S.O.S. tata Hawthorne
Cronache di due baby sitters (mica tanto) provetti.
“E adesso che diavolo le ho detto di
sbagliato?” commentò fra sé Joel, raggiungendo il divano e lasciandosi cadere
fra le due bambine.
“Lele!” lo salutò un’entusiasta Leah,
indicandolo con l’indice: chiamava il cugino così da sempre, nonostante
quell’appellativo avesse più a che spartire con il suo nome, che non con quello
di Joel. Il ragazzo ricambiò il sorriso e le fece una carezza sulla testa. Sawyer appoggiò la volpe di peluche sulle ginocchia del
fratello e continuò a fingere di medicarla con il cotone.
“Ultimamente sembra che abbia ogni
giorno il ciclo, visto quant’è sclerotica” proseguì poi il giovane,
rivolgendosi a Johanna. “L’attimo prima chiacchieriamo tranquilli e quello dopo
incomincia a gridarmi contro come una matta senza motivo.”
La donna, che aveva tenuto d’occhio i
due adolescenti per l’intera durata del battibecco, inarcò un sopracciglio in
direzione della porta da cui era appena uscita Haley.
“Tu non c'entri” borbottò infine, voltandosi verso il ragazzo. “È lei che ha qualche rotella fuori posto: come
sua madre…" aggiunse, picchiettandosi un dito sulla tempia.
Joel scosse il capo e sorrise debolmente,
prima di spostare la sua attenzione verso le due bambine.
“State medicando Soldier?[1]”
chiese poi, tirando le zampette della volpe pupazzo. Soldier
era stato il primo giocattolo di Joel e ci era sempre stato particolarmente
affezionato, ma nell’ultimo periodo Sawyer sembrava
averlo adottato come suo peluche preferito e il ragazzo l’aveva ceduto
volentieri alla sorellina.
La bambina annuì energicamente,
continuando passare il cotone sul peluche con espressione concentrata.
“Sì, ha tutti dei tagli sulla schiena come
papà[2]!”
commentò con espressione triste, accarezzando l’animale di stoffa. “Gli fanno
molto male, ma adesso lo stiamo facendo guarire” concluse, mentre il fratello
le scostava con delicatezza la frangetta castana dagli occhi: era decisamente
troppo lunga, ma nessuno era ancora riuscito a convincere la piccola ad
accorciarla. Sawyer detestava tagliarla e protestava
a gran voce ogni volta che i genitori la portavano dal parrucchiere.
“Ecco fatto!” annunciò infine la
ragazzina, sollevando il peluche e mostrandolo a Leah, che aprì un po’
goffamente la manina per accarezzargli il muso. “L’abbiamo guarito, mamma!”
aggiunse allegramente, sventolando il pupazzo in direzione di Johanna. “Ci
porti un altro animale malato?”
“Ce n’è uno con vostro padre in cucina
che è da abbattere” borbottò la donna, raccogliendo un peluche a caso dalla
cesta dei giochi e consegnandolo alla figlia. “È quello che fa i versi da
dinosauro.”
“Quasi quasi alla partita dei gemelli
ci vado con Soldier e Akir[3]”
annunciò in quel momento Joel, afferrando la sorellina per i fianchi e
sistemandosela sulla ginocchia.
La bambina annuì, prima di appoggiare
il capo contro il petto del fratello.
“Dovrebbe esserci anche Sebastian[4],
questo week-end” lo informò Gale, rientrando in soggiorno con David al seguito.
“Lui e Annie hanno telefonato ieri per dircelo.”
“Così tu e
Sebastian mi aiutate a picchiare tutti quelli che dicono che ho un nome da
maschio[5]!” esclamò
Sawyer, mostrando i pugni al fratello maggiore. Joel sorrise.
“Li
prendiamo tutti a calci!” le diede man forte, facendole il solletico. “Jo ci aiuta” aggiunse, voltandosi per intercettare lo
sguardo della donna, che gli rivolse un sorrisetto beffardo.
“Come no?
Potrei incominciare facendo pratica con te” commentò, chinandosi per dare uno
schiaffetto sulla nuca al ragazzo.
