Fanfic su artisti musicali > SHINee
Segui la storia  |       
Autore: ChiaKairi    20/08/2014    9 recensioni
Ti ho incontrato lì dove la terra incontra il mare.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Minho, Onew, Taemin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Image and video hosting by TinyPic

2. Fukan fuukei – Vista dall’alto
 
 
Ti ho incontrato lì dove la terra incontra il mare,
e da allora sono esploso in mille scintille,
mi sono diviso come la sabbia spazzata via dalle onde
per poi ricompattarmi e tornare me stesso,
anche se quello non ero più io,
non eravamo più noi.
È la salsedine che si attacca alla pelle,
o forse è stato solo il sapore del mare.
Così dolcemente bruciante.
Lo ricordo, lo ricordo perfettamente.
 
.
 
|Jinki|
 
La cartella clinica di Kim Jonghyun è poggiata sul tavolo di fronte a loro, chiusa. Minho non ha osato toccarla, la osserva e basta, pensieroso. Seduto sul divanetto dell’amico, si accarezza il mento e pensa.
“C’è qualcosa di dannatamente sbagliato nella sua testa.”
“Oh sì, puoi dirlo forte!” Jinki ride, si scosta una ciocca di capelli chiari dalla fronte. Si sistema sulla sua poltrona, dondola un po’. “D’altra parte, c’è qualcosa di sbagliato anche nella tua testa Minho, e nella mia, e in quella di chiunque altro.”
“Lo so, ma la sua è un tale casino…”
“Concordo.” Jinki accavalla le gambe. Si sono sempre trovati bene loro due, perché molte cose li accomunano. Una di queste è il fatto che entrambi hanno bisogno del loro tempo, per pensare, per elaborare le cose. Sanno attendere, si attendono a vicenda.
“Hyung, ti ha detto poi cosa gli è successo?”
“Vedi Minho… come te lo spiego…” si stringe le mani in grembo, riflette. “Nella sua testa c’è un blocco, un tremendo macigno che gli impedisce di andare avanti. Il blocco è lì, ben visibile. Il difficile però è capire il perché si trovi lì.”
“Se non parla non si aiuta, questo è certo.”
“Vero. Ma Minho, lui non può parlare.”
“Perché mai?”
“Il macigno.”
“Oh sì, certo…”
“Ma se non parla, il macigno non va via.”
“E se non va via, non può parlare.”
“Precisamente.”
Minho sospira.
“È un cane che si morde la coda.”
“È detto in parole molto povere ma… è la mente umana, Minho.” Jinki sorride, dolcemente. “Mi ha detto che gli sembri innocuo, per questo con te si sente meno in soggezione. Chiunque altro lo rende nervoso.”
“Sì, l’ho notato.”
“Non è una cattiva persona, non ha inclinazioni criminali, fa dei ragionamenti anche piuttosto puliti a volte. Non ricerca il male degli altri… sta solo disperatamente tentando di…”
“Sparire.”
Jinki annuisce.
“È ossessionato dall’idea del vuoto. Non si riesce a carpirgli una parola su se stesso. Ho provato a chiedergli se avesse una famiglia, dei parenti, amici, qualsiasi cosa… il masso blocca tutto. Fatica addirittura a pronunciare il suo nome.” Jinki conta sulle dita, riassume i pensieri e li spiega in modo che anche Minho possa capire.
“Hyung, cosa può essergli successo?”
Lo psicologo lo guarda, si passa la lingua sulle labbra prima di rispondere.
“Sai Minho, a volte la mente si blocca da sola. Non c’è un motivo preciso, è… nel nostro DNA. Il problema è così radicato in noi che proviene dal nostro background culturale, dall’insieme delle nostre esperienze passate… molte altre volte però, un disagio così profondo è causato da un avvenimento scatenante. Un trauma.”
Minho annuisce, appoggia le mani sulle ginocchia.
“Ma Minho-ssi, perché sei così interessato a questa persona?”
L’aveva sentita arrivare, quella domanda.
“Vedi hyung… l’ho conosciuto per caso. I bambini correvano per i corridoi come al solito e si sono intrufolati nella sua stanza. È stato… strano.”
“Mh.” Jinki non commenta, lo fa parlare.
“Fatico a lasciarlo andare. Insomma, una persona così, da sola, in balìa di se stesso… con che coraggio, posso lasciarla andare?”
“Ma le persone vanno e vengono Minho, tu lo sai meglio di me. Se non vogliono farsi aiutare, con che diritto tentiamo di intrufolarci nella loro vita?”
“Ma è venuto da te stamattina, no? Ha detto che non l’avrebbe fatto, eppure è venuto.”
Jinki sorride.
“Ha paura del vuoto, te l’ho detto.”
“Hyung, oggi gli tolgono le bende e poi potrà andarsene.”
“Così sembra.”
“È per questo che… volevo chiederti una cosa. Il permesso.”
Jinki si raddrizza sullo schienale, unisce le mani sotto al mento.
“Pensavo di chiedergli se vuole venire a stare da me, per qualche tempo. Sai, la casa è enorme e abbiamo due stanze degli ospiti che non ci servono e…”
“Minho…”
“Lo so hyung, è folle, però continuo a pensarci da qualche giorno. Le persone se ne vanno, ma Jonghyun non è ancora morto hyung. Lui è qui adesso.”
Jinki lo guarda con tenerezza, si schiarisce la voce.
“Sei sempre stato portato ad aiutare gli altri, qualsiasi cosa abbiano bisogno. Non mi stupisco che tu ci abbia pensato. Ma vedi Minho, forse Jonghyun è al di fuori della tua portata. La sua situazione è davvero complessa e, lascia che sia del tutto franco… non sono ancora sicuro, ma potrebbe essere pericoloso, Minho-ssi.”
“Jonghyun? Pericoloso?”
“Sì. Non so ancora di che natura precisa sia il suo problema, e penso che quelle ferite se le sia procurato da solo. È… altamente probabile.”
“Ma non è certo.”
“No, ma comunque… Minho, una persona in grado di fare una cosa del genere a se stessa, è certamente da tenere in osservazione.”
“Sento che non farebbe mai del male a…”
“Sei un dottore, Minho. So che capisci cosa intendo. È un soggetto instabile, dannatamente instabile. Se gli venisse un raptus?”
Si guardano negli occhi.
“Voglio correre il rischio.”
“Aish, Minho…”
“Voglio offrirgli una mano, Jinki, non ha una casa, non ha nessuno, me l’ha detto lui. Per qualche strano motivo si è fidato di me e forse… forse potrei essere davvero l’unico in questo momento, in grado di aiutarlo. Sarebbe solo per un breve periodo, fino a quando non riesce a ritrovare un po’ di stabilità. Continuerebbe le sedute con te qui all’ospedale. Ce lo porterei io.”
“No Minho, non sono tranquillo.”
“So perché sei così scettico. Non preoccuparti per lui hyung…” Minho si alza, gli va a mettere una mano su di un ginocchio e gli si accovaccia davanti.
Jinki lo osserva per bene, riflettendo.
“Sa badare a se stesso. Sai com’è fatto… non si incroceranno nemmeno.”
Jinki ride e Minho lo segue a ruota.
“Sì… è il mio solito istinto protettivo. Ce l’ho anche verso di te, Minho.”
“Terrò gli occhi aperti.”
Jinki gli mette una mano su di una spalla, si alzano.
“Mi raccomando.”
 
