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Autore: _Nephilym_    18/08/2014    1 recensioni
Jessica è una diciassettenne americana un po particolare, lei non è ,come tutte le sue coetanee, alla ricerca dell'amore, anzi ha sempre pensato che più ci stai alla larga meglio è.
Ma cosa succede quando nella sua vita piombano una sciarpa verde e due occhioni azzurri, che stravolgeranno tutto ciò in cui aveva creduto in quel momento, costringendola ad aprire il suo cuore?
Se siete interessati date un'occhiata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Signorina Duncan” sentii pronunciare ad una voce squillante alle mie spalle, quindi mi voltai, avvilita,on è forse così?” 
“Giorno a lei” dissi mentre la vecchia ciabatta in questione mi si avvicinava con fare impettito,
“Passa l'estate ma le cattive abitudini restano, non è forse così?” “Che le posso dire, non riesco ad iniziare un anno se prima non ho avuto una di queste adorabili conversazioni con lei” sorrisi strafottente.
-Brava Jess, parti bene- pensai mordendomi un labbro,
“Credo che conosca la prassi, mi segua prego” sorrise vittoriosa, come se avesse passato l'intera estate pregustando quel momento, e conoscendola, lo aveva fatto.
Scossi la testa rassegnata, strinsi ancor di più la spallina dello zaino, che mi pendeva tristemente sulla spalla destra, e la seguii lungo il largo corridoio con il lucido pavimento giallo tirato a lucido, le cui pareti sarebbero presto state ricoperte dagli annunci dei club emergenti, e gli armadietti dai nuovi insulti in pennarello indelebile che Kal (il bidello) avrebbe passato ore a pulire.
Gli unici suoni che occupavano l'edificio erano il rumore del vento, che quasi stancamente si infrangeva contro le scrostate pareti blu della scuola, le voci ovattate dei professori al di là dei muri nelle aule e l'insopportabile quanto ritmico suono dei tacchi della vecchia che mi zampettava di fronte.
Ma quando voltammo l'angolo arrivò un nuovo ed inaspettato suono, un suono che non mi sarei aspettata di sentire mai e poi mai al di fuori di quell'angusto ufficio che da ormai tre anni mi accoglieva il primo giorno di scuola.
Sentii la profonda voce del preside in vicinanza, che andava sempre più avvicinandosi, ma non era solo, no c'era anche un suono sommesso, come se qualcuno accennasse ad una leggera risposta ogni singola volta che il preside taceva. Vidi la segretaria fermarsi a poca distanza da me,  e intuii che anche ella avesse sentito le voci, e difatti, dopo una manciata di secondi dal vertice opposto del corridoio comparve il preside.
Il preside Davis era un omone afroamericano  di un metro e novanta, per almeno cento chili, e non intendo di muscoli, con i capelli rasati, e un pizzetto spruzzato qua e là da una leggera sfumatura di grigio.
Era intento a fissare qualcosa alle su spalle mentre avanzava velocemente, ma quando si accorse della nostra presenza si fermò e fissò prima la donna al mio fianco e poi me, facendosi sfuggire una leggera risatina.
“Dio Jess, non riesci proprio a farne una giusta, eh?” rise avvicinandosi, notai qualcuno alle sue spalle, ma chiunque fosse era totalmente coperta dall'uomo.
“S'è rotta la sveglia” borbottai arrossendo.
“E l'hanno scorso avevi perso il pullman, e quello prima ancora...” lasciò che le parole si perdessero nell'aria regalandomi uno sguardo di rammarico, a cui risposi con un sorriso appena accennato,
“Beh, fa niente, ora che hai inaugurato l'anno scolastico farai meglio a seguirmi, o farete tardi, più di quanto non lo siate già”.
Fu allora che la vidi.
Come posso descriverla?
Era...
“Questa è la signorina Marshall, e frequenterà i tuoi stessi corsi, se non erro, il tuo coordinatore è ancora Jacobson,giusto?”  tentò lui, cercando di attirare la mia attenzione ma fu inutile.
Io rimasi imbambolata a fissarla.
La ragazza di fronte a me aveva dei lunghi capelli castano chiaro, la pelle candida come la neve in una mattina di dicembre, il naso sottile e piccolo, leggermente arrossato per il freddo, e dei lucenti occhi azzurro mare che non si staccarono mai dai miei. Indossava una giacca nera aperta che lasciava intravedere una maglietta dei red sox sulla quale pendeva una morbida sciarpa verde, lunghi leggins neri e delle converse abbastanza ammaccate da essere paragonate alle mie, se non fosse stato per il fatto che erano di un giallo limone, macchiato dall'acqua.
Sentii la voce del preside chiamarmi e mio malgrado mi riscossi, dandomi mentalmente dell'idiota, perchè mi ero imbambolata in quel modo?
“Jacobson, si...” riuscii a formulare finalmente.
Lui parve soddisfatto, congiunse sonoramente le mani di fronte la petto e  indicò nuovamente la ragazza alle sue spalle, che imperterrita continuava a fissarmi.
“Questa è...”
“Luce Marshall” completò lei con voce soffice.
Lui si volse e le sorrise indicandomi col pollice
“Questa invece è...”
“Jessica Duncan, ma preferisco Jess” non aggiunsi il solito -se non ti dispiace-, non volevo sembrare troppo gentile, la ragazza aveva qualcosa, e quella vocina interiore che fino a quel giorno mi aveva salvato le chiappe in ogni sorta di occasione mi urlava che io non volevo scoprire cos'era.
“Si infatti, Luce inizia oggi, si è trasferita da Boston, quindi ti sarei grato di essere gentile con lei” mi fulminò con lo sguardo, ma davvero?
Cioè anche il preside sapeva della mia gentilezza inaudita? Quale onore.
“Alla prima ora mi pare abbiate fisica con la Ritter, quindi andate e buono studio” sorrise solare.
Luce si limitò al portarsi accanto a me e attese che io la guidassi.
Presi un respiro e mi mossi voltando i tacchi e girando a sinistra, il laboratorio di chimica stava al primo piano, quindi dovevamo prendere le scale, salii il più in fretta possibile e sentii le sue scarpe fischiare sul pavimento.
“Che è successo due anni fa?” chiese all'improvviso.
Fui tentata di fermarmi, ma non lo feci, non dovevo mostrarmi debole, non lo ero.
Non più, almeno.
“Perché?” 
“Il preside prima ha detto che l'anno scorso hai perso il bus, ma quando stava parlando di due ani fa si è interrotto, perchè?” 
Miseriaccia a quel grassone.
“Non lo so, magari non gli andava di perdere la giornata a parlare dei miei ritardi” 
Mancava ancora poco all'aula, potevo farcela, potevo sviare il discorso.
“Dai basta con le balle, che hai combinato?” rise portandosi di fianco a me con aria di sfida.
Mi fermai davanti alla porta della classe, e feci di tutto per non guardarla negli occhi, sussurrai appena un
“Non ti riguarda” e abbassai la maniglia, sentendo la stridula voce della Ritter interrompersi mentre il suo sguardo confuso occupava il mio campo visivo.

