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Autore: CheshireClown    17/09/2008    6 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il tag u, se non in casi particolari.
Rinoa81, assistente amministratrice.

[Non ti preoccupare, sono qui]
"Era rimasto sorpreso nel vedere qualcuno della sua età aggirarsi per il parco a quell'ora, e di certo era contento di quell'inaspettato incontro. Innocente, avrebbe voluto correre ad aiutarla, tenderle la mano e, perché no, conoscerla pure. Ma la realtà era crudele e lui sapeva per certo che la bambina sarebbe corsa via appena l'avesse riconosciuto." Un rapporto che si evolve pian piano, dal primo semplice incontro fino alla profonda amicizia, finchè la presenza dell'altro diventa indispensabile per vivere.[NaruSaku]
[Seconda classificata al contest "Scontro tra pairing" e vincitrice dello scontro NaruSaku vs SasuSaku.]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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don't worry, i'm here

Attraverso il vetro opaco della finestra, il cielo notturno si affacciava sulla stanza illuminata dalla debole aura di una candela.
Accoccolata fra le calde coperte, la bambina osservava rapita la madre seduta ai piedi del letto.
Occhi color speranza brillarono nel constatare di aver ottenuto ciò che voleva.
-Mi racconti una storia, vero mamma?- chiese, innocente.
-Certo.- rispose la donna con un sorriso rassicurante dipinto sul volto.
-Allora, tutto cominciò tanto tempo fa...-
La madre si interruppe nel vedere la figlia corrugare la fronte.
-Cosa succede?-
-Le storie iniziano con “C'era una volta”. Sempre.- protestò la piccola, infantilmente.
-Hai ragione,Sakura.-


Don't worry, i'm here

[Life is like a tale...]


C'era una volta un immenso prato, ricoperto da un infinito manto di boccioli.
I petali, ancora chiusi, non si accorsero del sole nascente.
I primi raggi mattutini accarezzarono il roseo mare, ammirandone la bellezza.
Coraggiosa, una scia luminosa si avventurò nel campo, precedendo i compagni.
E fu nella sua piccola fuga che lo vide.
Un bellissimo bocciolo, leggermente isolato dal resto del manto, riposava tranquillo nell'ombra.
Ma i petali chiusi impedirono al futuro fiore di notare il raggio di sole che in segreto l'ammirava.


