Da via di Portonaccio svoltò su via di Casalbertone, l’aria gli scompigliava i capelli e tagliava la faccia mentre sfrecciava per la strada. Quando passò vicino al vecchio parco notò quanti corpi senza vita si accalcavano sotto la chiesa e tutt’attorno al vecchio chiosco che faceva da bar della piazza. I vecchi giochi del parco giacevano ormai riversi a terra da mesi e subito gli venne in mente una domanda che non si era mai posto, esistevano ancora bambini in quel mondo? Esisteva ancora qualcuno che avrebbe giocato con quelle vecchie altalene del parco? Per tutta risposta aprì il gas e accelerò. Non appena sentirono il rumore prodotto dalla marmitta della moto, tutti i corpi che si lamentavano attorno al chiosco voltarono il loro sguardo spento e senza vita nella sua direzione. In meno di un minuto si ritrovò a svoltare a destra e vide stagliarsi su di lui il centro commerciale di Casalbertone. Sopra il tetto vide 3 figure familiari imbracciare un fucile e puntare verso l’esterno dell’edificio, solo allora si cacciò pollice e indice in bocca ed emise un lungo e stridulo fischio udibile sin da lontano. Fu allora che i tre fucili all’unisono cominciarono a sparare verso l’ingresso del centro commerciale abbattendo una dopo l’altra le figure che assediavano la porta, in meno di un paio di minuti Freki vide la porta principale aprirsi mentre tutt’attorno all’area d’ingresso i corpi giacevano in un avanzato stadio di decomposizione. Salì sulla rampa per i disabili e si portò con tutto il mezzo all’interno del centro commerciale mentre due ragazze dietro di lui richiudevano immediatamente le porte.
L’enorme supermercato sulla sinistra gli diede il benvenuto mentre le ragazze gli si avvicinarono per rivolgergli alcune domande.
- Sei stato morso? – chiese la ragazza alla sua sinistra, capelli biondo cenere, occhi azzurri come il mare d’inverno e occhiali dalla montatura rotonda ad incorniciarli.
- No, Mary.
- Quanti ce ne sono per le strade? – chiese l’altra ragazza alla sua destra, capelli corvini e scuri come una notte senza luna, occhi verdi come smeraldi incastonati nella candida pelle madreperlacea.
Erano così diverse che tutti rimanevano stupiti quando confessavano di essere sorelle, l’unica cosa che le accomunava era l’altezza, entrambe sul 1,65 m.
- Ce ne sono tantissimi come al solito, Juls.
Tra le due Marilena era la più apprensiva e subito si prodigò per aiutarlo a togliersi la giacca, alzandogli subito la maglia perlustrando la sua pelle centimetro per centimetro.
- Lo sai che odio quando lo fai…
- E tu sai che devo farlo invece. Bene…sei sano come un pesce. Bentornato a casa Fre.
- Grazie Mary! – nel dirlo le stampò un bacio sulla fronte e la ragazza lo strinse forte a sé.
- Ci hai fatto preoccupare stavolta, sei stato via tantissimo. – li interruppe Giulia sorridendo.
- Non volevo farvi preoccupare Juls, diciamo che volevo trovare qualcosa di speciale. – gli rispose schioccando un rumoroso bacio sulla fronte anche a lei mentre rovistava contemporaneamente con la mano destra l’interno dello zaino che portava sulle spalle. Quando tirò fuori la stecca di sigarette la ragazza la accolse con un enorme sorriso. Subito allungò la mano per farla sua ma Freki la ritrasse immediatamente.
- Ah ah, sono per tutti. All’interno ci sono 10 pacchetti e noi siamo in 7 di cui 5 fumatori…
- Quando hai finito con i problemi di matematica puoi darmi i miei due pacchetti e lasciarmi in pace?
- Certo…- ridendo le allungò due pacchetti di sigarette Lucky Strike e le schioccò un altro bacio sulla fronte accolto da un abbraccio e un altro dei suoi enormi sorrisi. Adorava vederle sorridere.
Si diresse a grandi falcate verso la zona del bar dove trovò Muninn da sola seduta a un tavolino. L’odore forte di sambuca nell’aria e la bottiglia poggiata di fronte a lei lasciavano poco scampo alla fantasia.
- C’è un goccio anche per me?
- Certamente…lo sai che abbiamo abolito il concetto di proprietà da che siamo entrati qui dentro…
- Beh sì ma la domanda mi sembrava d’obbligo visto che vi vedo spesso insieme…
- Di chi parli?
- Di te e la bottiglia naturalmente.