.
 
|Jonghyun|
 
Del viaggio in auto, seduto di fianco a Minho, non ricorda molto. Il perché gli abbia detto di sì, non lo saprà mai. Non era nemmeno lui in quei giorni, era un’entità indistinta che si aggrappa alla vita con poca convinzione.
 
.
 
“Non pensavo che la tua casa fosse… sì beh, così.”
“So che potresti sentirti disorientato all’inizio. È molto grande e…”
“È a due passi dal mare.” Jonghyun lascia cadere il borsone – non ha molto con sé, pochi vestiti che si è comprato i giorni precedenti e nient’altro – e va alle finestre. C’è una distesa azzurra davanti ai suoi occhi, poco oltre le palme. Minho arriva al suo fianco, incrocia le braccia.
“Quanto sarà che non vado in spiaggia?”
“Bwo?” Jonghyun si volta per guardarlo, stupito.
“Con il tirocinio, poi il lavoro… i bambini mi prosciugano di ogni energia.” Il giovane dottore fa spallucce.
Jonghyun scuote il capo e ci rinuncia. Continua a guardare fuori per un po’, poi si mette a gironzolare per l’ampio salotto.
“È tutto così… ordinato.” Passa un dito sulla libreria, ricolma di manuali di medicina e altri argomenti totalmente sconnessi. Un libro di cucina… uno di botanica…
“È ordinato perché qui non ci sta quasi mai nessuno. Le camere sono più incasinate.” Minho si butta sul divano e indica il piano di sopra con un indice.
Jonghyun non risponde, continua a gironzolare. Si è messo gli occhiali da sole e si è dimenticato di toglierli. Ha le mani nelle tasche dei pantaloncini e indossa una camicia leggera. Nonostante il cielo plumbeo, non fa più così freddo.
“Che palle, sono stufo della pioggia. Voglio portare i bambini al mare.” Si lamenta il dottore.
“Possono uscire?” chiede Jonghyun, stupito.
“Se è il giorno giusto… alcuni sì, perché no.”
Jonghyun ricorda le testine rotonde e senza capelli che Minho si porta in giro per tutto l’ospedale, allegramente. Quando arriva lui, arriva anche uno sciame di testoline imbronciate.
Jonghyun lo guarda, è sera tardi. Vede la stanchezza sotto i suoi occhi e si rende conto che è la prima volta che si trova così con lui, fuori dall’ospedale. Non ha il camicie, è solo…
Solo Minho.
Allora prova a chiamarlo, per vedere se gli risponde.
“Minho?”
“Mh?”
“Sei stanco?”
Il ragazzo nota la sua apprensione mista a curiosità, si raddrizza sul divano e sorride.
“Non ce n’è bisogno.” Borbotta subito Jonghyun, agitando una mano.
“Bwo?”
“Non c’è bisogno di mostrarsi sempre allegri con me. Non me ne frega niente. Non sono uno dei tuoi marmocchi.”
Minho sorride, nonostante tutto.
“Tranquillo hyung, non ti tratterò coi guanti, se è questo che intendi. Non ne ho il tempo né la voglia.”
Jonghyun annuisce, il suo sguardo vaga lungo le sue braccia mentre flette un po’ i muscoli, aprendo e chiudendo i pugni. Gli hanno lasciato delle garze lungo i tagli più profondi, ma non ha più le bende. Ha dei bicipiti pronunciati, doveva davvero aver un bel colorito prima… sì beh, prima.
“Hai fame?” chiede Minho.
Si alza dal divano, lo porta un po’ in giro per la casa.
 