“Ehi!” si
lamentò Joel, ritraendosi di scatto. Johanna si sporse sul sofà e attirò
l’adolescente a sé per strofinargli con forza un pugno sui capelli. “Ehi,
questo è sleale! Papà, aiutami!”
“Smidollato…”
commentò la donna con un ghigno, facendo l’occhiolino a Sawyer.
Gale
appoggiò i gomiti allo schienale del divano e sorrise, scuotendo poi il capo
con espressione rassegnata. Leah si aggrappò alla sua manica per aiutarsi a mettersi in piedi sui cuscini
e gli indicò incuriosita la zuffa fra Johanna e il cugino; Gale annuì.
“Che famiglia, eh?” commentò poi rivolto
alla nipotina, prima di allungare le mani all’indietro per placcare David, che
aveva incominciato a tendere agguati alle sue gambe, balzandoci sopra come un
animaletto.
“Rawr!”
esclamò il ragazzino, digrignando i denti e fingendo di colpire l’uomo con le
dita piegate ad artiglio. Si accorse poi della presenza di Haley, che era appena
rientrata in soggiorno, e scattò in piedi per saltellarle incontro, prima di
stritolarla in un abbraccio. La ragazza gli scompigliò i capelli, lasciandosi
finalmente andare ad un sorriso.
“Hai fatto arrabbiare Haymitch, oggi?”
chiese, sapendo bene che il fratellino adorava sentirsi porgere quella domanda.
David accompagnava spesso i genitori a trovare l’ex-mentore del Distretto 12 e
capitava spesso che combinasse qualche marachella ai danni del vecchio
Abernathy.
Il bimbo annuì energicamente,
sorridendo orgoglioso.
“Ho fatto bere il tavolo!” spiegò poi,
giocherellando con le mani della sorella. La ragazza aggrottò le sopracciglia.
“In che senso?”
David non le rispose: la sua attenzione
era ormai completamente assorbita dai braccialetti colorati che Haley portava
al polso e aveva incominciato a tirarli, dimenticandosi della conversazione che
stava avendo con la maggiore dei fratelli Mellark.
“Gli ha allagato la cucina…” venne in loro aiuto Gale,
abbozzando un sorrisetto divertito. “…E quando vostra madre gli ha chiesto
perché l’avesse fatto, lui ha risposto che la stanza aveva sete.”
Haley e Joel scoppiarono a ridere.
“Tu hai preso lezioni di inventiva da June
Hawthorne, ammettilo!” osservò poi la ragazza,
chinandosi per essere all’altezza del fratellino. Lo strinse a sé per fargli il
solletico, e David riprese a divincolarsi, lottando con furia. “Sei il mio
piccolo mito, però!” aggiunse Haley, riuscendo a tenerlo fermo il tempo
sufficiente per dargli un bacio sulla testa.
“E tu sei un allosauro!” replicò David, sgusciando via
dalla sua presa e fiondandosi sul divano fra Joel e Leah. Infastidita dalla
troppa vicinanza con quel ragazzino così iperattivo, Johanna si scostò e
attraversò la stanza, esordendo in una smorfia seccata.
Haley tornò a incrociare le braccia sul petto.
“Un che? Spero per te che sia un dinosauro carino!”
replicò, ignorando lo sguardo insistente del migliore amico, che stava cercando
di incrociare il suo sin da quando la ragazza aveva fatto ingresso nella
stanza.
“È un dinosauro carnivoro!” esclamò David, appoggiandosi
allo schienale del divano. “Vuol dire che mangia la carne e anche gli altri
dinosauri!”
“Allora posso mangiare te!” rispose Haley, avvicinandosi
al divano con le mani sollevate a mo’ di artigli. “E magari anche Akir e Leah: sembrano proprio due bocconcini succulenti!”
aggiunse, punzecchiando con l’indice la pancia delle due bambine, che si
rannicchiarono su se stesse, ridendo.
“No, io sono il T-Rex! Non mi mangia nessuno!” la
contraddisse David, arricciando poi il naso e digrignando i denti in
un’espressione minacciosa. “Puoi mangiare lui!”
aggiunse poi, buttandosi su Joel, che lo afferrò per i fianchi e se lo
sistemò sulle ginocchia di fianco a Sawyer.