Un sorrisetto beffardo affiorò sulle labbra della ragazza. Era alta poco più di un metro e settanta, aveva lunghi capelli rossi e ricci che le coprivano le spalle fino ad arrivare a metà della schiena e gli occhi color nocciola ma di una sfumatura più chiara quasi tendente al caramello. Era pallida come se non avesse mai visto il sole e una sua particolarità era che portava sempre qualcosa di rosso addosso. Quel giorno indossava un lungo vestito rosso con lo spacco laterale che lasciava scoperte per metà le candide e lunghe gambe accavallate sotto il tavolino.
- Prendi un bicchiere e siediti Fre.
- Sono tutto tuo – le rispose con un pizzico di malizia nel tono come spesso usavano fare i due. Sembravano trovarci gusto nello stuzzicarsi a vicenda ed erano consapevoli di piacersi ma tra loro non era mai successo nulla. Non ancora almeno.
Poggiò due pacchetti di sigarette sul tavolino e si versò un po’ di sambuca in una tazzina di caffè.
- Quanto lusso stasera. – disse lei sorridendo e guardandolo dritto negli occhi.
- Solo il meglio per noi. – alzò il bicchierino per augurarle un po’ di salute e poi mandò giù l’alcool tutto d’un fiato. – Tra quanto tocca il turno di guardia?
- Tra poco meno di un’ora è il nostro turno.
- Bene allora vado a stendermi una mezz’ora prima dell’inizio. Mi chiami tu per il cambio?
- Devo dedurne che non cerchi compagnia ora.
- Chiamami tra poco, e non bere troppo…ti voglio lucida per la guardia.
- Sì signor capitano! – si portò la mano alla fronte in un saluto militare facendogli l’eco mentre lui si dirigeva verso il vecchio negozio di materassi.
- …ti voglio lucida per la guardia…
Nella notte
fonda la
casa era immersa nel silenzio. Freki era ancora sveglio davanti al suo
computer
ad ascoltare dischi di vecchi gruppi degli anni 80 e mentre One for the
Vine gli
faceva da sottofondo il ragazzo si divertiva a girovagare per
l’universo di
internet acquisendo informazioni random sul gruppo stesso fino a
passare alla
mitologia norrena. La musica faceva da materiale isolante per il mondo
esterno
che cercava di entrare in lui e lo distraeva dalla colpa di essere
ancora in
piedi a quell’ora. I suoi dormivano già da un
pezzo due stanze più in là mentre
la sorellina sua vicina probabilmente stava facendo le stesse identiche
cose,
magari cambiava solo il brano che faceva da sottofondo.
Trovò strano, navigando,
quante volte fosse riuscito a incappare in articoli che parlavano di
casi di
cannibalismo accaduti nella stessa giornata in diversi punti del mondo,
incuriosito cominciò una lunga ricerca che lo tenne sveglio
ancora per un’ora
intento a sfogliare articoli su articoli. L’unica cosa che
riuscì a comprendere
che il primo episodio era accaduto proprio a Roma, al policlinico
Umberto I. La
cosa gli sembrò irreale poiché
l’ospedale non era molto distante da casa sua.
In fondo dal Pigneto a Viale Regina Margherita non ci volevano
più di 20 minuti
di tram. Solo allora avvertì l’impellente bisogno
di urinare. Uscì dalla camere
ispezionando il corridoio che portava prima alla camera della sorella,
poi al
bagno e infine al salone con l’angolo cottura che divideva la
camera dai suoi
dalle loro. Vide la luce che filtrava da sotto la porta del bagno
quindi bussò
delicatamente.
- Occupato
– rispose
la voce della madre dall’altro lato della porta. Era
già capitato altre volte
che Freki si innervosisse pensando che la genitrice avesse una sorta di
talento
nel sentire quando aveva bisogno del bagno e riuscire a occuparlo in
quel
preciso momento.
Voltandosi
notò
un’ombra nel buio del salone che una volta messa fuoco
riconobbe nella figura
paterna.
Ansante e
immobile al
centro del salone aveva lo sguardo rivolto verso di lui ma non si
muoveva di un
solo centimetro come se fosse in attesa di qualcosa.
-
Papà…devo solo
andare al bagno…poi mi metto a letto…
Nessuna
risposta.
- Dai non
essere
arrabbiato…devo usare solo un minuto il bagno…
Ancora
nessuna
risposta, sconsolato Freki tornò sui suoi passi dirigendosi
verso la camera con
l’idea di dover trattenere i suoi bisogni fisiologici fino al
mattino seguente.
Lo sciacquone lo immobilizzò, un barlume di luce si vedeva
in fondo al tunnel e
magari sarebbe riuscito anche a pisciare se sua madre si fosse mossa. Dopo pochi secondi la
donna uscì dal bagno
lasciando la luce accesa.
-
E’ tutto tuo – disse
ammiccante verso il figlio.
