Erano ormai diverse ore che Giovanni era in quella stanza illuminata solo dallo schermo dei computer su cui stava lavorando. Sbuffando sonoramente, si rilassò su una poltroncina e prese un sorso dal bicchiere posto accanto a lui, lasciando che la bevanda frizzante gli rinfrescasse la gola. E’ sempre così: la gente fa casino con i computer e a lui tocca ripararli. Scrivendo un paio di righe di codice sul suo laptop, collegato al computer di Dario, lascia che il programma di scansione cerchi altri possibili errori. Ci vollè un po’, quindi si prese tutto il tempo per rilassarsi. Stirandosi e allungandosi verso la porta, potè sentire Dario parlare con sua madre. La discussione aveva toni seri e quindi Giovanni decise di smettere di origliare. Per quanto gli piacesse farsi i fatti degli altri, farseli dal vivo invece che dietro uno schermo lo metteva a disagio. Dario entrò nella stanza poco dopo, portando una bottiglia ed un paio di panini salutandolo con un sorriso un po’ colpevole. <
Si allontanò dalla palazzina il più velocemente possibile, guardandosi continuamente alle spalle per paura che quella cosa possa essere ancora lì ad inseguirlo. Inizialmente non pensò troppo a ciò che fosse successo – l’adrenalina scorreva nelle sue vene, e l’unico pensiero che aveva era quello di sopravvivere. Ma ora che, in teoria, era fuori pericolo, l’enormità di tutto lo colpì come un macigno. Aveva perso uno dei suoi migliori amici, e sua madre aveva cercato di ucciderlo… Per non parlare di ciò che aveva fatto a Dario. Si appoggiò al muro, si lasciò scivolare a terra e si prese il capo tra le mani cercando di riprendere fiato. Si costrinse a pensare al presente. Dallo stradone gli giunsero voci confuse, e capì che la sua situazione non era migliorata affatto. Altre grida come quelle di Maria riecheggiavano tra gli edifici, mescolandosi al rumore di auto che frenavano e si schiantavano e alle grida di paura della gente. Giovanni si diresse velocemente verso la strada principale, sentendo il caos attorno a se farsi sempre più forte, sempre più assordante. C'erano clacson di macchine, persone che urlava0no e correvano in preda al panico, inseguite da branchi di quelle creature fameliche. Se da una parte quella vista lo atterriva, il suo istinto gli diceva che poteva essere un’occasione: con tutto ciò che stava accadendo, era facile passare inosservati. Si guardò velocemente attorno per capire in che direzione era meglio procedere… Si incamminò verso la stazione di polizia, guardandosi attorno e pregando di passare inosservato nel caos generale. La situazione era apocalittica: vedeva persone correre cercando riparo, e più di una volta assistì impotente alla visione di creature che assaltavano i fuggitivi. Sentì il morale a terra, ma per lo meno aveva un obiettivo, e da lì aveva più possibilità di sopravvivere. Mentre si avvicinava alla stazione di polizia, vide altre persone che si dirigevano nella stessa direzione, e che cercavano rifugio lì. Le forze dell’ordine avevano allestito un cordone con le vetture, e i poliziotti, in divisa antisommossa, puntavano le loro armi verso la folla e si assicuravano che non vi erano pericoli prima di lasciarli passare. Tenendo le mani alzate, con il cuore in gola, Giovanni si avvicinò per farsi riconoscere come umano ed entrare nel complesso. L’interno della stazione era un continuo via vai di agenti che facevano l’impossibile per mantenere il perimetro saldo e tenere i rifugiati al sicuro. L’agente guidò il gruppo di Giovanni verso la zona degli uffici, conducendoli ad una grande stanza con le finestre protette da sbarre. All’interno vi erano già altri rifugiati, persone disperate che come lui avevano perso tutto. L’atmosfera era greve, ma almeno Giovanni sapeva di essere in un posto sicuro. I pochi paramedici che erano riusciti ad arrivare erano già al lavoro sui feriti. L’inserviente se ne andò, chiudendo la porta con una chiava elettronica e dicendogli che era per la loro sicurezza. C’erano delle creature fuori dalla finestra, ma per lo meno sembrava che le sbarre li tenessero a debita distanza. Stava appena cominciando a rilassarsi, scambiando parole con gli altri sopravvissuti, quando uno di loro gridò. Tutti i presenti nella stanza si voltano verso il ferito, con gli occhi bassi. Ma quando un altro grido, ancora più forte, riecheggiò nella stanza, capirono che qualcosa non andava. Giovanni fu uno dei primi ad accorgersi del cambiamento della pelle, che andava ingrigendosi e crepandosi, di fronte ai suoi occhi, mentre quella che sembrava un’aura rossa risplendeva fievolmente attorno al corpo del ferito. Il panico si scatenò quando questi si alzò e aggredì l’inserviente. Bisognava trovare un modo per uscire da li. Il panico si impossessò velocemente di tutti i presenti, mentre le creature cominciarono ad assaltare i sopravvissuti. Giovanni non sapeva perché nessuno stava accorrendo per aiutarli, ma al momento l’unico modo per salvarsi era uscire da lì. Si avvicinò alla porta, cercando disperatamente di trovare un modo per aprirla, ma proprio mentre stava per tirare fuori dalla sua borsa il cacciavite, per forzare la serratura, qualcosa lo afferrò per una spalla. Si sentì strattonare, mentre le persone nel panico neanche si girarono per aiutarlo. Si dimenò, fece l’impossibile per sciogliere quella presa mortale, fino a vedere la creature accasciarsi a terra dopo un rumore assordante emesso da una pistola. Sentì le grida degli altri, ma lui aveva altro per la mente. Staccò la scatola di controllo della serratura e con le dita tremanti, si sbrigò a scoperchiare il circuito stampato, vedendo subito, a colpo d’occhio cosa fare. Le urla delle persone che lottavano contro quelle creature gli mettevano fretta, ma finalmente riuscì a trovare il giusto contatto e, mandandolo in corto, riuscì a sbloccare finalmente la porta. Richiamando tutti, la aprì e scappò il più velocemente possibile. Però mentre tutti andavano verso la porta principale, Giovanni si rese conto che c’era qualcosa che non andava. Dei rumori sospetti provenivano dall’entrata principale, cercò invano di convincere gli altri. Una volta uscito, si ritrovò in un parcheggio buio e desolato. Diede una rapida occhiata alle carcasse delle auto prima di notare con piacere che non era solo.