.
 
La prima settimana va a gonfie vele. Minho lavora ogni giorno, per parecchie ore, ma nelle pause torna a casa o gli telefona per sentire se è tutto a posto. Jonghyun se l’è comprato con i suoi soldi il telefono. Il denaro è l’unica cosa che non gli manca.
Gliel’ha consigliato Jinki.
Gli ha detto di non chiudersi con Minho, è una brava persona.
Oh sì, Jonghyun non ne dubita. Ma la verità è che non gliene importa un bel niente.
Quando è solo, non ha molto da fare. Gironzola per le vicinanze ma non si avvicina mai al mare. Tutta quella vastità non fa per lui.
Più che altro guarda le cose dalle varie finestre della casa. Non è abituato alla tranquillità, al tempo. Guarda gli orologi ticchettare, guarda lo schermo del telefono accendersi.
Quando Minho lo chiama, è imbarazzante. Si sente un bambino.
Poi arriva l’ora di andare da Jinki, e lo psicologo gli scava dentro. Tanto non troverà mai nulla, è tutto inutile. Ormai hanno parlato per tante ore, ma Jonghyun racconta tutto e niente.
La sua missione è una sola, gli serve solo tempo per organizzarsi e raccogliere le energie che ha perso, quelle che sono fluite fuori dalle sue vene, sull’asfalto.
Una mattina si alza, non c’è il sole ma nemmeno piove. Fa colazione, esce con Minho per fare il suo solito giro mattutino. Saluta il proprietario di casa, tranquillo. Si infila gli occhiali da sole, poi però torna dentro.
Minho, per precauzione, ha tolto tutto ciò che è appuntito da casa. Coltelli, forbici. Le lamette per la barba non servono, gliela fa lui anche a Jonghyun e poi le getta subito via e tutto nel bidone vicino a casa, in strada.
“Hyung, smettila di lagnarti.”
“È fottutamente imbarazzante, Dio. Non sono un cazzo di emo tagliavene, lo vuoi capire o no?”
“Neh...”
“E tu non sei la mia badante. Porca troia, giuro che se mi tocchi ancora…”
“Sta zitto.”
“Fottiti.”
“Vaaa bene.”
E Jonghyun impreca, mentre Minho gli taglia la sottile peluria che gli cresce sul mento, con cura.
 
.
 
