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Autore: Rainbows_Butterflies    20/08/2014    7 recensioni
[Storia ad OC]
Dieci coraggiosi semidei, un antico potere fino ad allora ignorato, decine di ragazzi sfuggiti al controllo dei due Campi ed una profezia che promette sangue.
Quando William Harper viene convocato dal centauro Chirone, stenta quasi a crederci: Caos, il vuoto primordiale, ha deciso che, anche per lui, è giunto il momento di uscire dall'ombra ed agire.
Ma destarsi dalla sua eterna inerzia richiede il dispendio di parecchie energie, che solo una cosa può dargli.
Dal testo:
«Ares ha fatto il tuo nome. Ti vuole schierato in prima linea, per questa battaglia».
[...]«È per questo che sono qui, dunque? Perché mio padre vuole mandarmi a combattere una divinità contro cui non sarei mai in grado di vincere, neanche con settant'anni di addestramento?» chiese allora, con quanta più calma riuscì a mantenere, incrociando le braccia al petto «assurdo. Gli altri penseranno che sono un raccomandato».
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7
 
Il sogno cominciava con un grido troppo acuto, disumano, come il gracchiare di un'arpia a cui stavano bruciando le piume.
I ragazzi si trovavano tutti nascosti dietro un gruppo di rocce dal colore rossiccio, puntellate di candida e fredda neve bianca. I loro respiri si condensavano nel gelo immobile della montagna, soffiato fuori dalle loro labbra in lievi nuvolette di vapore.
Stavano guardando Lewis Cornell, il figlio di Efesto dai capelli rossi che si trovava alla guida della combriccola di Caos.
Come l'ultima volta che James l'aveva visto, il ragazzo era intento a dirigere i lavori sulla sommità della montagna. Con la sola differenza che, adesso, il tutto aveva un significato molto più inquietante per lui.
«Isabelle, fai spostare quel masso più a destra! La “u” non sta venendo perfettamente simmetrica!», gridò il ragazzo, gesticolando verso la ragazza in questione.
Isabelle si voltò a guardarlo.
I suoi occhi di ghiaccio fiammeggiavano, ma obbedì.
Elle avrebbe ringhiato contro quella che era stata una sua sorella, se solo il silenzio forzato del sogno le avesse permesso di farlo. Per quanto ci provasse, non un solo suono le usciva dalla bocca. Questo la fece arrabbiare ancora di più.
Lewis si aggiustò il cappellino sulla testa.
Un'empusa gli scivolo a fianco. Indossava un'armatura d'oro sopra ad un vestitino da cheerleaders che pareva aver avuto un incontro troppo ravvicinato con un trita-documenti.
«Mio signore», sibilò, accennando un rapido inchino «sento odore di mezzosangue».
«Certo che senti odore di mezzosangue, Kelli», replicò Lewis, senza smettere di osservare l'andamento dei lavori «ne sei circondata».
«No, mio signore», ribatté Kelli, guardandosi intorno con fare furtivo «ci sono delle spie. Stanno osservando».
Nathan strinse i denti.
Erano anni che non la vedeva, ma avrebbe riconosciuto quell'empusa anche se si fosse trovata in mezzo ad altre centinaia.
Era la stessa che aveva inseguito lui, suo padre e Marvel - il satiro - il giorno in cui lui aveva varcato per la prima volta i confini del Campo Mezzosangue.
Suo padre era morto per proteggerlo da lei.
Gli occhi gli bruciarono improvvisamente, come se stesse per scoppiare a piangere. Il che era assurdo, perché Nathan Ayala non piangeva mai.
«Te lo stai immaginando, Kelli» sbuffò Lewis «i mezzosangue che ti sono intorno t'intorpidiscono i sensi. Adesso smettila e lasciami lavorare, okay?».
«Ma mio signore, c'è odore di aquila all'arancia», ribatté l'empusa, annusando l'aria come un cane da tartufo «è un figlio di Giove o di Zeus. E nel nostro esercito non ci sono figli di Giove o di Zeus».
Altair, gli occhi verdi piantati sui mostri e sui ragazzi, trattenne il fiato.
