Chrysanthemum
[Ipocrita, come fiore
per i morti]
Il fumo si alzava nel cielo, sperdendo vapore
d’incenso come nuvole; davanti ai suoi occhi quella lapide bianca restava così,
pulita e fredda. Li chiuse: e vide più di quel che c’era in quel
campo, vide cose liete, vide un passato non marchiato da un futuro tanto
brutale; no, in quel suo passato non poteva esserci posto per il futuro,
insomma, per questo presente. Un ciuffo color miele fece capolino e le carezzò
il naso, volendole ricordare che odiava essere tirato indietro da una banale
forcina; fu istintivo aprire gli occhi.
Un profumo le colpì il naso.
Era un odore insolito, particolare, mai sentito nel
suo negozio; un profumo timido le si faceva avanti, penetrando nel suo spirito.
A prima analisi sembrava latteo, talmente puro che le rivenne in mente il
sorriso di sua madre; poi avvertì una nota più carica, come se si sforzasse di
essere avvertito da lei: ma non era l’odorosa rosa, non poteva pensare di
uscire dai ranghi. Si assuefece a tale fragranza, definendola cristallina,
bianca, lenta… ma possiamo descrivere l’odore di un fiore con questi termini
più appropriati per gli altri sensi? Però sì, era proprio bianco: un odore
trasparente, facilmente trascurabile, probabilmente evocato dal nostro cervello
perché è così che ci immaginiamo un fiore, profumato. Ma quel profumo era anche
più invisibile di quanto uno possa immaginare.
Avvertì il rumore di carta stretta tra le mani, e si
girò; non le fu difficile prevedere che una figura si era fermata dietro di
lei, probabilmente chiedendosi perché si trovasse lì: le fu più difficile
prevedere chi fosse.
[E lo stomaco si contrasse, vero?]
-Ohayo.- dissero gli occhi scuri che la fissavano,
mentre la mano strinse più forte la carta di giornale in cui era avvolto un
mazzo di crisantemi.
[Già, crisantemi… come non poteva
esserle venuto in mente?]
-… konnichiwa, Uchiha-kun.- si morse quasi la lingua,
chiedendosi il perché di quel nominativo.
Il ragazzo lesse lentamente il nome inciso sulla
lapide, in realtà intuendolo anche prima di averci posato gli occhi sopra; poi
passò a lei, a cercare tracce di lacrime nei suoi occhi, nell’arrossamento
attorno alle lunghe ciglia, nel cristallino riflesso sull’iride color mare: ma
non notò nulla.
-Mi dispiace, per lui.-
-Non devi: Asuma-sensei è morto da eroe.- fu un solo
istante, quello in cui abbassò lo sguardo. –E noi siamo fieri di lui.-
Si lasciò andare ad un veloce soffio, come respiro:
sapeva che erano tutte frasi di cortesia, di ruolo, dette in momenti come
quello probabilmente per minimizzare il dolore; una bugia, insomma. Ma la
Yamanaka non era tipo da mentire così spudoratamente… non ne era stata
il tipo, almeno.
-Un mazzo di crisantemi?- gli occhi della kunoichi
provarono ad illuminarsi. –Sai che non sono i fiori ideali da portare ad una
ragazza, eh?-
-Non sono per te, mendokuse.- gli sfuggì dalle
labbra; ma non ne sembrò pentito.
-Lo so.- volle essere tagliente, non rassegnata.
[Era solo una speranza del
passato.]
-Sono… sono per i miei.- non capì nemmeno perché
dovesse darle spiegazioni.
Entrambi lanciarono gli sguardi più in là, direzione
tramonto; le tombe degli Uchiha si ergevano annerite, sporche, senza cura.
Avevano troppo sentito la mancanza del figlio, era evidente.
-L’avevo… sì, l’avevo intuito.- distese le labbra.
Sasuke trattenne nel palato altre parole di cortesia;
non gli sembrarono vere. Tutta quella situazione, quell’atmosfera, non gli
sembrava vera, idonea per loro. Fece per andarsene.