Doveva essere tardi, ormai. Il sole era tramontato già da tempo, gettando il piccolo parco giochi nell'oscurità.
Il canto delle cicale non era nemmeno più udibile, e ciò preoccupava la bambina.
Correva, una busta stretta al petto.
Ansimava, stanca e a corto di fiato.
Si era fermata per troppo tempo a giocare con Ino e ora era in ritardo per la cena.
Sua madre sicuramente l'avrebbe sgridata, ripetendole quanto potesse essere pericoloso rimanere fuori casa a sera inoltrata.
Gettò un'occhiata alla busta, ancora ben chiusa, sperando che il contenuto non fosse rimasto danneggiato.
Si era recata al mercato, quel pomeriggio, per poter comprare alcuni ingredienti per la cena. Voleva aiutare sua madre in cucina e meritarsi così una storia in più prima di andare a dormire.
Tristemente, constatò che molto probabilmente, per colpa del suo ritardo, la donna non le ne avrebbe narrata nessuna.
Un vero peccato, visto che Sakura aspettava impazientemente il seguito del racconto della notte precedente. Era una storia appassionante, agrodolce, capace di coinvolgerla come poche favole erano riuscite. Purtroppo, però, la bambina si era subito addormentata, troppo stanca, e non era potuta venire a conoscenza dell'intero racconto.
Ciò che ricordava era solo l'inizio e ogni volta che vi ripensava cresceva l'impazienza di udirne il seguito.
Persa nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, Sakura si spaventò nel sentire un cigolio lontano.
Sobbalzò, voltandosi alla ricerca della fonte del rumore.
Maldestra, posizionò male un piede e inciampò.
Rovinò per terra, sollevando un gran polverone giallognolo.
Smarrita, rimase stesa sull'arido terreno per alcuni secondi prima di tirarsi su a sedere di scatto.
Le ginocchia, lasciate scoperte dalla gonna rossa, erano sbucciate e alcune gocce di sangue facevano capolino fra le lievi ferite.
Si morse il labbro inferiore, Sakura, nel percepire alcune fitte di dolore.
Gli occhi si appannarono, lucidi, mentre con una mano cercava di alleviare il dolore premendo sulle ferite.
Si guardò attorno, alla ricerca della busta che poco prima teneva stretta fra le braccia.
Sospirò, sollevata, nel vederla giacere intatta vicino a lei.
Si rialzò, cercando di ignorare le dolorose fitte. Raccolse il sacchetto e, dopo essersi guardata ancora una volta attorno, guardinga, riprese la sua corsa verso casa.
Un cigolio accompagnò il rumore dei suoi passi mentre si allontanava.
Nell'ombra, seduto su una vecchia altalena arrugginita, un bambino biondo seguiva con lo sguardo la coetanea lasciare il parco giochi, abbandonandolo.
Un sorriso gli illuminava le labbra; gli occhi scintillavano, ammirati.
Mai aveva visto una bambina più bella e dolce come lei.
Era rimasto sorpreso nel vedere qualcuno della sua età aggirarsi per il parco a quell'ora, e di certo era contento di quell'inaspettato incontro.
Innocente, avrebbe voluto correre ad aiutarla, tenderle la mano e, perché no, conoscerla pure.
Ma la realtà era crudele e lui sapeva per certo che la bambina sarebbe corsa via appena l'avesse riconosciuto.
Abbassò lo sguardo, il sorriso ormai triste e spento.
L'unica cosa che gli rimaneva era sperare.
Sperare di rivederla, di poterla ammirare ancora da lontano, di accarezzare  un giorno quelle ciocche rosee così particolari.
Sperare di poterla conoscere, di poter diventare suo amico.
Sperare di udirla pronunciare il suo nome.
Naruto.


Il sole sorse, seguito da una serena mattinata.
Il piccolo raggio di sole era ancora intento ad ammirare in segreto il piccolo bocciolo mentre questi, incerto, schiudeva pian piano i petali.
S'infervorò, illuminandosi, pronto a scattare in avanti e mostrarsi in tutta la sua bellezza al fiore nascente.
Purtroppo, però, i rosei petali, aprendosi, avevano rivelato la presenza, in lontananza, di uno snello albero, la cui ombra lambiva il sottile stelo del futuro fiore.
Si sentì protetto, il bocciolo, e ammirò quel lontano albero magnifico, perfetto.
Mai avrebbe voluto che la luce del sole lo privasse di quella poca ombra, quella sottile macchia scura che lo legava al sottile fusto.