Sapeva che i mostri erano in grado di fiutare gli odori dei semidei, ma non aveva idea che la cosa funzionasse anche in sogno.
D'un tratto, Rose gli afferrò il polso con tanta forza che Altair sobbalzò e dovette reprimere l'istinto di afferrare la sua spada.
Si voltò a guardarla per un istante, perplesso, ma la ragazza aveva lo sguardo fisso sulla scena esattamente come tutti gli altri, e non sembrava gradirla affatto.
Si lanciò un'occhiata anche al polso stretto tra le dita di lei e decise che – nonostante il blocco della circolazione sanguigna e lo scenario non dei più idilliaci – quella situazione non gli dispiaceva.
«Ne sei sicura?», chiese Lewis, corrucciando le sopracciglia e lanciando rapide occhiatine di qui e di là.
Adesso sembrava dubbioso.
Kelli odorò di nuovo l'aria, giusto per accertarsene, poi storse il naso.
«Oh», commentò «c'è odore anche di Lingue di Gatto e di aringhe affumicate. Figli di Ade e di Poseidone, senza dubbio. I loro odori sono più fievoli di quello del figlio di Giove. Forse sono più giovani o forse più deboli, ma ci sono».
Sem si morse l'interno della guancia.
Li avevano scoperti? Si poteva essere uccisi durante un sogno?
Cominciava a temere di sì, e la cosa non gli piaceva più di quanto gli piacesse spalare la cacca di pegaso nelle stalle del campo.
Lanciò un'occhiata a Susan, che, nello stesso istante, si era voltata a guardare lui.
“Non può farci del male”, mimò lei con le labbra, ma sembrava comunque preoccupata. Si notava dalla strana piega del suo sorriso e dall'angolazione delle sopracciglia. E dal modo in cui continuava a cercare Will con gli occhi.
Il figlio di Ares stava fissando Lewis con tanta rabbia nello sguardo che nessuno si sarebbe stupito se, tutto d'un tratto, la testa del rosso fosse esplosa.
Aveva le mani chiuse a pugno e le unghie conficcate nella carne, come se stesse cercando di trattenersi dall'uscire allo scoperto e urlare che i mostri avrebbero fatto meglio a buttarsi da un dirupo, o lui avrebbe sfoderato un'arma delle sue e avrebbe tagliato la testa a tutti.
Jonathan, dopo alcuni istanti di esitazione, gli posò una mano su una spalla.
Dal canto suo, lui ne aveva abbastanza di quel sogno.
La u non sta venendo perfettamente simmetrica”, aveva detto Lewis all'empusa.
Questo non faceva che ricordargli che probabilmente era sulla strada giusta, che il rito di cui si stavano servendo i loro nemici era del genere che Jonathan aveva supposto fosse, ma anche che lui non riusciva a trovarlo su nessuno dei suoi libri. E se non riusciva a trovarlo, non poteva sapere come contrastarlo.
Era una cosa snervante e parecchio deprimente.
Lewis si guardò intorno di nuovo, questa volta con sospetto.
«Lo so io, chi sono», assicurò, mentre un sorrisetto scaltro faceva capolino sul suo viso volpino «sono Harper e la sua banda di eroi».
Pronunciò la parola “eroi” nello stesso modo in cui Brianne, la Cacciatrice, diceva “maschi”.
Come se fossero la cosa più reprimente dell'universo. Come se lui non fosse uno di loro.
Skylar si strinse nelle spalle, reprimendo un brivido, causato un po' dalla scena e un po' dal il gelo.
Era normale che facesse tanto freddo, su quel monte? Eppure, il clima del Colorado non sarebbe dovuto essere così rigido.
Per un istante, ebbe l'impressione di essere tornata la bambina dalla salute cagionevole che era stata prima d'incontrare le miracolose cure dei figli di Apollo, quando il minimo sbuffo di vento avrebbe potuto causarle una polmonite mortale, ed ebbe l'impulso d'infilarsi cinque strati di maglioni.
Kelli si voltò all'improvviso nella loro direzione, ed un sorriso lezioso le arricciò le labbra.
«Beccati», bisbigliò.
E lanciò loro contro una lancia.