Vede Jinki quasi ogni giorno.
Ora che ci pensa, lo vede più di Minho, tutto sommato. Tra le sedute e le visite a casa, lo psicologo bazzica sempre nelle vicinanze. Lo ignora semplicemente. Si sente osservato, più di quanto si sarebbe aspettato. La cosa lo infastidisce, ma è meglio così, meglio non rimanere soli a sentire il mondo girare.
Quando era sull’asfalto e la pioggia gli cadeva addosso, prima di svenire, ha notato che il mondo vortica di continuo e nessuno se ne accorge. La cosa l’ha spaventato a morte. Da allora lo sente sempre, il mondo che gira.
“Hyung… quanti anni ha Minho?”
“Bwo? Ci vivi insieme da due settimane e ancora non gliel’hai chiesto?”
Jonghyun scuote il capo. Stanno facendo una passeggiata vicino alla casa. Jinki si è fatto un giro in salotto mentre Jonghyun guardava la tv, poi è andato una mezz’ora ai piani di sopra, a fare chissà che. Dopo ha proposto a Jonghyun di fare due passi e il ragazzo non ha rifiutato.
Perché no, in fondo cosa cambia.
“Non mi è venuto in mente.” Fa spallucce e guarda verso la spiaggia.
“Ne ha ventidue.”
“Mh.”
“Non sei curioso di sapere di più su di lui? Chiedi pure, lo conosco da quando era bambino.”
“No, non sono curioso.”
Jinki ride.
“Immaginavo. E di me, sei curioso?”
Jonghyun lo guarda per un attimo. Lo psicologo non indossa gli occhiali che usa a volte per leggere. Ha un viso sereno, il fisico snello e una voce rassicurante. Jonghyun l’ha pensato subito, non ha mai sentito una voce così rassicurante prima. Gli piacerebbe sentirlo cantare.
“So già quanti anni hai, hyung.”
Jinki ha venticinque anni e una carriera tutta da coltivare.
“Non ti interessa sapere da dove vengo, cosa mi piace… cose così.”
“Io sono un tuo paziente. Possiamo uscire insieme come due amici?”
Jinki sorride e si scosta i capelli lisci dal viso con un gesto del capo. Gli appoggia una mano su di una spalla.
“Sai distinguere bene il Jinki psicologo dal Jinki fuori dall’ospedale, così come non hai problemi a separare il Minho dottore dal Minho che ti prepara la cena di sera.”
“Yah, non mi prepara la cena ogni sera…”
“Sei bravo a distinguere le cose e i ruoli. Non capisco perché tu non riesca più a separare te stesso dal male che hai dentro. Cosa ti è successo Jonghyun, mh?”
Jonghyun si ferma. Lo guarda in viso e allontana la sua mano dalla spalla.
“Forse faccio male a distinguere le persone. In questo momento non siamo nel tuo studio, ma mi stai psicanalizzando, non è così?”
“Scusa, Jonghyun-ssi. Ti direi che è una deformazione professionale, ma è solo che vivi in casa del mio migliore amico e lui si è preso così a cuore la tua vicenda che un po’ mi ci sto affezionando anche io.”
Jonghyun si nasconde negli occhiali da sole e ficca le mani nelle tasche dei pantaloncini.
“Affezionando? Mi trattate come una fottuta cavia da laboratorio.”
“Vedi Jonghyun, non è facile per noi.  Non sappiamo niente di te, eppure vogliamo aiutarti. Lo vuoi il nostro aiuto, vero? O te ne saresti già andato.”
“Ho tanta voglia di andarmene. Ma non so come…”
“Jonghyun.” Jinki gli posa una mano su di un avambraccio. “Minho ci crede in te, ed anche io. Ne verremo fuori, ok? Non ci deludere.”
Gli occhi a mandorla di Jinki sono sottili e sornioni, ma a volte diventano penetranti come lame. Sono occhi da cui non si può sfuggire.
Allora Jonghyun abbassa lo sguardo.
 
.
 