Fu allora
che il padre
scattò trovando il corpo della moglie sulla strada per
arrivare a quello del
figlio. Poi la luce
che fuoriusciva
dalla porta si tinse di scarlatto quando il padre cercò la
gola della consorte
strappandone un lembo di pelle e diversi vasi sanguinei. Il sangue
arterioso in
un attimo zampillò fuori dalla ferita insozzando le pareti e
creando una pozza
sotto il corpo della madre. Evidentemente non sazio del trofeo che ora
portava
tra i denti, il padre continuò ad affondare morsi nella
carne materna
strappando brandelli che poi masticava rumorosamente.
-
No…no…sto sognando
non è possibile…
Si
ritrovò proiettato
in una corsa versa la sua camera da letto quasi inciampando nelle
ciabatte che
portava ai piedi. Diede due colpi alla porta della sorella mentre le
prime
lacrime piene di rabbia gli solcavano il viso.
- Geri
corri! Esci
dalla finestra! Papà ha dato di matto! Papà ha
dato di matto!
Si chiuse
nella sua
camera mentre il padre era troppo intento a consumare la sua preda a
terra in
una pozza di sangue. Si cambiò in un attimo mettendosi un
paio di jeans e le
sue consuete scarpe da ginnastica, ammucchiò poi in meno di
un minuto
biancheria pulita e pochi vestiti che trovò sparsi nella
camera spingendoli a
forza nella sacca da calcio che teneva sempre vuota ai piedi del letto.
Abitavano al
primo
piano per cui poggiò il piede sulla finestra e
guardò giù provando solo in quel
momento la nausea delle vertigini. Non era un gran salto questo
è vero, ma pur
sempre 4 m rimanevano per cui si fece coraggio soltanto nel momento in
cui
cominciò a sentir picchiare i pugni del padre contro la
porta.
-
Ok…1…2…
La prima
asse della
porta cedette permettendo al padre di infilare un intero braccio nella
camera
per poi guardare all’interno e rantolare in direzione del
figlio.
- 3!
Saltò
giù ricordando
gli insegnamenti del maestro di judo e quando atterrò a
terra si produsse in
una capriola che attutì il colpo lasciandolo illeso e gonfio
d’adrenalina.
Guardò verso l’alto e vide la finestra della
sorella aperta con la luce accesa
ma non riusciva a capire se fosse già saltata giù
o meno perché , guardandosi
intorno, vide che non c’era traccia di lei nei dintorni.
- GERIIIIIII!
Cominciò
a urlare in
direzione della finestra.
-
GERIIIIII!
La candida mano di Muninn lo strappò dalle braccia tormentate del sonno mentre gli stava scostando delicatamente i capelli dal viso. Era in un bagno di sudore e sentiva la sensazione di secco sulle guance dove subito portò la mano per capire cos’era. Abbozzò un sorriso e uno sbuffo poi si lasciò andare sul comodo letto matrimoniale che una volta era in vendita in quel negozio per soli 199,99 €.
- Piangevi nel sonno… -gli disse la ragazza in un sorriso quasi materno.
- E tu ti stavi godendo la scena immagino…
- Mi fai più cinica di quello che sono…
- Con quel vestito avresti potuto citare Jessica Rabbit. Quanto manca al turno?
- Poco meno di un quarto d’ora…abbiamo giusto il tempo di una sigaretta insieme…
Dal nulla tirò fuori un portacenere poggiandolo sul letto poi si cacciò una sigaretta tra le labbra e ne offrì una a Freki tirandola fuori per metà dal pacchetto. Fece una smorfia e accettò l’invito prendendo lo zippo che aveva in tasca.
- Non lo lasci mai quello vero?
- No…era di mio padre – rispose rimirando l’accendino nella sua mano.
- Non mi hai mai raccontato della tua famiglia sai?
- Beh non c’è molto da dire…non eravamo come la famiglia della mulino bianco ma neanche come gli Addams…
- Cosa gli è successo?
- Quello che è successo a tutti…ti ricordi i primi erranti? Quelli subito dopo il focolaio iniziale?
- Beh sì…
- Ti ricordi che sputavano sangue rilasciando nell’aria il virus?
- Sì…
- Beh pare che il nostro sistema immunitario fosse in grado di battere il ceppo aereo ed evitare il contagio di massa…ma questo naturalmente non valeva per vecchi, bambini e malati…mio padre era cardiopatico e diabetico, insomma non aveva un sistema immunitario sufficientemente forte da contrastare il virus così fu uno dei primi infetti a pochi giorni dal paziente 0.
- Oh…mi dispiace…
- Sono passati 3 anni ormai e non c’è notte che io non sogni la notte in cui l’ho visto uccidere mia madre…
- Oh mio Dio…
- Oh no non c’era e non ci sarà nessun Dio…