Il sogno s'infranse in una nube di polvere dorata.
William si drizzò a sedere con uno scatto degno del più rapido dei serpenti a sonagli e si passò una mano tra i ricci biondi.
Si alzò in piedi, certo che, per quella notte, non sarebbe più riuscito a chiudere occhio.
Era ancora notte fonda, e tutti gli altri stavano dormendo profondamente. C'era solo una piccola lanterna ad illuminare la tenda. Quella che Rose aveva insistito per tenere accesa.
Guardò i suoi compagni per un momento, esitante, poi sgusciò velocemente fuori dalla tenda che le Cacciatrici avevano allestito per loro.
I lupi che facevano da scorta alle ragazze erano di guardia, ma non badarono a lui più di quanto badarono a quelle poche falene che ronzavano intorno ai loro nasi.
William andò a sedersi ai piedi della jeep, il cui parabrezza era stato riparato da Artemide in persona, quando Talia l'aveva supplicata di farlo prima di andare a dormire.
«Padre» mormorò il ragazzo, irrigidendo la mascella per il nervoso che le sue stesse parole gli facevano crescere dentro «non avrei mai pensato di dirlo, ma ho bisogno del tuo aiuto. Se quello che abbiamo intuito si rivelasse veritiero, sto guidando i miei compagni verso morte cer...».
S'interruppe.
Un sottile fruscio gli giunse alle orecchie ma, di nuovo, nessuno dei lupi sembrò curarsene.
Will rilassò i muscoli solo quando la figura esile ed aggraziata di Susan scivolò vicino a lui.
«Hey...», lo salutò, parlando piano per non rischiare di svegliare gli altri.
«Che ci fai tu qui?» sospirò William, di rimando, ma era lieto di vederla.
Susan si accoccolò di fianco a lui, ignorandolo.
«Stavi cercando consigli da tuo padre?» chiese invece, stringendosi nelle braccia per l'aria frizzante.
«Per così dire», bofonchiò lui «non credo che sia interessato a me».
«Mi ricordi un po' Il Re Leone» rispose Susan, cercando di abbozzare un sorriso incoraggiante «sembri Simba che chiede aiuto ai grandi Re del passato».
«Mi sento anche come Simba», bofonchiò lui «solo che me, questi grandi re, non mi degnano di uno sguardo. Almeno Mufasa cercava di aiutare suo figlio. Mio padre, invece, mi ha dato una lancia e dei denti di drago e mi ha detto “tieni, vai a morire ammazzato insieme a tutti i tuoi amici. Io intanto me ne resto sull'Olimpo a fare niente e guardo l'universo che auto implode”».
«Non ha detto proprio così», commentò Susan, inarcando un sopracciglio «e, a proposito... ho sognato Lewis».
«Sì, anche io» commentò William «sembrava che gli avessero fatto il lavaggio del cervello».
Cominciò a giocherellare con la cerniera del suo giubbotto militare, incapace di starsene fermo.
«Non credevo che lui potesse avercela tanto con gli dei da cercare di distruggerli», replicò Susan.
William corrucciò le sopracciglia, assorto nei suoi ragionamenti, e non aggiunse altro.
Stava pensando alla profezia dell'Oracolo.
Rapisce dell'Olimpo la prole”... quella era la parte che lo stava tormentando in quel momento.
Nessuno veniva rapito di sua spontanea volontà, nemmeno la persona più fuori di testa del mondo.
E poi c'erano le espressioni e i comportamenti di Lewis, di Isabelle e degli altri semidei che avevano lasciato i confini del campo. Non sembravano loro.
«Harper...?» lo richiamò Susan, in un fil di voce.
«Che cosa, Graymark?» rispose lui, parlando altrettanto piano.
«Datti un po' di tregua, okay?» propose la ragazza «sembri sul punto di scoppiare. Pensa ad altro».
«La fine del mondo non è qualcosa a cui si possa non pensare, se è da te che dipende», ribatté William, voltandosi verso di lei. E a quel punto Susan fece la cosa più assurda di sempre, che ridusse in poltiglia i pensieri di William e trasformò il suo stomaco in un covo di farfalle iperattive: gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Così, di getto, come se fosse la cosa più semplice di sempre. Senza dargli il tempo di reagire o di elaborare quanto stesse succedendo, o anche solo di pensare a quanto bello fosse.
«Pensa a questo, va bene?» disse poi lei, sottovoce.
Gli sorrise per un frammento di secondo, poi si alzò da terra e schizzò di nuovo verso la tenda.