Annoiato, Naruto camminava svogliatamente per le affollate vie di Konoha.
Sbadigliò, pensando quanto fosse noioso doversi recare in biblioteca per studiare invece di allenarsi.
Rimanere chino sui libri non gli piaceva proprio, né lo trovava utile.
Nella sua ancora infantile mentalità di dodicenne ciò che importava veramente era allenarsi duramente per poter poi, un giorno, diventare Hokage.
E conquistare l'irraggiungibile Sakura-chan.
Ancora non riusciva a credere quanto fosse stato fortunato a capitare in team con lei. I suoi sogni di bambino solitario si erano risvegliati nel sentire Iruka-sensei pronunciare di seguito  il suo nome e quello della ragazzina.
Aveva passato così tanto tempo a sognare di poterle parlare, di poterle stare accanto, di poterle rubare un sorriso, che ancora non riusciva a capacitarsi di quanto reale fosse quella situazione.
Il suo sorriso, già luminoso al solo pensiero della ragazzina, si allargò ancora di più nel vederla arrivare da lontano.
Non poté far altro che rimanere affascinato dalla sua spensieratezza, dai suoi piccoli gesti così naturali.
Si portava una ciocca dietro l'orecchio, lasciava vagare lo sguardo color speranza per l'azzurro cielo e sorrideva, persa nel suo mondo.
Oramai Naruto conosceva ogni singola piccola, involontaria abitudine della compagna di squadra. Anni e anni di segreta ammirazione cominciavano a dare i loro frutti.
D'un tratto, Sakura voltò il capo in direzione di Naruto, fermandosi.
Sorrise, e affrettò il passo.
Il biondino non riusciva a crederci: si stava precipitando da lui.
Allargò le braccia, pronto ad abbracciarla, quando...
-Sasuke-kun!- esclamò Sakura, correndo incontro al compagno di squadra che, tranquillo, camminava al seguito di Naruto.
E il biondino ancora non riusciva a credere quanto potesse essere sfortunato nell'essere capitato nello stesso team di quell'antipatico di un Uchiha.
Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi.
Il suo sguardo, traditore della sua tristezza, era fisso sui due ragazzi dinanzi a lui.
Sakura, allegra, assillava Sasuke, sforzandosi di rendere la sua voce più melodiosa possibile, così da impressionarlo.
L'Uchiha, però, la ignorava bellamente, preferendo di gran lunga continuare a camminare perso nei suoi astrusi ragionamenti.
Era avvezzo a quella scena, Naruto. La vedeva ripetersi ogni giorno, ogni momento della giornata, nessuna eccezione.
Mancava solo un particolare...
-Sakura-chan! La tua voce oggi è stupenda, 'ttebayo!- esclamò, allegro.
L'interessata si voltò verso di lui, stupita del commento.
Non arrossì, né ringraziò.
Gonfiò le guance e, con tutto il fiato che aveva in gola, gridò :-Baka!-
Ecco cosa mancava.
Ora il quadro era completo.
Sasuke veniva ammirato da Sakura, ma non badava alla serrata corte della ragazzina.
Sakura veniva ammirata da Naruto, ma l'unica reazione ai continui complimenti erano solo irritate urla.
Abbassò lo sguardo, il biondino, sorridendo tristemente.
Lo sapeva, lei non lo voleva, come tutti al villaggio del resto.
Eppure continuava a sperare, a lottare, a tenere duro finché non avrebbe superato Sasuke e conquistato così il cuore della sua Sakura-chan. Un giorno avrebbe realizzato i suoi sogni, ne era sicuro.
Un sorriso, carico di speranza, illuminò il suo volto mentre si affrettava a raggiungere i suoi compagni.

 
Il pomeriggio era arrivato e con lui l'ombra dello snello albero aveva abbandonato il bocciolo, non ancora del tutto sbocciato.
Era triste, il piccolo fiore, nel sentirsi solo, isolato dal resto del roseo manto.
D'un tratto, inaspettatamente, un dolce tepore l'avvolse.
Sorpreso, si voltò verso la fonte del calore, incontrando così il giovane raggio di sole.
Rassicurato, si abbandonò alle coccole che la scia luminosa gli donava.