-Aspetta.- la voce non era sicura. –Ne vorrei uno,
per offrirlo al mio sensei.-
Annuì, osservando il kimono viola strusciare sulle
sue forme di piena femminilità, forse suscitando una qualche emozione di grazia
in quell’animo maschile sempre represso, mentre le dita lattee e fragili sfilavano
uno di quei lunghi gambi, coronati in alto da un diadema di numerosi ma flebili
petali bianchi.
-Perché non gliene hai portato uno tu?-
Schiuse le labbra fredde. –Perché in negozio non ne
abbiamo; mio padre dice che sono fiori da lasciare liberi, più belli da scovare
in natura.-
-O perché non vuoi appurare che sia morto?-
-Non sono io che fuggo dal destino.-
-E’ una provocazione?-
-E’ una constatazione.- alzò gli occhi
verso di lui. –Nemmeno mi salutasti, quando prendesti la folle decisione di
seguire quel criminale.-
Assottigliò gli occhi, sostenendo il suo sguardo:
inutile e noioso spiegarle che non aveva alcuna necessità di salutare nessuno,
stupido e provocatorio spiegarle che Sakura in realtà lo trovò senza che lui le
chiedesse niente, facile e doloroso spiegarle che il suo saluto non avrebbe
cambiato nulla per lui.
-Sai, i tuoi occhi dicono di più di quel che potrebbe
soffiare la tua bocca.- si allontanò, chinandosi verso la sua lapide bianca;
concentrò la sua mente nel posizionare quel fiorellino accanto ai mazzi portati
in omaggio forse da Shikamaru e Choji, forse da Kurenai-sensei; mirava alla
stessa eleganza di una composizione floreale, a farne perno e cardine del mazzo
raccolto nel vaso, proprio con la stessa vanità di una lezione di ikebana.
[Era sempre la stessa, no? Capelli
biondi, abiti violacei, fiori tra le dita.]
-Sei cambiata.- schioccò la lingua sul palato.
Si irrigidirono le spalle, ma non si girò. - Come fai
a dirlo?-
[Una volta ti mostrava
ripetutamente il sorriso; ora ti concede solo la schiena.]
-Ho qualche ricordo di te, prima che me ne andai… eri
diversa.-
-Ma io sono sempre uguale: sei tu che sei cambiato.-
Sbuffò. –Tsk! … cambiato?-
-No, hai ragione: ero io che ti vedevo diverso.-
strappò un petalo bianco dal crisantemo. –In realtà, i tuoi occhi sono sempre
stati macchiati dal sangue.-
[Non era solo Sharingan.]
-Mi rispondi a tono?-
-Affatto.- scosse il capo. –Ora che sei tornato al
Villaggio ho potuto appurare questa verità. Però, ho percepito anche l’odore
del sangue sulle tue mani; e la voce si è fatta a tratti sibilante, come un
viscido serpente.-
-Quindi ora ti ripugno?-
-Io non provo repulsione per nessun essere umano.-
Quella conversazione sarebbe potuta andare avanti
all’infinito: nessuno dei due avrebbe abbassato il capo. E l’aria si sarebbe
fatta anche più irrespirabile e pesante, avrebbe soffocato i loro polmoni.
Eppure, Sasuke non volle muoversi di lì. Si prendeva tutte quelle frecce in
cuore, senza difendersi; non seppe come la mira di Ino, in quegli anni, fosse
migliorata a tal punto, riuscendo a fare ben di più che sfiorarlo. Poteva solo
immaginarlo, come quelle frecce fossero prima lacrime; rugiada segreta al
mondo, scesa dai suoi occhi dopo che lui, inconsciamente, muovendo i passi
lontano da Konoha, aveva provocato con quelle coltellate alla schiena.
Ma la sua bellezza si era aggravata: e non poteva
fare a meno di chiedersi come non l’avesse notata prima.
-Hai gli occhi più grandi, forse per piangere; ed il
contorno delle labbra più delicato, forse per sorridere.-
Si voltò, incredula. –Come puoi saperle queste cose?-
-Le donne piangono e ridono; è il loro destino.-
placò l’oscurità degli occhi. –E mi è capitato di guardarti, ogni tanto.-
-Raramente, rispetto a quando mi oltrepassavi con gli
occhi.-
-Però, ora ti sto guardando.-
-Quando desideravo che lo facessi, ero una bambina.-
-Ed io un moccioso: non volevo guardare nessuno.-
-Perché ora mi guardi?-
-Non dovrebbe solo farti piacere di essere la prima
donna che osservo?-
-Ma Sakura la vedevi eccome.-
-Non puoi saperlo: e non mi giustificherò di questo.-
-Giusto.-
Troncò la discussione rinunciando a rispondere:
sarebbe sempre finito così tra loro, troppe chiacchiere inconcludenti.