Dopo Lewis e l'empusa, Altair aveva sognato le frittelle.
Non aveva molto senso, ma era stato decisamente più piacevole dello scoprire che, per i mostri, lui odorava di aquila all'arancia.
Da quando in qua l'aquila si cucinava, poi?
Altair si svegliò con le prime luci dell'alba. Si tirò a sedere nel sacco a pelo e si strofinò gli occhi, poi sbadigliò e si guardò intorno, cercando di ricordare dove si trovasse.
Era la tenda delle Cacciatrici.
Avevano offerto loro rifugio per la notte, visto che il loro mezzo di trasporto aveva subito qualche piccolo danno da parte di un animale odioso e, a quanto pareva, molto sacro. Talia aveva pregato la sua dea di riparare il parabrezza e Artemide aveva esaudito il suo desiderio, ma poi lei aveva comunque insistito per fermarsi durante la notte e ripartire al mattino, perché i mostri erano più forti e tante altre cose che lui non aveva ascoltato.
«Mhpf...», fu la cosa più intelligente che Altair riuscì a mormorare, mentre si rendeva conto che molti dei suoi compagni stavano ancora russando.
All'appello mancava solamente William, ma non se ne preoccupò, perché l'unica cosa che aveva il potere di sconvolgerlo era seduta nel bel mezzo della tenda in compagnia di un paio di Cacciatrici.
E poi, c'era un certo borbottio che lo distraeva.
«Non è buio, non è buio, non...».
Altair individuò chi aveva parlato senza alcuna difficoltà e rivolse un sorrisetto ironico nella sua direzione, nonostante lei non potesse vederlo.
La ragazza era completamente nascosta dentro al suo sacco a pelo, vicina a lui.
«Hey, dolcezza. Il sole brilla nel cielo, gli uccellini cantano...», cominciò lui, in tono baldanzoso.
«E Rose Stevens staccherà la testa ad Altair Ibdan-La, se lui tenterà di nuovo di chiamarla in un modo tanto disgustoso come “dolcezza”», terminò Rose per lui, schizzando a sedere e puntandogli contro un indice, con fare accusatorio.
Altair scoppiò a ridere.
«Ce l'ha ancora con me per aver confuso Mercurio con Ermes, Miss Stevens?», domandò.
Rose sbuffò, spostandosi una ciocca di capelli scuri dal viso.
«Ovviamente, Mister Ibdan-La» rispose lei, ma era chiaro che stava tentando di trattenersi dal sorridere.
Altair scosse la testa ed alzò gli occhi al cielo.
«Sei davvero impossibile», concluse.
«Disse il tipo che è davvero convinto che Ermes e Mercurio siano la stessa cosa», replicò Rose.
«Ma sono la stessa cosa», ribatté Altair.
«No! Uno è greco e l'altro è romano» sbuffò Rose «è diverso».
«Se lo dice lei, Miss Stevens» commentò lui, sarcastico.
Rose gli rivolse una smorfia.
Altair sorrise, ma poi raccolse un po' di serietà.
«Hai sognato quel semidio anche tu, stanotte, vero?» chiese, dopo alcuni istanti.
Rose annuì, corrucciando un po' le sopracciglia.
«Lewis», precisò «è figlio di Efesto».
Gli rivolse un'occhiatina, come per sfidarlo a dire “Vulcano”, ma lui non fece commenti a riguardo.
«Non avevo mai visto una cosa del genere», disse invece Altair «semidei che lavorano con mostri che hanno sempre combattuto... è strano».
«È da brividi», mormorò Rose
Altair le rivolse un sorrisetto furbo, e Rose fu certa che stesse per dire qualcosa di seccante.
«Come il buio?», domandò lui.
Appunto.
Rose lo fulminò con un'occhiataccia, ed Altair scoppiò nuovamente a ridere.
«Dovresti vedere la tua faccia!», fece il ragazzo, rischiando quasi di soffocarsi.
«Dovresti vedere la tua, romano, dopo che ti avrò colpito con un pugno», bofonchiò lei.


