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Autore: Angelauri    20/08/2014    8 recensioni
A Miami è una splendida giornata estiva. Fa molto caldo e il team Austin e Ally si deve riunire. Il programma sarebbe quello di andare in spiaggia dopo aver discusso del nuovo video di Austin. Ma purtroppo succede qualcosa di inaspettato che trasformerà una bella giornata di sole e divertimento in un incubo per Austin, Ally, Trish e Dez. Come reagiranno i nostri protagonisti?
Dal testo:
"Pensai che al mondo ci sono diversi tipi di persone.
I simili, che vivono cercandosi a vicenda.
Gli opposti, che si attraggono come calamite.
Le anime gemelle, che si trovano sempre, anche se lontane.
E, infine, le persone come me ed Ally, che si cercano, si attraggono e si trovano nello stesso momento. Che sono simili, ma che sono anche agli opposti.
Quelle persone che sono complementari, fondamentali, indispensabili l'uno per l'altra.
Che da sole sono forti, ma che insieme sono indistruttibili, eccezionali.
E non importava se Ally non mi amava come l'amavo io, perché noi due eravamo quell'ultimo genere di persone.
Ci appartenevamo e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questo."
Spero di avervi incuriosito e che leggiate questa mia prima fanfiction :-D
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ally Dawson, Austin Moon, Dez, Trish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorna da me

Ally

Quando anche Austin uscì dalla stanza, mi sdraiai di nuovo nel letto, avvolta in leggere coperte di cotone. Mio padre aveva lasciato la busta contenente i miei vestiti puliti sul divanetto color ocra in fondo alla stanza. Avrei tanto voluto alzarmi e cambiarmi, ma ogni volta che ci provavo cominciava girarmi la testa.
Così, aspettai che tornasse papà.
Faceva caldo e riuscivo a malapena a sopportare tutto quel calore che aleggiava nella stanza. La finestra aperta lasciava entrare un po' d'aria fresca, ma non abbastanza. Mi scoprii, ma appena mossi le gambe le sentii piuttosto instabili. Cercai di mettermi seduta per controllare la situazione : la camicia da notte rosa mi arrivava a malapena al ginocchio, lasciando così intravedere le gambe magre e pallide; la gamba sinistra era illesa, ma due grossi lividi violacei coprivano quasi tutto il ginocchio e la caviglia della gamba destra, quella su cui ero probabilmente caduta. Delicatamente mi rimisi supina.
Passarono altri dieci lentissimi minuti.
Mi sentivo debole, priva di forze. Mi serviva urgentemente riposo.
Così, cullata dai suoni che provenivano da oltre la finestra, mi addormentai in un batter d'occhio.

Quando riaprii gli occhi, dopo quelli che mi sembrarono pochi secondi, non mi trovavo più nella stanza dell'ospedale, ma in una foresta spettrale.
Addosso avevo ancora la camicia da notte a cuori ed ero scalza.

Ovunque mi girassi, non vedevo altro che alberi.
Ma quelli non erano arbusti normali, me lo sentivo.
Inizialmente non capii cosa ci trovassi di strano : erano tetri e spaventosi, è vero, ma pur sempre alberi. Eppure, mi facevano stare male : improvvisamente ero più triste, più stanca, più scoraggiata che mai.
Ero in un incubo e ne ero consapevole, ma non riuscivo a non tremare dalla paura.
Sentii le gambe cedere e mi appoggiai al tronco più vicino.
Al solo contatto sussultai : non so come, ma quegli alberi respiravano.
Sentivo la corteccia espandersi e ritirarsi, sotto la mia mano, come un grosso polmone di legno.
Ma non solo.
Ad ogni folata di vento si potevano udire dei canti, inizialmente appena percettibili : gli alberi stavano cantando.
Ma quei cori così piacevoli all'inizio, diventarono ben presto un misto di urla angoscianti e grida di dolore, sempre più forti. Mi tappai le orecchie, ma non servì a nulla. Quel rumore mi stava perforando i timpani, mi stava facendo impazzire. Era una tortura crudele e lenta.
La vista mi si stava scurendo, non riuscivo a vedere quasi più niente.
Cosa avevo fatto per meritarmi tale supplizio?
Mi sentii profondamente in colpa, ma senza apparente motivo.
Eppure un pensiero si stava insinuando nella mia debole mente : se mi stava accadendo questo, dovevo aver fatto qualcosa di terribile.