Sospirò, Sakura, spossata.
Si era allenata per tutta la mattina e, dopo una breve pausa pranzo, doveva tornare da Tsunade-sama per aiutarla.
Dopotutto era ancora sua allieva e capitava che la donna sfruttasse la sua posizione per obbligarla a riordinare gli archivi assieme a Shizune.
Sconsolata, si incamminò verso il palazzo dell'Hokage, non ancora pronta a un pomeriggio pieno di fascicoli e fogli svolazzanti.
Nel percorso si guardava attorno, spensierata.
Konoha era rimasta la stessa nonostante la serie di avvenimenti che, dopo un intervallo di tre anni dall'ultimo disastro, si erano abbattuti senza pietà sul villaggio.
La popolazione non pareva nemmeno spaventata all'idea di un attacco improvviso dell'Akatsuki. Certo, ogni tanto qualche sussurro agitato percorreva la folla, allarmandola con voci il più delle volte false, ma nessuno si preoccupava oltre.
Sakura era felice di ciò: quell'apparente serenità l'aiutava a non pensare a tutti i dolori e le preoccupazioni che continuamente le attanagliavano l'animo.
Si abbracciò le spalle, sentendosi improvvisamente sola.
Il solo ricordo di tre anni prima, dell'attacco di Orochimaru, del suo tradimento...
Si fermò, incapace di continuare a camminare.
Strinse ancora di più le braccia attorno al petto, alla ricerca di conforto. Non voleva piangere, né l'avrebbe fatto. Era cresciuta, era maturata e aveva superato in parte l'abbandono dell'Uchiha.
Eppure bruciava l'aver perso un compagno, un frammento della sua vita.
Si sentiva una stupida nel ripensare a come si era comportata a dodici anni.
Così infantile, così civettuola.
Si era illusa di amare profondamente Sasuke, quando in realtà, riflettendoci,  era solo rimasta preda di una semplice cotta infantile.
Aveva sempre trattato male Naruto, anche quando non lo meritava, forse per difendersi dai sinceri sentimenti del ragazzo.
Se solo non fosse stata così ingenua, se solo non fosse stata così  superficiale...
Si strinse ancora di più il quel piccolo abbraccio, mordendosi il labbro inferiore.
Sobbalzò, nel percepire un familiare tepore posarsi sulla sua spalla sinistra.
Si voltò di scatto, incontrando una mano abbronzata, rassicurante.
Alzò lo sguardo, subito investita dal luminoso sorriso di Naruto.
-Sakura-chan!- la salutò lui allegro.
Sorrise, la ragazza, ricambiando il saluto con un sussurro.
Lo leggeva in quegli azzurri occhi: il biondino sapeva, era a conoscenza delle sue inutili preoccupazioni.
Ma non ne parlava apertamente, si limitava a rassicurarla con piccoli gesti, a scaldarla con pochi sorrisi.
E lei non poteva che esserne grata.
Era una bella sensazione, abbandonarsi alla contagiosa allegria del biondino.
-Allora, dove stavi andando, 'ttebayo?-
-Da Tsunade-sama-
-Ti accompagno io, 'ttebayo!- esclamò allegro, precedendola.
-Ma non dovresti raggiungere Yamato-sensei e Kakashi-sensei per l'allenamento?- lo riprese.
Il biondino si fermò, rimanendo in silenzio, per poi voltarsi.
Un meraviglioso sorriso scaldò ancora una volta il cuore della giovane kunoichi.
-L'allenamento può aspettare, per ora.-
Sorrise a sua volta, Sakura, raggiungendo di corsa Naruto.
Li aveva percepiti, i significati nascosti dietro quella semplice frase.
L'aveva avvertita la preoccupazione del biondo, la sua voglia di rassicurarla, il suo desiderio di veder le sue preoccupazioni scivolare via.
E lei non poteva far altro che crogiolarsi in quei sentimenti a lei estranei, in quel tepore donatole da ogni sorriso del ragazzo.
Lo osservava mentre parlava allegramente di futili argomenti.
Con lo sguardo, lo ringraziava per tutto ciò che in ogni momento le dedicava.
Fra loro non servivano più parole, bastavano poche espressioni, pochi gesti.
Bastavano semplici sorrisi genuini, capaci di scaldare anche il cuore più triste.


Con tristezza, il fiore, meravigliosamente sbocciato, vide la sera affacciarsi sull'immenso prato.
Era giunto il momento per il raggio luminoso di seguire il sole oltre l'orizzonte, scomparendo.
Il fiore non voleva lasciarlo andare, voleva rimanere ancora in quel caldo abbraccio.
Infelice, seguì la scia luminosa mentre lo abbandonava al freddo e al buio.
Per rassicurarlo, il raggio gli promise che sarebbe tornato, la mattina seguente. Gli chiese, come unico desiderio, di aspettarlo.
Scomparve oltre una collina, lasciando al fiore solo una debole promessa.
Eppure, per tutta la notte, questi sperò.