“Buona idea…” commentò Haley, indirizzando
un’occhiataccia al migliore amico.
Il ragazzo sospirò.
“Ma perché?” chiese solo, lasciando ciondolare la testa
all’indietro, sullo schienale del sofà.
“Perché sei un emerito cretino” replicò schiettamente la
ragazza, tornando a dirigersi verso la porta. Joel fece scendere i due bambini
dalle sue ginocchia e si alzò per seguire la ragazza.
“Questo lo sapevo già, hai incominciato a darmi dello
stupido quando avevo tipo otto anni…” borbottò, sparendo in corridoio dietro a
Haley.
Una volta usciti di scena i due
adolescenti, la situazione in soggiorno tornò a farsi tranquilla, fatta
eccezione per gli schiamazzi di Evan e dei gemelli, provenienti
dal cortile, e dai saltuari “Rawr” di David, che
aveva deciso di unirsi a Leah e a Sawyer con il gioco
del veterinario.
Gale attraversò il salotto e
raggiunse Johanna che stava facendo del
suo meglio per tenersi a debita distanza da bambini e da fonti di rumore troppo
forti.
“I tuoi sei o sette anni sono passati…”
osservò la donna, tornando a mettersi a braccia conserte. “…E questa casa continua
a essere invasa dai mostriciattoli nani. Più sento i loro versi spacca-timpani
e più mi viene voglia di prenderti a pugni.”
“Tu vuoi prendermi a pugni praticamente
sempre” replicò il fidanzato, “L’unica cosa che
preferisci al prendermi a pugni è portarmi a letto.”
“Hai dimenticato il prenderti a
schiaffi…” lo corresse Johanna, accennando un sorrisetto beffardo. “…Vedere
l’espressione che fai quando ti becchi un bel cinque in faccia è quasi più
appagante che portarti a letto.”
Gale sospirò e si mise a sua volta a
braccia conserte.
“E comunque a me sembra che i bambini
oggi si stiano comportando abbastanza bene” osservò poi, dando uno sguardo
fuori dalla finestra per controllare i tre nipoti maschi. “Non hanno rotto
niente, non si sono azzuffati e non ci sono stati piagnistei, né litigi troppo
animati. Nessuno ha cercato di farsi prendere in braccio da te e non hai
nemmeno dovuto fingere di bere bevande immaginarie, per cui…”
Meno di cinque minuti più tardi l’uomo
fu costretto a ricredersi.
Un grido improvviso spinse lui e
Johanna a voltarsi giusto in tempo per vedere la figlia spingere David giù dal
divano. Il bambino capitombolò a terra prima che Gale potesse raggiungerli in
tempo per impedirlo.
“Sawyer!” sbottò
l’uomo, indirizzandole un’occhiata di rimprovero.
“Mi ha morso!” si lamentò la bambina,
mostrando l’indice al padre e guardando male il compagno di giochi. David si
alzò lentamente a sedere, massaggiandosi il punto della schiena in cui aveva
battuto. Si guardò attorno con aria sconsolata e incominciò a piangere, più per
lo spavento che non per il dolore dovuto alla caduta.
Sul volto di Johanna fece capolino un’espressione
compiaciuta.
“La prossima volta spingilo più forte” commentò con un
ghigno, rivolta alla figlia. Gale la ammonì con lo sguardo, ma la donna rimase
impassibile.
“Che hai da fare quella faccia? Magari così impara a
tenere a posto quei denti” commentò poi, stringendosi nelle spalle.
Gale prese in braccio David e cercò di calmarlo, ma il
bambino sembrava inconsolabile: continuò a piangere, stropicciandosi gli occhi
con le mani.
“Shh, non è niente” cercò di
rassicurarlo il padrino, appoggiando il mento sui suoi capelli. “Adesso passa.”
Esaminò poi la mano della figlia, che fortunatamente
sembrava solo un po’ arrossata.
“Ci soffi sopra?” chiese la bambina, appoggiando la
fronte contro la sua spalla. Il padre eseguì, allentando di poco il nervosismo
che aveva fatto capolino nel suo sguardo.