Stringeva ancora la carta di giornale tra le braccia, tanto forte da arrivare a
rovinare il mazzo; ed allentò la presa solo quando si allontanò da lei,
procedendo a grandi falcate fino a lambire con la sua ombra il terriccio mollo
e le lapidi dai nomi cancellati. Ci passò una mano sopra, recapitando il mazzo
su quella fanghiglia: era quasi una stretta al cuore il constatare lo stato
d’abbandono di cui furono preda.
[Che ti aspettavi?]
Non c’era traccia del sorriso di Mikoto, o delle
parole gentili di Fugaku.
[Quindi, è questo che accade… dopo
la vita, niente più.]
Sembrava ipocrita, quel mazzo di crisantemi: quel
bianco candido non era adatto per i morti.
[Per i dimenticati.]
-… sarà brutto, morire?-
L’aveva avvertita, la sua presenza avvicinarsi; ma
Ino si stupì di ciò. Ancor di più, che non l’avesse cacciata. Ancor di più, che
l’avesse notata. Per la seconda volta.
-Io… non so.- girò gli occhi alle sue spalle. –Ma
sento che quella lapide non rende l’odore di nicotina che ricopriva le vesti
del sensei.-
-Però, è così che va, no?- lisciò la ruvida roccia
con il pollice.
-Dimenticare non è giusto.-
-Ricordare è difficile.-
-Ma se si è fatto tanto in vita, forse…-
-Già. Se si è fatto tanto in vita…-
[Volutamente amare, quelle parole?]
Un cenno improvviso del capo le fece scuotere la coda
bionda dei capelli. Fu solo una sensazione, quella nota impastata di rimorso
nella sua voce? Fu quel che lei avrebbe voluto sentire?
-Sai...
penso sia ingiusto che i crisantemi siano i fiori per i morti.- si scostò un
ciuffo eburneo dal collo. -Sono troppo belli, per esserlo.-
-Chi dice che le cose belle debbano essere per forza felici?-
-Nessuno... però, qualcuno si aspetterebbe questo.-
-Finché ho vissuto, ho potuto solo constatare il contrario.-
Sasuke si girò: e fissò dritto negli occhi la ragazza, senza freddezza,
senza bugie, senza nascondersi.
-E' vero: infatti, ora sei bellissima.-
La colpì il complimento: ma più che per le parole, per il significato.
[... umano?]
-... perchè mi dici queste cose?-
-Non so... forse è quest'atmosfera che mi addolcisce troppo.-
Tese una mano, forse illusione di poter finalmente afferrarlo; ma fu
l’orgoglio a bloccare quel gesto a metà, orgoglio di averlo dimenticato,
orgoglio di non essere più debole.
[Un orgoglio costruito su bugie.]
Probabilmente, se Sasuke non si fosse alzato in piedi, tutto sarebbe
morto là. Se Sasuke non avesse girato la schiena per la prima volta, volendo
mostrarle il viso, non si sarebbe giunti a tanto. Tanto… quel tanto che, ora,
li rendeva così vicini.
[Un mazzo di crisantemi ed un cimitero…
piccole cose che risvegliano sentimenti comuni.]
-Sei l’unica, che mi ha aspettato.-
Schiuse un poco le labbra. -… ne sei convinto?-
-Le altre amano: tu no.-
-E dovrei continuare ad amare te?-
-Chiedilo a te stessa.- incurvò le labbra.
[E’ un sorriso quello? ]
Scosse il capo freneticamente. –Dovresti smetterla di dire sciocchezze:
perdi colpi, Sasuke.-
-… Sasuke?-
Le guance di Ino si accaldarono in un fiato; con una mano, coprì quella
bocca traditrice.
[Un rumore del passato.]
