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Autore: Wemil    15/09/2008    0 recensioni
Uno scrittore mezzo fallito perde tragicamente l'occasione della sua vita. Un beta-tester innamorato vive semplicemente la sua vita. Un politico appassionato combatte per la sua causa. Cosa succederebbe se questo fosse solo l'antefatto del terzo conflitto mondiale?
Un racconto ove vita quotidiana e apocalisse s'incontrano in uno scenario che muta di capitolo in capitolo, da individuo a individuo.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. Il tabaccaio


Il filosofo non aveva avuto fortuna e il suo destino era stato inevitabilmente quello di cercare al più presto il denaro necessario per riuscire a mantenere la propria famiglia.
Lo spulciare continuamente fra le pagine delle offerte di lavoro e l'andirivieni continuo nei vari uffici di collocamento, però, gli diedero l'ok soltanto per un'unica allettante prospettiva lavorativa: il tabaccaio.
Certo, non era la più meravigliosa delle proposte ma, visto che Kant, Hegel e Feuerbach non avevano dato il giusto contributo di cibo e acqua, forse Malboro e ATAC si sarebbero offerti come nuovi maestri di vita per arricchirsi alla facciazza di Marx.
Fedaykin, con già un figlio a carico, accettò di lavorare in quel cubicolo posizionato in Via Orti di Trastevere con i soliti rischi che quell'impiego gli poteva portare.
Ciò che il buon Feda scoprì a suo discapito fu che tutta la bassa criminalità, tutti i giovincelli da quattro soldi e, persino, gli ubriachi del bar poco lontano, se volevano sperimentare, almeno una volta, l'ebrezza del vandalismo, del furto o della rapina venivano a fare un salto da lui tanto che, ormai, il portarsi l'incasso a casa, nonostante il parere contrario della Finanza, era divenuto un suo costante abituè.
Neanche da domandarlo ovviamente: il buon Feda odiava il suo compito di venditore di sigarette e quaderni ma grazie all'amore di sua moglie, alle critiche costanti della vecchia megera di turno e del poliziotto della volante numero 6, che gli raccontava della facciata più pericolosa della criminalità, riusciva a resistere alla tentazione di picchiare a sangue i bambini di quindici anni che venivano al suo negozio per fumare sigarette.
Con loro era la solita tiritera: "Siete maggiorenni?" "Siiiii" "Posso vedere la vostra carta d'identità?" e puff... per magia o scomparivano o appariva la carta d'identità rigorosamente falsa realizzata grazie alle tecnologie di Photoshop.
A quel punto la scelta era fra il far notare che mancava il contrassegno statale o il dargli le sigarette con la certezza che l'indomani tutti i giovinastri della città gli si sarebbero avventati contro, sotto lo sguardo poco lusinghiero della Finanza.

Quel giorno però, dopo l'esplosione atomica di Madrid, si respirava nella capitale un'aria diversa: non c'era il solito trantran di auto, metrò, biciclette, motorini, moto, ambulanze, taxi e pedoni; con la decisione del governo di spostarsi in altra sede (tutt'ora ignota) pareva che a tutta la cittadinanza romana fosse stato dato l'ordine di fuggire lontano sulle colline di Monterotondo o presso il lago di Bracciano.
La famiglia di Fedaykin, per esempio, aveva imitato il resto della popolazione della capitale riparandosi nella casa estiva presso Trevignano Romano mentre al capofamiglia era toccato l'oneroso compito di chiudere il tabacchino e prendere giù gli ultimi incassi della giornata, nonché andare a far compere nel supermercato più vicino per prendere abbastanza viveri nel caso ci fosse stata un'eventuale entrata in guerra.
Stava per tirare giù la serranda, per almeno una settimana, il suo posto di lavoro, quando una donna sui 35 anni gli si avvicinò: "Prima che chiuda posso comprare delle sigarette?"
Il filosofo guardò la sua nuova interlocutrice con lo sguardo che si dona a chi è abbastanza stoico da non spaventarsi da ciò ch'è avvenuto in luoghi distanti: "Ma certo, venga pure dentro".
Alzò leggermente la saracinesca, abbastanza da far entrare due persone senza piegare la schiena, e si mise dietro al bancone: "Cosa desidera?"
"Mi dia delle Philip Morris, per favore." rispose con sicurezza l'altra.
"Sono tre euro e venti centesimi. Desidera altro? Preferirei chiudere il locale quanto prima e raggiungere la mia famiglia. Sa... il pericolo atomico..."
La ragazza a sentire le parole "pericolo atomico" emise una strozzata risatina: "Ahahah... chi vuoi che voglia attaccare un paese come l'Italia? Ma sia serio."
"Lo dicevano anche gli spagnoli sa..."
La donna cominciò a ridere più forte: "Ma non faccia come il mio ex: un codardo senza spina dorsale fuggito fino in Umbria per paura delle RADIAZIONI; questa fobia è ridicola. Ciò ch'è importante ora è reagire e combattere non certo fuggire e nascondersi..."
"Si... ma... un tabaccaio come me cosa vuole che faccia? Io sono solo un uomo e..."
Una luce abbagliante si sviluppò con terribile ferocia azzannando senza pietà ogni più piccolo anfratto regnato dal buio: i due avventori ne vennero avvolti con infernale violenza.

Dal davanzale delle case vecchie persiane e alcuni vasi di geranio caddero rovinosamente a terra mentre Fedaykin, con gli occhi in fiamme, faticava a stare in piedi durante quella intensissima scossa di terremoto che sembrava essere seguita al lampo di luce.
Poi, quando fra urla lancinanti di dolore e paura, riuscì ad alzare lo sguardo e a cogliere il fungo rosso rigurgitante fiamme, fumo e radiazioni che si ergeva dalla zona di Villa Borghese, fu il turno dell'orrore.
Un esplosione nucleare non fa un suono simile a quello di uno sparo o di una mina appena toccata da un piede umano, no... è più simile ad un basso e lancinante urlo che s'infila nelle ossa, nelle cervella e nelle interiora; un angosciante grido di calore che ti scioglie il pensiero e il sentimento come se il demonio improvvisamente s'incarnasse in un clamore apocalittico.
Quando questa terribile musica d'agonia ha ormai preso tutto ciò ch'è parte del tuo spirito; allora, in quel momento, le falci dell'atomica prendono l'unica cosa che ormai rappresenta qualcosa di te: il corpo.
Come un'ondata in piena, così le fiamme e le radiazioni del fungo iniziarono a divorare con rapida ed efficientissima distruzione case, monumenti e abitanti e, in relazione all'anzianità delle costruzioni, esse o crollavano su se stesse o resistevano impregnandosi di radioattività e di un calore che non sarebbe mai più scomparso.
Il corpo di Fedaykin venne pervaso in contemporanea dalle forma più antica e più moderna di distruzione: le fiamme e le radiazioni... queste ultime gli entrarono nel corpo ad una velocità impressionante mentre le fiamme mangiavano lentamente ciò che restava esternamente del corpo.
E' difficile far comprendere il dolore che si può provare: ma pensate alle radiazioni come diversi aghi che vi pungono sotto l'unghia del piede mentre le fiamme come ad una sigaretta spenta, a forza, sul vostro braccio; immaginatelo su tutto il corpo e avrete chiaramente presente un quinto del dolore che provò il tabaccaio filosofo durante gli ultimi istanti della sua vita.

Ciò che videro gli occhi di Fedaykin furono il corpo rantolante di un cadavere e il suo braccio scheletrico che cadeva miseramente sull'asfalto.
Nel vedere così chiaramente la morte le uniche sue ultime parole furono: "L'orrore".

  
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