“Che cosa è successo?” chiese infine, mentre David tirava
su con il naso, affondando il volto nella sua maglietta. Leah prese uno dei
suoi batuffoli di cotone e lo premette sulla schiena del compagno di giochi, dandosi
da fare per ‘guarirlo’ come aveva fatto poco prima con la volpe di peluche.
Sawyer sospirò.
“Allora…” incominciò, mettendosi le mani sui fianchi. “…Davey voleva giocare ai dinosauri – lui vuole sempre
giocare ai dinosauri! – ma gli ho detto di no, perché io e Leah stavamo
giocando all’ospedale degli animali. Ma lui ha fatto finta lo stesso di essere
un T-Rex e mi ha morso! ”
“Non ho contato” mormorò a quel punto il bambino,
stropicciandosi un occhio con il pugno. Gale aggrottò la fronte.
“Non hai contato?”
“Fino a quattro” specificò David, sollevando quattro dita
e mostrandogliele. Solo in quel momento l’uomo capì a cosa si riferisse: ogni tanto Gale gli ricordava di contare fino
a quattro prima di fare qualcosa che avrebbe potuto metterlo nei guai[6].
“Non importa” lo rassicurò infine l’uomo, arruffandogli i
capelli. “Ma questa cosa del mordere non mi piace per niente, Davey. Non va bene e penso proprio che tu lo sappia.”
Il bambino annuì e balzò a terra, seppur tenendo il capo
chino, manifestando il suo senso di colpa: per i suoi standard era rimasto
immobile fin troppo a lungo. Sawyer ne approfittò per
prendere il suo posto sulle ginocchia del papà.
“Mi è passato il male al dito!” annunciò allegramente,
agganciandosi al suo collo con le braccia. Gale lo esaminò ancora una volta, per
controllare che non fosse rimasto il segno dei denti sulla pelle.
“David ha sbagliato…” osservò poi, facendo oscillare uno
dei codini della bambina. “Ma anche tu ti sei comportata male, quando l’hai
spinto. Non voglio più vederti dare spintoni simili. Chiaro?”
La bambina aggrottò le sopracciglia.
“Ma la mamma dice sempre che se qualcuno mi fa male, io
devo fargliene ancora di più!” rispose, voltandosi verso di Johanna. La donna
le fece l’occhiolino.
“La mamma scherza…” replicò in fretta Gale, posandole un
bacio sulla fronte. “…Ti prende in giro. Dai, fate la pace, adesso.” concluse,
depositando la bambina a terra. David smise di trafficare con i blocchi delle
costruzioni e corse incontro a Sawyer per stringerla
energicamente a sé, come aveva fatto prima con la sorella. Lo slancio fu tale
che i due bambini quasi non caddero a terra.
“Scusa!” esclamò David, senza lasciar andare la compagna
di giochi. “Sei ancora mia amica?”
Sawyer rise e cercò di divincolarsi.
“Sì, ma adesso lasciami, mi stai
strozzando!” commentò, spingendolo via con poche cerimonie. David le rivolse un
sorriso luminoso e si passò una mano sulla guancia ancora umida di pianto,
prima di tornare al suo gioco preferito: saltare sul divano fingendosi un velociraptor, sotto lo sguardo astioso di Johanna.
“Alla prossima capriola che fa, giuro che lo sbatto
fuori…” sibilò la donna, tornando ad incrociare le braccia sul petto. “…e non mi interessa se fa il matto perché
non ci sta con la testa o se è per via di quel cazzo di ABC…”
“ADHD[7]…”
la corresse Gale, indirizzandole un’occhiata impensierita. “…E sua madre
dovrebbe venire a prenderlo a momenti” la rassicurò poi, afferrando il telecomando
e accendendo il televisore, nella speranza di sfruttarlo per cercare di tenere
a bada l’irrequietezza del ragazzino. Trovò un programma per bambini che
catturò subito l’attenzione di Sawyer e Leah, ma che
non sortì lo stesso effetto su di David, cui interesse era ancora completamente
assorbito dal suo gioco scalmanato.