|Minho|
 
Una sera Minho torna a casa, posa le chiavi rumorosamente sul mobile in anticamera. Lo chiama.
“Jonghyun? C’è nessuno?”
C’è un silenzio strano, nessuna televisione accesa. È un po’ tardi ma non ci sono profumi in casa, come se nessuno vi mangiasse da quella mattina. Non ci sono avanzi sparsi in giro, né qualche nuovo vestito che si è comprato Jonghyun appoggiato in salotto.
C’è solo tanto silenzio, ed è da un po’ che Minho non lo sente. Da quando è arrivato Jonghyun, il ragazzo ha preso possesso dei piani inferiori. Minho ha intuito che gli piace la musica, infatti spesso trova la radio accesa o qualche cd nello stereo, a tutto volume.
“Hyung?” lo cerca anche al piano di sopra, magari sta dormendo. Non lo trova.
È la prima volta che gli succede, una strana morsa gelata gli accarezza lo stomaco. È così stanco, dopo quella giornata passata in ospedale… Jino è stato male e a Minho mancano i suoi occhi grandi e nocciola, i suoi commenti vispi.
Ha bisogno di abbracciare qualcuno, non di trovare la casa vuota.
Soffoca un’imprecazione mentre esce di casa, si dimentica addirittura di chiudere la porta, nella fretta.
Jinki gliel’aveva detto, di stare attento. Forse l’ha lasciato troppe ore da solo, forse il mostro che c’è in Jonghyun è uscito allo scoperto dopo essere rimasto sopito nelle ultime settimane.
Corre in giro e lo chiama, ma nessuno gli risponde.
Chiama Jinki che ha avuto una seduta con lui quel mattino ma no, sembrava tutto normale e nel pomeriggio non ha avuto il tempo di passare da casa. Minho tenta anche di ricordare l’ultima volta che gli ha telefonato, ma è difficile, è da tanto che non prova quella morsa di ferro attorno allo stomaco, i pensieri sono un po’ annebbiati.
Non può fare a meno di immaginarsi la scena che ha tentato disperatamente di relegare nell’angolo più buio della sua mente.
Guarda il ciglio della strada, trema.
Non sta piovendo no, quella non è la stessa sera, non può esserlo. Nel pomeriggio è anche uscito uno spiraglio di sole, non può essere la stessa sera.
Lo trova che si è bloccato, l’ingranaggio sbagliato nella sua testa è scattato davanti a dei cocci di bottiglia fermi all’inizio di una spiaggia libera.
Lo sguardo di Jonghyun è fisso sui bordi appuntiti e Minho capisce subito che non è più lui. Ha il fiatone, è sudato sulla fronte. Fa un respiro profondo, prima di avvicinarsi con cautela.
“Hyung?”
Nessuna reazione.
“Jonghyun-hyung?” il ragazzo si volta lentamente, lo vede. La brezza della sera gli scompiglia un po’ i capelli, gli apre il colletto della camicia.
Jonghyun guarda Minho e con lentezza si accovaccia a terra. Raccoglie il collo spezzato di una bottiglia.
Minho scatta in avanti, spalanca gli occhi, poi si ferma a pochi passi, una mano tesa.
“Hyung… no…”
Il ragazzo stringe i denti, osserva prima il vetro rotto che ha tra le mani, poi Minho. Trema.
“N-non so perché non ci riesco. Non ci riesco proprio.”
“Hyung ti prego, vieni con me. Dammela, ok?” si avvicina lentamente. È troppo spaventato, non lo sta ascoltando.
“Sarei dovuto morire quella notte. Era perfetta, sai? Non so perché sono ancora qui. Le altezze mi fanno troppa paura, il sangue… il sangue è più invitante. Ma pungeva.”
“Jonghyun, ti prego. Lo risolveremo insieme, ok?”
La bottiglia si alza, sfiora le braccia ferite e sale ancora più su.
“Non te lo lascerò fare, fosse l’ultima cosa che faccio.” Minho scatta in avanti e Jonghyun gli punta il coccio tagliente al petto, facendo un passo indietro.
“Choi Minho, non sei niente. Non costringermi a farti del male. Per che cosa poi?”
“Merda Jonghyun!” grida Minho frustrato. Non ci sono passanti nelle vicinanze in quel momento, sono tutti nei ristoranti, negli hotel, a cenare.
Il mare è così vicino… gli occhi di Minho guizzano, lo incontrano.
So che è tanto che io e te non ci parliamo… ma ti prego, aiutami.
“Perché non mi lasci decidere, mh? Cosa c’è di male nel volersene andare? Non ci hai mai pensato, Minho? Avanti… tutti nella vita ci pensano almeno una volta.”
Il dottore esita. Abbassa le mani, respira profondamente stringendo i pugni.
“No, non ci penso. Vedo persone che nascono e muoiono, quasi nello stesso istante. La vita, anche la vita più di merda, è troppo preziosa. La mia vita la darei via a quegli angeli che vedo svanire ogni giorno, un pezzo di vita a ciascuno, così che possano diventare grandi. Tu sei come loro Jonghyun, solo che non lo capisci. Non lo sai, quanto sei fortunato a vivere, mentre loro sì. Lo sanno.”
Jonghyun chiude la bocca.
Si sente uno schifo. Ancora più schifo, se possibile. La mano gli trema così tanto che lascia cadere la bottiglia, con un sonoro tintinnio.
Minho corre, quasi non ci crede.
Se lo stringe al petto e ringrazia qualsiasi cosa, il mare, il cielo, Dio, non gli sembra vero che Jonghyun è ancora lì, tutto intero.
Il ragazzo si lascia abbracciare, è freddo come il ghiaccio. Minho affonda le labbra nei suoi capelli e per la prima volta sente il suo sapore, il contatto con la sua pelle. È abituato a toccare, ha imparato che ogni persona ha un proprio profumo, un sapore del tutto particolare.
Si imprime quello di Jonghyun nelle narici e sotto i polpastrelli come si impone di ricordare quello dei suoi piccoli pazienti. Perché il profumo delle persone più fragili è più prezioso, come quello del primo, vero sole d’estate, che non torna più.
 
.
 