- Basta! Vi prego, smettetela!!! - urlai in preda alla disperazione.

Ma gli alberi non mi avrebbero mai ascoltato o risposto, per quando vivi potessero essere.
Cominciai a singhiozzare. Ero così impotente di fronte a tale situazione, che non potevo fare altro che piangere e disperarmi.

Ma anche le lacrime erano surreali e invece di scorrere calde sul mio viso, cominciavano a vorticare in aria, trasportate da un vento gelido.
Creature mostruose senza volto si staccarono lentamente dagli alberi. Erano esseri terrorizzanti, costituiti da corteccia e muschio. Iniziarono a camminare tutte verso di me : erano migliaia.
Mi avrebbero sopraffatto in pochi minuti.
Io intanto gridavo, in preda al panico.
Sarei morta a breve, schiacciata da mostri nati dalle mie paure.
Quella non era la realtà, una parte di me lo sapeva; ma l'altra metà continuava a chiedersi come mai sembrava tutto così dannatamente vero.

- Andatevene! Via, via! - urlavo.

Ma nessuno mi sentiva. Quei canti tremendi sovrastavano tutto il resto.
Iniziai a correre, ma mi accorsi che restavo sempre nello stesso punto : ero incollata al terreno, anzi ci stavo letteralmente sprofondando dentro. Ai miei piedi si era aperta una grossa voragine, che mi stava velocemente risucchiando al suo interno.

Le orripilanti creature erano ormai a pochi centimetri dal mio corpo, o meglio, da quel che ne rimaneva : ero già ricoperta di fango fino alla vita.
Le lacrime cominciarono a rotearmi intorno, seguendo il vento gelido, sempre più veloci. Formarono un forte tornado di lacrime gelide, che mi graffiavano e mi facevano male : era come se fossero fatte di ghiaccio tagliente e acuminato.
Stavo annegando, sprofondando e soffocando nello stesso momento.
Stavo morendo, uccisa dalle mie stesse paure, dai miei sbagli.
Non lo vedevo, ma sapevo che cosa rappresentava quella situazione. Era l'atroce raffigurazione della mia vita. E solo io ne ero l'artefice.
Mi rimanevano ancora pochi secondi...

- Perché? Perché mi fate questo? - riuscii a sussurrare.

Nessuno rispose, ancora una volta.
Infondo io non meritavo risposte... Ero solo una sciocca ragazza che non meritava la sua vita.

E fu questa l'unica ragione che mi venne in mente, l'unica risposta che poteva spiegare il perché di quella brutale esecuzione.
Io ero un'incapace, un'inetta. Sapevo solo sbagliare.
Perché avrei dovuto continuare a vivere?
Mi vennero in mente molte risposte : Austin, Trish, Dez, i miei genitori...
Ma io non ero abbastanza per loro.
Accompagnata da quel triste pensiero, esalai il mio ultimo respiro.
Le lacrime di ghiaccio mi trafissero il cuore.
Le creature arboree mi sopraffecero.
Il terreno fangoso mi inghiotti fino ai capelli.
Poi diventò tutto buio.

Austin

Io, Dez e Trish camminavamo per strada, senza una precisa destinazione. Cercavamo di ripararci il più possibile all'ombra degli alberi, perché il caldo era rovente e solo così si poteva stare un po' più al fresco. In giro non c'era quasi nessuno a parte noi.

- Vi va di andare da Mini's ? - chiese Trish sorridente.

Sapere che Ally stava bene ci aveva fatto stare tutti meglio. Lo si vedeva dall'espressione serena di Trish, dal sorriso buffo di Dez e, probabilmente, anche dal mio viso meno preoccupato.

- Certo!- risposi.

Così, dato che anche il mio migliore amico era d'accordo, ci incamminammo verso il nostro ristorante preferito. Trovammo un tavolo libero e ordinammo tre mini hamburger e tre mini bibite.

- Sono così felice che Ally non abbia niente di grave... - disse Trish con un sospiro, mentre sorseggiava un fresco tè alla pesca - Ero così in ansia per lei. -

- Già, anche io. - commentai pensieroso, mentre addentavo il mio invitante panino.

La mia mente non faceva altro che volare da Ally.