“Se domani
faccio il bravo la mamma mi dà un gettone, sai?” annunciò il bambino, quando
Gale prese posto sul divano di fianco a lui. “Con cinque gettoni posso comprare
un nuovo velociraptor di quelli piccoli così” spiegò,
mettendosi in ginocchio sulle sue gambe e mostrandogli la misura avvicinando i
palmi delle mani. “Ma oggi non ho vinto nessun gettone” aggiunse poi,
lasciandosi cadere di scatto e appoggiando il capo contro il petto di Gale.
“E come mai?”
David si strinse
nelle spalle.
“Oggi sono stato un
po’ bravo e un po’ cattivo” spiegò poi riprendendo ad agitare le ginocchia e tornando a
rivolgere lo sguardo al televisore. “Ma più cattivo.”
Gale sorrise appena,
prima di chinarsi in avanti per sfiorargli il capo con le labbra.
“Tu non sei mai
cattivo” mormorò poi, appoggiando il mento sui suoi capelli. “Ogni tanto fai le
cose senza pensarci e combini qualche pasticcio, ma questo non significa essere
cattivi.”
David annuì,
rigirandosi fra le mani il suo dinosauro.
“Sei ancora il mio
amico?” chiese poi, arrampicandosi sullo schienale del divano per mettersi a
cavalcioni. Incominciò a colpirlo con i talloni, sfregandosi poi una guancia con
la manica della felpa. “Anche se faccio i pasticci?”
Gale lo osservò
giocare per un po’, ignorando le occhiatacce di Johanna rivolte ai piedini
irrequieti del bambino e alla loro vittima: lo schienale sempre più mal ridotto
del sofà.
“Io sarò sempre il
tuo amico” lo rassicurò infine.
“Promesso?” chiese conferma David, rivolgendogli un
sorriso luminoso.
“Promesso.”
Il bambino diede un
ultimo colpetto al divano con il piede e si arrampicò sullo schienale,
mantenendosi a stento in bilico. Prima ancora che Gale potesse rendersene conto,
David gli era già balzato sul collo, aggrappandosi alla sua schiena con forza.
“Ehi!” lo
rimproverò giocosamente, sostenendolo per le gambe. “Mi devi avvertire quando
fai lo spericolato, lo sai!”
“Uno…”
incominciò a contare il bambino, coprendogli gli occhi con le mani “…Due, tre…”
Gale non
riuscì a trattenere un sorriso.
“Devi
contare fino a quattro prima di fare qualcosa, Davey.
Non dopo.”
“Quattro!”
annunciò con entusiasmo il bambino, chinando la testa in avanti per
intercettare lo sguardo del padrino.
“Combatti, brontosauro!”
Dieci minuti più tardi la situazione
era tornata a farsi tranquilla. Sawyer e Leah stavano
guardando la televisione sedute una di fianco all’altra sul tappeto e perfino
David si era convinto ad imitarle, pur continuando a correre per la stanza di
tanto in tanto, per raccattare questo o quel giocattolo. Lo strimpellare di una
chitarra, proveniente dalla camera di Joel, accompagnava la voce di Haley, cui
canto raggiungeva a stento il soggiorno, per via della porta chiusa. Nel
sentirli suonare e cantare assieme, Johanna immaginò che avessero trovato il
modo di accantonare i loro screzi. La donna frugò il soggiorno con lo sguardo,
prima di indirizzare un’occhiata seccata all’orologio appeso alla parete:
ancora venti minuti e la sua casa si sarebbe finalmente svuotata degli
schiamazzi infantili provenienti dal cortile, così come delle musichette
petulanti ripetute di continuo nei cartoni animati che stavano guardando i tre bambini
più piccoli. Si azzardò a prendere posto sul divano, seppur mantenendosi a
debita distanza da David e dai suoi piedini irrequieti, che non accennavano a
star fermi nemmeno mentre l’attenzione del ragazzino era focalizzata sul
televisore. Appoggiò le gambe su quelle di Gale e si rilassò sui cuscini,
intrecciando le dita dietro la nuca. Aveva appena inarcato un sopracciglio,
pronta ad esordire con qualche commento critico nei confronti del programma
televisivo che i bambini stavano seguendo, quando
un improvviso rumore di vetri infranti la fece sobbalzare. Le esclamazioni dei ragazzini in cortile si
interruppero di scatto; Gale intercettò l’espressione furibonda di Johanna ed
emise un lungo sospiro, prima di alzarsi in piedi con una lentezza quasi
innaturale. L’espressione collerica dell’uomo tradiva l’apparente calma con cui
raggiunse la finestra per guardare fuori e capire a cosa fosse dovuto il frastuono.
