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Autore: Hazel17    18/08/2014    4 recensioni
Dal testo:
"Mio padre era un uomo autorevole e severo.
Esigeva la disciplina.
E voleva che io fossi bella.
Così eliminare il cibo mi sembrava una buona idea. "
Racconto incentrato sul delicato tema dell'anoressia.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eravamo una famiglia molto numerosa. 
Cinque figli. 
Io ero la primogenita, e per questo tutti si aspettavano molto da me, 
anche troppo.

Mio padre era un uomo autoritario e severo.
Lavorava in una famosa banca e non aveva mai tempo per me ed i miei fratelli.
E quando tornava a casa, era sempre nervoso e di pessimo umore. 

Non riesco a ricordarmi neanche una carezza, un bacio o una parola positiva da parte sua.

Da noi, però, esigeva la disciplina.
Pretendeva il massimo dei voti da me e per questo, arrivavo a studiare anche cinque ore al giorno per non deludere le aspettative che riversava verso di me.
E poi dovevo essere  bella ed ordinata.

Così mangiare di meno mi sembrava una buona idea. 

All'inizio era semplice farlo:
gran parte di esso lo mettevo nel piatto di mia sorella,
che intanto ingrassava, ma comunque lei era sempre stata cicciottella, 
per cui nessuno se ne accorgeva. 

Il resto del cibo che non potevo evitare in nessun modo,
lo rigettavo pochi minuti dopo nel water del bagno.

Non era semplice con sei persone in casa:
c'era sempre il rischio che qualcuno entrasse dentro senza bussare cogliendomi così di sorpresa in un atto inequivocabile. 

Ma non mi importava,
perché tutto quello di cui importava veramente era liberarmi dal senso di frustrazione quotidiano, dallo stress per la scuola, dei compiti di cui mi sommergevano in famiglia e soprattutto dallo sguardo pretendente di mio padre.

E se questo era l'unico modo,
se per farlo dovevo far tornare sù la cena o il pranzo,
lo avrei fatto.

Rifiutavo il cibo in ogni occasione e facendo così, 
mi sentivo molto forte.

In qualche modo mi sembrava di rispettare una qualche regola scritta e di rendere orgoglioso lui.

Andai avanti così per due mesi circa,
finché mio padre non si fermò, un giorno, a scrutarmi.

Mi girò intorno, per guardarmi da ogni angolazione.

Io ero molto a disagio, 
mi vergognavo del mio corpo non ancora perfetto ed adatto ai suoi occhi.

Poi ritornò davanti a me e mi disse che ero dimagrita,
e che stavo molto meglio.
Ma avevo ancora le giuancie "paffutelle*"

Disse proprio così. 

Ed erano le sue prime parole non gridate o dette con acidità nei miei confronti. 

Pensai, allora, di star facendo la cosa giusta. 

Così continuai,
ma questa volta più drasticamente di prima.

Eliminai completamente il cibo. 
Del tutto.
Non mangiavo quasi niente.

E ne ero soddisfatta ed appagata perché perdevo peso velocemente. 

Pesavo 45 kg per 1.70 di altezza.

Ma sembravano ancora troppi per me...e per mio padre.

Ero del tutto convinta che lui volesse che pesassi molto di meno,
ma esattamente quanto, non lo sapevo.

Ed io, invece, volevo saperlo a tutti i costi,
così lo avrei reso felice. 

Si, ero anche convinta che il motivo della sua poca affettuosità nei miei confronti e del suo cattivo umore, dipendesse solo ed esclusivamente dal mio peso.

Naturalmente non era così, ma lo capii solo dopo,
forse quando fu troppo tardi. 

Comunque decisi di segnarmi su un pezzetto di carta tutti i numeri che nominava in mia presenza.

Credevo che il numero che ripeteva più volte era la cifra del peso che voleva che io raggiungessi.

E secondo i miei calcoli, 34 era il numero che nominava con maggior frequenza e molto semplicemente, 
in automatico, 
io pensai di dover pesare proprio 34 kg per renderlo davvero orgoglioso di me. 

Speravo che poi mi avrebbe voluto bene,
mi avrebbe riempito di abbracci e carezze, come solo un padre amorevole sa fare e che sarebbe stato felice. 

Questo fu la mia rovina, quella vera e propria. 

Cominciai a svenire dalle due alle quattro volte al giorno. 
Ma non mi importava. 

Vomitavo dalle tre alle otto volte al giorno, anche solo per il gusto di farlo.
Ma non mi importava. 

A volte avevo crampi dolorlsissimi allo stomaco.
Ma non mi importava. 

Lo smalto dei denti era quasi del tutto eroso.
Ma non mi importava. 

I capelli erano diventati piattissimi e si spezzavano al tatto.
Ma non mi importava. 

La pelle era estremamente pallida, quasi trasparente da poterci contare le vene blu e verdi.
Ma non mi importava. 

Non mi importava di niente finché mantenevo il controllo.

Era esso la chiave di tutto.



A mio padre a cui voglio molto bene, devo attribuire parte delle mie pene e della mia malattia.
L'altra parte l'ho "fatta" tutta da sola.

Ma a mio padre che amo ancora di più per questo,
devo attribuire anche parte della mia salvezza. 

Se non fosse stato per lui che un giorno mi mise davanti allo specchio, 
casa che non facevo da tempo perché per noi anoressiche lo specchio è il peggior incubo, 
e mi fece aprire VERAMENTE gli occhi,
probabilmente ora non sarei qui. 

Mi bastò una sua attenzione che non fosse casuale o per chiedermi della scuola, 
per domandare a me stessa:  "Ma cosa sto facendo?"







Ciao a tutti :)
Sono tornata con un altro One Shot incentrato anche questa volta sul delicato mondo dell'anoressia di cui io stessa ho sofferto.
Diciamo che questi sono dei piccolo sfoghi, in un certo senso...
Comunque spero che vi piaccia e grazie a chiunque abbia impiagato cinque minuti del suo tempo per leggere,
alla prossima, spero! 

P.s Come ho fatto intendere, ho scritto un altro One Shot sull'anoressia, se vi interessa lo trovate sul mio profilo, ve ne sarei grata. :)
   
 
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