- Dovremmo festeggiare! - esclamò Dez entusiasta - Facciamole una festa a sorpresa! Che ne pensate? -

- Io ci sto! - accettò raggiante la riccia.

Anche a lei piaceva l'idea.

- Contate pure su di me. - conclusi.

- Okay, allora facciamo così : alle quattro, quando Ally e suo padre torneranno al Sonic Boom, noi saremo lì! - cominciò Trish - Io mi occupo degli invitati, Dez si occupa delle decorazioni e Austin va a comprare i fiori. Tutto chiaro? -

Quella ragazza aveva sempre avuto una predisposizione a dare ordini ed era sempre organizzata per ogni evenienza. Sarebbe stato impossibile dirle anche solo un piccolo “no”.
Così, noi ragazzi, annuimmo senza pensarci due volte.

- Ma perché li aspettiamo lì? Non andranno subito a casa? E poi come facciamo ad entrare? - chiese Dez dubbioso, dopo aver bevuto un sorso della sua spremuta all'arancia.

- Io credo che passeranno prima dal negozio, anche perché Ally ha lasciato tutto lì : il suo telefono, il suo diario... Ed io ho una copia delle chiavi. - rispose lei.

- Perfetto! Allora che ne dite se ci incontriamo qui un'oretta prima? Giusto per controllare che sia tutto a posto... - proposi.

- Certo! - esclamarono loro in coro.

Chiacchierammo ancora per mezz'ora sulla festa, gustando e finendo il pranzo.
Guardai l'ora sul telefono : era l'una.

- Allora ci vediamo qui tra due ore! - conclusi io.

I miei amici annuirono e, dopo esserci salutati, andammo ognuno per la propria strada.

Ally

Mi risvegliai nel mio letto, non so quanto tempo dopo. Ero completamente fradicia di sudore, con il viso rigato dalle lacrime e il battito accelerato. Riuscivo a stento a controllare il respiro e tremavo come una foglia.
Inspirai.

Trattenni il fiato per qualche secondo.
Espirai.
Era questo l'unico modo in cui riuscivo a calmare la mia mente e la mia anima.
Non mi ricordavo neanche più da quanto andasse avanti questa storia... Prima mi succedeva solo una o due volte a settimana, ma ormai la situazione era peggiorata : ogni notte, da più di una settimana, facevo gli incubi. Per questo, prima che svenissi, era da tre giorni che non chiudevo occhio : la paura di rivivere quella situazione, un'altra volta, era troppa. Mi ero illusa che fosse una storia chiusa ormai, considerato che la sera prima ero riuscita a dormire tranquillamente, ma ovviamente mi sbagliavo.
L'incubo che facevo era sempre lo stesso, io l'avevo soprannominato “la foresta delle creature arboree” : lo conoscevo a memoria e sapevo anche cosa avrebbe potuto significare ogni singolo elemento. Le creature mostruose raffiguravano i tantissimi sbagli che avevo fatto nel corso della mia vita. Le lacrime di ghiaccio simboleggiavano tutte le mie preoccupazioni, che affollavano la mia mente ogni giorno e nell'incubo mi ferivano, come le mie paure ed ansie mi distruggevano da dentro. Infine, il terreno fangoso rappresentava la mia incapacità di saper affrontare la vita e mi privava d'aria proprio come la mia inadeguatezza e la mia insicurezza facevano nella vita vera.
Nessuno mi aveva spiegato tutto ciò, ma io lo sapevo.
Ricordavo sempre ogni dettaglio degli incubi e, a volte, era difficile distinguere la realtà dal quel che il mio inconscio mi faceva sognare. Perché, infondo, tutto quello che il mio cervello immaginava conteneva anche un po' di verità. Ed era questo quello che più mi terrorizzava.
Mi asciugai la fronte e le guance con un fazzoletto, trovato sul piccolo comodino bianco affianco al mio letto. Il cuore aveva rallentato il suo ritmo, così come il respiro. Le mani non tremavano più. Avevo ripreso il controllo di me, del mio corpo.
Qualcuno aprì la porta : era mio padre, con un vassoio ricco di cibo tra le mani.

- Ciao tesoro. - mi disse.

Io lo salutai con un sorriso finto, che mascherava l'angoscia che provavo dentro.

- Tutto okay? - mi chiese.

- Sì papà, non preoccuparti... - mentii.