Nathan si svegliò di pessimo umore, quella mattina.
Si tirò a sedere molto lentamente, corrucciato, e rimase a fissarsi le mani adagiate sulle gambe per un istante. Nonostante la notte di riposo, si sentiva completamente privo di ogni energia.
Kelli.
Quel nome gli rimbalzava nella testa come il motivetto di un carillon infernale.
Era passato talmente tanto tempo da quando aveva pensato a suo padre l'ultima volta, che rivedere quell'empusa aveva rischiato di causargli un collasso sul posto.
Erano passati ben sette anni da quando Isaia Ayala si era sacrificato, ma, tutto d'un tratto, a Nathan pareva di ricordare esattamente quella scena in ogni più piccolo dettaglio, dal più insignificante al più mostruoso. Era tutto spaventosamente impresso nella sua mente, come il marchio a fuoco sulla pelle di un bovino.
Gli venne una voglia improvvisa di chiamare il suo vecchio amico satiro, Marvel, e di farsi una bella chiacchierata insieme a lui. Almeno Marvel, al contrario della maggior parte delle persone che conosceva, non lo detestava. Forse, non si sarebbe neppure lamentato se lo avesse disturbato nel bel mezzo di uno dei suoi spettacoli con il flauto dolce.
«Che fai, piangi?», s'intromise Elle, incuriosita, tanto all'improvviso che Nathan rischiò l'infarto.
Lui si voltò lentamente a guardarla.
Si chiese come facesse, quella benedetta ragazza, ad essere tanto perfetta anche a quell'ora del mattino. Si era appena svegliata, eppure non c'era la minima imperfezione in lei.
Capì perché Susan fosse sempre tanto sulla difensiva quando lei si avvicinava troppo a William.
Era bella da mozzare il fiato.
Con i lunghi capelli color mogano sciolti che le sfioravano i gomiti ed i luminosi occhi azzurri che brillavano alla luce del mattino, somigliava ad un angelo dannato.
Indossava una corta gonna di jeans e una maglietta pulita del campo, sollevata sulla vita da un piccolo nodo. I suoi due aghi, Elxi e Dilitirio, facevano capolino dalla tasca anteriore della gonna.
«Perché dovrei?» replicò Nathan, ma aveva la voce arrochita. Probabilmente, non era mai stato tanto in silenzio in vita sua.
Elle lo guardò scettica, con l'aria di una che aveva capito tutto.
Le sue labbra, dipinte da un rossetto color prugna, si arricciarono in un sorrisetto cinico.
«Che pessimo bugiardo» dichiarò, lisciandosi i capelli come se avessero bisogno di essere ulteriormente pettinati «si notava da un chilometro di distanza, che stavi per scoppiare in lacrime come un bambinetto dell'asilo».
Nathan, di rimando, le rivolse una smorfia.
«Di solito sono io che tormento te», osservò «cos'è, ti mancavo?».
Elle lo guardò scetticamente.
«No», rispose «ti ho visto soffrire da lontano e non ho potuto fare a meno di avvicinarmi. Amo quando i tizi antipatici, viziati e rompiscatole soffrono. È talmente raro. Dovevo vedere da vicino».
«Che pessima bugiarda» replicò Nathan, in una vaga imitazione del tono di lei.
Elle si gettò i capelli dietro le spalle.
«Pensala come ti pare», disse «di sicuro non sono venuta per offrirti una spalla su cui piangere».
«Dei del cielo, ci sarebbe mancata solo questa» replicò Nathan, roteando gli occhi «e poi, anche se tu l'avessi fatto, io non l'avrei accettato. Perché io non stavo per piangere e non lo farò mai. È escluso».
«Se lo dici tu» replicò Elle, anche se sembrava ancora piuttosto scettica.
Nathan le rivolse un sorrisetto da piantagrane.
«Non è che, per caso, ti sei avvicinata perché io sono l'unico che ti calcola, oltre a, qualche volta, Harper?» chiese, in tono sornione «e non è che, sempre per caso, stai cominciando a considerarmi quasi un amico?».
«Balle», rispose lei, incrociando le braccia «non ho bisogno di essere calcolata dalla gentaglia che fa parte di questo gruppo di hippy disadattati. E non ho bisogno neanche di amici».


