavolo le prendeva? Come era possibile che a distanza di tutti quegli anni riuscisse ancora a farle quell’effetto? Si diede della stupida e la sua espressione si indurì.

Intanto un paio di occhi la stavano studiando. Purtroppo lui non aveva una buona memoria fotografica, ma quando confrontò l’immagine della poco più che bambina che aveva in mente con quella donna che si trovava accanto, si dovette convincere che era lei. E fu quando sentì una risata amara provenire dalle sue labbra che ne ebbe la certezza.  

La luce del semaforo verde li riportò entrambi alla realtà, ed attraversarono le strisce pedonali insieme, mentre la consapevolezza che non si sarebbero detti neanche una parola si instaurava nelle loro menti.  Del resto era così che era sempre stato tra loro due.
Raggiunto il marciapiede, Kate decise che era decisamente meglio svignarsela, quindi si voltò velocemente nella direzione opposta a quella che stava prendendo il ragazzo.

Ma come sempre, appena lei riusciva a prendere una decisione concreta,  qualcosa doveva pur mettersi nel mezzo ad incasinarle la vita. Un uomo delle dimensioni di un bodyguard correva spedito, le diede una spallata senza troppi complimenti e la spostò di quasi un metro, facendola finire addosso al ragazzo. Il gigante borbottò delle scuse distrattamente, con un forte accento tedesco, e ritornò sulla sua strada. Ma ormai il danno era fatto.

Quando si voltò per chiedergli scusa le sembrò di tornare indietro di dieci anni. Insicurezze e gambe tremanti, labbra morse fino a sanguinare e mani distrutte dal nervosismo tornarono parte di lei. Lui la stava già guardando e con una falsa espressione di sorpresa disse un: -Ma tu…-.
-Scusa- disse velocemente Kate, la voce incrinata dalla mancanza di fiato. Rimase per qualche secondo a guardarlo, non avendo idea di cosa dire e alla fine se ne uscì con: -Ciao… Max?-.
Lui sorrise e annuì –Ciao Kate! Che ci fai qui?-.

Mentre lei cercava di tornare se stessa e riacquistare il dono della parola, lui le studiò il volto. Era cambiata molto Kate in questi anni. Il viso aveva perso i lineamenti infantili, i capelli erano legati invece che a nasconderle la faccia, le labbra erano tinte di un color carne scuro non appariscente ma forte, gli occhi contornati da una spessa riga di eyeliner, i tratti induriti. L’espressione fragile da bambina era stata sostituita da un’espressione forte ed enigmatica.

Kate percepì gli occhi sul suo volto, intuì i pensieri dell'uomo che le stava di fronte e sentì una breve vampata di rabbia scorrerle nelle vene. Tutte le volte che incontrava qualcuno che non vedeva da molto tempo era sempre la stessa storia.

“Sei cambiata molto” dicevano.
Ho dovuto sopravvivere” pensava lei.

E il fatto che tutti parevano dispiaciuti da questo cambiamento non faceva altro che infuocarla ancora di più. Erano loro che l’avevano voluto! Era la società che le aveva insegnato che non bisognava fidarsi, era  il mondo che le aveva insegnato a non illudersi, era l’esperienza che le aveva insegnato a non ferirsi. Erano dispiaciuti perché finalmente aveva trovato il modo di essere felice?




 
E dimmi se a volte poi mi cerchi tra la gente
E se è soltanto pioggia o sono lacrime
Allungo le mie mani, ma tu sei distante.






Anche lei studiò a lungo il volto che la stava scrutando, per quanto lunghi possano essere dei secondi. Quel ragazzino era stata la prima persona ad aver fatto breccia nel suo cuore. Lei era un urlo silenzioso e lui era riuscito a percepirlo. Il loro rapporto era stato qualcosa di strano. Kate aveva provato per anni ed anni a trovare una definizione adeguata, ma nessuna sembrava corrispondere esattamente. Cosa erano stati? Due amici più che complici? Un amore mancato? Due persone uguali eppure completamente opposte?
Aveva creato con lui un legame particolare, dove le parole vengono dette con significati diversi, come se si parlasse in codice, dove gli sguardi sono un gioco e una sfida, dove guardarsi negli occhi è molto più intimo che spogliarsi. Lui le aveva insegnato a sostenere lo sguardo di una persona. Prima non ne era capace. Non importava che lei parlasse, lui già conosceva la risposta.
Si leggevano dentro, erano due giovani anime che si parlavano. Non sembravano ragazzini quando parlavano, non era la classica cotta, con l’entusiasmo, le risatine e il resto. Erano due anime affini, l’una accresceva l’altra.

Ma poi il tempo passa, l’età non era quella giusta e nessuno dei due aveva il coraggio di ammettere che gli importava dell’altro. E così come si erano trovati, si persero. Per lasciarselo alle spalle, Kate ci mise anni. Ogni tanto le capitava che le tornasse fra i pensieri, ma è normale, perché le persone con cui condividi un legame del genere non le dimentichi mai. Si chiedeva se ogni tanto anche lui ripensasse a lei, se sorridesse pensando al fatto che poche persone a quell’età possono aver provato così tanto.

E le loro vite erano andate avanti, i loro caratteri erano cambiati, il tempo li aveva forgiati.




 
Sparirò come pioggia nella sabbia
Brillerò tra le stelle, chiudi gli occhi e riuscirai a toccarmi





-Io ehm… Mi sono trasferita qui poco più di un anno fa. C’è un’università ottima e ho trovato un lavoro per mantenermi l’affitto e le spese; inoltre non sono neanche troppo lontana dalla famiglia, in solo un’ora di aereo ci sono. Fino a quando non avrò la laurea tra le mani penso che sia il posto perfetto. Tu invece?- disse lei, riacquistando lucidità. Era sempre difficile per un carattere forte come il suo ritrovarsi a combattere le vecchie insicurezze. Il passato la lasciava sempre spiazzata, tanto grande era stato il suo cambiamento.