- Ti va di mangiare? È quasi l'una e mezzo... - mi domandò indicando con un gesto del capo il pranzo che aveva portato con sé.

Annuii e lui mi porse un piatto di riso in bianco, per poi tenersene un altro per sé. Mangiammo lentamente, in silenzio, tra un sorriso timido e l'altro.
Dal mondo oltre alla finestra provenivano rumori diversi : i clacson delle macchine, le urla dal mercato che facevano ogni mattina sul lungomare, le onde dell'oceano in lontananza, le chiacchiere della gente. Suoni indistinti, ma che facevano parte della mia vita.

Ed io non mi sarei mai arresa contro degli incubi, perché infondo mi piaceva vivere lì, con i miei amici e mio padre, tra il negozio e la scuola, con la mia musica.
Quello era il mio mondo, io ne facevo parte.
E non ci avrei rinunciato tanto facilmente.

Austin

Il negozio di fiori non era molto lontano da Mini's, infatti in circa mezz'ora lo raggiunsi a piedi.
Il “Flowers and Roses” era il più posto più ricco e attrezzato in campo di giardinaggio. Potevi trovarci i fiori più semplici, ma anche quelli più rari. La proprietaria si chiamava Lucy Knight ed io la conoscevo fin da quando ero piccolo. Era una signora sulla cinquantina, paffuta e dal cuore d'oro. Aveva i capelli mori tagliati corti, portava un paio di occhiali dalle lenti spesse e sul suo volto non mancava mai il sorriso. Viveva nel mio stesso quartiere e tutti lì la conoscevano per la sua bontà, la sua gentilezza e la sua simpatia. Lei e mia mamma, nonostante la differenza di età, erano molto amiche e perciò era capitato che venisse a cena dai noi insieme a suo marito o che mi facesse da babysitter quando ero ancora piccolo. Insomma, faceva parte della famiglia.

Entrai nel negozio e fui subito travolto dall'esplosione di colori e odori che provenivano dai tanti esemplari di piante di cui era fornito quel posto.

- Austin! Che piacere vederti! - esclamò Lucy appena mi vide.

- Lo è anche per me. - dissi andandole incontro.

Lei mi abbracciò e mi diete un'arruffata ai capelli.

- A cosa devo questa visita? - mi chiese con un sorriso smagliante.

- Vorrei comprare un mazzo di fiori per la mia amica Ally che...- stavo rispondendo sorridendo.

- Un momento, fermo, fermo! - mi interruppe lei.

La guardai senza capire. Che cosa avevo detto di sbagliato?

- Quel sorrisetto lo riconoscerei anche a distanza! Siamo sicuri che sia solo un'amica? - mi domandò con un'espressione buffa in volto, quella che di solito hanno le nonne quando ti fanno domande imbarazzanti, del tipo “Oh tesoro, dimmi : hai già la fidanzatina?”.

Arrossii, visibilmente imbarazzato, e lei scoppiò in una grossa e fragorosa risata. Io le sorrisi timidamente.

- Hey, stavo scherzando! - disse sorridendomi - È solo che tua mamma mi ha parlato molto bene di questa Ally e poi, da quel che mi racconta, sembrate fatti l'uno per l'altra. -

- Ehm... Ecco... Beh noi siamo grandi amici e ci vogliamo bene... - balbettai.

- Peccato... - concluse lei.

Abbassai lo sguardo.

- Già, è un vero peccato... - sussurrai tra me e me.

- Che fiori desideri? - mi chiese Lucy.

Mi guardai un po' intorno : c'erano peonie, girasoli, orchidee, ciclamini, ortensie, azalee... Ma io sapevo quali erano quelli giusti per Ally.

- Rose e gigli. - risposi convinto.

- Ah, allora vai sul romantico! - commentò lei facendomi l'occhiolino.

Arrossii ulteriormente, ma lei non mi vide, perché era già andata a prendere quello che le avevo chiesto. La seguii per poterla vedere all'opera.
Lucy lavorava con grande maestria : sceglieva sempre i fiori più belli e li abbinava in modo perfetto. Le sue lunga dita affusolate erano veloci, esperte, sapevano tagliare e preparare decorazioni floreali in poco tempo. Era sempre stata un'eccellente giardiniera ed amava il suo lavoro.