Trovò Adam, Noel ed Evan appostati sotto una seconda
finestra, quella della cucina, intenti a scambiarsi espressioni colpevoli: un
buco frastagliato più grosso di un pallone da calcio troneggiava nella parte
inferiore della lastra di vetro. Altri frammenti, grandi come i piedi dei
ragazzini, erano disseminati sul terreno a circondare le loro scarpe da
ginnastica. Noel si accorse di essere osservato e diede di gomito al gemello,
attirando l’attenzione di Evan. Quando il minore dei
tre bambini notò l’espressione colma di rabbia dello zio arretrò d’istinto,
intimorito dal pensiero di averla combinata grossa. Il silenzio insolito di
Gale non faceva altro che metterli ulteriormente in soggezione.
“Vado a prendere una scopa…” mormorò a quel
punto Adam, affrettando il passo per non essere più costretto a sostenere lo
sguardo furibondo dello zio. Gli altri due bambini gli andarono dietro,
spaventati al pensiero della sfuriata che li attendeva una volta che sarebbero
entrati in casa: non vennero smentiti. La sgridata che ricevettero fece passare
loro la voglia di giocare a pallone nei dintorni di casa Hawthorne
per un bel pezzo.
Dieci minuti più tardi, dopo aver ripulito
dai vetri il cortile, Gale tornò in soggiorno con la stessa espressione nervosa
di poco prima, mitigata da un’improvvisa punta di stanchezza.
“Papà, lo sai che fai un po’ paura quando fai quella
faccia e non urli, ma si vede che sei tanto arrabbiato?” commentò Sawyer, arrampicandosi sul divano di fianco alla madre.
“Sì, sembri proprio un T-Rex!” le diede man forte David,
sorridendo ammirato, come se gli avesse appena fatto il complimento più bello
del mondo.
“Però io non ho paura di te” si sentì in dovere di
specificare la ragazzina, mettendosi in piedi sul divano per essere all’altezza
del padre. “Solo gli altri ce l’hanno!”
Gale fece scorrere lo sguardo da un bambino all’altro,
prima di arrendersi a un sospiro irritato.
“L’idea di chiuderne qualcuno in cantina in comincia a
non sembrarmi poi così malvagia…” ammise, ricambiando l’abbraccio della
figlioletta e voltandosi con espressione stanca in direzione della
fidanzata. “…Anche se non abbiamo una
cantina.”
“C’è pur sempre il capanno degli attrezzi” osservò
Johanna, prima di rivolgergli un’occhiata eloquente. “Da domani i tuoi fratelli
cambiano baby-sitter” dichiarò infine, tornando a stravaccarsi sul divano. “E
lo stesso vale per i Mellark.”
Gale sbuffò e si passò una mano fra i capelli, prima di
sedersi di fianco alla donna: quella frase Johanna gliela ripeteva di continuo
e, qualche volta, sfinito dalle sue lamentele e dalle marachelle dei nipotini, aveva
concluso per acconsentire, trovandosi d’accordo con lei. Tuttavia, il giorno
successivo casa loro tornava sempre a essere invasa da giocattoli che volavano
in tutte le direzioni e piccole pesti urlanti. E, seppur sorprendendosi ad
annuire, Gale Hawthorne fu costretto ad arrendersi
all’idea che l’indomani non avrebbe fatto eccezione.
Nota dell’autrice.