Le dita si torturavano, frenetiche, seguite maniacalmente da preoccupati occhi verdi.
La sala d'attesa era praticamente deserta: le uniche persone presenti erano, oltre a un ristretto gruppo di infermieri, un anziano signore e una madre accompagnata dal figlioletto.
Tutti e tre, curiosi, fissavano la giovane jonin torcersi le mani da più di mezz'ora ormai.
Le rosee ciocche, spettinate, ricadevano scompostamente poco sotto le spalle.  Con scatti improvvisi, la giovane portava una ciocca dietro l'orecchio, per poi lasciar vagare lo sguardo per la stanza, tornando infine a crogiolarsi nei suoi dubbi.
Non ricordava nemmeno da quanto tempo era seduta su quella scomoda sedia, in attesa.
Era incerta la data in cui aveva deciso di abbandonare il raziocinio e divenire preda dell'angoscia.
Forse ore, forse giorni, forse addirittura settimane. Era rimasta così tanto nella sala d'attesa dell'ospedale da ridursi a perdere la concezione del tempo.
Era tutto uguale, dentro quella prigione dalle candide pareti. La luce, bianca e artificiale, illuminava costantemente ogni singolo centimetro quadrato, senza tralasciare nemmeno un angolino. Le sedie, tutte uguali; gli infermieri, tutti uguali.
E quel suono, quel dannatissimo rumore costante e fastidioso.
Sapeva da dove proveniva, Sakura, e sapeva a cosa era legato.
Ma non aveva il coraggio di alzare lo sguardo e gettare un'occhiata oltre il piccolo vetro incastonato  nella porta della stanza dinanzi a lei.
La poca forza che aveva le serviva per assillare i medici e gli infermieri con la solita domanda.
-Si è svegliato?- chiese impaziente al primo medico di passaggio. Costui la guardò stranito prima di fuggire via mugugnando un “non so”.
Ormai sentiva che era ufficiale: stava diventando pazza.
Deglutendo sonoramente, si alzò. Le ginocchia, indolenzite, si lamentarono impedendo alla giovane di camminare normalmente.
Quasi zoppicando, raggiunse la porta della sua stanza.
Si alzò sulle punte dei piedi e, come una bambina che spia attraverso una finestrella, guardò oltre il vetro.
La stanza, spoglia, era occupata solo da un letto accompagnato da un mostruoso macchinario pieno di fili.
Fra le lenzuola, tranquillo, riposava un giovane ragazzo dai capelli dorati.
Accarezzò la fredda vetrata, Sakura, mordendosi il labbro. Chinò il capo, incerta.
Lasciò scorrere alcuni secondi prima di prendere una decisione.
Si accertò dell'assenza di medici nei paraggi e, con più naturalezza possibile, abbassò la maniglia ed entrò nella camera.
Richiuse la porta alle sue spalle e corse a sedersi sullo sgabello posto a lato del letto.
Il rumore, ora più facilmente udibile, era ancora più fastidioso, quasi assillante.
Fissò gli occhi verdi sul macchinario, seguendo i fili che dal grigio mostro di metallo catturavano nella loro morsa il ragazzo steso sul letto.
Si morse le labbra, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal braccio sinistro  del giovane.
Le bende lo avvolgevano in un abbraccio saldo e sicuro, coprendo tutta la superficie dalla spalla fino al palmo della mano.
Incerta, avvicinò le dita a quelle del compagno. Le lasciò accarezzare il ruvido tessuto della fasciatura, fino a permettere alla mano di affondare nel palmo del ragazzo.
Torturando con i denti il labbro inferiore, rimase a fissare il volto rilassato del compagno. Pensieri e ricordi presero a vorticare furiosamente nella sua mente.
Non riusciva a capire perché mai, un mese prima, avesse lasciato partire Naruto per il suo ennesimo tentativo di riacciuffare Sasuke. Avrebbe dovuto fermarlo, avrebbe dovuto avvertirlo di non usare tecniche capaci di danneggiare anche lui, oltre all'avversario.