-Sono qui in vacanza per una settimana. Sai no, lavoro nella ditta dei miei e non è troppo semplice convincerli a mandarmi in ferie. Vorrebbero passarmi tutto fra le mani nel giro di qualche anno, ma io non me la sento. Sono un adulto ma ho solo 21 anni. Ho ancora tanto da imparare. Mio fratello la pensa diversamente, lui è sempre molto ottimista come al solito, non si preoccupa-rispose, scuotendo la testa  con un sorriso, come faceva sempre quando parlava di suo fratello.

Una settimana. Kate tirò internamente un sospiro di sollievo. Non avrebbe corso il rischio di riiniziare un rapporto con lui. Non doveva tornare a sfogliare vecchie pagine che erano già state scritte da un pezzo.

Dieci anni fa trovarsi in quella città con lui le avrebbe causato un infarto, ma ora erano distanti. Avevano condiviso tanto, ma lei non si sentiva più nuda  sotto i suoi occhi. Se lei avesse urlato , lui non l’avrebbe sentita.


 
Dicono che non si può rinascere
Facile dirlo per chi non ha incontrato la tua pelle






Aveva passato giorni a nuotare nei suoi occhi, si era persa dentro di lui così tante volte che arrivò persino a pensare che le stesse manipolando la mente. Era rabbrividita per anni quando quella mano abbronzata aveva sfiorato la sua, aveva sentito l’elettricità scorrerle dentro mentre con il dito tracciava delicatamente i segni di una cicatrice. Di sensazioni Kate ne aveva provate tante, ma il tocco di quelle dita sulla sua pelle non l’avrebbe mai scordato.

E anche se all’inizio quell’amore mancato per un soffio le aveva fatto del male, ora forse era felice di averlo provato. Era un rapporto sincero, erano emozioni forti, sorrisi spontanei e sguardi incatenati.

-Sì, mi ricordo che era piuttosto ottimista tuo fratello! Quando dovevamo fare qualcosa lui partiva subito entusiasta, tu invece eri lì a guardarlo e chiederti se fosse davvero tuo fratello- disse Kate, lasciandosi andare in una risata genuina.
Il nervosismo si era sciolto. Era felice di averlo incontrato.  Anche se faceva un po’ male. Era felice di quello che avevano condiviso silenziosamente. –E’ passato un sacco di tempo- e si fermò per qualche secondo, prima di dare voce ai suoi pensieri.
–Ci sono stati dei momenti veramente belli, sono felice di averti rivisto-disse lei guardando a terra.

Tempo fa se lo sarebbe sognata di dire una frase del genere. Primo, perché non ne avrebbe avuto il coraggio; secondo, perché lui le aveva fatto male. Non intenzionalmente, ma era riuscito a distruggere una parte di lei, già in bilico a causa delle opinioni altrui. Non aveva avuto il coraggio di farla sua, e lei si era convinta che era perché non era abbastanza, e non lo sarebbe mai stata. Ne aveva commessi di sbagli, tantissimi. La lista era infinita. Aveva perso l’equilibrio e la ragione così tante volte da pensare che non ce l’avrebbe fatta, invece ora era lì più forte che mai, guardando il passato senza rimpianti.

-Sì, è passata davvero un’eternità. Anche io sono felice di averti rivisto, e anche se a prima vista non sembra, sei cambiata ma… dopotutto sei sempre la stessa-e le sorrise.

E lei capì che le aveva letto dentro di nuovo. Che non sarebbe mai riuscita a nascondere nulla a quell’essere umano che le stava davanti con lo stesso sorriso di dieci anni fa. Erano troppo simili e troppo differenti per non capirsi. E per un attimo lo odiò, perché nonostante tutto l’aveva sempre vinta lui.

E capì che forse era giusto così. Che tutti nel mondo, prima o poi, trovano qualcuno che è in grado di cullargli l’anima tra le mani. Anche se non sarà il tuo compagno, anche se passerà con te solo un breve periodo della tua vita, quel qualcuno esiste. Ed è in grado di farti crescere. Ne avrebbero commessi di sbagli, avrebbero urlato e nessuno li avrebbe sentiti. Ma entrambi sapevano che c’era qualcuno che era in grado di ascoltarli anche se non avessero proferito parola..

Loro non avevano mai avuto lunghissime conversazioni. Parlavano coi silenzi. Esauriti gli argomenti,si diedero due baci sfuggenti sulle guance e si salutarono, andando ognuno in una direzione diversa, il sorriso sulle labbra appena accennato e la sensazione di non essere soli nelle vene.

Non sapevano se si sarebbero mai rivisti. Non sapevano cosa prometteva per loro il futuro. Ma di una cosa erano certi: il passato non lo avrebbero dimenticato.


 
E dormi tranquillo e stai lontano dai miei sbagli
Intanto che riposi io continuo a chiedermi
Perché urlo e poi tu non mi senti











Note dell'autore
Salve! E' la prima storia che pubblico, in quanto ho deciso da poco di diventare un utente veramente attivo del sito. Fino ad ora confesso di essere stata una lettrice silenziosa, ma spero di riuscire a farmi perdonare.
Accetto ogni tipo di critica/consiglio/idea/qualsiasi cosa vi venga in mente.
Sto provando a crescere sia per quanto riguarda la scrittura, sia nel trovare il coraggio di far vedere agli altri ciò che scrivo, ragione per cui ho iniziato a pubblicare solo adesso.
Detto questo, spero di non aver fatto un completo disastro!
Ciao a tutti!
-Kat
-
  
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