Prima di tutto lascio un piccolo ed imbarazzoso
angoletto pubblicitario: ho aperto una piccola
pagina facebook dedicata alle mie storie su Hunger Games, dove poter inserire
informazioni sui vari personaggi, gli aggiornamenti, anticipazioni e via
dicendo. Se vi fa di venire a trovarmi e magari mettere un mi piace, mi trovate
QUI ! ** (però fate
attenzione ai dinosauri e alle piogge di cucchiaini-pettine lungo il cammino,
mentre mi raggiungete u_ù)
Ed eccoci finalmente arrivati all’epilogo di questa
piccola, folle maratona di bambinetti un po’ troppo vivaci e baby sitters stremati. Questa terza parte è decisamente più
piatta e meno “densa di avvenimenti” rispetto alle due precedenti, un po’ perché
qui i bimbi sono pochini e un po’ perché ci tenevo molto ad approfondire David,
Sawyer e le dinamiche che li legano al resto della
famiglia Hawthorne perché questa è la loro prima
comparsa ufficiale e c’erano un po’ di cose da dire per inquadrarli. Cosa aggiungere?
Ho scritto un sacco di cose inutili nelle noticine a piè di pagina, ma mi piace
creare “ponti” fra le varie one-shots in maniera che
non manchino tesserine del puzzle al lettore durante la lettura, visto che
faccio spesso affidamento a cose menzionate in altre storie o cose non ancora
pubblicate. In questo capitolo abbiamo visto un po’ di più Johanna nei panni di
mamma, che non è esattamente la figura
materna per eccellenza xD Ed è, tra l’altro, un po’
di parte quando si tratta dei suoi due figli (sì, ormai includo anche Joel).
Gale, d’altro canto, è davvero molto legato al suo figlioccio e qui si nota
ancora di più. C’è un motivo, ma spero di riuscire a parlarne più avanti, anche
se in un certo senso già ho detto tutto disseminando cosine qua e là xD Vero è anche che l’80 % di chi segue questa storia sa
già tutto su David XD Ma preferisco comunque non soffermarmi su quest’aspetto
della sua storia, perché mi piacerebbe scriverci di nuovo su in futuro. Penso
di aver detto tutto! Grazie per essere passati a conoscere (quasi) tutti i
pargoletti della Next Generation <3 Ne manca
ancora qualcuno che non è ancora nato (i fratellini minori di Leah), ma prima o
poi sento che faranno comparsa anche loro! Il prima possibile passerò a
rispondere alle recensioni!
Un abbraccione e a presto!
Laura
[1] Da piccolo Joel aveva chiamato il suo pupazzo “Soldier, perché gli piaceva allinearlo sul pavimento
assieme ad altri pupazzi e incominciare a spartire ordini al suo gruppo di
soldati giocattolo, fingendosi il comandante di un piccolo esercito.
[2] Sawyer fa riferimento alle cicatrici sulla schiena di Gale: i segni della
fustigazione.
[3] Akir è il secondo nome di Sawyer e in famiglia la
bimba viene spesso chiamata così.
[4] Finnick Sebastian (Sebastian) è il figlio
di Annie Cresta e Finnick Odair. Essendo il
figlioccio di Johanna frequenta spesso la famiglia di Gale ed è molto legato ai
due “pargoletti” (Joel e Sawyer).
[5] Sia Sawyer che Akir sono nomi maschili. Sawyer è
stato scelto perché era il nome del fratello minore di Johanna, a cui la donna
era molto legata. Il femminile di Akir esiste e
sarebbe “Akira”, ma è stato scelto “Akir” perché è un
nome da quattro lettere e rispetta quindi la tradizione degli Hawthorne secondo la quale (secondo il mio head-canon personale) tutti i discendenti portano un nome da
quattro lettere.
[6] Piccola strategia introdotta per cercare
di domare l’impulsività di David che Gale ha “preso in prestito” da suo padre
Joel sr. che era affetto a sua volta da ADHD. Nel
primo capitolo della raccolta “Tutto ciò che ho”, infatti, un mr. Hawthorne adolescente dice a Hazelle:
“Quando ero piccolo mio padre mi ricordava sempre di contare fino a
quattro prima di dire o fare qualcosa che avrebbe potuto mettermi nei guai. La
gente, di solito, conta fino a cinque, ma per me erano già troppi: mi distraevo
prima. Così abbiamo scalato a quattro secondi.”
[7] David soffre di ADHD (Disturbo da
Deficit di Attenzione/Iperattività), e questo comporta difficoltà di attenzione
e concentrazione, impulsività e iperattività.