Non si sarebbe dovuta accontentare solo delle sue parole, della sua promessa di tornare indietro. Eppure, come una sciocca, aveva creduto in quella speranza troppo debole.
Si erano illusi entrambi, scoprendo in seguito quanto la realtà fosse crudele.
Strinse la mano di Naruto, Sakura, divorata dai rimorsi.
Ciò che le faceva più male, ciò che la assillava maggiormente, era non aver rivelato i suoi sentimenti al ragazzo.
Nuove, forti emozioni albergavano in lei da ormai due anni, crescendo pian piano, giorno per giorno. Ogni qualvolta si ritrovava con il biondo, quelle sensazioni esplodevano, permettendole di percepirle chiaramente.
Ora dolevano, quei sentimenti, alla vista di Naruto steso sul letto dell'ospedale.
Si portò una mano al petto, Sakura, stringendo il tessuto del giubbotto verde all'altezza del cuore.
Non voleva piangere, né l'avrebbe fatto. Aveva ormai detto addio alle lacrime da molto tempo, promettendosi di diventare forte assieme a Naruto.
In quel momento, però, si sarebbe tranquillamente lasciata andare, scivolando nella tristezza e nella disperazione.
Senza Naruto, senza colui capace di sorreggerla nei momenti più difficili, lei non poteva essere forte e affrontare i problemi.
Si era sviluppata inconsciamente, lenta, quella dipendenza.
Non poteva fare a meno della calda voce del ragazzo, non resisteva lontana da quel calore a lei ormai familiare, non si sentiva al sicuro in assenza della presenza di lui.
Quei piccoli gesti, quei sorrisi, quelle parole di celato conforto erano diventati indispensabili.
Bramava da giorni di poter udire nuovamente la rassicurante risata del ragazzo, di rivedere quegli azzurri occhi fissarla felici.
Le palpebre, però, erano serrate da tempo e parevano non volersi schiudere.
Chinò il capo, Sakura, dedicandosi all'unica cosa ancora in suo potere.
Sperare.
Lasciò vagare la mente verso mete lontane, date future, immaginandosi la sua vita di ventenne al fianco di Naruto.
Sobbalzò, persa com'era nei suoi sogni, nel sentire la stretta della sua mano su quella di Naruto venire ricambiata.
Alzò lo sguardo, sorpresa.
Il giovane stava aprendo, a fatica, le palpebre.
Celesti iridi si guardavano attorno, spaesate. Voltò la testa in direzione della ragazza seduta accanto al letto, e si sorprese della sua presenza.
Felice, le regalò un debole sorriso.
Sakura portò una mano a coprire la bocca spalancata dallo stupore. Non riusciva ancora crederci.
Naruto, il suo Naruto, dopo settimane passate senza dare segni di vita, si era finalmente svegliato.
Avrebbe voluto dirgli così tante cose. Avrebbe dovuto sgridarlo, confortarlo.
Sakura si sentiva in dovere di parlargli, di farlo venire a conoscenza dei suoi sentimenti, dell'angoscia che la attanagliava da giorni, della sua preoccupazione.
Ma nessun suono fuggì dalle labbra dei due ragazzi, nessun discorso lungo e articolato riempì la vuota stanza.
Come di consuetudine, era bastato un semplice gesto.
Sakura si era gettata al collo del ragazzo, sigillando le loro labbra in un bacio desiderato da tempo.
Naruto, dapprima sorpreso, si era abbandonato a quella dolce sensazione, cingendo la ragazza e cullandola nel suo forte abbraccio.
Bastava quel contatto, ad entrambi, per potersi trasmettere ogni emozione, ogni dubbio, ogni paura.
Erano abituati a non usufruire più delle parole per esprimere i loro sentimenti, per rassicurarsi a vicenda.
Il loro rapporto, un tempo di amicizia, era diventato più profondo, più saldo.
Il bacio finì d'improvviso ed entrambi si ritrovarono a incatenare, felici, gli sguardi.
Naruto strinse Sakura a sé, sporgendosi verso la sua spalla.
-Non ti preoccupare, sono qui.- le sussurrò ad un orecchio.
Chiusero gli occhi, cullandosi in quel caldo contatto.
Non servivano più le parole, ora bastavano i sorrisi di gioia che illuminavano i loro volti.