Fa fresco ma almeno non piove. Il cielo è striato da nubi sottili e il mare è agitato per il forte vento che ha soffiato tutto il giorno. I cavalloni si formano sulla spiaggia, spuma bianca arriva quasi a sfiorare i loro piedi, anche se sono seduti lontani dal bagnasciuga.
Vorrebbe davvero avere con sé un asciugamano, qualcosa da mettergli sulle spalle, ma non ha niente allora usa il suo braccio.
Gli appoggia una tempia sui capelli e sospira, sentendo la salsedine nel naso e le goccioline dell’ultima onda sulle braccia e sul viso. Chiude gli occhi.
C’è la luna quasi piena nel cielo, illumina le nubi circostanti e le rende trasparenti. Come fantasmi.
“Quanto in là mi dovrò spingere, Minho?”
“Mh?”
“A volte me lo chiedo. Quanto in là mi dovrò spingere.”
Minho stringe di più il braccio attorno alle sue spalle, sospira. Jonghyun parla ancora.
“Hai avuto una giornata pesante. Mi dispiace essere un peso. Io con te non c’entro niente.”
“I miei bambini chiedono ancora del fantasma, voglio potergli dire che va tutto bene e glielo dirò, prima o poi.”
“Non sei tenuto a farlo. Davvero, Choi Minho. Chi te lo fa fare?” Jonghyun alza il capo dalla sua spalla e spinge in avanti le labbra, alzando gli occhi grandi e borbottando.
Minho gli tira uno schiaffetto leggero, su di una guancia, ma Jonghyun lo evita rapidamente.
“Smettila di fare il coglione, hyung. Punto e basta. Smetti di fare domande e smetti di guardare le cose taglienti.”
“Il coglione?” Jonghyun ride, scuote il capo e si riappoggia a lui.
“Tu sei un coglione, Choi Minho. A complicarti la vita con gente che non se lo merita. E non sto parlando dei tuoi bambini.”
“Non mi complico la vita, è un piacere.”
Jonghyun fissa il mare e Minho fissa Jonghyun.
“Ti ho minacciato con una bottiglia rotta. Cristo, sono fuori di testa…” si passa una mano sul viso.
“Non ci pensare, non l’avresti mai fatto.”
“Chi te lo assicura, mh?”
“Istinto. Per fare il dottore ce ne vuole parecchio.”
“Bah, fanculo.” Jonghyun non è convinto ma non ha le forze di ribattere e lascia fare.
Minho, soddisfatto, gli sistema una ciocca di capelli sulla fronte.
“Aish, mostrami le tue cicatrici, Kim Jonghyun… mostramele tutte, così posso capire per quanto tempo hai avuto bisogno di me e io non c’ero.”
Jonghyun alza lo sguardo, Minho prontamente si è già concentrato sul cavallone in arrivo. C’è un gran chiasso, è difficile sentirsi. Magari è solo un rigurgito della marea, magari non sono parole vere.
La mano destra di Jonghyun afferra una manciata di sabbia asciutta. Rovescia tutti i granelli sul braccio sinistro, fino all’ultimo, stringendo i denti.
C’è solo qualche cerotto, gli altri segni sono ben visibili. Scorrono in verticale, seguendo le vene. Minho gli afferra il polso, sorpreso.
“Yah… che fai, non si sono infettate fino ad ora…” gli ripulisce il braccio dalla sabbia, delicatamente, col dorso di una mano.
“Ti prendi cura di me come se fossi un bambino.”
“Bwo?”
“Ti prendi cura di me come se fossi un bambino!” Jonghyun grida, perché davvero quei cavalloni fanno un gran casino.
Minho gli appoggia una mano sulla fronte e gli tira la testa indietro, con uno strattone, così può guardarlo.
“Perché ti comporti da bambino.”
“Fai sempre così? Ti porti a casa sfigati random che incontri in ospedale?”
“Prima volta.”
“I don’t believe you ~” Jonghyun cantilena in un inglese stentato.
“Credi quello che vuoi hyung.”
Ci sono certi momenti in cui Jonghyun sembra quasi normale, e Minho si dimentica che quel ragazzo ha quasi tentato di suicidarsi pochi minuti prima.
Per la seconda volta, probabilmente.
“Senti, Minho… per favore… la prossima volta… lasciami stare, ok?” Jonghyun non lo sta guardando.
“Ti vergogni hyung? Ti vergogni di quello che stai dicendo, vero? Fai bene.”
“Minho, ascoltami.”
Jonghyun si alza dalla sua spalla e Minho si innervosisce. Gli prudono le mani, allora le affonda nella sabbia.
“Per me è finita! Non è importante, ok? È finita e basta e…”
“Hyung, ascolta tu me per una volta.” Gli afferra i polsi, Jonghyun sbuffa. “Pensavo… quest’anno non mi sono preso nemmeno un giorno di vacanza ancora. Che… che ne dici se me le prendo ora, mh? Due settimane.” Alza indice e medio, sorride.
“Minho…”
“Eddai hyung, sono stanco anche io! E poi non ho più voglia di lasciarti solo.”
“Cosa diranno i bambini? Loro hanno bisogno più di me.”
“I bambini staranno bene. Li andrò a trovare, tanto rimarrò qui no? Capiranno.”
Jonghyun lo guarda torvo, in ginocchio sulla sabbia.
“L’hai detto anche tu! Vivo qui e il mare non lo vedo mai manco col binocolo. Ho voglia di farmi un giro in barca e…”
Minho lo prende per un polso e lo strattona un po’, sfoderando tutto il suo aegyo.
“Davvero, Choi Minho… che ti importa?”
Minho abbassa lo sguardo e smette di sorridere.
“Non lo so hyung, mi importa e basta.”
Si guardano per un istante, ognuno fermo sulle sue convinzioni.
Poi gli occhi di Minho si spalancano, indica qualcosa alle spalle di Jonghyun.
“Hyung, l’onda…!” non fa in tempo a dire niente.
Si ritrovano fradici.
Minho si sdraia sulla spiaggia e ride tenendosi lo stomaco, incurante dei capelli che si immergono tra la sabbia bagnata. Jonghyun ringhia, mostrando i denti bianchi. Poi si scrolla come un cane.
Lo guarda.
 