Dopo circa cinque minuti, infatti, mi porse un magnifico bouquet, i cui colori variavano dal bianco al rosa. Le rose e i gigli erano bellissimi e profumati ed erano tenuti insieme da del grazioso raso rosso, che terminava legato in un fiocco.

- Wow, Lucy... Questi fiori sono stupendi! - esclamai entusiasta - Piaceranno sicuramente ad Ally! -

Lei mi sorrise, orgogliosa del suo lavoro. Dopodiché la pagai e, dopo averla abbracciata e ringraziata, mi diressi verso la porta.

- Spero di rivederti al più presto. - mi salutò Lucy - E magari la prossima volta mi farai conoscere questa Ally! -

Mi sorrise ed io ricambiai il sorriso, annuendo leggermente.

- Ciao Lucy. - dissi uscendo dal “Flowers and Roses”.

Erano le due e un quarto, così mi incamminai verso il Sonic Boom.
A circa metà strada Trish mi chiamò per telefono.

- Ciao Austin, hai già comprato i fiori? -

- Sì, sto arrivando in negozio. -

- Perfetto. Io ho già invitato un po' di persone e adesso sto andando a prendere qualche stuzzichino e qualcosa da bere. Dez invece è già in negozio, ma non so cosa sta combinando...-

- Non ti preoccupare, ora vado a controllare. -

- Menomale, sennò va a finire che ci ritroviamo la giungla nel negozio! - commentò facendomi ridere - Austin, mi chiedevo se tu potessi cantare qualcosa alla festa, in modo che ci sia anche la musica... -

- Certo, lo farò volentieri. -

- Fantastico, allora ci sentiamo dopo... -

- Aspetta Trish, volevo farti una domanda. - dissi interrompendola.

- Dimmi. -

- Tu sai qualcosa delle notti insonni di Ally? -

- No... Non mi ha raccontato niente. - la sua voce era improvvisamente più cupa.

Quella domanda mi stava assillando da qualche ora e, molto probabilmente, perseguitava anche Trish.

- Okay... Allora ci vediamo tra un po'. Ciao Trish. -

- Ciao. - concluse lei.

Chiusi la chiamata, con quella vocina ancora nella testa che mi ripeteva in continuazione la stessa cosa: “Devi parlare con Ally. Qui c'è qualcosa che non va...”

Ally

Avrei dovuto dormire ancora un po', ma non ci riuscii : il buio che vedevo quando chiudevo gli occhi mi ricordava troppo i miei incubi. Era tutto piuttosto strano, perché io non avevo mai avuto paura del buio, neanche da piccola. Ma in quei giorni ne avevo il terrore. E non riuscivo più continuare in quel modo.
Per ingannare l'attesa avevo cominciato a leggere un libro che aveva portato papà, ma ogni volta che posavo lo sguardo sulle lettere di una pagina mi veniva un gran mal di testa.

Erano quasi le tre.

- Papà, prima di andare a casa, possiamo passare dal Sonic Boom? Ho lasciato lì tutte le mie cose... - chiesi a mio padre, che se ne stava in piedi vicino alla finestra.

- Certo tesoro. - mi rispose.

- Mi aiuti ad alzarmi? Vorrei vestirmi... -

Papà annuì e mi si avvicino, titubante.

- Sei sicura di farcela? - mi domandò.

- Sì... -

Così mi misi seduta, girandomi poi verso il lato sinistro del letto. Posai prima una gamba a terra, poi l'altra, con mio padre vicino pronto a sorreggermi. Provai ad alzarmi : le gambe, nonostante fossero un po' tremolanti, mi sostenevano. Sorrisi e provai a fare qualche passo.

- Come ti senti Ally? -

- Mi gira solo un po' la testa...-

- Se non ce la fai, siediti subito. Va bene? -

Annuii e, muovendomi lentamente, raggiunsi il divano e presi la busta con i vestiti puliti.