Il fiore attese per tutta la notte, speranzoso.
Solo e infreddolito, vide il campo illuminarsi delle prime luci dell'alba.
Il raggio di sole, silenzioso, lo raggiunse impaziente, cingendolo nel suo caldo abbraccio. Il piccolo fiore si beò di quel magnifico tepore, ascoltando felice ciò che il raggio di sole, dolcemente, gli sussurrava:

Non ti preoccupare, sono qui.


Stupiti, i due bambini osservavano a bocca aperta la madre seduta ai piedi di uno dei due letti. Sorrise la donna, divertita dalle loro espressioni.
-E' bellissima, mamma!- la bambina dai corti capelli rosa strinse l'orsacchiotto di pezza al petto, commossa.
-Ma è da femminucce!- si lamentò il bambino biondo mentre affondava lentamente fra le calde coperte.
Con un sorriso, Sakura rimboccò le coperte ad entrambi, schioccando un bacio sulle loro fronti.
-Non litigate, è ora di andare a dormire.-
I bambini annuirono, sprofondando ancora i più nel caldo abbraccio delle coperte.
In silenzio, la donna lasciò la stanza. Prima di chiudere la porta, si voltò un'ultima volta a guardare i suoi figli dormire beatamente.
Con un sorriso, si allontanò lungo il corridoio. Senza preavviso, forti braccia le cinsero le spalle.
Dapprima sorpresa, Sakura si abbandonò contro l'ampio petto dell'uomo.
-Mi è piaciuta la storia di questa sera.- le sussurrò in un orecchio, affondando poi il viso nell'incavo del suo collo.
-Naruto...-
La donna si voltò, posando un veloce bacio sulle labbra del compagno.
-Domani tocca a te raccontare una favola.- gli ricordò.
Naruto sbuffò, divertito.
-Va bene, ma non ti assicuro che sarà una storiella di principesse e sdolcinatezze varie, 'ttebayo.-
Sorrise, Sakura, alzandosi sulle punte dei piedi per baciare ancora una volta l'uomo.
-Che ne dici se...- mormorò Naruto, affondando nuovamente il viso nell'incavo del collo della donna.
-Se?-
-...se stasera ci dedicassimo alla piacevole attività di concepire un altro figlio, 'ttebayo?-
Per non svegliare i bambini, Sakura si limitò a ringhiare.
La risata dell'uomo riecheggiò, rassicurante, per il corridoio, seguita da un tranquillo silenzio.
Ancora abbracciati, si sorrisero, cullandosi felici.




La vita è come una favola...

...e questo è il lieto fine.







*****





[2^ classificata al contest "Scontro fra Pairing" indetto da Nagaina.]
[Vincitrice dello scontro NaruSaku vs. SasuSaku]


Dopo mesi, pubblico pure io. xD
Sinceramente, non mi è mai piaciuta questa fic. Cioè, la tollero, ma non è riuscita esattamente come volevo.
Sarà colpa delle mie fisse...
Non avrei mai creduto di poter ricevere punteggi così alti. xD

Ho cercato di descrivere ciò che questo pairing trasmette a me, ovvero dolcezza e un pizzico di amarezza.
La favola è di mia invenzione (e si nota -.-'), serviva da accompagnamento, seguendo i cambiamenti dei protagonisti.

Congratulazione in ritardo a tutte le altre partecipanti. xD
E grazie a Nagaina per il giudizio. ^^


That's all, folks!




  
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