Andò a finire che mi ritrovai seduta accanto a testa a palloncino melman accanto alla finesrta in prima fila, mentre la nuova arrivata fu costretta a sedersi in un banco al centro della classe vicino a Bezzie motosega, chiamata così perché suo padre, il boscaiolo più inutile ed idiota della città, l'aveva messa su come se fosse un ragazzo, tanto che nei suoi ottanta chili di lardo, non si distingueva dalla metà maschile ed obesa della scuola.

Dopo un ora passammo all'aula di storia, dove Jacobson ci costrinse a rileggere uno dei passi dell'odissea, nonostante non fosse in programma solo perchè si era dimenticato di creare il programma, poi fu il turno della letteratura, dove la Piccadilli, come se si trovasse di fronte ad un branco di mocciosi di prima elementare, e non una classe di quarto superiore, ci costrinse a parlare della nostra estate.
Io mi salvai con un semplice
“Sa, sempre il solito, di mattina al lago e di pomeriggio al loccale ad aiutare mia nonna”.
Altro adorabile particolare della nostra ridente cittadina, tutti, e dico tutti, sapevano ogni minuscolo segreto, o fatto riguardante qualcuno, si trattasse anche di un orecchino smarrito, che il giorno dopo veniva ritrovato davanti casa, o di una ragazza che lavorava al locale di sua nonna, potevi stare certo che lo sapeva chiunque.
Infatti la Piccadilli annuì cordiale, sapendo già quale sarebbe stata la mia risposta, dato che in estate aveva cenato ogni santa sera al nostro bar, chiedendomi sempre se stessi ripassando per l'imminente ritorno a scuola.
Quando mi disse che potevo tornare a sedermi, mi chinai sul banco poggiando il volto sulle braccia incrociate, fissando il vuoto cielo grigio fuori dalla finestra.
Il resto della classe si limitò a risposte come, ho aiutato in casa o sono uscito con gli amici, ma non mi sorprese più di tanto, era dalle elementari che sentivo sempre le stesse domande e risposte, come se me ne fregasse qualcosa del fatto che Bill Tomphson avesse comprato una piscina gonfiabile e ci avesse fatto la muffa per tutta l'estate o che claire eldwin si fosse fatta una bella gita al campeggio Cristiano, dove di sicuro aveva passato ore a limonare con il primo che le capitava a tiro uscendo di tenda.
Fu solo quando sentii nominare 
“Luce Marshall”, che ,senza una ragione apparente, mi sollevai allungando il collo per vedere l'esile figura che si era alzata in quel momento, dall'altro lato della classe
“Non posso certo competere con esperienze mozzafiato come quelle dei miei compagni” ci fu una risatina generale, al cui io non partecipai “Comunque posso dire che ho passato l'estate in giro per Boston, cercando di fotografare ogni posto nascosto, ogni angolino in cui avevo passato qualche attimo prima della partenza, così da avere dei ricordi di casa mia” si interruppe voltandosi verso di me 
“E ho perso l'autobus” poi senza dire altro si sedette riprendendo a scarabocchiare come aveva fatto durante il resto delle lezioni precedenti.
Sentii le mie labbra piegarsi leggermente in su, in un piccolo sorriso, prima di tornare a perdermi nel vuoto del cielo.

**Angolo di Neph.**
OoooK eccoci qui, allora, vorrei iniziare dicendo che il primo capitolo era più per introdurre anche perchè non si vede manco Luce, comunque, vorrei scusarmi con chiunque stesse seguendo la mia fanfic sulla brittana, ragazzi mi spiace, ma sono arrivata ad un punto morto con quella, ma non bsogna perdere la speranza, magari un giorno ci tornerò.
La storia è solo all'inizio, credo si sia capito, spero vi piaccia, non mi rivolterebbe una recensione, ma se non vi va non vi costringo, ma comunque spero che qualcuno volgia dirmi che ne pensa.
Cercherò di aggiornare regolarmente e al più presto, un saluto.
N.
  
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