«James?».
La voce affabile di Skylar lo riscosse dai suoi pensieri, e James si voltò nella sua direzione.
Il ragazzo, nonostante le proteste del cervello, sentì gli angoli delle labbra sollevarsi un lieve accenno di sorriso.
Skylar sembrava particolarmente carina, quella mattina.
“Pensa a Jasmine, scemo”, bisbigliò una vocina nella mente del ragazzo “non puoi prenderti una sbandata per la prima ragazza che incontri e che non ti tratta come un probabile traditore. Non è un gran modo per ricordarti del suo sacrificio”.
“Non mi sono preso una sbandata per Skylar” ribatté lui, ma non era del tutto convinto.
La vocina ridacchiò.
«Hey», rispose «c'è qualche problema?».
Skylar si lasciò scivolare di fianco a lui e lo studiò un po', prima di parlare.
Era da quando avevano lasciato il fast food di Diomede che il ragazzo era nervoso e scattava sull'attenti ogni volta che avvertiva un suono, e la cosa stava cominciando a tormentare anche lei.
«Sembri un po'... assente, ecco, da un po'» gli fece notare lei, spostandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio «c'è qualcosa che ti preoccupa?».
«No, è tutto okay», replicò lui, in tono gentile.
Ma Skylar era una figlia di Atena, dopotutto, e non abboccò.
Cominciò a giocherellare con la cerniera della felpa che indossava, un po' imbarazzata. Di solito non se ne andava in giro a chiedere ai ragazzi che problemi avessero, ma James stava diventando un amico. Se qualcosa lo turbava, Skylar voleva almeno provare ad aiutarlo.
Si limitò a guardarlo di sottecchi, ed i loro sguardi s'incontrarono.
James corrucciò le sopracciglia.
«Si nota molto?» domandò, alla fine.
«Solo un po'» cercò di rassicurarlo lei.
James sospirò lievemente, incerto.
«È che... ho avuto un po' di problemi con la polizia» disse, tutto d'un fiato.
Quando se ne usciva con quella frase, in genere, tutti si aspettavano che James avesse un passato da criminale, da spacciatore o qualcosa di simile.
Skylar, invece, lo guardò come per incitarlo a proseguire, senza la solita paura che spesso s'imprimeva negli occhi dei suoi interlocutori.
«Il fatto che siano sulle mie tracce, mi mette un po' di ansia. È... per una cosa che è successa con mio padre, un po' di tempo fa... ma è una storia brutta, Skylar» mormorò James, voltandosi di nuovo verso di lei «raccontarla non mi piace, e non voglio... spaventarti».
«Sono sicura che non hai fatto niente di male, tu, James», replicò lei.
James si grattò il capo, arruffandosi i capelli scuri e prendendo una profonda boccata d'aria.
«Ehm...» cominciò, un po' a disagio, senza sapere esattamente da che parte cominciare «io vivevo a New York insieme a mio padre, fino a qualche anno fa. Un giorno, quanto rientrai, trovai la casa completamente a soqquadro e mio padre era... morto».
La voce gli s'incrinò.
«Mi dispiace, James» sussurrò Skylar, pentita «se non vuoi parlarne...».
Lui scosse il capo, senza guardarla, e cominciò a tirarsi su la manica destra della felpa, scoprendo l'avambraccio ed una cicatrice.
«I ladri erano ancora in casa, quando arrivai» spiegò, fissando la cicatrice come se fosse la cosa più orribile che avesse mai visto in vita sua «scappai fino alla Collina Mezzosangue, ma poi mi presero al Pino. Questa me l'ha lasciata uno di loro con il coltello. Un'amica mi ha salvato, ma lei... le hanno sparato ed è morta. Uno dei ladri è scappato, mentre l'altro... l'ho... l'ho ucciso io. Non volevo, lo giuro, volevo solo spaventarlo e mandarlo via, ma ero così arrabbiato... e spaventato, e... adesso scapperai via anche tu?».
«No» rispose Skylar e, d'impulso, l'abbracciò «non ci penso neanche».