Mosse qualche passo verso di lei, pensando di essersi sbagliato:
infondo, non era cambiata affatto. Fu la vista di quella ragazza troppo
affogata nei suoi sentimenti, o forse anche il pensiero delle tombe annerite
dei genitori, che gli provocarono quel forte bisogno di vivere? Vivere davvero,
alla grande, senza essere dimenticati, per
non essere dimenticati. Era certo di una cosa: lui non si sarebbe dimenticato
di Ino Yamanaka.
E lei?
-Dici che c’è ancora speranza per me?-
Alzò lo sguardo di diamante su di lui; quel che ora aveva di fronte era
il suo mento, mentre quel ragazzo troppo cresciuto in altezza e nel cuore si
affidava alle sue parole.
C’è ancora speranza per Sasuke con la gente di Konoha?
O, c’è ancora speranza per Sasuke con lei?
-Speranza?- pose un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. –Per gli
altri, non posso garantire. Però, io non voglio negartela.-
Un petalo si staccò dal mazzolino, seguendo il viaggio delle correnti
d’aria; giocò nel cielo, creò cerchi nel vuoto; e carezzò il labbro della
ragazza. Sussultò: si sentì stuzzicata dalla natura. Le prese la stessa voglia
di quando tornò la villaggio dopo tanti anni fuori, una voglia di picchiarlo,
una voglia di abbracciarlo, una voglia di amarlo; sentimenti che le gonfiavano
il petto prosperoso, e se lo chiese più volte se fossero giusti, per lei, se
fossero troppo assoggettati a lui.
[Di fronte ad una tomba, la voglia di vivere
impazza nel tuo cuore.]
Strinse con una mano la stoffa del suo indumento; e si avvicinò piano,
come temendo di essere fermata, come sperando di esserlo se lui non volesse.
Allungò il collo, soffiò sulla sua guancia: e gli baciò la bocca con le labbra
tremanti.
Sasuke la lasciò fare, non la fermò.
E glielo chiese quasi, in quello sguardo che gli lanciò, a seguito di
quel breve bacio.
[Un minuto? E perché era sembrato lungo una
vita?]
-Arigatou.- fu quel che rispose.
Lei continuava a guardarlo così. –Perché?-
-Perché è un inizio.-
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Questa one-shot l’ho scritta a Giugno, per il contest indetto da Sweet
Audy: ed ammetto che l’abbia fatto in fretta e furia, perché avevo capito che i
lavori andavano consegnati entro il 30 Giugno, ed io avevo la maturità alle
porte…
Ecco, di come sono uscità agli esami (75) sono fiera; di questa
fanfiction un po’ meno. Ho concordato con il parere di Sweet Audy, che la trama
fosse un po’ piatta: ed accetto volentieri i suoi complimenti sullo stile.
Il Crisantemo… è nato dal fatto che, da quel che ho sentito, in alcuni
paesi è considerato “il fiore della vita”; da noi, in Italia, è il “fiore dei
morti”. Volevo giocare su questa ambivalenza, ma non so quanto io ci sia
riuscita… so solo che sono fiera di essere arrivata 8°, e quindi non ultima, in
un contest tanto bello e difficile come questo, contro delle sfidanti che sono
tra le migliori scrittrici del sito: voglio fare i complimenti a tutte.
Qui sotto vi posto il commento che Sweet Audy ha fatto alla mia storia;
la ringrazio tanto, anche per aver indetto questa gara.
Spero che vi piaccia.
La vostra Rael
Commento: Storia assolutamente spettacolare che
nonostante pecchi di originalità, soprattutto in alcuni punti, rimane fra le
più belle e toccanti partecipanti a questo concorso.
Con uno stile avvolgente ed un lessico appropriato hai catturato ogni mio
senso, trasportandomi in una storia delicata e travolgente.
Le emozioni che i personaggi lasciavano trapelare erano vivide e centrate con
il loro usuale temperamento.
Peccato per non aver centrato pienamente il tema, ma sicuramente una fan
fiction che vale la pena leggere.
Correttezza Narrativa: 9
Originalità: 7.5
Lessico e Stile: 9
Caratterizzazione personaggi: 9
Pertinenza alla traccia: 7
Punteggio Totale: 41.5/50