.
 
Ti ho incontrato lì dove la terra incontra il mare.
 
.
 
“Hyung… come si fa a guarire qualcuno che vuole morire?”
Minho abbassa la voce, stringe il cellulare all’orecchio. Si sente il rumore delle onde, il richiamo dei gabbiani. È seduto sotto la finestra della camera degli ospiti. Jonghyun dorme tranquillo, in pantaloncini, il viso affondato nel cuscino.
“Potrei rimanere qui ore ad elencarti tutte le teorie che ho studiato nei libri, ma te la farò semplice, Minho.”
“Come sempre.”
Sorridono.
“Dagli una ragione per vivere.”
Minho abbassa lo sguardo. In cuor suo già la sapeva quella risposta.
 
.
 
|Taemin|
 
È l’ultimo giorno di lavoro per Minho, poi inizieranno le sue vacanze. Sapere che sarà sempre a casa, mette in Jonghyun una strana inquietudine. Non è più bravo con le persone.
Almeno non sarà solo però, almeno i suoi occhi la smetteranno di vedere spettri che non ci sono. Quando è con qualcuno è così preso dallo sforzo di relazionarsi che non ha tempo di pensare, e per lui è sicuramente un bene.
Gironzola per casa, è un po’ annoiato. È metà pomeriggio e stranamente c’è il sole. Non si è mai preso del tempo per osservare per bene l’enorme casa, in fondo non gli interessa.
È sovrappensiero, mentre sale le scale per andare in cucina. Nemmeno guarda davanti a sé, osserva i gradini. Entra nella cucina e si lascia andare ad un sonoro sbadiglio. Chiude gli occhi per stiracchiarsi un po’, e quando li riapre, proiettate sul muro dietro al frigorifero, ci sono due ombre.
La sua e…
Caccia un urletto sorpreso, di cui si vergogna subito dopo, ma proprio non è riuscito a trattenersi. Punta un indice, spalancando gli occhi.
“E tu chi cazzo sei?”
Gli risponde un battito di ciglia sorpreso, un mugugno perché ha la bocca piena di ramen appena scaldato. Ora nota anche il profumo, ma prima era così sovrappensiero che non ci aveva fatto caso.
C’è un bambinetto biondo seduto in cucina, indossa una canottiera mezza slabbrata e dei pantaloncini da mare. Ha delle braccette sottili sottili, e due guance piene così.
Ingoia velocemente, poi tira fuori la lingua e agita una mano davanti alla bocca perché si è scottato.
“Ops.”
“Bwo?” Jonghyun è esterrefatto.
“Sapevo che prima o poi sarebbe successo.”
“Successo cosa?”
“Viviamo nella stessa casa da tre settimane. Prima o poi dovevi accorgertene, no?”
Jonghyun spalanca bocca, occhi e tutto il resto.
“T-tu vivi qui?”
“Yep.”
“Com’è che non ti ho mai visto né sentito?”
“Sono piuttosto discreto, e tu hai altro a cui pensare. Giusto?”
Il ragazzino mastica un po’ e poi lo guarda, allegro.
Jonghyun si siede su una sedia e lo fissa, esterrefatto. Il biondino ricomincia a mangiare, si scosta una ciocca di capelli biondi dalla fronte sudata.
“Perché mangi ramen? Oggi fa caldo.”
“Mi andava. E tu perché te ne vai in giro a curiosare? Non l’hai mai fatto prima.”
Scusa se credevo di essere solo in casa! Dio… quindi per tutto questo tempo…”
“Tranquillo, non ti ho guardato nella doccia o roba simile. In genere me ne sto in camera mia. Oppure in giro.”
“Mi spieghi chi diavolo sei?”
Il ragazzino sorride, ha una guancia un po’ sporca e una faccia che non promette nulla di buono. Somiglia a quei bambinetti di Minho, solo che ha una massa di capelli incredibile ed è dannatamente più pericoloso, glielo legge negli occhietti castani, che scintillano.