Le Cacciatrici di Artemide, nonostante un primo momento di diffidenza, a Sem e a Jonathan stavano cominciando quasi a piacere.
In fondo, erano delle ragazze come tutte le altre. Solo un po' più facilmente irritabili e molto meno disposte ad avere una conversazione civile con gli esseri umani – o mezzi umani – di sesso maschile.
Eppure, in un certo senso e mettendo da parte le occhiatacce, loro le ammiravano comunque.
Andavano in giro per il globo armate di arco e frecce, pronte a sconfiggere il nemico in un attimo.
Anche se erano un po' strane, erano forti.
Più tardi, tutti loro le avrebbero seguite alla ricerca della cerva, poiché anche se Talia aveva detto che non era necessario che le aiutassero a mettere al sicuro l'animale sacro, William aveva insistito per dare una mano.
Tutti sapevano che Will l'aveva fatto perché Brianne non gli piaceva e voleva darle contro, ma Jonathan aveva anche l'impressione che quella cerva avesse uno scopo ben preciso nella loro impresa.
Non riusciva a spiegarlo, ma sapeva che era importante.
Fu proprio Brianne a porgere a lui e a Sem i loro zaini.
«Ci abbiamo messo dentro del cibo vero», precisò la ragazza «tutti quei panini da fast food americano facevano ribrezzo persino ai nostri lupi. Ma quanti erano?».
«Circa una ventina di chili, credo» rispose Sem, arricciando il naso.
Brianne si batté una mano contro la fronte.
«Dei, che orrore» disse «se aveste mangiato davvero tutta quella roba, sareste diventati tutti dei ciccioni da almeno dieci quintali».
«Alcuni li avrebbe usati Susan per le sue... ehm, sedute spiritiche» rispose Sem, anche se non sembrava molto convinto «dice che i fantasmi li gradiscono».
«Oh» rispose Brianne, lanciando un'occhiata in direzione della ragazza in questione «capisco. È una figlia di Ade. Strane persone, i figli del dio dei morti».
Jonathan la guardò di sottecchi, mentre afferrava il suo zaino.
In fondo, anche Brianne non era così male come voleva lasciare ad intendere. E poi... quelle perline tra i capelli le stavano davvero bene.
«Sei una mezzosangue anche tu?», chiese Sem, curioso.
Brianne scosse la testa.
«No, io sono... ehm, ero una ragazza mortale, fino a un paio di mesi fa», rispose.
«Oh» fece Jonathan, perplesso «non credevo che anche le mortali potessero entrare a far parte delle Cacciatrici».
Brianne gli rivolse un buffo sorrisetto, con tanto di sopracciglia inarcate e sguardo compatente.
«Certo che possono», rispose «le ragazze possono fare qualunque cosa, al contrario dei ragazzi».
Jonathan decise che fosse bene non contraddirla, o una freccia gli avrebbe probabilmente trafitto un occhio.
«Comunque», riprese Brianne «è bello il tuo arco».
Jonathan seguì lo sguardo della Cacciatrice fino a quando scorse la sua arma.
Era poggiata al lato sinistro della tenda, dove lui aveva dormito.
«Si chiama Esali», gli uscì.
«La corda aveva qualche problema», gli fece sapere «ma ci ho pensato io. Adesso dovrebbe funzionare meglio. Ti ho lasciato anche qualche freccia speciale».
Jonathan dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto di ciò che Brianne aveva fatto per lui.
«Davvero?» chiese, stupito «cioè... grazie, non dovevi».
Sem, sempre più confuso, guardava ora Jonathan e ora Brianne senza riuscire a capire cosa esattamente stesse succedendo. Brianne sembra così... civile.
«Certo che dovevo» replicò la ragazza, alzando gli occhi al cielo e facendo spallucce «un arco come quello deve essere trattato con il massimo rispetto».