- Dove mi posso cambiare? -

- C'è un bagno lì dietro. -

Non l'avevo ancora notata, ma a destra del mio letto c'era una porta di legno. Da sdraiata non l'avevo potuta vedere, perché era nascosta dalle macchine che controllavano il battito cardiaco, la pressione e la respirazione. Girai la maniglia e mi ritrovai in un piccolo bagno, ovviamente bianco. Chiusi la porta e cominciai a vestirmi. Mio padre mi aveva portato un grazioso abito giallo con le balze (http://static.stylosophy.it/stwww/fotogallery/625X0/58001/abito-hm-giallo-con-balze.jpg), che mi arrivava poco più su delle ginocchia ed era abbellito in vita da una cintura di stoffa nera. Adoravo quel vestito : me l'aveva regalato Austin per il mio compleanno ed era bellissimo. Nel sacchetto c'erano anche un paio di ballerine nere e il mio beauty case. Mio padre si era proprio ricordato tutto! Quando ebbi finito, mi guardai al piccolo specchio che si trovava sopra il lavandino : il mio viso era pallido, con delle leggere occhiaie sotto gli occhi. Mi truccai leggermente, con un filo di mascara, un accenno di ombretto giallo chiaro e un velo di fondotinta. Ai capelli, arruffati e mossi, non potei far altro che pettinarli, perché non avevo con me l'arricciacapelli. Ero pronta, così piegai la camicia da notte e uscii dal bagno.

- Stai molto bene. - commentò papà appena mi vide.

- Grazie... - dissi io con un sorriso timido, per poi sedermi vicino a lui sul divano.

Austin

Era tutto pronto ormai : i fiori, gli invitati (Trish aveva invitato tutti gli amici che era riuscita a trovare), le decorazioni, la musica, il rinfresco... C'era tutto, mancava solo Ally. Presto sarebbe tornata a casa, sarebbe ritornata da me. Ed io non vedevo l'ora di abbracciarla.
Trish mi si avvicinò.

- Ci siamo quasi! E siamo anche in perfetto orario. - mi comunicò sorridendo.

Annuii, orgoglioso della nostra idea.

- Un attimo di attenzione! - urlò Trish rivolgendosi a tutti quelli che erano venuti - Tra mezz'ora arriverà Ally, perciò ora vi dirò dove dovete nascondervi e cosa dovrete fare. Nelson, tu devi nasconderti sotto il clavicembalo, Billl e Statua umana davanti alle trombe, Pirata Frank e Mindy dietro i violoncelli, Kira e Dallas vicino al pianoforte, Austin tra le chitarre e i clarinetti, Dez ed io ci nasconderemo accanto ai violini, gli altri si mettano dove gli pare! Tutto chiaro?-

- Sì! - rispondemmo tutti in coro.

Trish sorrise entusiasta.

- Perfetto! Allora quando ve lo dico andate tutti nei vostri nascondigli e quando arriva il segnale (ovvero Ally che accende la luce), beh, sapete cosa fare! - concluse.

Ally

Prima di andare via dall'ospedale incontrai un'ultima volta la dottoressa Anderson.

- Mi raccomando Ally, riposati il più possibile e non affaticarti. - mi disse.

- Lo farò, grazie. -

Lei mi sorrise e mi salutò, per poi andare nella direzione opposta alla mia.

Uscii dal Grace Hospital alle quattro meno dieci, accompagnata da mio padre. La temperatura era leggermente più bassa rispetto a qualche ora prima, ma il sole splendeva ancora alto nel cielo, come se si stesse rifiutando di continuare il suo cammino. I suoi raggi caldi mi illuminavano e fu come se mi rigenerassero, infondendomi forza e speranza.
Ci dirigemmo verso la macchina e partimmo in direzione del Sonic Boom, con tutti i finestrini aperti e l'aria che mi faceva svolazzare i lunghi capelli castani dai riflessi color caramello. In meno di un quarto d'ora arrivammo a destinazione.

Nel centro commerciale non c'era quasi nessuno, anche alcuni negozi erano chiusi. Era tutto così calmo, fin troppo tranquillo. Voglio dire, quella era l'ora di punta.

- Come mai c'è così poca gente? - chiesi incuriosita.

- Non lo so, saranno tutti al mare... - mi rispose mio padre.

Annuii, per niente convinta, e mi feci dare le chiavi del negozio da papà.
Dopodiché aprii le porte ed accesi la luce.

 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state passando le vacanze?
Eccomi qui con il sesto capitolo della fan fiction, spero che vi piaccia :-) …
Ringrazio con tutto il mio cuore tutte le persone che leggono e recensiscono (anche solo col pensiero) la mia storia : siete sempre gentilissimi.
Ditemi cosa ne pensate, se vi va ovviamente.
Vi mando un bacione :-D !!!
Ciaoooo ♥

   
 
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