“Lee Taemin.” Gli offre una mano dopo essersela passata sul pantaloncino. Jonghyun la osserva, non la stringe. Il ragazzino la ritira, per niente turbato.
“Tranquillo, non ho paura delle tue braccia.” Afferma tranquillamente, come se stesse parlando del tempo. Jonghyun avvampa e nasconde gli avambracci sotto al tavolo. Ormai ha preso l’abitudine di accarezzarli sovrappensiero, sentendo le sottili cicatrici sotto le dita.
“Yah… mio fratello domani tira fuori la barca. Lo fa per te, vero?”
“Aspetta… fratello?” chiede Jonghyun. Il ragazzino va troppo veloce per i suoi gusti. Ci metterà già un bel po’ ad assimilare il fatto che ha vissuto tre settimane in casa con uno sconosciuto senza mai nemmeno accorgersene.
Taemin annuisce, lascia le bacchette nella scodella con un sonoro tintinnio e si stiracchia, ha finito.
“Minho? Ma… non avete lo stesso cogno…”
“Padri diversi, stessa madre. Allora, la tira fuori per te la barca?”
Jonghyun sbatte le palpebre, intontito.
“Aish… cosa vuoi che ne sappia?”
“Anche la vacanza se l’è presa per te. Sai, ti devo ringraziare. È parecchio che lo vedo stanco, stressato. Ne ha bisogno. Un tempo andava sempre a nuotare.”
Jonghyun annuisce, ci sta davvero provando a seguire il discorso di Taemin ma sta ancora pensando al ‘padri diversi, stessa madre’.
“Yah… ce l’hai il costume da bagno, vero?” Taemin ha appoggiato i gomiti al tavolo e l’ha squadrato da capo a piedi.
“Mh… veramente non ho molti vestiti con me…”
“Niente costume? E come pensi di andare in giro i prossimi giorni, eh?”
Il ragazzino si alza e Jonghyun nota il suo corpo asciutto e slanciato, quasi più di quello del fratello. La carnagione di Taemin è rosea e piena, come le sue guance.
“Su, in piedi. Ti porto a comprare un costume come il mio, ti piace?”
Jonghyun guarda i pantaloncini da mare del ragazzino, non risponde.
“Avanti!”
“Ehi ma…”
“Te l’ho detto, non mi fai paura!” lo prende per un polso e corre via, Jonghyun quasi non gli sta dietro.
Quando arriva Minho, dovrà spiegargli un po’ di cosette.
 
.
 
|Jonghyun|
 
Si è alzato. Guarda giù dalla finestra d’ospedale. Ci sono i palazzi e le luci brillanti della città. Il fruscio del vento non è lo stesso, ma nelle orecchie ha ancora il rumore della risacca. Ha le labbra un po’ aperte, la testa leggermente inclinata. Non sbatte le palpebre perché in quello strano stato di dormiveglia in cui si trova, è facile credere di essere in un altro posto. Sotto di lui le case diventano palme, e il riverbero dorato delle luci notturne si trasforma nella linea drittissima dell’oceano, che divide l’orizzonte dal cielo.
La vista dall’alto, non è mai stata più bella di com’è nei suoi ricordi.

___________________________________________________________________________

Ragazzi, qui a Milano in questo momento c'è una tempesta di fulmini che fa paura... Qualcosa mi dice che devo aggiornare! XD
E con questo secondo capitolo ho introdotto tutti i personaggi di questa mini ^^ Che ve ne pare?
Prima di tutto abbiamo un Minho abbastanza fierce (so sexy OMG DX)


>Ma anche cute, no? Awww
>Meno male che c'è lui sigh


E infine ha fatto la sua porca figura (come al solito) anche un Taeminnie bello carico, non vi sembra?
 
Ok ok me ne vado >,< 
Concludo dicendo che le foto che vedrete negli sfondi dei banner d'ora in poi sono fatte da me ;) 
A presto!! Commenti commenti!
Byeee
-Chiara
 
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > SHINee / Vai alla pagina dell'autore: ChiaKairi