Angolo di Butterflies:
Okay.

Capitolino di passaggio che mia sorella mi ha costretto a scrivere u.u se non succede niente, è colpa sua. Prendetevela pure con lei, se vi va.
Will: non succede... niente? Sono ancora là, paralizzato dallo shock, e tu dici che non succede niente?!
Suvvia, Will, era solo un bacetto innocente.
Will: sì, un “bacetto innocente” che mi ha dato la ragazza che mi piace da tipo sempre e con cui non ho mai pensato di avere neanche mezza speranza! Devo ancora riprendermi!
Susan: …l'ho fatto dopo anni che ho pensato di farlo, e me l'hai fatto fare così?!
Nathan: TU, brutta strega, mi hai fatto quasi – e sottolineo il quasi – piangere. E mi hai fatto beccare da una come Elle! Sei un mostro!
Jonathan: stai davvero pensando di farmi innamorare di una Cacciatrice? Sono in un'impresa senza speranza di riuscita. Caos sta per svegliarsi. Non riesco a trovare il libro che mi serve. Sono ricercato in tutti gli Stati Uniti dalla polizia. Non sono già abbastanza sfigato, secondo te? Certo che no, mettiamoci pure un amore impossibile T.T
Rose: e perché hai detto a tutti che ho paura del buio?ç.ç
James: ...
...Bene! Prima che i vostri OC organizzino una rivolta verso l'autrice di questa... “cosa”..., vi saluto e spero che abbiate passato un buon Ferragosto.


Anzi, no u.u non ho ancora finito :3
Will: no? Uff...
No, perché una ragazza meravigliosa che ho già ringraziato tantissimo e ringrazio ancora, Scilotta78 - per la cui felicità (?) ho aggiornato con un giorno d'anticipo rispetto ai miei progammi -, ha trovato una canzone per tutti i personaggi(+1) di questa storia e vorrei condividerle con voi u.u


Rose: Kelly Clarkson - What Doesn't Kill You (Stronger)
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=N4L8fltjR7U

Altair: Jason Derulo - Fight For You
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=N4L8fltjR7U

Skylar: Zedd feat. Foxes – Clarity
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=BIi2fz2xCy4

Elle: David Guetta feat. Sia – Titanium
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=yj_alR22hCI

Sem: Avril Lavigne – Innocence
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=Ir2Sg_8hC3w

Jonathan: Panic! At the Disco: C'mon (with Fun)
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=pNZiy4rHYAY

Will: 30 Secon to Mars - This is war
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=jNLrbIHBcp0

James: The cab - Angel With Shotgun
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=6y5ltqkS0ik

Nathan: Simple Plan - Welcome to my life
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=J-HH3JZnGfs

Susan: Beth Crowley – Warrior
LINK: https://www.youtube.com/watch?v=Ir0MQngM6eU

Brianne: Christina Auguilera - Fighter
LINK: http://www.youtube.com/watch?v=jplkvf44v2c

Ora ho finito davvero u.u 
A presto e cercate i nessi tra le canzoni e gli OC u.u
  
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